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martedì 31 maggio 2016

Musica, solidarietà, divertimento, legalità ed ambiente a Caivano Moda

Musica, solidarietà, divertimento, legalità ed ambiente a Caivano Moda


di Francesco Celiento 



CAIVANO - Moda, spettacolo, musica, comicità, divertimento, impegno per l’ambiente. Ci sarà tutto questo nella 14/a edizione di Caivano Moda, uno dei maggiori eventi che si svolgono nella città di Caivano, organizzato dal direttore artistico Michele Trasparente.

La prossima edizione si terrà da venerdì 3 a domenica 5 giugno, sempre nell’area del mercato comunale con il patrocinio del Comune. La prima giornata sarà arricchita da tanta musica, in concomitanza con l’evento “Venerdìopaesmì”, organizzato dal Forum dei Giovani, che si terrà ogni venerdì in via De Gasperi, ma che per l’occasione sarà trasferito nell’area mercato in concomitanza con la kermesse.

Sabato 4 a partire dalle ore 16 andrà in scena, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo “Cilea-Mameli”, l’associazione Talità Kum e il sodalizio “Noi genitori di tutti”, che si batte per la terra dei fuochi, un programma ricco di eventi: dalla caccia al tesoro e altri giochi con gonfiabili giganti, sempre gratuiti, alle esibizioni dei bambini della Cilea-Mameli con recite, canto e musica, sfilate con il negozio per bambini “Follie” e balli con la scuola “Heidi-Helena Dance”.  L’evento conclusivo della serata a cura del Ansiteatro con il musical dedicato a Don Peppe Diana, il prete di Casal di Principe ucciso dalla camorra 22 anni fa. Il gran finale si terrà domenica 5 giugno a partire dalle ore 19.

Prima la consueta sfilata di moda: in passerella ci saranno bellissime modelle e modelli, fra cui quattro caivanesi, con le coreografie realizzate da Mariangela Trasparente. Il finale, invece, sarà affidato al super ospite, il noto attore comico napoletano, Biagio Izzo.

L’ingresso è gratuito e permetterà di accedere a tre giorni di divertimento musica, spettacolo ma anche riflessioni su emergenze sociali importanti che arricchiranno ulteriormente un evento dal successo già consolidato.

L’organizzatore e direttore artistico Michele Trasparente ringrazia tutti gli enti e gli sponsor che hanno contribuito alla realizzazione della manifestazione, senza i quali sarebbe stato impossibile organizzare questa kermesse.

La clamorosa beffa degli 80 euro Renzi li rivuole: chi deve restituirli

La beffa degli 80 euro: un milione e mezzo di italiani deve restituirli

di Francesco De Dominicis



Il simbolo del governo di Matteo Renzi che torna indietro come un boomerang. Per una curiosa coincidenza, sempre a ridosso di un appuntamento elettorale: due anni fa l' esecutivo aveva tirato fuori dal cilindro il discusso bonus da 80 euro per i lavoratori con redditi fino a 26mila euro e ora, a pochi giorni da un altro fondamentale test con gli elettori, si scopre che una bella fetta dei beneficiari ha restituito (o sta per farlo) allo Stato - in tutto o in parte - quel «regalo».

Che si trattasse di una misura funzionale a conquistare un po' di voti per le «europee» era chiaro a tutti; un po' meno chiaro, va detto, che dietro quello sgravio fiscale ci fosse un' impalcatura normativa traballante e non accuratamente valutata. Ma tant' è. Fatto sta che, come riportato ieri da alcuni quotidiani, un milione e mezzo di contribuenti è stato costretto a ridare quanto ricevuto o si appresta a farlo.

Ballano, complessivamente, 750 milioni di euro. La magagna è nel conguaglio ovvero nella compensazione fiscale che a fine anno viene operata in busta paga da tutti i datori di lavoro. Una manovra dalla quale, per il gioco dei versamenti tributari e delle trattenute sul salario mensile, chi ora è chiamato all' inedito quanto fastidioso rimborso si è ritrovato con un reddito superiore al limite previsto dalla legge targata Renzi cioè 26mila euro. È il caso di chi ha oltrepassato quella soglia per redditi extra legati a prestazioni straordinarie oppure di chi ha commesso un errore nella dichiarazione «730» nell' anno precedente.

Nel 2015, la brutta sorpresa è toccata a 798mila lavoratori che hanno restituito tutto e altri 651mila che hanno ridato indietro una fetta dello sgravio Irpef: grosso modo 1 su 8 degli 11,3 milioni che avevano incassato il bonus (in totale stiamo parlando di 6,1 miliardi di euro) tanto sbandierato da Renzi come mossa che ha tagliato in maniera netta la pressione tributaria. E come se non bastasse è saltato fuori che ci sono pure 341mila contribuenti a dir poco beffati: risultati incapienti a fine anno (vale a dire troppo poveri per poter pagare le tasse) hanno restituito tutto. Ciò perché quel bonus era una sorta di detrazione fiscale a cui non ha diritto chi non versa almeno un centesimo all' erario.

La questione era già stata sollevata in Parlamento nei mesi scorsi. Lo aveva fatto, a marzo e pure prima, Simone Baldelli (Forza Italia). Il vicepresidente della Camera aveva denunciato il caso dai banchi di Montecitorio e aveva chiesto a palazzo Chigi e al Tesoro di rendere noto a quanto ammontassero gli importi delle restituzioni. Ieri, a dati pubblicati, Baldelli, con un post su Facebook, ha puntato il dito contro il governo che «ha pensato di poter facilmente guadagnare consenso dando soldi con una mano per poi toglierli con l' altra». Il risultato, in effetti, è proprio questo.

Ed è il frutto della fretta con cui Renzi pretese di far approvare quel decreto senza ponderare tutti gli effetti del farraginoso ordinamento tributario italiano. C' era un risultato, la vittoria alle elezioni per il Parlamento di Strasburgo, da portare a casa (il Pd stravinse quella tornata con oltre il 40% dei consensi). Il premier era convinto che quella misura avrebbe spinto i consumi. E invece gli italiani hanno continuato a risparmiare. Parla di «vergogna» anche Nicola Fratoianni di Sinistra italiana.
Adesso, si assisterà al solito scaricabarile. La colpa, ovviamente, non sarà di nessuno.

INPS, TRUFFA-VERGOGNA Sai che un assegno su tre... Quanti soldi ti hanno fregato

Inps, truffa vergogna: sai che un assegno su tre... Quanti soldi ti hanno fregato


di Sandro Iacometti



Altro che prescrizione lunga. Mentre in Parlamento si discute sulla necessità di estendere i termini dei processi, per evitare che qualche delinquente la faccia franca, migliaia di pensionati sono costretti ad una frenetica corsa contro il tempo per ottenere giustizia dall’Inps. Il diritto alla pensione, fortunatamente, è imprescrittibile. I requisiti, dopo la Fornero, sono diventati quasi impossibili da raggiungere, ma una volta ottenuto l’accesso alla prestazione previdenziale, la richiesta può essere avanzata anche dopo vent’anni, a patto di essere ancora vivi. Tutt’altra la situazione sui ratei di pensione, ovvero gli assegni mensili. In questo caso, per evidenti motivi di cassa, lo Stato è assai meno generoso. Dal 2011, infatti, sia per le pensioni già liquidate ma non riscosse che per quelle neanche liquidate il diritto ad incassare si prescrive dopo soli cinque anni, invece dei precedenti dieci. Il che significa che se presento la richiesta dopo vent’anni anni dal termine utile, quindici anni della mia pensione se li mangia l’Inps.

La beffa più grossa riguarda, però, gli assegni sballati di cui si chiede la correzione. In questo caso la prescrizione si trasforma in decadenza (il diritto si estingue per sempre) e il termine si accorcia a tre anni.

Si potrebbe pensare che con circa 30mila dipendenti difficilmente l’Istituto nazionale di previdenza possa prendere un abbaglio. Eppure, tra erronei accrediti della contribuzione, calcoli sbagliati dei periodi di malattia, maternità e cassa integrazione, scorrette rivalutazioni dei montanti, l’errore è molto più frequente di quello che si immagini.

Qualche tempo fa la Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro ha calcolato che gli assegni con importi pensionistici inferiori al dovuto rappresentano circa il 38% del totale. Le singoli posizioni presentano in media scostamenti minimi, intorno ai 30 euro mensili, ma se si moltiplicano le somme per i 12 mesi e per gli anni di trattamento la perdita per i pensionati (e il guadagno illegittimo per l’Inps) è tutt’altro che irrilevante.

A confermare l’entità del fenomeno ci hanno pensato diverse rilevazioni sul campo. Lo scorso anno il patronato Inca Cgil di Lucca ha diffuso i dati di una verifica effettuata sulle pensioni di 1.800 persone residenti nella provincia. Ebbene, un assegno su quattro si è rivelato inesatto e dai ricalcoli sono usciti fuori oltre 4 milioni di euro non corrisposti dall’Inps in cinque anni, con errori medi tra i 70 e i 100 euro mensili.

Stessa attività è stata portata avanti dall’Inca Cgil di Rimini lo scorso marzo. Su 1.850 richieste di ricalcolo, ben 791 hanno portato al computo di un rimborso. Si tratta di una percentuale elevatissima del 42,7%. Dall’operazione sono emersi complessivamente 509mila euro di prestazioni dovute e non erogate.

Nella quasi totalità dei casi i pensionati non hanno, ovviamente, alcuna responsabilità. L’errore tecnico o umano è solitamente ascrivibile alla macchina dell’Inps che, seppure involontariamente, rosicchia ogni mese un po’ di soldi al malcapitato di turno. Difficile dire con esattezza quante, tra i 18 milioni di pensioni attualmente versate, siano fasulle. Una cosa, però, è certa: chi vuole verificare la propria posizione, rivolgendosi ad un professionista abilitato, deve farlo in fretta. Una legge del luglio 2011 ha introdotto un termine di decadenza triennale che scatta dal momento della liquidazione del primo assegno e una circolare Inps del luglio 2014 ha sancito l’entrata in vigore della prima tagliola, annullando tutti i possibili ricorsi relativi ai tre anni precedenti.

Solo un intervento della Corte costituzionale (sentenza 69/2014) ha impedito che la stessa stretta sui tempi fosse applicata retroattivamente anche ai trattamenti erogati prima del 2011 o a quelli già in corso di contenzioso (per cui valgono i vecchi termini decennali). Davanti alla Consulta l’Inps ha così difeso la norma. La finalità della disciplina, si legge nella sentenza, è quella «di produrre risparmi nel settore previdenziale riducendo i tempi di esercizio del diritto degli assicurati alle prestazioni pensionistiche».

Spunta il governissimo Grillo-Cav Ecco cosa succederà (e perché)

Spunta il governissimo Grillo-Cav. Lo dice pure Di Maio: il piano



Da giorni Silvio Berlusconi saltella da una trasmissione tv all'altra con il mantra che la legge elettorale va modificata e con lei la Costituzione, perché allo stato attuale dopo il voto si otterrebbe: "un solo partito e un solo leader padrone d'Italia. Una situazione del genere - ha detto più volte Berlusconi - non so chiamarla che da regime". Su questi presupposti, in più occasioni il Cav ha fatto capire che dopo il referendum, vincesse il no, non sarebbe opportuno far finire la legislatura, appellandosi al Capo dello Stato per una sorta di maggioranza dalle larghe intese.

Ma queste intese possono essere larghe fino a punti ancora inesplorati. Solo domenica su Raitre a In mezz'ora, Luigi Di Maio si è appellato a Sergio Mattarella e al suo intervento chiarificatore, perché: "Indichi la strada per farci capire, se gli italiani andranno alle elezioni, con quale legge debbano andare a votare, perché alla Camera ci sarà l'Italicum e al Senato il Consultellum". Al netto dei tecnicismi, i grillini non hanno nessuna intenzione di chiedere le dimissioni di Renzi in caso di sconfitta al referendum, come riporta il Messaggero, ma si aspetterebbero da Mattarella un gesto forte.

Da Forza Italia le parole di Di Maio sono suonate come una grande apertura a "un governo di emergenza", un titolo che calzerebbe a pennello per giustificare la tenuta del parlamento, con rispettivi posti incollati a Montecitorio e Palazzo Madama fino al 2018. Un'emergenza che non può tenere escluso escluso nessuno, tanto meno la minoranza Pd e Sinistra Italiana, che a modo proprio annuiscono: "Certamente non si può andare subito al voto - ha detto Alfredo D'attorre - servirebbe una riforma del sistema valido sia per la Camera che per il Senato, mi sembra che anche i grillini lo abbiano compreso". Secondo Il Messaggero, citando fonti parlamentari, anche la Lega nord sarebbe della partita. Così che vinca il Sì o che vinca il No, sembra quasi che vincano tutti comunque.

Soffiata: Mattarella ha già deciso Ecco chi sarà premier dopo Renzi

La soffiata: Mattarella ha già deciso. Renzi si dimette? Chi farà il premier



La fine del suo governo potrebbe averla scritta lo stesso Matteo Renzi, con grande anticipo. Il premier, infatti, non ha mai nascosto che in caso di vittoria del "no" al referendum costituzionale di ottobre, e dunque di sua sconfitta, sloggerebbe da Palazzo Chigi. Anzi ha aggiunto che si ritirerebbe dalla politica (ma su questo punto i dubbi restano, così come restano dubbi sul fatto che possa lasciare la segreteria del Pd). Le vere scelte di Renzi le scopriremo soltanto dopo il voto. Ma per certo, il "no" potrebbe vincere: lo dicono i sondaggi e i più autorevoli osservatori. Ne segue che la politica si debba organizzare con altrettanto anticipo. Chi al governo dopo Renzi, nel caso? Oppure elezioni anticipate? Ad oggi, lo scenario più potabile pare il primo, con un governissimo destinato a traghettare il Paese fino alla naturale scadenza della legislatura, nel 2018, o quasi.

A far propendere per una soluzione che non ricorra al voto c'è il fatto che, nel caso di bocciatura del referendum costituzionale, il Parlamento dovrebbe essere rieletto con due leggi elettorale totalmente diverse: una maggioritaria, l'Italicum per la Camera, e l'altra proporzionale, il Consultellum per il Senato. Ergo, si riproporrebbero, amplificati, i cronici problemi di governabilità che assillano il Paese. È ovvio, la situazione è assai delicata. E dunque potrebbe essere necessario far ricorso a un governicchio che, dopo le eventuali dimissioni di Renzi, legiferi per evitare lo stallo e per offrire allo Stivale un sistema elettorale valido. Ovvero, una nuova legge ad hoc per il Senato.

Ma chi potrebbe guidare questo governo d'emergenza? Sul tavolo, secondo La Stampa, ci sarebbero poche ipotesi. Per la precisione, due ipotesi. La più ovvia e gettonata è quella di "prassi", ovvero l'ascesa a Palazzo Chigi del presidente del Senato, Pietro Grasso. Ma a sfavore della terza carica dello Stato propendono le tempistiche: nei giorni dell'ipotetico avvicendamento, infatti, a Palazzo Madama si terrà una complessa sessione di bilancio. E dunque, considerate le priorità economiche, sul tavolo figura anche il nome di Pier Carlo Padoan, il ministro dell'Economia. Certo, i due nomi configurano scenari e profili differenti. La polemica, in caso di vittoria del "no", è assicurata. L'orizzonte appare oggi già parecchio confuso. E dunque non è un caso che al Colle, Sergio Mattarella, abbia già cominciato a lavorare attivamente a una possibile soluzione. O meglio, a due soluzioni.

"Gli alieni esistono, ecco le prove" Ufo e Obama, la rivelazione-choc

"Gli alieni esistono, ecco le prove": Ufo, Obama e la rivelazione-choc Presto nuove rivelazioni



Alieni, presto potremmo conoscere tutta la verità. Esistono, non esistono, gli avvistamenti, i messaggi dallo spazio, la famosa Area 51. Tutte le prove raccolte dalla Casa Bianca, i cosiddetti X-files, verranno rivelati al pubblico. E sarà il presidente uscente, Barack Obama, a rivelare le verità su ufo e vita extraterrestre. Almeno questo è quanto ha riferito Stephen Bassett, direttore esecutivo del Paradigm Research Group (PRG), un lobbista americano che da 20 anni sta facendo pressione sul Pentagono perché pubblichi i dati di cui sarebbe in possesso sulla vita aliena.

Basset è sicuro che gli extra-terrestri esistano e che questa verità stia per essere svelata a tutti. Secondo il lobbista, Obama rivelerà al mondo i documenti top-secret prima della fine del suo mandato. Dopodiché David Cameron seguirà l’esempio con altre rivelazioni straordinarie. “Ci siamo. Obama sarà il presidente della ‘rivelazione’. Vincerà il premio Nobel con quello che presto annuncerà – ha raccontato Bassett al Daily Express -. La più grande e significativa notizia della storia sta per essere rivelata. Sarà su tutti i giornali”.

Il presidente Obama sarebbe sotto pressione per via delle ripetute promesse di Hillary Clinton arrivate nel corso della sua campagna elettorale. La candidata democratica ha promesso più volte un’assoluta trasparenza sul tema UFO, seguendo le orme del marito Bill Clinton che da presidente aveva provato a rilasciare la cosiddetta ‘disclosure’ sugli alieni. “Se non c’è niente là fuori, diciamo alle persone che non c’è niente – ha detto Hillary durante un’intervista in tv -. Se c’è qualcosa là fuori, a meno che sia una minaccia per la sicurezza nazionale, abbiamo il dovere di condividere questa informazione”. Le elezioni statunitensi si terranno a novembre e il nuovo presidente si insedierà alla Casa Bianca a gennaio. Non resta che aspettare. La grande rivelazione è sempre più vicina. Forse.

Direttore, addio? Poco dopo la nomina... Terremoto in Rai: che testa salta / Foto

Direttore, addio? Poco dopo la nomina... Terremoto-Rai: che testa salta



Gira una voce in Rai: Carlo Verdelli, nuovo direttore editoriale, potrebbe già "sparire". Da che si è insediato, di lui quasi non c'è traccia. Quando iniziò il suo lavoro disse: "Dovessi fallire non ci sarà bisogno che qualcuno me lo faccia notare, me ne accorgerò da solo e toglierò rapidamente il disturbo". Di tempo ne è passato, e in Rai ci si chiede cosa stia combinando Verdelli. E, appunto, le voci sul suo passo indietro, come riporta Il Giornale, si moltiplicano.

Verdelli sarebbe stufo di essere spesso scavalcato nelle decisioni editoriali e di fare da parafulmine quando invece c'è un incidente (si pensi all'ospitata di Riina jr da Bruno Vespa). Inoltre, del "piano editoriale", promesso da Verdelli ancora non si sa nulla: una serie di buoni motivi per pensare che l'uomo estratto dal cilindro da Antonio Campo Dall'Orto, in quel cilindro, si possa repentinamente rientrare.

L'ex moglie di Paolo e quella casa: un grosso casino a casa Berlusconi

Mega-villa a Cannes coi soldi di Silvio


di Lucia Esposito


Succede spesso, quasi sempre, quando una coppia scoppia: finisce il matrimonio e iniziano le liti. Se di mezzo ci sono tanti soldi e tante case la faccenda si complica, ma se uno dei coniugi si chiama Berlusconi, la faccenda diventa una notizia. La storia che ricostruiamo è finita davanti al Tribunale civile di Milano e sarà il giudice a stabilire da che parte sta la ragione. I fatti sono questi: nel 2007 la signora Antonella Costanzo, ex seconda moglie di Paolo Berlusconi (da cui si era separata nel 1993 e aveva divorziato nel 2004 mantenendo sempre buoni rapporti) si innamora della meravigliosa villa “La Lampara” a Cannes. Non una casa qualunque, ovviamente. Ma una delle più affascinanti dimore della Costa Azzurra, cinquecento metri quadrati e oltre duemila di giardino a due passi dalla Croisette. Divisa in diversi appartamenti indipendenti, fu costruita dal marchese George De Cueves, marito di Margaret Rockfeller, acquistata negli anni da diverse famiglie nobiliari, viene quindi comprata dalla Costanzo nel 2007. La ex signora Berlusconi non dispone del denaro contante e chiede un prestito iniziale di 6 milioni di euro al Monte dei Paschi di Siena reso disponibile con un’apertura di credito.

Silvio Berlusconi fa da garante fino a 8,8 milioni. «Il mio ex cognato fu molto gentile, mi incoraggiò ad acquistare la magione dicendo che era un buon affare e firmò la fideiussione. Con lui ho sempre avuto e negli anni ho mantenuto ottimi rapporti», spiega adesso la signora. Antonella diventa proprietaria della villa da sogno, comincia a restaurarla e ricorda: «Il mio ex cognato mandò perfino i suoi giardinieri a Cannes per aiutarmi a sistemarla». Passano gli anni e quel prestito viene quasi dimenticato, è come se non fosse mai stato erogato. La signora non paga la rata, la banca non si fa viva. Ma gli interessi nel frattempo lievitano. Fino al 2015, quando Mps esce dallo strano letargo e informa la signora Costanzo che il debito è arrivato a nove milioni. «In tutti questi anni non avevo saputo nulla. Il fatto che ci fosse la garanzia di Silvio Berlusconi evidentemente tranquillizzava la banca. Con la sua fideiussione si sentivano tutti sicuri». Cosa succede? Otto anni dopo l’apertura di credito, la banca ottiene dal Tribunale un decreto ingiuntivo contro la signora. Risultato: l’incantevole villa viene ipotecata e con essa diverse case di proprietà dei due figli Davide e Nicole (33 e 28 anni) di cui la ex seconda signora Berlusconi è solo usufruttuaria. Viene pignorato anche il conto corrente che Antonella condivide con la figlia. «Mi ritrovo così senza alcuna disponibilità economica. La cosa incredibile è che quei soldi sono, erano, anche di mia figlia».

Dagli agi e dai lussi di un tempo la signora si ritrova in una situazione finanziaria precaria. Il suo avvocato Piero Giuliani, del Foro di Milano, presenta un ricorso di opposizione al decreto ingiuntivo. «La signora durante tutti questi anni risulta non essere stata adeguatamente informata sulle voci che costituiscono l’esatta esposizione del proprio debito a mezzo notifica di relativi estratti conto come peraltro previsto dalla legge. Ma quand’anche recapitati e conosciuti dall’interessata, gli estratti conto sarebbero risultati difformi dall’effettiva esposizione in quanto nei medesimi sarebbero stati conteggiati interessi anatocistici (gli interessi sugli interessi, ndr) successivamente oggetto di formale rinuncia da parte della banca in sede di giudizio di merito». L’avvocato Giuliani inoltre sottolinea come la signora non possa essere accusata di aver fatto il passo più lungo della sua gamba: «La mia assistita sostiene che se non avesse avuto le garanzie e le rassicurazioni da parte dell’ex cognato, non si sarebbe lanciata nell’acquisto».

La trama di questo pasticcio familiare e giudiziario si complica. Il 30 dicembre 2015 Silvio paga 7,550 milioni. Di fatto cancella il debito di Antonella con la banca (che nel frattempo, come detto, aveva rinunciato agli interessi anatocistici). Ma ecco che arriva un colpo di scena. Silvio si trasforma da garante a creditore anche procedente nei confronti della ex cognata. All’inizio del 2016, si surroga legalmente nei diritti e nelle azioni esercitate dalla banca. Compreso il pignoramento dei conti correnti. La surroga è una brutta parola tecnica per dire che Silvio diventa il creditore della sua ex cognata. Al posto della banca adesso c’è lui. E i soldi Antonella deve restituirli all’ex cognato. «Ho cercato in tutti i modi di mettermi in contatto con Silvio. Sono pronta a parlargli, a trovare un accordo perché trovo assurdo che lui accetti che persino sua nipote abbia il conto pignorato e venga coinvolta nella vicenda. Sono pronta anche a dargli la villa di Cannes ma a una condizione: che vengano cancellate le ipoteche per un importo complessivo di 32 milioni che il mio ex marito ha messo sulla villa dei miei figli in Sardegna per ottenere dalle banche finanziamenti in proprio e alle sue società. Non mi sembra giusto che i due ragazzi siano privati di quella proprietà a loro regalata dal padre in seguito agli accordi presi in sede di separazione. Credo che dietro il muro di Silvio ci sia il mio ex marito che si è messo di traverso contro di me», spiega la signora. Uno sfogo che trova eco nella precisazione dell’avvocato Giuliani: «La signora Antonella Costanzo dovrà difendersi nel procedimento avviato dal suo ex marito che chiede la revoca dell’assegno di mantenimento per i due figli».

Antonella precisa che l’assegno era stato quantificato considerando la contestuale donazione del padre ai figli della villa in costa Smeralda, successivamente gravata da ipoteche. Antonella non nasconde la sua delusione e aggiunge: «Paolo mi ha sempre versato l’assegno divorzile, settemila euro al mese al netto della tassazione, con un bonifico bancario. Ma da quando il conto è pignorato io quei soldi non posso usarli».

Sulla revoca dell’assegno di mantenimento per i figli, la prima udienza è fissata all’inizio di giugno. Per quanto riguarda il giudizio sul pagamento dell’importo finanziato per l’acquisto della villa di Cannes che vede come controparte anche Silvio Berlusconi, la decisione arriverà presumibilmente entro la fine dell’anno. Il giudice emetterà la sua sentenza. Una sentenza che, forse, scriverà anche il finale di questa storia triste come quasi tutte quelle che cominciano quando finisce un matrimonio.

lunedì 30 maggio 2016

Caivano (Na): Emione, cambiare subito marcia Monopoli non è all'altezza

Caivano (Na): Emione, cambiare subito marcia Monopoli non è all'altezza della situazione 


Arch. Francesco Emione
Consigliere (Liberi Cittadini) 

Il primo anno di Monopoli è stato disastroso. Il dissesto è colpa sua che non ha controllato i conti pubblici. La sua amministrazione è la peggiore continuità con la precedente. Scaricare il barile non basta più

Consigliere Emione, è trascorso il primo anno di amministrazione Monopoli che coincide anche con il dissesto finanziario. Quali sono le sue considerazioni sul primo anno. 

“E’ stato un anno disastroso, sotto tutti i punti di vista. Provi a chiedere ad ogni cittadino, cos’ha fatto Monopoli per Caivano, nessuno saprà darle una risposta. Non ha fatto nulla. L’unica certezza è che manderà il Comune in dissesto. Non è bastato nemmeno il tecnico di Alto Profilo ad evitare il commissario ad acta". 

Il sindaco invece dice che il dissesto è causa delle vecchie amministrazioni. 

“Monopoli si è presentato innanzi agli elettori di Caivano promettendo di risolvere i problemi, non di scaricarli sugli altri. E’ facile parlare dai palchi. Ha dimostrato di non essere all’altezza dei ruoli che assume. E’ stato uno scadente consigliere provinciale che non difese la città quando il suo leader Gigino Cesaro (detto a Purpett) fece sversare tonnellate di rifiuti a Caivano. Da consigliere di minoranza non ha mai collaborato per la soluzione dei problemi della città. Ha criticato tutto e tutti. L’incoerenza di Monopoli è nota: ha cambiato molti partiti per questioni di opportunità personali. Gli piace Mussolini, si candida nell'Udc poi finisce in Forza Italia, oggi governa con larga parte dell’amministrazione Falco e nello stesso tempo scarica le colpe dei suoi fallimenti sulla precedente maggioranza. Insomma, Monopoli si sputa sulla mano e poi cerca il colpevole. 

Ecco, appunto, chiariamo un po’ questa questione delle responsabilità.

“I consiglieri Gaetano Ponticelli capogruppo del partito del sindaco (Forza Italia) ed ex consigliere del partito del sindaco Falco (UDC), Gennaro Riccio, Fabio Mariniello, il presidente  Del Gaudio (vicesindaco di Falco) e tanti altri, hanno sostenuto la precedente amministrazione insieme al PD. Sono stati consiglieri comunali per quattro anni, mentre io solo per un giorno, perché mi dimisi per ricoprire il ruolo di assessore all’urbanistica. Se c’è da ricercare responsabilità, non si parli a vanvera per ingannare l’opinione pubblica, ormai la gente ha già dato, ma soprattutto ha già visto. 

Quindi le responsabilità sono degli stessi consiglieri di Monopoli?

“Sono del sindaco e della sua sgangherata maggioranza che è la brutta copia dell’amministrazione Falco. Su quattro partiti di maggioranza (Forza Italia, Idea Nuova, La Svolta e PSI) tre capigruppo Ponticelli, Mariniello e Giamante hanno sostenuto la precedente amministrazione. E poi vi sono gli stessi consulenti, le stesse ditte aggiudicatarie di lavori senza gara, la stessa organizzazione della pianta organica.  Non c’è discontinuità. Solo Monopoli, o quasi. 

E come avrebbe potuto evitare il dissesto?

Una donna prima di fare la spesa conta i soldi che ha in borsa. La prima cosa che un sindaco responsabile fa appena eletto è l’analisi dei conti del Comune. Stante l’assoluta incapacità dei suoi consiglieri, avrebbe potuto assumere un consulente. A parte che Monopoli è nelle istituzioni da dieci anni. Avrebbe dovuto saperlo. o no? Il primo atto di Monopoli è stato assumere un portavoce per farsi propaganda con i soldi dei cittadini. Chiedete un po al sindaco che oggi nomina un commissario ad Acta per far quadrare i conti, quanto gli costa il suo addetto stampa. Non era necessario spendere 40 mila euro all’anno per qualche foto su facebook, anche se ormai lo sanno fare tutti, anche i bambini. Come non era necessario pagare 20 mila euro ad un avvocato per scrivere il capitolato di appalto dei rifiuti. La gestione dei conti è stata approssimativa, Monopoli ha trattenuto la delega al bilancio, poi ha nominato due assessori infine fatto arrivare il commissario ad acta. Il documento programmatico più importante non è stato votato dalla giunta definita di alto profilo. Non ha ancora portato in Aula, un documento contabile ad indirizzo politico. Scaricare il barile non serve più. Anche se la politica di Monopoli è questa fino al termine del suo mandato, auspico termini il prima possibile. La sua maggioranza ha già approvato il bilancio nel 2015. Ora dice che quel bilancio era tecnicamente falso. Che significa? E perché non l’ha detto prima? Allora ha votato un bilancio falso? O forse vuole dire che il commissario prefettizio Contarino ha truccato le carte?. Siamo seri. Monopoli avrebbe potuto rateizzare i debiti, ma non l’ha fatto perché si è circondato di dilettanti che ignorano le leggi. Una compagine che non sa dare indirizzi politici ai funzionari, taluni abbandonati a se stessi, altri strenuamente difesi per ragioni incomprensibili. 

Ma come si è arrivati a questo?

Era inevitabile. Monopoli pur di vincere le elezioni si è circondato di un’armata Brancaleone. Ha preso il peggio dell’amministrazione Falco ed ha messo del suo: molti soggetti senz’arte né parte, alcuni perdigiorno di professione, taluni (anche professionisti) che considerano la politica una fonte di arricchimento o sostentamento. Si tratta di improvvisati che hanno piratescamente preso d’assalto il Comune: mai le istituzioni erano state così dileggiate, mai la nostra città aveva raggiunto apici di degrado e volgarità così alti, mai un sindaco si era rivelato tanto impreparato quanto assoggettato ad alcuni consiglieri comunali.

Ma voi dell’opposizione cosa avete fatto?

Per quel poco che ci è stato consentito, abbiamo portato in Consiglio numerose tematiche. I punti all’ordine del giorno sono stati posti solo da noi. Per il resto conduciamo la nostra battaglia per una maggiore trasparenza ed efficienza, in un clima di scontro perenne. La maggioranza, non sapendo fare nient’altro, attacca quotidianamente le forze di minoranza. Il sindaco ha trascinato il dibattito politico nella rissa, ma dopo senza amministrare, parlano i fatti e rivelano il fallimento totale dell’amministrazione Monopoli. Tant’è che ha bocciato la prima giunta ed ha nominato presunti tecnici che non servono a niente. 

Quindi secondo lei si deve già dimettere. 

Per amore di Caivano, lo deve fare. Subito. Ha portato disastri in tutti i settori. Più va avanti, più peggiorano le condizioni della città. E lascerà macerie. Non ha fatto programmazione, non ha ampliato le entrate comunali, non ha presentato progetti di finanziamento. Per ora è stata portata a termine una sola gara di appalto per il ricovero dei cani, poi sono state fatte tutte proroghe. Alcune illegittime. Solo foto su Facebook di ordinaria amministrazione citate come Premio Oscar. Sull’accorpamento dei settori, così pubblicizzato dalla stampa, è stata fatta una colossale figuraccia. Il giudice civile ha ordinato la revoca della delibera per condotta antisindacale. I settori sono tornati ad essere tanti senza nessun risparmio. E questo in soli 12 mesi, non oso immaginare domani. 

Quali sono secondo lei i settori peggio gestiti?

Basta accendere la Tv per capire che a Caivano c’è un’emergenza sociale. Al di là dei dolorosi fatti di cronaca, l’ufficio preposto è stato fallimentare eppure si spendono, tanti, troppi soldi per finanziare cooperative sociali in cui spesso figurano affini e soggetti legati agli amministratori locali e non solo. Il settore dei servizi sociali va immediatamente rivoluzionato. Bisogna mettere da parte chi ha gestito le politiche sociali per fare clientele. E proprio il sindaco ha trattenuto per lungo tempo la delega ai servizi sociali, quindi ancora una volta deve intestarsi il fallimento. 

Non salva nulla?

Come faccio a salvare una forma di governo fallimentare, improntata da familismo, dilettantismo, irresponsabilità. L’unica cosa da fare è porre fine a questo disastro.  C’è una cosa che però salverei, la dignità dei consiglieri comunali che sapranno dire basta per amore di Caivano. Ne troveremo qualcuno? Dubito… 

Sant’Arpino, la scrittrice Adriana Dell’Amico presenta il libro “Nessuno è nato libero”

Sant’Arpino, la scrittrice Adriana Dell’Amico
presenta il libro “Nessuno è nato libero”


di  Antonio Parrella



SANT’ARPINO - Fari puntati sulla cultura.“Nessuno è nato libero”. E’ il titolo del libro dell’avvocata casertana Adriana Dell’Amico, che, dopo il grande successo delle precedenti presentazioni, è stata ospite domenica 29 maggio scorso presso il palazzo Ducale “Sanchez de Luna” di Sant’Arpino. All’happening culturale, organizzato nell’ambito della VI Rassegna Letteraria “Sulle orme del Cantor d’Enea”, oltre alla stessa autrice Dell’Amico, hanno partecipato, tra gli altri, Aldo Pezzella (presidente della Pro Loco), Salvatore Brasiello (assessore alla cultura), la professoressa Teresa Del Prete dell’Istituto degli Studi Atellani ed Ernesto Mattia (responsabile del settore cultura del Comune di Lusciano. Durante la manifestazione sono stati letti alcuni passi del libro a cura di Pio Del Prete ed uno spazio musicale del musicista-attore Gianni Aversano. Il volume della scrittrice-avvocata Dell’Amico punta l’attenzione sulla figura di un parroco, don Nicola, che attraverso il suo cinquantennale sacerdozio percorre il suo ultimo anno di vita nella cura spirituale dei suoi parrocchiani. Tra le varie vicissitudini, che quotidianamente è costretto a vivere, il prelato cerca di dare una risposta al tema fondamentale dell’essere umano, ovvero al significato dell’amore. E spesso, durante gli ultimi mesi, don Nicola si domanda se l’uomo possa essere veramente libero o se è immerso nella categoria filosofica della necessità, da cui non può svincolarsi. Dell’Amico affronta così temi spinosi che dal cinquecento in poi hanno diviso gli intellettuali di area mitteleuropea, dove la libertà veniva subordinata alla necessità, da quelli strettamente cattolici, dove il libero arbitrio rappresentava una tappa fondamentale per operare il bene sulla terra. Dunque l’autrice è conscia di barcamenarsi tra un’ etica protestante di tipo borghese e un cattolicesimo rinascimentale e post-conciliare. Ma è proprio quella vita quotidiana che farà riflettere profondamente il nostro protagonista, fino a fargli ritenere che l’amore è degli angeli e noi uomini possiamo solo imitare quell’ombra platonica dell’amore divino, proiettato sul fondo della caverna in cui siamo  rinchiusi.  

giovedì 26 maggio 2016

La Ricerca migliora la vita. Ci puoi mettere la firma

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Nella Ricerca l’importante non è partecipare, ma vincere. Sostieni anche tu l’IRCCS San Raffaele e mantieni viva la fiaccola della ricerca. 

L’IRCCS è un punto di riferimento nazionale nel campo della riabilitazione e della Ricerca scientifica. Ogni giorno 30 laboratori svolgono un'intensa e qualificata attività scientifica, in particolare nel settore della riabilitazione in collaborazione con numerosi ricercatori italiani e stranieri. 

Potrebbe sembrare una piccola goccia nel mare, ma una tua donazione alla Ricerca del San Raffaele può significare la vita per molti pazienti bisognosi di cure sempre più avanzate e risolutive. I ricercatori del San Raffaele di Roma giocano ogni giorno una piccola grande Olimpiade che anche grazie al tuo aiuto speriamo di vincere. 

Sostenere le attività di ricerca dell’IRCCS San Raffaele è semplice. Modalità:
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Inps, il palazzo per feste e party Ecco l'ultima vergogna / Guarda

Inps, un altro palazzo usato per le feste


di Giacomo Amadori



Nel salotto buono di Firenze ci si muove a piedi e per coprire i 300 metri scarsi che separano l’elegantissimo Palazzo Pazzi da quello della Signoria, sede del municipio, bastano 2 minuti. Si può affermare senza tema di smentita che Palazzo Pazzi, detto anche “della Congiura”, rappresenti la sede regionale più pregevole dell’Inps e probabilmente uno dei tesoretti dell’istituto. E così lo scorso 21 maggio, in occasione dell’apertura al pubblico delle sedi storiche dell’istituto previdenziale, una kermesse intitolata Welfarte, ha offerto il programma più affascinante, con tanto di evento musicale.

Sul sito dell’Inps la cornice era così descritta: «Il cortile con un portico a tre lati tra i più suggestivi della città, il salone monumentale, la cappellina affrescata, la sala pompeiana e un’altana dallo splendido panorama, lasceranno senza fiato i visitatori». Nell’androne fa bella mostra una copia dello stemma dei Pazzi attribuito a Donatello: due delfini simmetrici girati verso l’esterno e quattro croci. Per l’occasione l’Inps ha proposto un concerto lirico e l’esibizione del Quartetto d’archi formato dai professori dell’Orchestra del Maggio musicale fiorentino. Guai a pensare che i dirigente dell’istituto abbiano pensato solo all’intrattenimento: «Non mancheranno momenti istituzionali per consentire agli interessati di usufruire di consulenze previdenziali presso le 3 postazioni Inps che saranno presidiate per l’intera giornata» era precisato sul sito.

Il complesso è suddiviso in tre piani e ha un appendice in via del Proconsolo 8. Al catasto 25 vani sono registrati come uffici; altri 39 vani sono iscritti come «abitazione di tipo economico», mentre al piano terra si trovano 5,5 vani «popolari», adibiti ad aule di formazione e per l’informatica. A questi 70 locali bisogna aggiungere circa 30 mila metri cubi di «uffici pubblici» in uno dei più bei palazzi di Firenze e quindi d’Italia e quindi del mondo. Al piano nobile c’è il celebre salone monumentale che può ospitare un’ottantina di invitati. Purtroppo gli ambienti sopra al salone sono senza pavimenti visto che quei solai sono inutilizzati e abbandonati al degrado da decenni.

L’ex direttore regionale dell’Inps della Toscana Fabio Vitale, rimasto in carica dal 2009 al 2014, aveva proposto di mettere a reddito questa sede regionale e di trasferire gli uffici in uno stabile periferico, precisamente in viale Matteotti, un edificio ereditato dall’Inpdap che è stato oggetto di numerosi interventi mai conclusi visto che l’impresa edile a cui erano stati affidati è fallita. La proposta di Vitale non venne però accolta. Eppure nei libri contabili dell’istituto Palazzo Pazzi è valutato circa 100 milioni di euro e ogni anno, secondo le notizie raccolte da Libero, costerebbe un’esagerazione di manutenzione straordinaria (almeno 1-2 milioni l’anno) e ordinaria (circa 100-150 mila euro l’anno). Palazzo Pazzi, è uno dei migliori esempi in città di architettura civile del Rinascimento.

Venne costruito tra il 1458 ed il 1469 e per alcuni al progetto avrebbe lavorato Filippo Brunelleschi, autore della cappella Pazzi. In quei saloni sarebbe stata ideata la congiura del 1478 contro Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano, che nell’agguato perse la vita. Per questa mattanza i Pazzi vennero esiliati e l’edificio passò di mano in mano. Dalla famiglia francese dei d’Estonville ai Medici ai Malaspina. Successivamente toccò agli Strozzi. Nell’’800 ospitò un istituto religioso e la sede della massoneria del Grand’Oriente d’Italia. Nel 1913 venne acquistato dalla Banca di Firenze, la quale lo fece restaurare dall’architetto fiorentino Adolfo Coppedè. Il passaggio all’attuale proprietario, l’Inps, avvenne in piena epoca fascista, nel 1931. Nel dopoguerra il palazzo fu oggetto di importanti restauri che restituirono all’edificio in suo aspetto quattrocentesco, l’ultimo dei quali, molto dispendioso, si è concluso sei anni fa.

Nonostante i costi esorbitanti nessuno all’Inps sembra intenzionato a privarsi di una sede tanto prestigiosa e così adatta a suggestivi concerti musicali

Calcio e scommesse, trema la A: sospetti sulle gare di Napoli e Milan

Calcioscommesse, trema la Serie A: puntate sospette anche su Napoli e Milan



Il calcio italiano non trova pace. Prima i flussi anomali di scommesse sull’espulsione di Mirko Gori durante la partita fra Frosinone e Napoli, poi gli arresti al gruppo di camorra “Vanella Grassi” di Secondigliano che avrebbe orientato alcune partite di B, e, oggi, un presunto dossier dei bookmaker su alcune combine in Serie A. Un’escalation di pessime notizie per il mondo del pallone che, sempre più, perde la sua credibilità sotto i colpi di inchieste, arresti, penalizzazioni e carte bollate.

Il dossier - Secondo quanto riporta La Repubblica lo scandalo calcioscommesse potrebbe allargarsi con 5 gare di Serie A e 11 di Lega Pro sotto osservazione. I bookmaker infatti, hanno preparato un dossier che nei prossimi giorni verrà inviato alle autorità competenti. Nel fascicolo vengono segnalati alcuni “movimenti anomali" del campionato appena terminato. Le partite sospette sarebbero Frosinone-Milan 2-4. Frosinone-Napoli 1-5, Genoa-Frosinone 4-0, Verona-Frosinone 1-2 e Napoli-Frosinone 4-0. Secondo la fonte del quotidiano però, il fatto che riguardino tutte il Frosinone "non sta a significare che la società o i calciatori abbiano responsabilità dirette. Non abbiamo alcuno strumento per valutarlo. Ma certo le puntate registrate sono state molto strane".

Lega Pro - Ci sono sospetti riguardanti anche la Lega Pro. Sono state già denunciate alla procura di Catania, 11 partite della terza serie: la maggior parte riguarda il Messina, ma ricompare anche il nome del Catania. Per il momento non ci sono elementi per delineare responsabilità delle società "ma alcune situazioni hanno davvero dell’incredibile: ci sono autogol che ricordano i tempi dell’inchiesta di Cremona".

mercoledì 25 maggio 2016

Voragine di 200 metri sul Lungarno aiuto ingoiate: di chi è la colpa?

Voragine di 200 metri inghiotte le auto sul Lungarno a Firenze



Una voragine di circa duecento metri per sette si è aperta a Firenze sul Lungarno Torrigiani, tra Ponte Vecchio e Ponte alle Grazie. Il cedimento è stato causato dalla rottura di un tubo di circa 70-80 centimetri di diametro e l'acqua ha scavato sotto il manto stradale fino a provocare la voragine: circa 20 auto sono state inghiottite dalla voragine ma nessuna persona è rimasta ferita. Sul posto sono accorse diverse squadre dei vigili del fuoco, con un team di sommozzatori, che stanno aspirando l’acqua per permettere anche agli addetti di Publiacqua di procedere alle riparazioni. La società che eroga il servizio dell'acqua in città ha dovuto ridurre la pressione dell’acquedotto.

In città si registra una quasi totale mancanza d’acqua, e sono a secco anche alcuni comuni dell’interland fiorentino. Nella zona colpita dallo smottamento manca anche la luce, fanno sapere i vigili del fuoco. Due palazzi, i civici 25 e 27 che si affacciano su lungarno Torrigiani, sono stati evacuati per precauzione. Per le ore 11 è stata convocata dal sindaco di Firenze Dario Nardella l’unità di crisi a Palazzo Vecchio con la protezione civile e Publiacqua, la società affidataria della gestione del servizio idrico locale, per discutere della situazione. Il sindaco ha riferito che non si può escludere che lo smottamento possa continuare.

Schumi, ultimo bollettino medico: le clamorose parole di Montezemolo

L'ultimo bollettino medico di Schumi, le clamorose parole di Luca Cordero Montezemolo



"Ho saputo che Micheal Schumacher sta reagendo alla cura ". Le parole di Luca Cordero di Montezemolo ridanno forza alla speranza dopo le brutte voci circolate nei giorni scorsi sulla salute del campione. Qualche settimana fa alcune indiscrezioni avevano fatto temere il peggio per l'ex pilota della Ferrari. Alcuni media statunitensi avevano riportato la notizia di un forte peggioramento delle sue condizioni di salute. "Lui è una persona eccezionale, dotata di una grande forza. Sono certo che la sua determinazione gli permetterà di uscire da questa situazione molto difficile. Me lo auguro davvero. Michael è senza dubbio il più grande pilota della storia della Ferrari”, ha aggiunto Montezemolo alla Cnn. Negli ultimi tempi le notizie sulla salute del campione di Formula Uno si erano susseguite incessanti: dapprima si diceva che soffriva di “morte celebrale”, poi che era morto, poi che si sarebbe svegliato e avrebbe descritto a tutti i presenti il paradiso adesso torna la speranza. 

Sentenza Esposito: 26 anni a De Santis La madre di Ciro: "Ho perdonato"

Omicidio Esposito, arriva la sentenza per De Santis



È stato condannato a 26 anni di carcere Daniele De Santis, l'ultrà giallorosso accusato di aver ferito e ucciso Ciro Esposito durante gli scontri che precedettero, il 3 maggio del 2014, la finale di Coppa Italia, fra Napoli e Fiorentina. La sentenza dei giudici della terza sezione della Corte d'Assise di Roma è stata letta nell'aula bunker di Rebibbia dopo tre ore e mezza di camera di consiglio. Oltre a De Santis, nell'ambito del processo per l'omicidio di Ciro Esposito, sono stati condannati a 8 mesi di reclusione per rissa aggravata e lesioni (con pena sospesa) anche i tifosi partenopei Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito. Entrambi sono ritenuti parte del gruppo che provocò gli scontri durante i quali Ciro venne ferito a morte.

La vicenda - Il giovane venne colpito, poco prima della finale di Coppa Italia Fiorentina Napoli del 3 maggio 2014 da un proiettile che gli ferì un polmone e arrivò alla colonna vertebrale. Il trentenne morì nel Policlinico Agostino Gemelli di Roma, dopo 53 giorni di agonia. I pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio avevano chiesto l'ergastolo per De Santis e tre anni di reclusione per Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito.

Le dichiarazioni - In aula, oggi anche la mamma di Ciro Esposito, Antonella Leardi, che così ha commentato la sentenza: "La pena inflitta è congrua e giusta, per De Santis non provo odio perché l'ho perdonato". In aula le urla degli amici di Ciro Esposito giunti per ascoltare la sentenza: "Devi marcire per quello che hai fatto". Di tutt’altro avviso invece Tommaso Politi, legale di De Santis che ha dichiarato: "Non mi aspettavo questa sentenza perché le nostre argomentazioni erano solide e tanti testimoni hanno raccontato che il mio assistito ha cercato di sottrarsi a un linciaggio. Per questo mi sarei aspettato un proscioglimento per legittima difesa". Inoltre, l'imputato dovrà pagare una provvisionale complessiva di 140 mila euro ai familiari della vittima.

Porro, confessione totale a Telese: "Santoro, Fazio e quel dramma"

Porro intervistato da Telese: "Io, Santoro, Fazio e quel dramma in famiglia"

di Luca Telese


Nicola, sei sulla cresta dell’onda! «(Ride) Non posso rilasciare interviste, Luca». Che fai, adesso, te la tiri anche con me? «Voglio essere chiaro, soprattutto con un amico: non dico più nemmeno una parola su Rai, Virus o Campo Dall’Orto!». Perché ci hai già litigato troppo? «(Tono sospettoso) Luca, ti ho detto che non parlo di Rai! Non fregheresti un amico, no? Sono un aziendalista». Sì, ma so bene che tu al mio posto lo faresti, quindi… «(Risata crassa) Sono indignato, ma hai ragione. Possiamo parlare di tutto, tranne che del programma. Quello che dovevo dire l’ho già detto. Ogni altra parola è superflua». 

Per lunghi anni, Nicola Porro e io siamo andati In Onda insieme su La7. Un programma a due è come un fidanzamento: o ti sposi o ti separi (e vuoi gli alimenti). Noi incredibilmente andavamo d’accordo. Avevamo un compito che ci riusciva benissimo: lui raccontava le cose partendo da un punto di vista “di destra”, io da un punto di vista “di sinistra”. Il massimo della differenza e il massimo della sintonia, nel rispetto della diversità. Ho capito allora che Nicola è un liberale vero. La gente ci ferma, ancora oggi: “Come facevate a sostenere sempre due cose opposte? Era tutto scritto?”. Veniva naturale: una volta partiva lui, una volta io - a braccio - e l’altro era obbligato a variare all’impronta. Un ospite lo invitavo io e uno lui, un servizio lo immaginavo io, uno lui. Poi Nicola ha creato Virus su Raidue: per una strana follia, proprio nell’anno dei suoi record, lo chiudono. L’ultima puntata ha superato il 6%. 

Cosa farai? 

«Combatto per portare sempre in scena, spero alla Rai, l’idea più sbagliata e metterla a confronto con quella dominante. Il contagio delle idee è un valore».  

Ti offrono, un programma, domenica pomeriggio, accetterai? 

«No comment».  

L’unico talk "di destra": una condanna o una fortuna?  

«In un paese in cui in tutti i salotti definirsi di sinistra sembra un certificato di cittadinanza, pena l’indegnità, sono contento di essere bollato “di destra”».  

Tu cosa sei?  

«Un liberale. Punto». 

Cosa significa, questo, nella tua tv? 

«Raccontare gli invisibili, chi non ha successo». 

Ovvero? 

«Le persone inutili per i salotti di oggi, che - per dire - non sono à la page per Fazio, non hanno il faccione».  

Quali sono i "salotti di oggi"? 

«Un tempo erano Mediobanca e le sorelle Crespi. Oggi, per trovare un simbolo, sono due locali radical chic di Roma, sono Settembrini e il Salotto 42». 

Quartiere Mazzini: produttori, sceneggiatori e del cinema, e in centro.  

«Due piccoli templi del pensiero dominante. Ovvero di ciò che le persone fiche, le persone giuste pensano».  

Non è da te inveire!  

«Giornalisti e i politici, spesso prigionieri nel circuito del potere, hanno un fortissimo rischio di allontanarsi dalla realtà. La confondono con quel che si dice al Settembrini e al Salotto 42».  

Avevi un nonno liberale!  

«Nicola come me, cognome Melodia, è stato vice-presidente del Senato. Ma non l’ho mai conosciuto. La mia famiglia era di destra, vagamente nostalgica, papà votava Msi».  

So che con Vendola avete ricordato le sorelle Porro.  

«Agrarie, zitelle e incolpevoli. Ma sorelle e zie di fascistissimi Porro pugliesi». 

Vennero trucidate nel 1945, siamo dalle parti di Pansa. 

«Furono linciate, stuprate e lasciate nude sulla pubblica piazza di Andria. Io Il sangue dei vinti ce l’ho nelle vene».  

Eppure nel dna non hai l’odio.  

«Mio padre Maurizio e mia madre Lucilla non mi ha trasmesso nulla di tutto questo: non una parola di rancore. Era come se tutti in famiglia avessero accettato la fatalità brutale della guerra civile».  

Come faceva a non odiare? 

«Lui fu mandato in Svizzera a studiare: parla il tedesco meglio dell’italiano. Mai avuto una tradizione orale di quel dramma». 

Pazzesco.  

«Dopo, con i rapimenti degli anni ’70 in casa mia giravano armi. In campagna papà dormiva con la 38 special sopra la sponda del letto. Sapevo, ma non ne parlavamo». 

E il Pli? 

«Sono del 1969. Rimasi folgorato dalla lettura di un saggio di Antonio Martino che mi aveva prestato il mio amico Antonio De Filippi fratello di Giuseppe».  

E i cugini radicali, il fascinoso Pannella? 

«Zecche: non potevo proprio tollerare di essere chiamato da qualcuno “compagno”». 

E gli odiati cugini repubblicani? Più a sinistra di voi.  

«Macché di sinistra! Ho conosciuto Oscar Giannino con i capelli, senza bastone e senza ghette. Ma era più padronale di me. Mi sono convinto a votarlo quando ho scoperto la storia della sua finta laurea: è indecoroso il linciaggio che ha subito». 

Politica all’università?

«Capisco cos’è il conflitto perché vengo menato sia dai fascisti che dai comunisti».  

Spiegami un motivo di rissa.  

«Quando giravo per i corridoi di economia spiegando: “Le tasse universitarie devono essere più alte!”». 

Facevano bene a menarti.  

«È un principio di equità. I dieci delle classi sociali più ricche che si laureano, hanno un futuro. È giusto che se lo paghino. Chi non ha soldi viene finanziato con una borsa di studio. Chi perde tempo paghi».  

E dopo la laurea? 

«Mi chiama Ferrara che apre il Foglio, ci incontriamo al Radetzky e poi la prima, unica e provvidenziale raccomandazione della mia vita: Paolo del Debbio chiama Carlo Maria Lomartire e gli chiede di trovarmi un lavoretto a Rete Quattro». 

E che fai? 

«Mi devo svegliare alle cinque di mattina per una rassegna stampa. Con una Yahamaha Teneré 600 fichissima. Compravo i giornali e li portavo in redazione».  

Ma torni anche sulla carta stampata.  

«Ferrara e il grande Sergio Zuncheddu, editore de Il Foglio, mi offrono di fare una pagina finanziaria del quotidiano. Dura un anno. Un giorno Giuliano, quasi serafico mi fa: “Da domani non esci più”. Ho metabolizzato in quel momento la flessibilità. Svengo. Però poco dopo mi assume al Foglio».  

Poi torni all’economia.  

«Nel 2000 mi chiama Paolo Panerai e con Giuseppe De Filippi fondiamo Class Financial Network. Copiando spudoratamente Cnbc». 

E poi? 

«Il buon risultato mi procura la chiamata di Belpietro. Pensa: non l’avevo mai visto. Nel 2003 mi dice: “Vuoi venire a fare il capo dell’economia a Il Giornale?”».  

E tu? 

«Mi pare incredibile: la prima volta che mi vede mi assume». 

Il passaggio a La7? 

«Ero in vacanza a Stromboli. Gianni Stella, detto "Er canaro", una leggenda, si presentò in elicottero!». 

E tu? 

«Andai a prenderlo con l’Ape. Mi disse all’orecchio quando mi volevano dare a puntata. Capii male. Temevo pochissimo. Ero imbronciato. E così lui, davanti a mia moglie: “Sai quante donne rimorchi con la tv!”». 

E Allegra? 

«Donna di classe infinita: “Allora Nicola accetta!”». 

Te ne vai a Raidue litigando con Cairo per una sciocchezza. 

«Malamente, insulti. Subito dopo diventiamo amici. Questo ti dice la grandezza dell’uomo».  

E il passaggio alla Rai?

«Ho avuto libertà straordinaria. In poche settimane mettiamo su un programma di prima serata partito il 3 luglio. Se si muove la macchina di viale Mazzini non ce n’è per nessuno».  

Non hai citato Feltri.  

«Solo perché ora è direttore. Per me è un maestro. Ha una dote rara: rendere semplici le cose complesse. Quando inizio a scrivere me lo vedo davanti come Obi Wan Kenobi che me lo ripete. È difficile semplificare senza banalizzare». 

Altro maestro? 

«Non ci crederai: Santoro. Nei suoi programmi, dove si andava a combattere, sono diventato “il berlusconiano dal volto umano”». 

E il tuo amore-odio con Freccero? 

«Ripete sempre che sono bravissimo nella carta stampata, che vesto bene, e che passo tutti i miei week a Saint Tropez». 

La terza cosa è quasi vera. 

«Ho conquistato tutto da solo non ho motivo di vergognarmi». 

Non sei cool, Nicola.  

«A vent’anni andavo al Piper la sera, e il giorno litigavo con i compagni».  

E quindi? 

«Per fare il giornalista non devi essere malvestito, ma con la giacca di Armani stropicciata, avere la barba incolta, e una multiproprietà in Puglia. Capisco, però, che aiuta molto».

Parla la moglie di Dell'Utri "Le prigioni di mio marito tra infezioni e svenimenti in cella"

"Infezioni, botte, svenimenti: vi racconto le prigioni di mio marito Dell'Utri"


intervista di Pietro Senaldi
 e Lucia Esposito



Signora Dell'Utri come sta suo marito?

"Non bene. È in terapia intensiva all'ospedale Sandro Pertini di Roma ormai da più di una settimana. Sembra rispondere bene al cocktail di antibiotici prescrittogli da un infettivologo e la setticemia dovrebbe essere sotto controllo, ma è anche cardiopatico da più di quindici anni, ha subìto quattro interventi al cuore, ed è diabetico da tanto tempo. Le sue sono, purtroppo, patologie serie e pregresse, non spuntate con i guai giudiziari. Sono precedenti al carcere duro e mi sembrerebbero poco compatibili con esso".

È vero che è piantonato?

"Sì è vero, è prescritta per legge una sorveglianza costante che viene effettuata contemporaneamente da tre agenti della polizia penitenziaria. Viene trattato come un uomo pericoloso anziché come un anziano malato".

Lei può vederlo?

"La direzione del carcere di Rebibbia, in questa fase acuta, ha autorizzato visite quotidiane di trenta minuti al giorno a me e ai miei quattro figli".

Come sta psicologicamente?

"I primi giorni era poco reattivo, addirittura soporoso, per lui parlava solo il male. Adesso riesce a sostenere una conversazione".

È più rassegnato o arrabbiato?

"Non è mai stato né rassegnato né arrabbiato, e anche in questo momento di sofferenza acuta è sempre rimasto coerente con sé stesso. Non ha mai avuto parole di odio o di rabbia verso nessuno. Con noi familiari il suo sense of humor prevale su tutto, è lui che riesce a tranquillizzarci e trasmetterci l'energia per andare avanti. Questo fa parte del suo carattere da sempre; è un suo punto di forza".

La signora Miranda Dell'Utri negli ultimi due anni ha visto il marito solo nella sala colloqui del carcere di Parma, dove fino a due settimane fa era recluso in regime di massima sicurezza. Causa, la condanna in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa per fatti precedenti al 1994. Autorevoli giuristi hanno evidenziato i dubbi confini giuridici di tale fattispecie, di natura giurisprudenziale e non presente nel codice penale, e la sua difficile verifica probatoria. Da ultimo, anche la Corte Europea dei diritti dell' Uomo ha ritenuto illegittima la condanna emessa per lo stesso reato nei confronti di Bruno Contrada, l' ex numero uno del Sisde, affermando che, fino al 1994, la giurisprudenza italiana sul concorso esterno non consentiva la tipizzazione del reato e quindi non permetteva all' imputato di prevedere gli effetti negativi della propria condotta. Una tempistica che coincide perfettamente con quella del processo Dell' Utri.

Suo marito fino a quindici giorni fa era rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Parma...

"Lo hanno portato lì per i suoi problemi di salute perché il carcere di Parma è dotato di un centro clinico. Il regime di massima sicurezza, a cui mio marito è sottoposto, prevede che si possano fare solo due ore d'aria al giorno durante le quali lui poteva camminare, sempre in isolamento, in un "cassone di cemento" di sette metri per sette con mura alte sei metri. Immaginatevi d'estate quando le temperature raggiungono i quaranta gradi!".

Si può parlare di carcere duro?

"Ho letto nel rapporto delle attività del garante dei detenuti che nel carcere di Parma ci sono 530 detenuti che costano circa 29 milioni all'anno. Di questi soldi solo 3.500 euro vengono annualmente investiti per le attività trattamentali e il recupero sociale. Non è un caso se il 70%, dei detenuti sono recidivi. Escono e poi tornano dentro".

Quante volte poteva vedere suo marito?

"Un'ora alla settimana, non più di tre familiari insieme. Nel regime di massima sicurezza sono concesse anche due telefonate al mese con i familiari di dieci minuti ciascuna. Per telefonate aggiuntive bisogna presentare un'istanza al direttore del carcere che di volta in volta, a sua discrezione, decide se autorizzare o meno. Quando nacque due anni fa il nostro primo nipote maschio, il giudice non autorizzò quella telefonata in più".

Ma aveva l' assistenza medica?

«Il regolamento prevede che per ragioni di sicurezza non si possono trasferire in ospedale più di tre detenuti al giorno. Il che significa che per effettuare esami ospedalieri ci può essere anche un'attesa che dura mesi. Vi faccio qualche esempio. Il 16 gennaio del 2015 il cardiologo prescrive a mio marito un elettrocardiogramma da sforzo. Il 26 febbraio il medico, dopo un'altra visita, sollecita l'importanza di quest'esame. Ma solo ad aprile, tre mesi dopo la prima richiesta, mio marito riesce a fare l'elettrocardiogramma sotto sforzo".

Perché queste lungaggini?

"La mia impressione è che manchino le risorse e che ci sia una burocrazia eccessiva".

Come passava le giornate in carcere suo marito a Parma?

"Leggendo, studiando e scrivendo. Poi si è occupato di riorganizzare la biblioteca del carcere. Aiutava anche gli altri detenuti a scrivere lettere personali ai famigliari".

I libri poteva portarli in cella?

"All'inizio solo tre, non più di tre e non rilegati, anche questo fa parte del regolamento. Poi gli hanno consentito di tenerne di più. Aveva sempre con sé La Divina Commedia e un dizionario italiano. Poi, a seconda di quello che decideva di studiare, libri di storia, poesia, filosofia e letteratura".

Come andava con il cibo?

"Anche in questo caso ci sono regole ferree. I familiari possono portare in carcere solo alcuni cibi, ma non sempre la logica è comprensibile: mele fresche sì, quelle essiccate no. Salmone e pesce spada sono consentiti perché non hanno lische immagino, ma non è accettato il baccalà o un carpaccio di branzino".

Quanto sono peggiorate le condizioni di suo marito in carcere?

"Durante questi due anni è dimagrito molto, ha avuto diversi episodi prelipotimici (svenimenti) a causa di uno scarso controllo della glicemia che deve essere continuamente monitorata nei pazienti diabetici. In uno di questi episodi ha battuto la testa riportando delle escoriazioni che sono state trattate il giorno dopo".

È stato un calvario...

"Veramente gli anni di calvario ormai sono 22: il processo è iniziato nel 1994, e anche quello è un calvario non da poco, mi creda. Comunque sì, in carcere anche episodi clinici di scarsa rilevanza rischiano di avere conseguenze molto gravi. Lo scorso anno, per esempio, ha avuto un episodio di bronchite che a domicilio si sarebbe risolto in fretta mentre in detenzione è durato più mesi ed è stata necessaria una profilassi antibiotica per evitare il rischio di tubercolosi dato dalla promiscuità dell' ambiente detentivo e dalle scarse condizioni igieniche della struttura. Questo ha comportato un ulteriore indebolimento fino a giungere agli ultimi mesi quando gli è stata diagnosticata un' infezione alle vie urinarie che è stata trascurata ed è degenerata nell' attuale stato di sepsi generalizzata molto grave".

Sono peggiorate anche dopo il trasferimento a Roma?

"Il lungo viaggio di sette ore in ambulanza durante il quale mio marito è stato sdraiato tutto il tempo e non si è idratato adeguatamente per non chiedere di fare soste, secondo i medici, ha contribuito a un aggravamento dell'infezione preesistente con un ulteriore peggioramento fino alla setticemia".

Non si sono mai fermati?

"Una sosta all'autogrill, che è stato prima fatto evacuare con una scena da film western".

Quando si è sentito male?

"Poco dopo il suo arrivo, martedì sera. Inizialmente gli hanno diagnosticato un'influenza. Due giorni dopo non si alzava più dal letto e una dottoressa, che ringrazierò tutta la vita, lo ha mandato d'urgenza in ospedale. La situazione era molto grave". 

Secondo lei in che stato uscirà dal carcere suo marito? 

"Da un punto di vista fisico non lo so, spero che possa continuare a mantenere il suo equilibrio".

Da un punto di vista umano?

"Credo che un' esperienza del genere ti porti a fare delle considerazioni sulla tua vita e ti faccia rivalutare tante cose che magari prima non avevi considerato". Sansonetti l'ha definito un prigioniero politico: come mai dopo la nascita di Forza Italia la magistratura si è accanita su di lui? "Non mi occupo di politica e di giustizia. Mio marito non polemizza e non attacca per natura. Neppure quando si tratta di difendere la sua immagine".

Ha paura per lui?

«Ha 75 anni ed è malato» Se non chiederà la grazia e non ci saranno sconti di pena quando ne uscirà ne avrà 80... «Le condanne per mafia sono durissime, quella parola è capace di azzerare tutto il resto».

Chiederà la grazia?

"Al momento posso solo risponderle che non lo so". Già, la grazia. È il tema caldo. Concessa da Mattarella poi, palermitano e fratello di una vittima di mafia, equivarrebbe a una sconfessione dell' Anm e di tutto il teorema mafia-Berlusconi. La decisione spetta a Dell' Utri e solo a lui, anche se in realtà la legge ne attribuisce la facoltà anche ai famigliari. Certo, perché arrivasse, servirebbe anche un movimento d' opinione pubblica in tal senso, sempre che qualcuno non decida di evitare allo Stato una figuraccia mortale.