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venerdì 19 giugno 2015

Vietano a Salvini di donare il sangue: dopo il prelievo il medico lo insulta

Matteo Salvini dona il sangue, un medico lo rimprovera di fare propaganda



É un dato di fatto che qualsiasi cosa pubblichi sui social Matteo Salvini ne nasce una caterva di commenti e discussioni tra tifoserie. Passi per i post su Facebook su ruspe e campi rom da demolire che scatenano avversari e sostenitori del leader leghista. Ma la situazione cambia poco anche quando Salvini ne approfitta per far passare un messaggio meno urlato del solito. Il leghista ha pubblicato una sua foto durante la donazione del sangue e ha scritto: "Non mi interessa chi aiuterò, un bianco o un nero, un milanese o un giapponese, da cittadino mi interessa aiutare qualcuno che ha bisogno. Da politico invece, è mio dovere aiutare prima gli italiani". Di norma un messaggio del genere dovrebbe solo far piacere a chi rimprovera a Salvini parole e gesti razzisti. Ma al leghista non si deve far passare niente, così il commento che più di tanti altri sta riscuotendo grande successo tra chi la pensa "nel modo giusto" c'è quello di una dottoressa: "Da donatrice Le ricordo che il dono è anonimo e disinteressato - scrive l'utente - Non uno strumento di propaganda personale... Da medico Le ricordo invece di tenere la pallina nell'ALTRA mano, dove serve...".

Il delirio della Boldrini tra i profughi: "In Italia non c'è nessuna emergenza"

Immigrazione, Laura Boldrini al centro d'accoglienza della stazione di Milano: "In Italia non c'è emergenza immigrazione"


di Giovanni Ruggiero 


Gente accampata da giorni nella stazione Centrale di Milano, di cui alcuni malati di scabbia e malaria; disperati assiepati al confine tra Italia e Francia costretti a dormire sugli scogli; migliaia di persone che sbarcano ogni giorno sulle coste della Sicilia a bordo di navi che solo per miracolo riescono a galleggiare e centri d'accoglienza ormai al collasso. Basterebbe la metà di queste cose per capire quanto sia grave la situazione italiana nella gestione dell'immigrazione. Eppure la realtà non sembra così palese alla presidente della Camera Laura Boldrini, anzi: "Quella dei profughi in Italia non è un'emergenza, ma una situazione complicata" ha detto durante la visita al centro di accoglienza allestito alla bella e meglio nella stazione Centrale milanese. "L'emergenza - ha aggiunto la Boldrini - c'è nei paesi dove sono scoppiate le guerre, l'emergenza c'è nel Mediterraneo". Chissà la quarta carica dello Stato dove immagina sia geograficamente collocata l'Italia nel suo personale mappamondo. Almeno sui numeri la Boldrini dovrebbe essere costretta ad ammettere la realtà, ma non ci riesce fino in fondo. Sarà che siamo tutti prevenuti, quindi ci aiuta a capire che: "Finora il nostro paese ha accolto 58 mila persone, ovvero lo 0,1% della nostra popolazione". E non basta neanche l'ultimo rapporto Onu a farla ragionare, anzi pensa bene di regalare pillole di sociologia spicciola buona un tanto al chilo, con la teoria secondo cui la situazione attuale ha di fatto generato: "un paese senza nome, popolato da 60 mi9lioni di persone che, per varie ragioni, sono diventate rifugiati. Gli abitanti di questo paese senza nome - ha continuato - non hanno scelto, sono costretti a fuggire". Tutto chiaro quindi il Boldrini pensiero e se così non fosse, la presidente aggiunge chiarezza: "Queste persone vanno da qualche parte e alcune di loro, molto poche, vengono in Italia". Dall'alto del suo curriculum, la Boldrini concede anche la ricetta magica con tanto di ingrendienti fondamentali perché questa "non emergenza" si possa risolvere: "Bisogna affrontare la situazione con strategia, sobrietà, spirito collaborativo e senza fare inutili allarmismi".

BOMBA SU PALAZZO CHIGI "Pronti a denunciare Renzi"

Caso De Luca, Renato Brunetta: "Forza Italia pronta a denunciare Matteo Renzi per abuso d'ufficio"




Il caso Vincenzo De Luca continua. La bomba del governatore "impresentabile" eletto in Campania può esplodere e spazzare via Matteo Renzi. Ad accendere la miccia dell'ordigno è Renato Brunetta, che nel corso di una conferenza stampa alla Camera non ha usato giri di parole. La posizione di Forza Italia è chiarissima: "Un minuto dopo la proclamazione De Luca dovrà essere sospeso. Se Renzi prende tempo per fargli nominare il suo vice e avviare l'attività politica in Campania, compie un abuso d'ufficio. Per questo abbiamo già pronta una denuncia alle autorità giudiziarie". Forza Italia, dunque, è pronta a denunciare il premier per abuso d'ufficio, una sfida totale a Palazzo Chigi.

"Game over" - Brunetta, per rendere ancor più concreta la minaccia, ha ricordato come Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica, configurava la stessa ipotesi di reato, abuso d'ufficio appunto. "A me - ha ripreso Brunetta - interessa l'operato di Renzi, che non deve prendere in giro gli italiani, la legge e le istituzioni. Vogliamo evitare che commetta un reato e abbiamo aspettato questo momento per lanciare l'avvertimento. Sulla vicenda De Luca uso le sue stesse parole: game over", e il riferimento è alla frase del premier, pronunciata l'11 settembre 2013 a Porta a Porta, dopo la definitiva sentenza di condanna contro Silvio Berlusconi.

"Sulla Luna non ci siete mai stati" Il missile atomico di Putin contro Obama

La Russia apre un'indagine sulle missioni lunari americane




La "nuova guerra fredda" tra Stati Uniti e Russia sbarca nello spazio. Come scrive il quotidiano "La Stampa", il portavoce del Comitato Investigativo del governo russo Vladimir Markin ha pubblicato un editoriale sulla "Izvestija (tradotto in inglese sul Moscow Times perchè non passasse inosservato ad alcuno), nel quale annuncia una inchiesta che potrebbe rivelare "nuovi retroscena sugli storici viaggi spaziali" degli americani. Cioè quelli sulla Luna delle missioni Apollo, a cavallo tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70.

Markin sottolinea come i preziosi filmati originali del primo allunaggio di Neil Armstrong e Buzz Aldrin siano andati distrutti. E si chiede che fine abbiano fatto i tanti manufatti, tra cui quintali di pietre lunari, portate sulla terra dopo le missioni e di cui non si hanno più notizie. "Non vogliamo sostenere che gli americani non siano andati sulla Luna e che abbiano semplicemente girato un film sulla missione. Ma tutti questi manufatti scientifici - o forse culturali - fanno parte del patrimonio dell’umanità e la loro scomparsa senza lasciare traccia è una perdita per tutti noi. Un’indagine potrebbe rivelare che cosa è accaduto" scrive Markin.

La ragione per la quale i sospetti di Mosca si riaffacciano dopo 46 anni è spiegata dallo stesso Markin alla conclusione del suo intervento, quando afferma che gli Stati Uniti non hanno il diritto di indagare sullo scandalo della Fifa, che sta pesantemente coinvolgendo anche Vladimir Putin e la Russia. Se insistono - è l’implicita minaccia - Mosca potrebbe fare rivelazioni imbarazzanti.

Superenalotto: è truccabile? La denuncia di Franco Corbelli

Superenalotto: è truccabile? La denuncia di Franco Corbelli


Franco Corbelli
Movimento Diritti Civili 

"Oggi abbiamo avuto una conferma di quanto denunciamo da anni: la 'ndrangheta riciclava con le vincite al Superenalotto. Ma come poteva conoscere i nomi dei vincitori delle schedine, se questi sono riservatissimi?", dice Franco Corbelli, del Movimento Diritti Civili, che oggi ha tenuto una conferenza, una delle sue tante conferenze in difesa dei diritti dei cittadini. 


Caivano (Na): Partenza Flop per il Sindaco Simone Monopoli Dopo i primi incontri per formare la Giunta, l'Avv. Acerra: "No alla logica del manuale Cencelli"

Caivano (Na): Partenza Flop per il Sindaco Simone Monopoli Dopo i primi incontri per formare la Giunta, l'Avv. Acerra: "No alla logica del manuale Cencelli"




Speriamo che oltre alle strette di mano con i partiti
vengano anche rispettate le parole date ai cittadini!

Il Sindaco di Caivano Simone Monopoli, è partito subito con il piede sbagliato. Dopo aver sventolato in Campagna elettorale ai quattro venti la bandiera della lealtà contro i traditori e contro i vecchi politici, i cosiddetti inaffidabili, (a tempo) e, appunto, dopo essersi alleato con gli stessi neanche una settimana dopo, per opportunità politica, per Monopoli iniziano da subito, dal suo secondo giorno di mandato i primi grattacapi. Quelli di gestione. Difatti, l'Avvocato Domenico Acerra, fondatore della Lista Civica "Noi Insieme con Monopoli",  professionista serio, impegnato politicamente proprio con Monopoli, inizia a lamentare qualche mal di pancia. Di seguito il comunicato: “Sento voci, che spero siano infondate per sincero sentimento di bene verso le Istituzioni Democratiche e il Paese, secondo cui la prossima giunta comunale sarà oggetto di spartizione tra tutti i partiti che compongono la coalizione che sostiene il dottore Monopoli – dice il professionista -. Secondo tali indiscrezioni, a ogni Partito sarà ricnosciuto un assessore. A parte la scorrettezza democratica di tale procedura, con la quale si attribuisce ai Partiti un potere di nomina nella giunta comunale non previsto dalla legge, che al contrario riconosce tale potere esclusivamente al Sindaco, tutto questo in perfetta linea con la tanto deprecabile e mai abbastanza deprecata logica partitocratica e spartitoria contro cui credevo di avere combattuto e vinto la battaglia con la elezione a sindaco del dottore Monopoli. Ciò che comunque più colpisce a uno sguardo disinteressato è che il Sindaco, se fossero conferme tali voci, si sarebbe fatto irretire all’interno di una logica che tanti danni ha provocato al nostro sistema democratico fino a rendere ingovernabile il Paese. Il Paese deve essere liberato non solo dai vecchi Personaggi politici ma soprattutto dalle vecchie logiche politiche. Gli amministratori devono superare il vaglio dei meriti e delle capacità e non quello delle appartenenze ai partiti, degli equilibri politici e delle fedeltà personali”. 

Insomma, dopo l'avv. Acerra, chi si accoderà per cercare di ri-portare sulla retta via il Sindaco Monopoli? Legalità, Reddito di Cittadinanza, Eco-Balle, Rilancio occupazionale, queste le priorità, tutti temi fondamentali che dovranno essere per il neosindaco Monopoli punti da non anteporre alle classiche logiche di spartizione di incarichi istituzionali.

"Manuale Cencelli?" - Il Manuale Cencelli è un'espressione giornalistica con cui si allude all'assegnazione di ruoli politici e governativi ad esponenti di vari partiti politici o correnti in proporzione al loro peso. L'espressione viene spesso usata in senso ironico o dispregiativo, per alludere a nomine effettuate in una mera logica di spartizione in assenza di meritocrazia. 

Dopo il trionfo, la prima battaglia: tra Toti e Salvini adesso è scontro

Liguria, Giovanni Toti verso la resa: una giunta quasi tutta di leghisti




Dopo la gioia della vittoria, i primi dissapori. Il terreno è quello della Liguria, dove dopo il decisivo contributo alla vittoria di Giovanni Toti, la Lega Nord passa all'incasso. Già, perché il Carroccio ha già "pagato", sacrificando il candidato Edoardo Rixi in favore dell'oggi governatore Giovanni Toti. Scelta azzeccata, anche se, come detto, senza i "voti verdi" difficilmente l'ex direttore Mediaset avrebbe potuto sbaragliare la concorrenza della piddina Raffaella Paita. Il punto è che la Lega, alle urne liguri, ha raggranellato il 20,25% - mica bruscolini - rispetto al 12,66% di Forza Italia. Così oggi Matteo Salvini e il suo Stato maggiore locale vogliono far fruttare quei consensi, piazzando i propri uomini nella nascente giunta (lasciando così poco margine di manovra al governatore Toti). Il punto è semplice: i leghisti, prima del voto, si sono arresi a Silvio Berlusconi, e ora non è loro intenzione (ri)farlo (piccola parentesi: si "arresero" perché l'accordo prevedeva l'appoggio di Forza Italia a Luca Zaia in Veneto, quando ancora si pensava che l'armata Brancaleone Moretti-Tosi potesse insidiarlo).

Molto verde, poco azzurro - Il timore (fondato) di Toti, ora, è che riempiendo la giunta di uomini del Carroccio, questi rispondano in primis a Slavini e Rixi piuttosto che a lui. Nel frattempo impazza il toto-nomi, tanto che lo stesso Toti poche ore fa è stato costretto ad intervenire parlando di "nomi di fantasia". Eppure di nomi se ne fanno, eccome, e ne fa soprattutto Il Secolo XIX, il quotidiano di Genova, che ha dato alle stampe i nomi dell'ipotetica giunta "totiana" (o "rixiana"?). Una giunta molto, molto leghista: già, perché secondo Il Secolo, l'unico posto riservato a Forza Italia sarebbe quello di assessore al Welfare, che andrebbe al sindaco di Ameglia, Giacomo Giampedrone. Quindi un incarico di rilievo ad Ilaria Cavo, la giornalista Mediaset, che dovrebbe entrare con un incarico apicale nello staff di Toti.

Forza Italia si arrende? - Gli altri nomi? Tutti leghisti, o di quell'area. Sonia Viale dalla segreteria del Carroccio ligure dovrebbe planare fino alle Infrastrutture e alle Attività Produttive; quindi Stefano Mai, all'Urbanistica, Ambiente e Mobilità; e ancora Luca Gandullia e Fabio Rizzi, due tecnici che dovrebbero rispettivamente approdare al Bilancio e alla Sanità. In Giunta, infine, dovrebbe esserci spazio anche per Fratelli d'Italia, con Carlo Fidanza, che potrebbe strappare il Turismo e Sport (a bocca asciutta invece gli alfaniani, sì nella coalizione ma inchiodati all'1,71% raccolto alle urne). Certo, ad oggi si tratta di indiscrezioni, come detto già smentite da Toti. Eppure pare evidente come al di là delle parole ci sia un piccolo scontro in atto. Un piccolo scontro "poltronaro" dove Forza Italia potrebbe trovarsi costretta ad abdicare: la Lega ha già fatto il suo gesto di generosità, e non è disposta a ripeterlo.

A Pitti Uomo la vanità dell'unisex Il ritorno di Bikkembergs

A Pitti Uomo la vanità dell'unisex  Il ritorno di Bikkembergs


di Daniela Matromattei 


C’è chi dice che a Pitti Uomo siano sbarcati gli Young Urban Creative, i giovani creativi metropolitani, un’evoluzione degli Yuppie anni 80, chi è convinto che siano tornati i pantaloni morbidi e chi afferma che l’uomo sia diventato più vanitoso che mai. Di sicuro torna l’unisex e appare evidente una mescolanza fra le stagioni, che finalmente ci libera dal cambio armadio inverno-estate. Ed è altrettanto vero che il mercato maschile è in crescita. Tanto da spingere Gherardini a lanciare la linea uomo che comprende travel kit, zaino-borsa weekend peso piuma da portare a mano o a spalla e un parka leggerissimo, antipioggia e antivento, unisex realizzato in collaborazione con Herno.

La vetrina internazionale di Firenze ha riportato alle origini Bikkembergs che ha presentato la prima collezione di underwear, beachwear e sockswear prodotta e distribuita da Perofil, grazie all’accordo siglato nel mese di gennaio 2015. Come è nel dna del brand questa nuova linea è all'insegna del trionfo della bellezza maschile. Ad interpretarla un esercito di 11 sportivi, arrivati in Fortezza da Basso indossando soltanto intimo e costumi da bagno. Dopo aver attraversato viaggetti e padiglioni, i ragazzi si sono posizionati su un grande podio logato Bikkembergs, elevato da un campo di prato verde ad un'altezza di 2 metri nel cortile della Polveriera. Un'installazione artistica a tema «Olympic games», infatti gli interpreti hanno indossato l'intimo e i costumi da bagno della capsule collection dedicata alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, caratterizzati da una stampa forte e colorata ispirata alle discipline sportive.

Come dice Pino Lerario (Tagliatore) che ha presentato a Pitti blazer a quadri bianchi e blu (vira verso il denim) , quello che vedremo nelle vetrine dei negozi per l'uomo il prossimo anno resta sempre la giacca, spesso abbinata al gilet, rinnovata con macro armature su strutture svuotate (Paoloni), alleggerite come cardigan in maglia. Texture e disegni d'ispirazione anni Settanta hanno un aspetto tridimensionale (L.B.M. 1911), ton sur ton o con nuance a contrasto. Si confermano assoluti evergreen il check e la riga, mentre si afferma l'effetto denim su giacche tinte in capo, reversibili oppure con impunture a contrasto. I revers delle giacche sono accentuati ma s' innestano su capi spalla iper light. I pantaloni sono morbidi o slim: con cavallo basso o pince; in tessuto unito o finestrato ma sempre con risvolto e caviglia a vista (purtroppo). L'utilizzo del colore diventa immancabile nell'impreziosire completi e blazer con dettagli, bottoni, cuciture, fodere e sottocolli: accanto ai classici azzurri, beige e marroni, la palette si anima di gialli, rossi, rosa, arancio in studiati abbinamenti. Ma c’è poco da fare il colore dominante è il blu (gessato per Lardini, dal navy al bluette per Manuel Ritz), fa eccezione Wooster Lardini con i suoi completi di lino e seta, con pantaloni morbidi e caban senza maniche in total bianco avorio.

«Blue is the New Black», come insegna Giorgio Armani, diventa il nuovo mantra dell'eleganza maschile per il 2016. Protagonista di una palette sempre più aperta alle sfumature, diventa codice trasversale tra classico e sportswear, formale e informale, outfit e accessorio. Un colore «per sempre», fedele passepartout di stile, che contiene dentro di sé anche tutto il mondo del denim. Ed è proprio il blue denim, accanto a tante diverse tonalità decise e intense, uno dei cromatismi di punta per la prossima primavera. Mentre il blue Royal veste impalpabili sciarpe estive e setose cravatte, ma anche nuovi pezzi swimwear sartoriali a stampa cravatteria. In versione indaco e accostato al bianco evoca atmosfere da Riviera, centrale nell'immaginario navy dà vita ad un look da moderno marinaio in blazer destrutturati, t-shirt in lino e pantaloni skinny, con occhiali dalle lenti colorate. E ancora, modulato in righe, micro fantasie, micro texture, check ton sur ton e a contrasto interviene a caratterizzare giacche e abiti ricchi di fair play.

Il dettaglio eccentrico lo troviamo nelle calze: Gallo presenta le caleidoscopio con micro fantasie di ispirazione sartoriale, cachi, turchese, rosso. , dice il patron Giuseppe Colombo. Tutte le sfumature, dal rosso all’arancio anche da Bresciani. Fantasiose con animali alati per La Perla. L'uomo nuovo affida alle calze il ruolo di vivacizzare l'immagine che un tempo era delle cravatte. E allora Roy Roger's usa i calzini colorati, con micro ancore e barche a vela, come nuove pochette, inserite nelle tasche posteriori dei jeans della linea Denim & Socks.

Sparare agli scafisti, stop campi rom Il governo segue la linea Salvini

Immigrazione, Graziano Delrio: "L’Europa faccia la guerra, quella vera, anche sparando se serve"


di Leonardo Grilli


Sbarcare il Libia, sparare agli scafisti, invitare l’Europa a fare la guerra (quella vera). Non sono dichiarazioni di un leghista della prima ora o di un nazionalista di Casa Pound, ma di un moderato membro del Governo Renzi: Graziano Delrio, che spara a zero in un’intervista a Panorama. Parlando del tema dell’immigrazione e dello sfruttamento dei migranti da parte degli scafisti ,il ministro dei Trasporti usa parole dure degne di periodi di guerra.

Le dichiarazioni -“L’Europa faccia l’Europa anche ai suoi confini meridionali, prenda piede in Libia, faccia campi d’accoglienza nei Paesi d’origine dei migranti, e selezioni in loco chi ha il diritto di essere rifugiato”. Insomma, per Delrio l’ipotesi di sbarcare con le truppe in Libia e nei Paesi africani dovrebbe essere una realtà, alla faccia delle posizioni più prudenti e possibiliste della Ue e dei suoi colleghi di Governo. Non contento, forse speranzoso di ottenere un invito per Pontida, il ministro ha poi aggiunto: “E l’Europa faccia la guerra, quella vera, anche sparando se serve, contro chi fa commercio di esseri umani”, per tornare poi sui campi di accoglienza, perché “a questo deve soprattutto pensare l’Onu, il governo libico riconosciuto li chiede, anche l’Egitto, la Tunisia e altri sono pronti, bisogna fare i campi in tutti i Paesi che li accettano”. Dopo le dichiarazioni di Angelino Alfano, che aveva sostenuto la necessità della chiusura dei campi rom, c'è da chiedersi quale sia la differenza fra la Lega e il Governo Renzi. Forse sono il cognome del 

Per salvare l'Italia non basta Draghi L'analisi: si allunga l'ombra del crac

Grexit, l'analisi: perché il bazooka di Mario Draghi ha sparato a salve (e perché ora l'Italia rischia grosso)


di Leonardo Grilli 


Anche Mario Draghi è stato travolto dalla crisi greca. Il quantitative easing della Bce, il piano di acquisti di titoli pubblici dei Paesi membri, aveva lo scopo di abbattere il costo del denaro e di rendere più agevole la concessione di prestiti, mutui e finanziamenti dalle banche. Far ripartire l’economia insomma, dare quella spinta decisiva per far uscire l’Europa dalla crisi economica. Ma così, se non in parte, non è stato. Secondo un’analisi de Il Sole 24 ore, da quando è partita l'iniezione di liquidità, il 9 marzo scorso, ad oggi, i rendimenti dei Btp tra i 2 e i 30 anni sono saliti tutti, indiscriminatamente. Il che vuol dire che dopo un crollo iniziale, il costo del denaro è tornato a salire. Non decisivo, ma certo rilevante, è stato il “Grexit”, ovvero l’ipotesi di un’uscita della Grecia dall’euro e, stando a quanto dichiarato ieri dalla stessa Banca centrale ellenica, anche dalla Ue. Eppure che il futuro potesse riservare questo scenario si sapeva, a voler proprio essere di manica stretta, già dall’anno scorso (lo spettro del default di Atene, infatti, si allunga da anni sul Vecchio Continente). E insomma, tornando alla manovra orchestrata da Draghi, il secondo scopo del Qe era proprio quello di annullare il rischio-Paese e il rischio-contagio. Altro fallimento. E dopo la Grecia il paese con il rapporto più alto fra debito e Pil è l'Italia. Avremmo potuto vivere per qualche anno un secondo Risorgimento, ma molto probabilmente non sarà così. Anzi.

Tanti soldi non bastano - La mossa di Draghi già a novembre scorso era stata definita da molti analisti come l’ultima spiaggia per evitare una crisi ancora più grave e un possibile effetto a catena che, con discrete probabilità, avrebbe portato a un disgregarsi dell’economia europea e dell’Europa stessa. Fin’ora la Bce ha acquistato circa 170 miliardi di titoli pubblici, principalmente titoli di Stato. Considerando che è partito da tre mesi, non sono certo spiccioli. Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, ha inoltre ricordato che fino a settembre 2016 “gli acquisti Bce di titoli di stato italiani saranno dell’ordine di 150 miliardi, oltre 130 dei quali effettuati dalla Banca d’Italia, il resto dalla Bce”. Numeri altissimi anche per quanto riguarda il nostro Paese, ma il fatto resta lo stesso. Il Qe è appena iniziato e gli effetti dovrebbero quindi essere molto visibili: eppure i rendimenti e il costo del denaro stanno salendo invece di calare. Ma allora quali sono i motivi di questo tracollo?

Il perché del fallimento - Le cause sono molteplici e spesso strutturali. Alla base, già quando Draghi il 22 gennaio 2015 annunciò i dettagli del Qe, si sapeva che sarebbe andato incontro a dei problemi che risiedono alla radice della Comunità europea. Primo fra tutti una unione monetaria senza unione fiscale e politica, che porta spesso a delle strategie economiche profondamente diverse sa Paese a Paese, con tutte le conseguenze del caso. A questo c’è da aggiungerci la mancata mutualizzazione del debito, ovvero la condivisione del debito pubblico di diverse nazioni in modo da condividerne il rischio e abbassare la media dei rendimenti. I cosiddetti Eurobond, mai realizzati. Infine il Qe europeo è molto più rigido rispetto a quello, ad esempio, della Federal Reserve o della Bank of England. A tutto questo ci va aggiunta la crisi Greca. Anche in questo caso si sapeva che un paese in via di sviluppo dentro un’unione di Stati economicamente avanzati avrebbe creato problemi. Ma probabilmente c’era la speranza che si riuscisse a trovare un compromesso fra Governo ellenico e autorità europee. E così il Grexit, che ora sembra sempre più probabile, ha dato il colpo di grazia. Il Quantitative easing, insomma, ha solo diluito la crisi e il rischio di un contagio. Per quanto tempo, però, nessuno può prevederlo.

giovedì 18 giugno 2015

Nasce il "mini-patto" del Nazareno: l'ultima furbata di Silvio e Verdini

Forza Italia, tregua tra Silvio Berlusconi e Denis Verdini: libertà di coscienza in aula, ma no al voto di fiducia a Matteo Renzi




Tanto tuonò che scoppiò la pace tra Silvio Berlusconi e Denis Verdini. Più precisamente una tregua, sancita dopo un lungo e intenso faccia a faccia partito a cena e finito a notte fonda con al tavolo anche i mediatori Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Da più parti pronosticavano una nuova scissione da Forza Italia, ma a differenza del caso Fitto, quello del senatore toscano ha saputo mantenere agli occhi di Berlusconi una sua legittimità ripagata con un parziale perdono. Come racconta Paolo Emilio Russo su Libero, nel corso della serata i toni si sono anche alzati, che i due si fossero sempre detti schiettamente le cose in faccia non è una novità. Ed è proprio questo dettaglio che probabilmente ha tenuto integro il legame e scampato la rottura. Verdini ha cercato di evitare polemiche pubbliche che "fanno il male del partito", è stato il mantra di Berlusconi davanti alle convention dei Ricostruttori fittiani.

La trattativa - Verdini ha usato tutte le carte che poteva giocarsi per far capire a Berlusconi che stavolta faceva sul serio. Ha minacciato la formazione di gruppi autonomi alla Camera e al Senato, ammettendo però di non voler proseguire quella strada intenzionato come è a guadagnare spazio di manovra. Così ha ottenuto una sorta di "libertà di coscienza" su determinati temi che potranno portare parlamentari azzurri a votare provvedimenti del governo di Matteo Renzi. Se questi gesti non "danneggeranno l'immagine del partito", Berlusconi non avrà nessuna intenzione di intervenire. Con un solo limite: "Certo - ha chiarito - la situazione cambierebbe se qualcuno dovesse votare la fiducia; non ci saranno nuovi Patti del Nazareno".

Caivano (Na): Prime grane per Monopoli, l'Avv. Acerra, fondatore di "Noi Insieme con Monopoli": No alla logica del manuale Cencelli

Caivano (Na): Prime grane per Monopoli, l'Avv. Acerra,  fondatore di "Noi Insieme con Monopoli": No alla logica del manuale Cencelli 


di Francesco Celiento 


Avv. Domenico Acerra
Fondatore Lista "Noi Insieme con Monopoli"


CAIVANO – Stamattina 18 giugno secondo giorno di lavoro per il neo sindaco Simone Monopoli, mentre il commissario Contarino idealmente ha lasciato la stanza e consegnato le chiavi al suo successore. Dalla prime indiscrezioni sulla giunta comunale, già problemi per il primo cittadino, che, in un’anticipazione di un’intervista a Caivano Press che uscirà il 27 giugno, esclude una giunta tecnica di alto profilo. E guardacaso, stamane sul profilo Facebook del suo candidato, avvocato Acerra, è comparsa un post molto polemico verso le voci che lui sente arrivare dal palazzo.

“Sento voci, che spero siano infondate per sincero sentimento di bene verso le Istituzioni Democratiche e il Paese, secondo cui la prossima giunta comunale sarà oggetto di spartizione tra tutti i partiti che compongono la coalizione che sostiene il dottore Monopoli – dice il professionista -. Secondo tali indiscrezioni, a ogni Partito sarà ricnosciuto un assessore. A parte la scorrettezza democratica di tale procedura, con la quale si attribuisce ai Partiti un potere di nomina nella giunta comunale non previsto dalla legge, che al contrario riconosce tale potere esclusivamente al Sindaco, tutto questo in perfetta linea con la tanto deprecabile e mai abbastanza deprecata logica partitocratica e spartitoria contro cui credevo di avere combattuto e vinto la battaglia con la elezione a sindaco del dottore Monopoli. Ciò che comunque più colpisce a uno sguardo disinteressato è che il Sindaco, se fossero conferme tali voci, si sarebbe fatto irretire all’interno di una logica che tanti danni ha provocato al nostro sistema democratico fino a rendere ingovernabile il Paese. Il Paese deve essere liberato non solo dai vecchi Personaggi politici ma soprattutto dalle vecchie logiche politiche. Gli amministratori devono superare il vaglio dei meriti e delle capacità e non quello delle appartenenze ai partiti, degli equilibri politici e delle fedeltà personali”.

Borini: “Intervenire in tempo riduce il rischio dell’infertilità”

Borini: “Intervenire in tempo riduce il rischio dell’infertilità”


Intervista a cura di Andrea Sermonti 

Intervista con il professor Andrea Borini (nella foto),
 Presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità e Medicina
della Riproduzione (SIFES-MR), sulle cause della riduzione della fertilità 

Quello dell’infertilità è iniziato a diventare un problema ‘pressante’ solo negli ultimi decenni, dopo millenni di donne che hanno partorito un numero elevato di figli. Fino a prima dell’ultima guerra. Poi, per motivi legati al cambiamento degli stili di vita e all’uguaglianza crescente tra i sessi, l’età della prima nascita è andata via via crescendo, riducendo il numero delle nascite nei paesi industrializzati fino ad un livello inferiore alla natalità in grado di garantire il ricambio generazionale. “La fertilità è uno degli argomenti che interessano di più le donne perché erroneamente viene ancora considerato un problema prevalentemente femminile, mentre recenti ricerche dimostrano che l’infertilità di una coppia può dipendere, nella stessa misura, dd entrambi i partner” conferma il professor Andrea Borini, Presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità e Medicina della Riproduzione (SIFES-MR) intervistato a Roma in occasione del Fertility Forum - Living Innovation on Drugs and Beyond, l’appuntamento annuale di Merck Serono dedicato ai temi della riproduzione umana e alle nuove frontiere della ricerca nel trattamento dell’infertilità. I dati dell’ultima relazione del Ministero della Salute al Parlamento di cui si è parlato al Forum mostrano che in Italia le donne accedono alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) a 36,5 anni in media, con quasi due anni di ritardo rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei (34,7 anni) e che, inoltre, si è registrato un aumento dell’età media per ciclo dei partner maschili, attestata a 40 anni.

Un problema nuovo, quindi, esploso negli ultimi anni?

Quello dell’infertilità è un problema sempre esistito, ma dal punto di vista sociale è andato crescendo da una ventina di anni perché è in aumento l'età media in cui si ricerca una gravidanza. E questo sappiamo che contrasta con quello che invece la biologia ci dice, ovvero che con il passare degli anni cala la fertilità. Un pò meno negli uomini – perché non si ‘azzera’ mai del tutto – e molto più nelle donne.

E qual è il ‘momento giusto’ per fare un figlio?

L'età ideale per avere un figlio, cercato e ottenuto in pochi mesi, è a vent'anni: ovviamente più andiamo avanti e ci avviciniamo a 38-39 anni, più la probabilità di avere una gravidanza diminuisce. E se diminuisce la probabilità di avere un figlio aumentano le problematiche.

Di quali problemi parla?

Ci sono studi sociologici importanti che analizzano questo fenomeno da tutti i punti di vista: banalmente potrebbe essere che le donne ritardino il momento della gravidanza perché devono trovare un lavoro, perché fanno una professione che non consente loro uno ‘stop’ di qualche mese, perché cercano il successo più della maternità. Ovviamente non è ‘solo’ per queste ragioni: la maggior parte delle donne non ha il ‘problema’ del successo, quindi evidentemente esiste anche un altro ‘blocco’ dipendente dalla crisi sociale ed economica, del fatto che molto spesso fintanto che non ci si sente sicuri dal punto di vista economico è difficile prendere la decisione di mettere in cantiere una famiglia.

Un ostacolo legato al successo personale e alla mancanza di soldi, quindi…

In gran parte, ma non solo. Esiste un altro elemento: i giovani di oggi, a differenza di quello che avveniva negli anni ’60, vogliono avere più libertà di godersi la vita e sono meno disposti ad affrontare subito i sacrifici che una nascita comporta. Mio padre mi ricordava sempre che suo padre gli diceva: “dove si mangia in 3 si mangia in 4 e forse in 5, e si è contenti e felici anche in 6”. E' evidente che oggi non è così, oggi ci sono altre priorità irrinunciabili: il telefonino lo devono avere tutti, la televisione deve essere in ogni stanza, bisogna uscire per l’happy hour e andare in vacanza senza ostacoli…

Una volta una ragazza per uscire di casa aveva due possibilità: o si sposava o usciva accompagnata da un parente. E allora ci si sposava a 20 anni

E’ vero, ma non basta. C’è un altro elemento non sempre a tutti evidente: non è cosi matematico che una donna che vuole avere un bambino trovi subito un uomo disposto ad assecondarla perché animato dalla stessa pulsione. Perché per farlo bisogna essere in due! Insomma, dal punto di vista sociologico esistono oggi molte più difficoltà nelle coppie, ed è evidente che per migliorare queste dinamiche non ci sono ‘bacchette magiche’: uno degli strumenti – forse ‘lo’ strumento – è quello di ‘fare cultura’, iniziando sin dalle scuole elementari.

Per dire cosa ai giovani?

Bisogna cercare di far capire ai ragazzi, in generale, che quello dei  comportamenti ‘virtuosi’ – non sto parlando dal punto di vista etico ma in termini di preservazione della propria fertilità, come ad esempio usare il preservativo – non è un problema solo delle donne. I rapporti promiscui con molti partner aumentano le possibilità di infiammazioni dell'apparato urogenitale e quindi di diminuire la fertilità. Un dato, questo, che dovrebbero sapere e che forse non tutti sanno. Certo non è ‘comodo’ fare i figli da giovani, ma il problema è che se non fai il figlio da giovane più avanti negli anni può essere più difficile e si potrebbe essere costretti a rinunciare a questa possibilità. La maggior parte delle notizie sulla procreazione che si leggono sulle riviste femminili parlano di soubrette, di attrici che fanno figli a 50 anni grazie all’ovulo-donazione: per carità, niente di cosi problematico – anzi del tutto normale dal mio punto di vista – però va detto chiaramente che non è che un giorno chiunque decida di avere un figlio a 50 anni lo possa fare. Non è un gioco da ragazzi e questo va detto con chiarezza: io faccio parte del tavolo che il Ministro della Salute ha voluto per la ‘cultura della fertilità’ e questi sono temi che abbiamo cercato di mettere in campo e che speriamo vengano presto messi in pratica realmente e concretamente.

Dal punto di vista medico scientifico che cosa è cambiato ultimamente per aiutare le donne a risolvere questo tipo di problema?

Fondamentalmente due cose. La prima è che oggi si possono congelare gli ovociti, cosa che vent'anni fa non si poteva fare (o quasi), e quindi anche le donne come gli uomini possono ‘conservare’ la propria fertilità. La seconda è che oggi la tecnologia con la fecondazione assistita aumenta e migliora le possibilità di avere gravidanze in tutti quei casi in cui meccanicamente è impossibile, però non riesce a sopperire al problema dell'età troppo avanzata della donna: tant'è vero che se una donna fa una fecondazione assistita a 40 anni avrà 15 possibilità su 100 di successo, mentre se la fa a 30 ne ha 45. Questo ‘status’ andrebbe ancor meglio definito e portato a conoscenza di tutti, perché troppo spesso quando uno apprende queste cose vuol dire che ha già avuto il problema ed è già andato dal medico della riproduzione. E quindi non è più in grado di decidere liberamente del proprio futuro.

Insomma, cosa bisogna fare per evitare questo tipo di problemi? Quali sono i  comportamenti errati che rischiano di ‘inquinare’ il sistema riproduttivo?

La prima cosa da fare è evitare le patologie sessualmente trasmesse: questo perché danneggiano il nostro sistema riproduttivo e quindi riducono le possibilità di avere gravidanze spontanee. Tutti dovrebbero sapere che la fertilità diminuisce con il passare degli anni e che quindi più si rimanda nel tempo e più difficile è avere una gravidanza. E ancora che se il figlio non arriva dopo un anno, un anno e mezzo, massimo due che lo si cerca… beh, è ora di andare a parlarne con un medico della riproduzione perché è evidente che c'è qualcosa che ritarda o riduce le probabilità di avere una gravidanza. 

Alleanza Nazionale, a volte ritornano: chi non la vuole (e quanti soldi vale)

Ritorno di An, il 17 luglio si decide. Contrari Gasparri e Meloni, tesoretto da 200 milioni




Anche i partiti hanno una data di scadenza. E nel caso di Alleanza Nazionale è il 17 luglio. In questa data, infatti, si terrà l’assemblea della Fondazione che stabilirà il destino dell’ente. Come riporta Il Tempo, le strade sono due. Rimanere ancorati ai vecchi fasti ormai passati e morire del dimenticatoio, oppure innovarsi e tornare ad essere un partito diverso e unito. Quelli ad avere voce in capitolo saranno i membri del Cda, in prima fila La Russa, Menia, Meloni e Gianni Alemanno.

Favorevoli - Proprio l’ex sindaco di Roma è fra i primi promotori di una réunion del vecchio partito, in cui tutti i dispersi possano tornare uniti sotto un’unica bandiera. E un unico simbolo, quello di An. Non a caso due anni fa Alemanno si impegnò per riportare il simbolo di Fiuggi in Fratelli d’Italia, ma l’operazione non ebbe il successo elettorale sperato. È quindi necessario fare u passo in più, le apparenze non portano più voti e serve la sostanza.

Questione di soldi - Altro nodo da risolvere, forse quello più grande in realtà, è quello sui 200 milioni di euro di proprietà della Fondazione. Fra immobili e liquidità questo patrimonio permetterebbe a qualsiasi partito di stare sereno e di poter condurre una campagna elettorale senza nessun problema. Consci di quanto la situazione sia a un bivio, molte associazioni di destra stanno puntando verso il raggruppamento, da Forum destra a Prima l’Italia, dalla Lista Musumeci ai Comitati tricolore.

I contrari - Il ruolo di memoria storica della Fondazione, tuttavia, per alcuni veterani del partito deve essere mantenuto. Ad esempio per Maurizio Gasparri e Altero Matteoli, ora iscritti a Forza Italia. Museo della destra, pubblicazioni e convegni, nient’altro. Anche Giorgia Meloni, tuttavia, in un’intervista a Il Tempo aveva sostenuto: “il piano della politica e quello della Fondazione devono restare ben distinti”. A rivelarsi decisivi potrebbero quindi essere i tanti “cani sciolti”, ma qualunque sarà l’esito finale, si trascinerà dietro una coda di polemiche e nodi legali.

Esame maturità, la gaffe del Ministero nella prova di italiano: "Minacce al fondamentalismo religioso"

Esame maturità, la gaffe del Ministero nella prova di italiano: "Minacce al fondamentalismo religioso"




La maturità quest'anno ha dato spettacolo. L'ansia degli studenti deve aver sicuramente contagiato anche il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca data la confusione che ha regnato nelle tracce della prima prova scritta di italiano. Dopo la svista per il tema artistico-letterario dove il quadro di Matisse è stato ri-soprannominato 'La lettrice in abito viola', anche il tema storico-politico è finito nell'occhio dell'uragano. Fra i documenti a disposizione degli alunni c'è un brano di Paolo Frascani, 'Il mare' che recita: "Le defaillances della politica e le minacce più o meno reali al fondamentalismo religioso fanno crescere la diffidenza verso la richiesta di integrazione avanzata da chi viene a lavorare dalla riva su del Mediterraneo...". Peccato che il testo originale sia un altro:"Le defaillances della politica e le minacce più o meno reali del fondamentalismo religioso fanno crescere la diffidenza verso la richiesta di integrazione avanzata da chi viene a lavorare dalla riva su del Mediterraneo". Il significato ne esce completamente stravolto e lo stesso autore ha provveduto a mandare una foto del testo originale a Radio 24, alla quale un ascoltatore aveva segnalato l'errore.

L'intraprendente - Il quotidiano on line nell'articolo di Gianluca Veneziani, riprende la svista del cambio di preposizione articolata 'al' con quella di luogo 'del'. Un errore sostanziale che cambia le parti in gioco. Secondo quest'ultima versione contorta, ad essere minacciato infatti è il fondamentalismo religioso che diventa la vittima, subendo le intimidazioni. Per Veneziani: "Dietro quell'errore grammaticale, dietro quell'uso improprio del linguaggio o più probabilmente dietro il pressappochismo sconcertante dei funzionari ministeriali, si cela tutto un orizzonte culturale e geopolitico". Nel passo di Frascani si evince che "la colpa di questa 'diffidenza' verso i migranti sia delle 'élite modernizzanti' d’Italia che non sono state capaci a eliminare del tutto il retaggio delle separazioni e delle paure che ci avevano allontanato dalle coste del nostro Paese; anzi hanno contribuito a creare l’immagine di un mare che, anziché unire, erige nuove barriere tra la nostra e le altre sponde". Secondo l’autore, le responsabilità di questa cesura e di questa contraddizione sarebbero, delle classi politiche italiane e, più in generale, occidentali, restie ad accogliere i disperati del sud del mondo e a farci mettere "in sintonia con le lotte per la decolonizzazione del mondo islamico". In conclusione per il Miur e per Frascani, è sparita la capacità di solidarizzare con il mondo islamico approdato in Europa, di comprendere le sue richieste e di non avere la forza di difendere le convinzioni religiose radicate.

Compagnie, sale vip, business class La Top 10 mondiale dei cieli

La classifica dei cieli: le migliori 10 compagnie del mondo




C'è Etihad, ma non Alitalia. Nella classifica realizzata ogni anno dalla società inglese Skytrax e presentata all'Airshow di Le Bourget a Parigi, la compagnia di bandiera italiana non compare tra le dieci migliori al mondo. Ma la sua alleata emiratina Etihad è al sesto posto. Davanti a tutti c'è un altro vettore del Golfo, la Qatar Airways, che prende il testimone da Cathay Pacific votata prima nel 2014 e slittata nel 2015 al terzo. Al secondo c'è Singapore Airlines mentre il lotto delle migliori 10 è completato da Turkish Airlines (4a), Emirates (5a), All Nippon Airways (7a), Garuda Indonesia (8a), Eva Air (9a) e Qantas Airways (10a). Tra le compagnie europee, per il quinto anno consecutivo, è stata eletta Turkish Airlines, premiata anche per la migliore business class lounge al mondo, quella di Istanbul. Emirates è stata premiata per il miglior sistema di intrattenimento a bordo, Garuda per il personale di cabina più efficiente ed elegante, Singapore Airlines per la migliore business class. Tra le low cost il titolo di "migliore al mondo" è andato per il settimo anni consecutivo alla malese Air Asia.

Qual'è la regione italiana ribelle che blocca da sola i clandestini

Immigrazione, il questore di Udine ripristina i controlli alla frontiera




Il Friuli Venezia-Giulia "risponde" alla Francia. Se i transalpini bloccano le frontiere, i friulani fanno altrettanto. Un caso clamoroso, quello del valico di frontiera del Tarvisio, che tornerà ad essere presidiato per far fronte all'emergenza immigrazione. L'annuncio è stato dato nella mattinata di mercoledì 17 giugno dal questore di Udine, nella cui provincia ricade il passo, Claudio Cracovia. Il prefetto ha spiegato: "Ci siamo adeguati alla situazione in essere. Non più controlli a campione ma minuziosi, capillari, sui veicoli in ingresso, con controlli anche sulle canalizzazioni". Resta ancora da comprendere nel dettaglio quali controlli verranno ripristinati e, soprattutto, se verrà richiesta una sospensione del trattato di Schengen per motivi di ordine pubblico (ad oggi, il ministero degli Interni Angelino Alfano si è detto contrario all'ipotesi). Secondo quanto riportato da Il Gazzettino, i controlli verranno svolti soltanto dalla polizia italiana e non dagli omologhi austriaci.

In Europa torna la malattia mortale "Non ci sono farmaci per curarla"

Spagna, torna la difterite dopo 30 anni. Grave un bambino, Europa e Italia senza farmaci per curarla


di Leonardo Grilli 


Una grave malattia infettiva, che si trasmette per via aerea e che in Italia causava circa mille morti l’anno. È la difterite, e dopo 30 anni dalla sua scomparsa è tornata in Europa. Il caso riguarda un bambino spagnolo di 6 anni che è risultato positivo ai test. Per lui è stato difficile trovare un antisiero, che è stato fatto arrivare da un Paese extra Ue: nel corso degli anni infatti il livello di guardia verso malattie che si pensa debellate si è abbassato, e molti farmaci non vengono più prodotti. Compresi i vaccini, che da soli basterebbero a garantire la protezione da questi pericolosi batteri. Non a caso l’Istituto Superiore della Sanità poco tempo fa ha lanciato l’allarme verso il pericoloso calo di attenzione per le patologie, come la difterite, che sono state “dimenticate”.

Il caso - Il bambino non vaccinato risiede a Olot, nella provincia di Girona, ed era risultato positivo a una difterite tossicogenica dopo l’analisi molecolare PCR e il test di Elek. La Spagna ha quindi inviato all’Organizzazione Mondiale di Sanità e agli Stati membri dell’Unione Europea una richiesta urgente di antitossina difteritica (DAT). Alcuni di questi Stati, tuttavia, hanno dichiarato che i lotti di antitossina in loro possesso erano scaduti e il piccolo paziente è stato trattato con un siero proveniente da un Paese non UE. Il bambino, trasferito in un ospedale specializzato a Barcellona, rimane in gravi condizioni.

Italia senza protezione - L’allarme per l’Italia, se si dovesse diffondere anche ne nostro Paese la difterite, risiede nel fatto che non abbiamo farmaci per curarla, al pari di Francia e Germania. “Anche l’Italia – ha sottolineato Luciano Pinto, vice Presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale – non possiede scorte di antitossina difterica. Per evitare situazioni come quella che si è verificata in Catalogna, è indispensabile che le nostre Autorità, insieme a quelle europee, battano ogni strada per assicurare al nostro paese le scorte necessarie per ogni evenienza. La mancanza di DAT desta infatti una grande preoccupazione in Europa, in quanto il farmaco è necessario per curare i nuovi casi di difterite, che, anche se pochi, continuano a verificarsi ogni anno”. In Italia, prima dell'avvento della vaccinazione di massa (al termine della seconda guerra mondiale) si registravano annualmente alcune decine di migliaia di casi di difterite con più di mille morti ogni anno. 

La malattia - La difterite è una grave malattia infettiva causata dall’azione di una tossina (tossina difterica) prodotta da batteri che si trasmettono per via aerea. Solitamente la difterite inizia con mal di gola, febbre moderata, tumefazione del collo. Molto spesso i batteri della difterite si moltiplicano nella gola (faringe) dove si viene a formare una membrana di colore grigiastro che può soffocare la persona colpita dalla malattia. A volte queste membrane si possono formare anche nel naso, sulla pelle o in altre parti del corpo. La tossina difterica, diffondendosi tramite la circolazione sanguigna, può causare paralisi muscolari, lesioni a carico del muscolo cardiaco con insufficienza cardiaca, lesioni renali, fino a provocare la morte della persona colpita. La letalità è di circa il 5-10% ma in molti casi, nei sopravvissuti, permangono danni permanenti a carico di cuore, reni, sistema nervoso. I casi di malattia si sono ridotti, fino a scomparire quasi del tutto alla fine degli anni '70, dopo che la vaccinazione antidifterica è stata praticata in forma estensiva in associazione con quella antitetanica disponibile fin dal 1920.

mercoledì 17 giugno 2015

I numeri post-voto (veri) che terrorizzano Forza Italia

Forza Italia nei capoluoghi di provincia sotto il 10%




Certo, Renzi e il Pd hanno preso una bella scoppola alle ultime amministrative, perdendo la Liguria e alcune città-chiave in primis Venezia. Ma le percentuali ottenute da Forza Italia nei capoluoghi di provincia sono da far tremare i polsi, anche se il capogruppo azzurro alla Camera Renato Brunetta, come riporta oggi "Italia Oggi", si dice soddisfatto del 3,75% "e tre consiglieri comunali" ottenuto dal suo partito in laguna. Quasi ovunque (con poche eccezioni tra cui Arezzo, e c'è da ridere visto che quella è la città del ministro Maria Elena Boschi), gli azzurri finiscono ben sotto il 10%: a Lecco portano a casa il 6,7%, a Mantova 8,9%, a Rovigo 4,9%, ad Arezzo (appunto) il 10%, a Fermo il 6,7%, a Chieti l'11,5%, a Trani il 4,5%, a Macerata il 7,2%, ad Andria il 13,6%, a Bolzano il 3,7%, a Trento il 4,2%. 

martedì 16 giugno 2015

Caivano (Na): Proclamato Sindaco Simone Monopoli

Caivano (Na): Proclamato Sindaco Simone Monopoli 



E' stato proclamato Sindaco di Caivano Simone Monopoli. A breve la formazione degli assessori. Si avvii subito il programma elettorale promesso agli elettori. Si parta dai giovani e dal reddito di cittadinanza, di seguito riportiamo alcuni punti fondamentali rilasciati dallo stesso Simone Monopoli in campagna elettorale al nostro blog il Notiziario sul web, in data 05/03/2015: Il sottoscritto Simone Monopoli, intende coinvolgere le organizzazioni di imprenditori presenti nel territorio caivanese, gli industriali del Consorzio ASI, (Eventualmente il Centro Commerciale Campania e l'Outlet La Reggia) e le organizzazioni sindacali di categoria al fine di predisporre appunto, il REDDITO DI CITTADINANZA CAIVANESE!. E nota: I beneficiari dell'iniziativa saranno i giovani (oltre i 30 anni) disoccupati, inoccupati ed i titolari di  un ISEE inferiore ai 7000 euro annui con familiari a carico ovvero in caso contrario fino a 3000 euro. L'obiettivo non è solo conferire un reddito a tali soggetti ma assicurare loro l'entrata nel mercato del lavoro. Il contributo sarà erogabile fino a 450 euro mensili a persona per un massimo di sei mesi per quattro ore di lavoro giornaliere. Il valore complessivo dell'iniziativa dipende dai margini di intervento sul bilancio comunale ma una prima stima del mio Staff prevede un possibile impegno di risorse finanziarie pari a 400 mila euro che garantirebbero la fruibilità dell'iniziativa a circa 150 persone. Infine: All'occorrenza aprirò uno sportello di consulenza dove ognuno potrà formulare ogni genere di domanda o richiesta. L'obiettivo politico della mia coalizione si sostanzia nel mettere le Istituzioni al servizio del cittadino. Nessuno mai ci aiuterà a superare la crisi se non noi stessi. Ogni centesimo speso dal Comune di Caivano dovrà creare servizi per il cittadino e dovrà rendere il nostro Paese più vivibile. Insomma, queste le priorità del Sindaco di Caivano, Simone Monopoli. Riuscirà a portare avanti almeno una delle sue promesse? Il punto tra 100 giorni.

La Francia frega Renzi: "Basta immigrati" Il premier sbotta: "Adesso fermo da soli"

Immigrazione, la Francia contro Matteo Renzi: "Vanno gestiti dall’Italia". E lui: "Se necessario faremo da soli"




Dopo che Matteo Renzi aveva paventato l’esistenza di un fantomatico “piano B” per far uscire i migranti dai confini italiani, è arrivata puntuale la risposta della Francia. A seguito della chiusura della frontiera a Ventimiglia, il premier aveva dichiarato di voler varare una serie di provvedimenti fra cui la concessione di un permesso temporaneo che possa consentire ai profughi di spostarsi per tutto il territorio europeo. Ma il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, è stato categorico: “Non devono passare, è l’Italia che deve farsene carico. Bisogna rispettare le regole di Schengen”. Messo al corrente del "no" francese, Renzi non ha esitato a controbattere a sua volta: "Se necessario faremo da soli".

Porte in faccia - Cazeneuve, durante un’intervista a radio Rmc e a BFM-Tv, ha infatti dichiarato: “abbiamo avuto circa 8.000 passaggi e abbiamo fatto riammettere in Italia circa 6.000 migranti dall’inizio dell’anno. E nel 2014 abbiamo proceduto a 15.000 riaccompagnamenti alla frontiera”. Numeri che non lasciano spazio a interpretazioni: è solo l’incremento del fenomeno che ha messo in evidenza la riapertura delle dogane, ma la Francia non vuole lasciar passare nessuno già da molto tempo. “Se vogliamo garantire che l’accoglienza dei rifugiati sia sostenibile - ha poi continuato il ministro - bisogna essere fermi nei confronti degli altri”.

Teneteveli voi - Cazeneuve ha fatto appello alle leggi europee e a quelle sul diritto di asilo, secondo cui “quando i migranti arrivano in Francia dopo essere passati per l’Italia ed essersi lì registrati, si applica la legge europea, e ciò significa che essi devono tornare in Italia. Non hanno il diritto di passare”. Sulla questione si è espressa anche la Commissione europea, tramite la portavoce del Commissario all’Immigrazione Natasha Bertaud: “siamo al corrente dei controlli alle frontiere di Francia, Austria e Svizzera e stiamo verificando. Ricordiamo che tutti devono rispettare Schengen e le regole del sistema di asilo europeo”.

La replica di Renzi - Al termine dell’incontro con il presidente messicano, Enrique Pena Nieto, Renzi ha poi replòicato alla chiusura egoistica del ministro francese: "L’Europa ha il dovere di affrontare il problema immigrati tutti insieme. Per noi questo è il piano A. L’atteggiamento muscolare che alcuni ministri di Paesi esteri stanno avendo va nella direzione opposta". Ha quindi poi definito le caratteristiche del suo "piano B": "L’Europa è a un bivio: se vuole essere comunità di persone come noi l’abbiamo sognata, immaginata e costruita deve farsi carico di risolvere tutti insieme il problema dell’immigrazione. Se così non sarà, faremo da soli: questo è il piano B. Siamo un grande Paese, con una forza e solidità che nessuno mette in discussione. Ma questa sarebbe una sconfitta per l’Europa".

Che cosa succede se si esce dall'euro Uno scenario tragico: verso la miseria

Grecia, cosa accade se esce dall'euro: bancomat chiusi, inflazione alle stelle, miseria e pioggia di tasse




La Grecia è sull'orlo del baratro. Ma cosa accadrà in caso di default e abbandono della moneta unica? Una risposta ha provato a darla Repubblica. Si parte dalla corsa agli sportelli bancomat e dal probabile blocco dei conti correnti e del movimento dei capitali, così come accadde a Cipro. Dunque si opererebbe la conversione dall'euro alla dracma di tutti i contati, i depositi, i crediti, i debiti e le pensioni. La dracma subirebbe una pesante svalutazione, stimata tra il 40 e il 70 per cento (così come si svaluterebbero i risparmi dei greci). Come conseguenza, l'export avrebbe un forte impulso, controbilanciato però dal pesantissimo (quasi insostenibile) aumento dei conti dell'import, una fattispecie che farebbe crollare la Grecia in una spirale di disperazione economica. Di conseguenza, schizzerebbe l'inflazione: si stima del 20 per cento. Per contrappasso, crollerebbe il potere d'acquisto delle famiglie, con conseguente recessione e disoccupazione. Atene, inoltre, non potrebbe accedere più a prestiti internazionali, se non a tassi altissimi, insostenibili. Per far cassa, dunque, il Tesoro sarebbe costretto a nuove tasse o a un nuovo impietoso piano di tagli della spesa pubblica. Sempre da un punto di vista bancario, gli istituti ellenici non avrebbero più accesso alla Bce. N deriverebbe una violenta crisi bancaria, con svalutazione degli attivi. In questo contesto, conclude Repubblica, non potrebbe essere esclusa una nazionalizzazione delle banche. Uno scenario da incubo, in tutto e per tutto.

Pc in tilt. Sicilia, mistero durante il voto: che cosa c'entrano Ingroia (e Crocetta)

Sicilia, server della Regione in tilt durante i ballottaggi: non pagavano la partecipata gestita da Antonio Ingroia




Un contenzioso fra la Regione Sicilia e la partecipata Sicilia e Servizi ha creato un blackout del sito della Regione durante le elezioni, nelle stesse ore dei risultati dei ballottaggi nei tredici comuni. Il blackout era iniziato a mezzanotte, ed è stato risolto solo nel primo pomeriggio. Cosa curiosa, però, è che la partecipata che gestisce i server informatici dell’ente è guidata dall’ex pm Antonio Ingroia. Questi server sono però gestiti da ex soci privati, che vantano presso la Regione un credito di circa 80 milioni di euro. Per questo motivo, per forzare la mano a Crocetta e incentivare il pagamento del debito, la società ha staccato la spina. Creando non pochi disagi, anche perché è andato in tilt anche il sistema che si occupava di gestire il flusso dei dati elettorali.

Imbarazzo a corte - Oltre a questo l’imbarazzo è stato molto. In un periodo in cui il Pd si spacca da tutte le parti e Matteo Renzi trova un nuovo nemico ad ogni angolo, ci mancava solo una lite interna fra Crocetta e Ingroia per un debito di decine di milioni di euro. E infatti è arrivata repentina la smentita dell’ex Pm esiliato, che ha dato ogni responsabilità ai privati: “Il distacco dei server dell’ex socio privato per far saltare il sistema informatico dei siciliani è un atto di forza inaccettabile e irresponsabile perché finalizzato ad ottenere dalla Regione il pagamento di un credito vantato dall’ex socio privato da fare valere nelle sedi giudiziarie e non con l’utilizzo di sistemi ritorsivi e ricattatori. Mi chiedo inoltre se il momento scelto per il distacco non sia stato cercato ad hoc, proprio nel momento in cui alle prefetture affluiscono i dati elettorali”. Che intuizione geniale, si vede che ha fatto il pubblico ministero.

Elezioni, dove ha trionfato il centrodestra Pd, il giorno più nero: 8 bombe su Renzi

Elezioni comunali, i ballottaggi: il Pd perde 8 capoluoghi su 12, pesanti le sconfitte a Venezia ed Enna




Ancora non si vede la luce in fondo al tunnel per Matteo Renzi. Anzi, la strada continua a farsi sempre più buia. Le comunali in Sicilia e i ballottaggi nelle altre regioni consegnano al premier una sconfitta inequivocabile: su 12 capoluoghi di provincia che sono andati al ballottaggio, il centrosinistra ne ha conquistati solo 4. Gli altri 8 sono andati al centrodestra o a liste civiche alleate. Le sconfitte che bruciano di più sono quelle di Venezia ed Enna, che dopo anni di dominio incontrastato della sinistra sono passate all’altra sponda politica. La caporetto è stata soprattutto quella del capoluogo siciliano, città d’origine del presidente della Regione Crocetta che si era speso personalmente a favore del Pd.

Le sconfitte - A Venezia ha vinto l’imprenditore Luigi Brugnaro con il 53% dei voti, contro Felice Casson appoggiato dal Pd. A Arezzo invece Matteo Bracciali del centrosinistra ha perso di uno 0,83% contro Alessandro Ghinelli del centrodestra, mentre a Rovigo la lista civica di Massimo Bergamini ha vinto con il 59,72% contro la piddina Nadia Romeo. Netta a Fermo la vittoria di Paolo Calcinaro, che con il 69,92% ha stracciato Pasquale Antonio Zacheo del centrosinistra, così come a Nuoro dove Andrea Soddu ha battuto con il 68,39% Alessandro Bianchi del Pd. A Enna Maurizio Antonello Dipietro ha superato con il 51,89%  Vladimiro Adolfo Crisafulli, pupillo di Crocetta, e a Matera Salvatore Adduce ha perso contro Raffaele Giulio De Ruggieri, che con la sua lista civica ha ottenuto il 54,51%. Infine Chieti, dove Umberto di Primio ha vinto con il 55% contro Luigi Febo.

Le vittorie - Le quattro vittorie per il Partito Democratico sono state a Mantova, Lecco, Macerata e Trani. Vittoria più netta fra tutti i ballottaggi è stata proprio quest’ultima, dove Amedeo Bottaro ha asfaltato l’avversario Antonio Florio, raggiungendo il 75,79%. Buono anche il risultato di Mantova, dove Mattia Palazzi ha ottenuto il 62,5% sconfiggendo Paola Bulbarelli, candidata del centrodestra, mentre a Lecco Virginio Brivio con il 54,38% ha battuto Alberto Negrini del centrodestra. Infine Macerata, dove Deborah Pantana ha perso contro Romano Carancini, che è arrivato al 59,11%.

Salario minimo di 3.400 € Dove si trova il "paradiso" (a due passi dall'Italia...)

Canton Ticino, approvato il salario minimo da 3400 euro (per combattere i frontalieri italiani)




Del salario minimo se ne parla da anni. Bandiera del Movimento 5 Stelle e inserito come proposta nel Jobs Act, in Italia però ancora non si è mai visto. Esiste però un luogo, a pochi metri da noi, che ha deciso di metterlo in pratica: 3.400 euro al mese per lavoratore, addirittura il salario minimo più alto del mondo. Questo paradiso si chiama Canton Ticino, ed è la zona più meridionale della Svizzera. Secondo la Costituzione cantonale "il Canton Ticino è una repubblica democratica di cultura e lingua italiane, fedele al compito storico di interpretare la cultura italiana nella Confederazione elvetica". Nonostante questo il provvedimento è stato adottato per scongiurare il fenomeno dei “frontalieri”, ovvero di quei lavoratori italiani che, facendosi pagare meno rispetto agli elvetici, si fanno assumere in Svizzera rimanendo residenti in Italia. Questa “migrazione” quotidiana è sempre stata mal digerita dal Ticino, che adottando un salario minimo spera di annullare la convenienza nell’assumere italiani, che andrebbero comunque pagati come gli altri.

Il referendum - Il salario minimo è stato approvato ieri dal 54% dei votanti che hanno partecipato al referendum sulla riforma della Costituzione del Cantone. L’iniziativa, dal titolo “Salviamo il lavoro in Ticino”, è stata proposta dai Verdi e appoggiata da una coalizione bipartisan formata sai dai socialisti che dalla Lega dei Ticinesi, il partito di destra populista. Il meccanismo prevede che la soglia minima di stipendio varierà a seconda della mansione e del settore economico, e non si applicherà a quel 40% di popolazione che è già tutelata da un contratto collettivo. La media del salario minimo sarà di 3500 franchi lordi mensili, circa 3400 euro.

Effetti sugli italiani - La riforma avrà effetti soprattutto sui 17.600 lavoratori che guadagnano meno di 3500 franchi, di cui oltre 10mila sono frontalieri italiani, e sui 9.400 che prendono meno di 3000 franchi al mese, sempre quasi tutti italiani. Inoltre circa la metà dei 62mila frontalieri, di cui 27mila varesini e 25mila comaschi, non sono tutelati da un contratto collettivo e si accontentano anche di 2000 euro mensili o meno. Se applicato, il salario minimo riguarderà quindi soprattutto questi lavoratori: “Gli elettori hanno scelto di intervenire alla testa del sistema – ha spiegato Sergio Aureli del sindacato ticinese Unia – d’ora in avanti in Ticino la manodopera sarà scelta in base alla qualità e non alla possibilità di poterla pagare poco sfruttando così il meccanismo del dumping salariale”.

Salvini, la svolta da Lilli Gruber: l'offerta (di governo) a Berlusconi

Matteo Salvini: "Un incontro con Silvio Berlusconi. Le primarie e un governo alternativo a quello di Matteo Renzi"




Dopo settimane in cui Matteo Salvini ha tenuto la sua linea, chiudendo nei fatti al dialogo con Forza Italia, ora sembra che uno spiraglio si sia aperto. È lo stesso segretario della Lega Nord che, dalla trasmissione Otto e mezzo di Lilli Gruber su La7, ha dichiarato di voler incontrare Silvio Berlusconi per vedere se ci possono essere dei punti di incontro fra i due partiti. “Ho in programma un incontro con Berlusconi – ha detto - per capire se possiamo ragionare assieme ad esempio sull’Europa. Ci stiamo preparando per un governo alternativo, vediamo se Berlusconi è interessato alle nostre proposte”. Con un Renzi sempre più debole, insomma, l’altro Matteo ha capito che gli spazi si stanno allargando e che l’occasione non va lasciata sfuggire. Certo, “se si andasse a votare domani, la Lega andrebbe da sola”, ma le elezioni non sono così vicine. E tempo per ragionare ce ne sta. Anche perché il “nemico” non sembra così pericoloso: “Siamo governati da sinistra fessa che non controlla la frontiera. Io non ho problemi a superare la moneta unica, figuriamoci se mi faccio problemi a rivedere un trattato come quello di Dublino”.

L’apertura di Silvio - D'altronde il sogno di Berlusconi è sempre stato quello di una casa dei moderati, un grande rassemblement per lanciare la sfida a Matteo Renzi, che comincia a vacillare. Come ha dimostrato il voto ai ballottaggi delle amministrative, dove il centrosinistra ha perso roccaforti rosse come Arezzo e Pietrasanta. Il Cavaliere non pensa a un partito unico di centrodestra ma a un ampio movimento, agile con poche linee e punti nel programma da condividere, aperto a partiti, club, associazioni e privati. L’ex premier immagina per se stesso un ruolo di padre nobile, come va ormai dicendo da tempo, ed è convinto che dentro questo contenitore politico ci saranno anche la Lega di Matteo Salvini. I colloqui di questi giorni saranno quindi fondamentali per capire quali saranno le prossime mosse fra i due leader. E se i partiti saranno in grado di superare le rispettive differenze per coalizzarsi contro la sinistra, magari anche col supporto di Giorgia Meloni.