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mercoledì 30 dicembre 2015

Salari, orari e pensione: c'è il part-time ecco l'idea del governo per gli over 60

Lavoro, il ministro Poletti lancia il part time per gli over 60: salario, orario e pensione, tutte le condizioni



Il governo è pronto a rafforzare le risorse messe nella legge di Stabilità per il part time a chi è vicino alla pensione. In un'intervista al quotidiano La Stampa, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti afferma che bisogna "trovare soluzioni perché nella parte finale della vita lavorativa una persona possa lavorare in modo diverso e di meno" e "anche l'azienda ha interesse che i lavoratori più anziani possano gradualmente essere sostituiti". 

Orario, salario, pensione: le condizioni - "La norma - spiega Poletti - riguarda i lavoratori del settore privato cui mancano tre anni al pensionamento di vecchiaia. All'azienda e al lavoratore è offerta un'opportunità: una riduzione del 50% del tempo di lavoro, che si può definire liberamente. Solo la mattina, solo due giorni alla settimana... Il lavoratore avrà un orario dimezzato, un salario pari al 65% di quello precedente, e dopo tre anni una pensione pari al 100% di quella che avrebbe avuto. Lo Stato garantisce i contributi figurativi e l'azienda versa in busta paga la sua quota di contributi. Con soddisfazione reciproca". Rispondendo ad una domanda sull'occupazione e sulle previsione del Fmi, il ministro ha affermato che secondo i numeri di quest'anno ci vorranno molti meno anni dei venti stimati dal Fondo per tornare ai livelli di occupazione pre-crisi: "Le nostre - ha concluso - sono le politiche giuste e daranno risultati stabili nel tempo".

Zichichi smonta tutte le eco-balle Allarme clima e smog: che cosa succede

Il guru Zichichi smonta le eco-balle: clima e smog, cosa sta succedendo



"Proibiamo di immettere veleni nell'aria con leggi draconiane" ma ricordiamoci che "l'effetto serra è un altro paio di maniche, e noi umani c'entriamo poco. Sfido i climatologi a dimostrarmi che tra cento anni la Terrà sarà surriscaldata. La storia del climate change è un'opinione, un modello matematico che pretende di dimostrare l'indimostrabile". Antonio Zichichi, 85 anni, in una intervista a Il Mattino avverte: "Noi studiosi possiamo dire a stento che tempo farà tra quindici giorni, figuriamoci tra cento anni".E poi si chiede Zichichi: "In nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore climatico sono inconoscibili? Divinazioni".

Lo scienziato spiega che "per dire che tempo farà tra molti anni, dovremmo potere descrivere l'evoluzione del tempo istante per istante sia nello spazio che nel tempo. Ma questa evoluzione si nutre anche di cambiamenti prodotti dall'evoluzione stessa. È un sistema a tre equazioni che non ha soluzione analitica". Quindi perché molti scienziati concordano sul riscaldamento globale? "Perché hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna. Ricorrono a troppi parametri liberi, arbitrari. Alterano i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro ragione. Ma il metodo scientifico è un'altra cosa".

E "occorre distinguere nettamente tra cambio climatico e inquinamento. L'inquinamento esiste, è dannoso, e chiama in causa l'operato dell'uomo. Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un'enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale. L'azione dell'uomo incide sul clima per non più del dieci per cento. Al novanta per cento, il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali a oggi gli scienziati, come dicevo, non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future. Ma io sono ottimista".

Luca Telese demolisce Sandro Bondi: "Vi racconto cosa mi disse al telefono..."

Telese demolisce Bondi: "Cosa mi disse al telefono..."


di Luca Telese
@Lucatelese

Telese demolisce Bondi:

«Pronto, onorevole Bondi, mi ha cercato?».
- «Oh, dottor Telese, buonasera: sono due giorni che la cerco!».
- «Addirittura?».

- «Si: io ho una richiesta importantissima da farle, più che una richiesta è un appello, un appello alla sua sensibilità di professionista e di uomo...».
- «Un suo appello? A me?».

- «Sì, caro dottor Telese: un favore, una preghiera. Non so come dirle, ma spero che vorrà esaudire questo desiderio».

A dire il vero non ero propriamente "carissimo", per Sandro Bondi: avevo passato almeno tre anni della mia vita professionale a scrivere male dell' allora ministro della cultura. Questo appello non poteva che stupirmi. Il tono affettato dell' ex coordinatore di Forza Italia era quello di sempre, ma la cosa più sorprendente era la richiesta che mi stava per fare. Mi sono venute in mente ieri, questa e altre telefonate che tra poco racconterò come spiegazione (para-psicanalitica) dell' esternazione melodrammatica dell' ex ministro del culto berlusconiano, oggi apostata, a Dario Cresto Dina di La Repubblica. Ieri Bondi, nel celebrare il suo strappo definitivo e irreversibile col Cavaliere è arrivato a paragonarsi, sia pure attraverso il filtro di una interpretazione letteraria, a Giuda. Ha detto che Forza Italia è decaduta (senza di lui), che la linea è sbagliata, che lui se ne va. Ecco uno dei passaggi più belli dell' imperdibile intervista in cui l' ex aedo si è fatto oppositore e perseguitato allo stesso tempo, il saggio di maestria in cui è riuscito a vestire sia i panni del pugnalatore che quelli della vittima, amante deluso e nuovo cantore del renzismo insieme: «Sì - ha ammesso l' uomo di Fivizzano - potrei essere accostato a Giuda. Ma chi ha letto Amos Oz, sa che Giuda è stato forse quello che ha preso più sul serio Gesù».

Così ritorno a quel giorno, anno 2012. Mentre mi scervellavo per capire cosa mai potesse produrre una così tanto accorata invocazione, Bondi aveva preso un respiro profondo: «So che lei, con grande lealtà ha scritto, anche severamente, su di me. Adesso sono qui per implorare un suo invito». E io: «Onorevole Bondi, lei non deve implorare nulla. Nel mio programma sentiamo tutte le voci, può venire senza suppliche...«. Silenzio. Pausa. «Ecco... Veramente... Dottore io la sto chiamando per chiederle, non di invitare me, ma l' onorevole Repetti!».

Ero rimasto perplesso. Tutto si era sentito, nella politica italiana, ma non l' invito conto terzi. Però Bondi era già partito, come in trance: «Ma è una donna straordinaria, sa? Una donna intelligentissima! Una straordinaria comunicatrice che le chiedo di promuovere nel suo programma» Cult.

«Dottor Telese, se lei la conoscesse! voglio invitarla a cena con Manuela, sarà nostro ospite, potrà apprezzare la sua bellezza intellettuale!».

L' unico dettaglio che Bondi ometteva era che la Repetti fosse la sua compagna. Ma lo sapevo bene. Insieme al collega Malcom Pagani, al Fatto avevamo inseguito per due giorni l' allora ministro, per raccontare una incredibile storia di nepotismo. Bondi, ai Beni culturali, aveva usato 25mila euro del Fondo unico per lo spettacolo per assegnare una consulenza ad un certo «professor Indaco». Un provvidenziale anonimo, dal ministero, ci aveva segnalato chi fosse il signore in questione: l' ex marito della signora Repetti, poi segretaria, addetta stampa, factotum, musa, amante del ministro. La cosa vagamente curiosa è che anche il figlio del signor Indaco (e della signora Repetti) lavorava pure lui ai Beni Culturali, con un telefono, una paghetta, e una scrivania alla direzione cinema. Per due giorni avevamo cannoneggiato Bondi scrivendo la notizia. Nessuna risposta. Ma quando il ministro era venuto a sapere che avevamo scoperto e che stavamo per scrivere anche del papà del ragazzo, aveva telefonato lui. Con lo stesso tono salmodiante che è diventata il cardine di una meravigliosa imitazione del suo collega di partito Simone Baldelli: «Posso dare una spiegazione, dottore. Sono solo intervenuto per risolvere due casi umani.

La tragedia di un uomo che era rimasto disoccupato e senza lavoro». All' epoca la Repetti era in attesa di divorzio, il figlio era disoccupato, e al ministro era sembrato del tutto normale pescare dai fondi del suo ministero per risolvere due "casi umani" che - casualmente - erano entrambi nella sua famiglia. Avevo chiesto - anche io incredulo - al ministro: «Ma non le pare un plateale vicenda di nepotismo?».

Bondi si era quasi arrabbiato: «Dottor Telese desidererei rispetto. E le chiedo, la imploro, facendo appello all' uomo, di non scrivere nulla di quello che sa! Si tratta di fatti molto dolorosi, e molto personali».

Risposi al ministro quello che penso ancora oggi. La vicenda era privata e dolorosa, forse. Ma i fondi erano pubblici. Così quando Bondi mi chiamò per perorare la causa della sua signora mi fu chiaro che, guidato da questa liberissima interpretazione dello spirito civico, Bondi avrebbe fatto qualsiasi cosa per appagare l' ambizione della nuova compagna. Il fatto è che le relazioni con l' universo femminile del ministro erano strettamente intrecciate con le sue scelte politiche. Non si poteva raccontare delle seconde senza ricorrere alle prime, e ancora oggi (per l' intervista a La Repubblica) è così: Bondi aveva divorziato da una prima moglie, la signora Maria Gabriella Podestà, donna assennata (e preside con una sua vita professionale solida e autonoma). La signora aveva lavorato negli Stati Uniti, e aveva un figlio (all' epoca di 12 anni) avuto proprio dal matrimonio con il coordinatore di Forza Italia. Ridevamo di Bondi quando ci spiegava che non poteva vedere il ragazzo perché, terrorizzato dall' aereo, poteva andare in America «solo con il piroscafo». Poteva durare un genitore così? No e infatti i due si erano separati un anno dopo.

Appena liquidata la signora Podestà, il ministro per i Beni culturali aveva ufficializzato il suo rapporto professional-sentimentale con la deputata Manuela Repetti. Ma i problemi erano subito iniziati quando Il Riformista di Antonio Polito nel luglio del 2009, aveva anticipato gli scabrosi capitoli di un libro assai curioso: Il pesce rosso non abita più qui della scrittrice pugliese Maria Gabriella Genisi. La Genisi tratteggiava una travolgente passione venata di morboso erotismo tra un politico immaginario di nome Salvo Toscani (curiosamente anche Bondi lo è), e una commessa di nome Cleo. La relazione tra il ministro e l' amante trovava la sua acme nel desiderio erotico di Toscani: sdraiarsi nudo e larvale con la sua compagna e farsi suggere il capezzolo (Bleah!). In quella estate, il Bondi che non si era vergognato della sua campagna di assunzioni fu così sconvolto dall' anticipazione del libro da cancellare diverse conferenze stampa legate alla sua attività istituzionale. Come avrebbe potuto rispondere ad eventuali domande? Invece silenzio, solo Dagospia rilanció la notizia. Andò bene. Senonché a parlare fu l' ex moglie, scovata da Marianna Aprile che su Novella 2000 raccolse una irata intervista piena di fatti personali che qui non meritano di essere ricordati (abbandono del figlio, litigi violenti eccetera) e da un giudizio politico che invece si rivelò folgorante: «La sua devozione per Berlusconi? Una sudditanza - la definiva l' ex moglie - di cui io non sarei capace. Vederlo così devoto ha accresciuto il mio disprezzo nei suoi confronti. Mio marito ha sempre cercato il potere, Berlusconi glielo ha dato. Se glielo avessero offerto a sinistra - concludeva - sarebbe tornato lì». Profetica.

Asciutto e mirabile anche il ritratto della Repetti: «Dicono sia una sorta di tutor del ministro, che dipenderebbe da lei in tutto e che gli fa da filtro con chiunque. È verosimile - osservava - lui ha bisogno di qualcuno che lo guidi. Prima erano i genitori, ora la compagna».

Il Bondi austero figlio di emigranti che aveva raccontato a Susanna Turco su Sette la sua infanzia povera e piena di umiliazioni in Svizzera, l' ex sindaco del Pci si era perso nelle lusinghe del potere. Era diventato l' asso che scriveva saggi apologetici e liriche struggenti su Berlusconi. Partiamo dalla più sobria, A Silvio: "Vita assaporata/ Vita preceduta/ Vita inseguita/ Vita amata/. Vita vitale/ Vita ritrovata/ Vita splendente/ Vita disvelata/ Vita nova".

E proseguiamo con quella dedicata alla madre del Cavaliere, asciuttamente definita così: "Mani dello spirito/. Anima trasfusa/. Abbraccio d' amore/ Madre di Dio".

Dal figlio di questa Madonna lombarda Bondi (non era del tutto disinteressato al denaro) ha avuto tutto: soldi per i libri grazie alla Mondadori, contratti, privilegi. Protezione politica quando era crollata persino Pompei. Dimissioni respinte dopo le disfatte elettorali. Ma ieri il coordinatore poeta ci ha spiegato che in realtà era un dissidente agguerrito, che Forza Italia in mano a questi ragazzi di oggi è decaduta, che la linea sul governo Monti la dettavano Nagel e Doris (lui era così indignato che la difese a spada tratta votando tutte le leggi). Ma davvero Bondi è come il Giuda di Amos Oz? Purtroppo per lui no: quello dell' ex apostolo è un grande tradimento, frutto di una necessità teologica.

Giuda tradisce perché Gesù deve morire sulla Croce. Quel Giuda è un prodotto della provvidenza. Quello di Bondi - invece - è il tradimento politico di un opportunista. Bondi è il cane fedele che diventa randagio e rimane senza padrone. È un tradimento di piccole cose, del provinciale che ha creduto di abitare la grandezza ed è invece rimasto piccolo piccolo. Come le sue piccole censure, e i suoi piccoli nepotismi. Un servo (parole di Cresto Dina da lui sottoscritte) che se avesse ottenuto un incarico da portavoce del partito per la sua protetta sarebbe lì a ricoprire di Salmi Maria Rosaria Rossi e Giovanni Toti. Fortunatamente non ha ottenuto nulla.

È così chiede di sparire, manifestando il suo dramma di dissidente che cerca una nuova casa, (per sé e per l' amata Manuela) nel nuovo potere, e nel renzismo. Non tutti hanno diritto di dire tutto: sei sei stato ciambellano non puoi pretendere di essere anche Solgenitsin.

martedì 29 dicembre 2015

Il dossier dell'Europa contro l'Italia Renzi demolito, futuro da brividi

Il dossier dell'Europa contro l'Italia: Renzi demolito, futuro da brividi



La ripresa dell'Italia sarà difficile e il percorso non breve. E se il nostro Paese vuole evitare il declino, riporta il Corriere della Sera, non può più aspettare. E' questo il monito di tre analisti europei, Dino Pinelli, István P. Székely e Janos Varga, al centro del lavoro che la Commissione europea sta svolgendo sulla Legge di stabilità e sul programma di riforme del governo di Matteo Renzi, che hanno espresso i loro timori su  www.vox.eu. 

I tre funzionari il 22 dicembre hanno proposto alcune anticipazioni partendo dal fatto che è da metà degli anni '90 che il reddito per abitante in Italia perde terreno rispetto alle altre economie europee. E questo perché la "produttività totale dei fattori" (l'organizzazione e le regole del lavoro, le competenze, gli investimenti e la tecnologia, la burocrazia, l'apertura del mercato, le infrastrutture o le forniture energetiche) è in calo (0,3% l'anno) dalla fine del secolo scorso, caso praticamente unico, visto che cresce quasi ovunque nel resto d'Europa e negli Stati Uniti. La "produttività totale dei fattori", più del debito o della crescita, è il termometro del sistema. E in Italia, scende da 15 anni.

Le cause, secondo Pinelli, Székely e Varga sono: quota bassissima dei laureati e competenze di base, ritardo dei giovani nell'istruzione (persino rispetto a Polonia, Corea del Sud o Spagna), lentezza della burocrazia e della giustizia (che rallentano pure gli investimenti dei Paesi esteri). Il Jobs Act toglie solo un quarto del ritardo dell'Italia sull'area euro per i costi di ogni contratto. Restano quindi "debolezze strutturali fondamentali" e "il ritorno a una crescita sana richiederà uno sforzo straordinario".

La "leccata" della Mannoia a Renzi Pugnalata ai grillini: cos'ha detto

Fiorella Mannoia pugnala i 5 Stelle "No a strumentalizzazioni"



Esclusa dal concertone di Capodanno, Fiorella Mannoia aveva scritto su Facebook "non chiedetemi perchè, non lo so, anche se un'idea ce l'ho" lasciando intendere un'ostilità del governo nei suoi confronti per passate dichiarazioni non proprio renziane. In suo soccorso erano scesi i 5 Stelle, lanciando un hashtag #iostoconfiorella che era balzato in testa ai trend topic. Oggi, però, la Mannoia ha fatto dietrofront, pugnalando i grillini: "Questa faccenda sta assumendo dimensioni esagerate - scrive su un post su Facebook - in fondo sono solo una cantante. Non mi piace la strumentalizzazione, da qualsiasi parte arriva. Non mi piace si faccia campagna elettorale con il mio nome. Penso l’Italia abbia altri problemi ben più gravi cui dedicare queste energie".

Bossetti fuori dal carcere per papà: i suoi 50 minuti di lacrime e dolore

Massimo Bossetti alla camera ardente di suo padre Giovanni: 50 minuti di lacrime tra i parenti


Cinquanta minuti di dolore e lacrime nella camera ardente dell'Hospice di Bergamo. Tanto è stato il tempo concesso a Massimo Giuseppe Bossetti per salutare il padre Giovanni, morto a 73 anni dopo una grave malattia aggravata, secondo i famigliari, dalla vicenda giudiziaria che ha travolto l'operaio di Mapello. Bossetti, in arresto dal giugno 2014 con l'accusa di aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio, è stato scortato da sei agenti fuori dal carcere di via Gleno. Arrivato alla camera mortuaria verso le 11 di domenica mattina, i cronisti lo descrivono "leggermente appesantito" ma soprattutto distrutto dal dolore. Ha abbracciato a lungo la madre Ester Arzuffi, la sorella gemella Laura Letizia (insieme al marito Osvaldo Mazzoleni), il fratello minore Fabio con la moglie e gli altri parenti accorsi per salutare l'anziano, scomparso a Natale. Nell'ultimo mese a Bossetti ha ottenuto due volte il permesso di fare visita al padre in ospedale. Secondo i periti dell'accusa, il padre naturale di Bossetti non sarebbe Giovanni ma Giuseppe Benedetto Guerinoni, autista di pullman scomparso nel 1999. "Siamo figli di Giovanni Bossetti - hanno sempre ribadito Massimo Bossetti e la sua sorella gemella Laura Letizia -. E siamo fieri di esserlo. Noi figli porteremo al collo una catenina con l'immagine di nostro padre".

Rimpasto: l'alfaniana, il bersaniano e... ecco a chi Renzi regalerà una poltrona

Governo, il rimpasto di Renzi: un ministero a Ncd, posti per il bersaniano e la sindacalista Cgil


Governo, il rimpasto di Renzi: un ministero a Ncd, posti per il bersaniano e la sindacalista Cgil
La Vignetta (Satira)  di Benny

Il rimpasto di governo non è più un'ipotesi o una suggestione, ma una certezza. Il premier Matteo Renzi ha deciso di consegnare qualche posto all'alleato Ncd, ai nemici interni bersaniani e alla Cgil per blindare l'esecutivo in un momento di accerchiamento e difficoltà evidenti. È Repubblica a tracciare le linee delle grandi manovre a Palazzo Chigi. A fine gennaio il Ministero degli Affari regionali lasciato libero un anno fa da Maria Carmela Lanzetta andrà al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano: nel toto-nomi, accanto a Dorina Bianchi, spuntano ora Laura Bianconi e Federica Chiavaroli. 

Una poltrona per tutti - Dopo aver accontentato il compagno di maggioranza, Renzi potrebbe concentrarsi sulla mossa per disinnescare le contestazioni dentro il Pd. Cosa ci sarebbe di meglio, allora, se non dare una poltrona a uno storico uomo di Bersani come l'ex governatore emiliano Vasco Errani, uscito indenne dalle inchieste della magistratura bolognese? Al più potente politico dem nella regione rossa toccherebbe il posto di viceministro dello Sviluppo di Claudio De Vincenti. Se non ci fossero le condizioni per portare in squadra Errani, Renzi vorrebbe Teresa Bellanova, oggi sottosegretario al Lavoro. Nome forte perché lei, sindacalista della Cgil, diventerebbe il volto del "sindacato buono, moderno e costruttivo", almeno secondo le interpretazioni del premier. Altro capitolo: il viceministro degli Esteri. A sostituire il dimissionario Lapo Pistelli dovrebbe essere Enzo Amendola vicino al ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina e gradito al ministro Paolo Gentiloni.

Schiaffo a Cav e Verdini - L'operazione di rafforzamento di governo e maggioranza arriverebbe anche in Parlamento, dove il forzista Nitto Palma potrebbe essere sostituito alla presidenza della Commissione Giustizia dall'alfaniano Nino D'Ascola. Sorprenderebbe, sottolinea Repubblica, lo schiaffo a Denis Verdini: nessuno dei suoi uomini "responsabili", potenzialmente decisivi soprattutto al Senato per la sopravvivenza del governo, verrebbe incluso nel giro di nomine. 

I grillini cacciano la senatrice che in aula aveva difeso la Boschi

Serenella Fuksia espulsa dai 5 Stelle



Il referendum lanciato dal blog di Beppe Grillo s'è concluso con l'espulsione della senatrice Serenella Fucksia, colpevole, secondo i M5S, di non aver restituito parte dello "stipendio da parlamentare" per sei mesi. Contro di lei il 92,6% dei votanti. Molti, però, come l'ex grillino Walter Rizzetto, la difendono, sostenendo che la rendicontazione è stato il casus belli (molti parlamentari erano in ritardo) per espellere dal Movimento la senatrice diventata 'scomoda' per aver difeso la Boschi. E per avere nei mesi scorsi spesso votato contro la linea politica 5Stelle. Poco prima che venisse pubblicato l'esito della votazione, la senatrice aveva annunciato su Facebook di aver restituito tutti i soldi che erano rimasti in sospeso. Ma non è servito per evitare l'allontanamento dal M5S.

DA GENNAIO Si potranno denunciare i banchieri che truffano

Contro le truffe bancarie ok alle spiate anonime allo sportello


di Francesco de Dominicis


Basterà una spiata anonima a evitare altri casi di risparmio tradito? Sarà sufficiente la delazione tra colleghi a far cambiare il funzionamento delle banche e a renderle più trasparenti? Oppure il whistleblowing, vale a dire il meccanismo che da gennaio consentirà, a chi lavora in banca, di riferire anomalie interne, sarà solo l' ennesimo scudo legale per l' industria finanziaria italiana?

Tra pochi giorni - con le banche del nostro Paese ancora una volta nell' occhio del ciclone per i casi Chieti, Etruria, Ferrara e Marche - diventa operativo anche nelle aziende bancarie il nuovo sistema sulle soffiate aziendali. Entro il 31 dicembre tutti gli istituti di credito devono dotarsi di una speciale piattaforma informatica per l' anticorruzione. Un software da far girare sulla rete aziendale che consenta ai dipendenti di segnalare - restando protetti - leggi calpestate o regolamenti violati, sia interni sia delle autorità di vigilanza: dal falso in bilancio alle mazzette per i prestiti o i mutui, dalle operazioni finanziarie illecite alle frodi, fino ai test falsificati per gli investitori (tanto per rimanere nella stretta attualità).

Dal primo gennaio, dunque, scatta il whistleblowing allo sportello: da parte degli addetti ai lavori c' è grande interesse e pure un po' di scetticismo. Un po' perché il sistema è nuovo e quindi non ci si attende una svolta in tempi rapidi; un po' perché la figura della "gola profonda", in Italia (per storia e per cultura), non è particolarmente ben vista. Il rischio è che le banche si mettano addosso un mantello elegante da esporre a governo e vigilanza sotto il quale continuare a fregare correntisti e risparmiatori.

In passato, iniziative di sistema (a esempio Pattichiari) nate per migliorare la relazione coi client si sono rivelate non solo fallimentari, ma addirittura opposte rispetto alle mire originarie (la lista dei bond sicuri Pattichiari conteneva il titolo Lehman Brothers il 15 settembre 2008, il giorno in cui la major americana portò i libri in tribunale).

Tuttavia, l' Abi crede parecchio alla novità e alla figura del whistleblower (cioè chi soffia nel fischietto). Tant' è che l' organizzazione presieduta da Antonio Patuelli ha in qualche modo sponsorizzato il meccanismo in una recente lettera inviata a tutti gli istituti associati.

Secondo l' Associazione bancaria «un sistema interno di segnalazione delle violazioni rappresenta uno strumento di prevenzione e correzione di atti o fatti che possano costituire una violazione delle norme, favorendo e tutelando il comportamento positivo del dipendente che, venuto a conoscenza della illiceità o illegittimità del comportamento» di un collega «decida di segnalare tali atti o fatti agli organi preposti». Non solo. Ilwhistleblowing «può rappresentare uno strumento importante per il costante rispetto dei canoni di trasparenza e di integrità nella propria azione e un utile «campanello d' allarme» che consente di adottare le appropriate misure prima che la reputazione «esterna risulti intaccata». La materia è complessa e assai articolato è il funzionamento della delazione interna che, una volta verificato il caso denunciato, può portare all' esposto alla procura della Repubblica o alla segnalazione a Banca d' Italia e alla Consob.

A leggere le carte riservate della Confindustria delle banche dovremmo essere di fronte a una svolta epocale. Eppure, è meglio non cantar vittoria troppo presto. La stessa Abi spiega che «la segnalazione da parte del dipendente è libera e volontaria». Non ci sono sanzioni, per nessuno. Un "baco", questo, che indebolisce l' intera architettura delle denunce segrete. Ci si chiede, quindi, se questo strumento riuscirà a prevenire casi, come quelli emersi dall' inchiesta su PopEtruria, di profili di rischio alterati in modo da vendere a un cliente poco esperto anche prodotti finanziari complessi; oppure se col whistleblowing sarà ancora possibile, per un alto dirigente di banca, truccare i bilanci o firmare contratti per l' acquisto di titoli tossici (come i derivati del Monte dei paschi di Siena).

E c' è da chiedersi, ancora, se le autorità di vigilanza - al centro delle polemiche per i mancati controlli sulle quattro banche quasi fallite oltre che per le decisioni tardive sul commissariamento e sulla risoluzione - continueranno a essere troppo timide (termine usato dal direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi) in attesa di una volenterosa gola profonda.

DOPO LE BANCHE... Conflitto d'interessi Inps Nuova mina nel governo

Il direttore Inps indaga sul buco che ha fatto lui


di Giacomo Amadori

Il direttore Inps indagasul buco che ha fatto lui

In un periodo in cui si discute di possibili conflitti di interesse da parte di ministri più o meno coinvolti nel cosiddetto "Salva-banche", in pochi si sono accorti di un altro paradosso che riguarda i vertici dell' Inps, e in particolare l' attuale direttore generale Massimo Cioffi. Una vicenda che fa tornare alla mente le disavventure dell' ex presidente dell' Inps Antonio Mastrapasqua.

Infatti l'istituto previdenziale ha in corso accertamenti sugli accordi firmati dal gruppo Enel con 11 mila lavoratori in uscita ai tempi in cui il capo del personale era lo stesso Cioffi. Nel pentolone dell' esodo incentivato, esonerato dal pagamento dei contributi, l' azienda elettrica  avrebbe inserito le mensilità aggiuntive e i Tfr, voci per cui è, invece, obbligatorio il pagamento dei contributi previdenziali. In sostanza, per quei lavoratori esodati non sarebbero state volutamente pagate le "marchette" aggirando la normativa vigente, e il danno per le casse dello Stato sarebbe di circa 20 milioni di euro. L' accertamento dell' Inps è iniziato nel febbraio del 2014 a seguito di una segnalazione da parte della Guardia di Finanza e sta proseguendo su 12 società del gruppo.

Le Fiamme Gialle avevano informato la Direzione centrale entrate contributive dell' istituto previdenziale dei presunti illeciti commessi dall' Enel e l' Inps decise di acquisire tutta la documentazione relativa, compresi gli accordi firmati da Cioffi. Il quale era evidentemente a conoscenza delle contestazioni. Dopo cinque mesi di grattacapi, nel luglio del 2014, Cioffi ha lasciato la poltrona che scotta e il 27 febbraio di quest' anno è approdato al nuovo e prestigioso incarico di dg dell' Inps. Un ruolo che, come vedremo, lo ha reso direttamente responsabile delle indagini sul buco causato dall' ufficio che dirigeva all' Enel. A questo bisogna aggiungere che il presidente Tito Boeri lo ha scelto nonostante la presunta mancanza dei requisiti di Cioffi denunciata dal suo predecessore Mauro Nori alla Presidenza della Repubblica. Un ricorso pendente davanti al Tar del Lazio.

Intanto la Procura di Nocera Inferiore sta indagando sul presunto conflitto di interessi del dg. È un filone della cosiddetta inchiesta "Mastrolindo", riguardante i verbali ispettivi dolosamente gonfiati per ottenere premi e incentivi non dovuti. La procura nocerina nell' ambito delle sue investigazioni ha ascoltato, tra gli altri, Daniela Carlà, già presidente del collegio dei sindaci Inps, ora all'Inail, che più volte ha denunciato il mal costume interno all'istituto, Rosanna Casella, ex direttore centrale delle Risorse strumentali attualmente al Bilancio, e Fabio Vitale, direttore della Vigilanza, sospeso a settembre per motivi disciplinari per fatti risalenti ai tempi in cui era direttore della Toscana. Vitale è il dirigente che ha portato avanti gli accertamenti sul caso Enel chiedendo che fossero chiusi in tempi brevissimi e mettendo in evidenza il grave conflitto del direttore generale.

La sospensione di Vitale è stata firmata dallo stesso Cioffi. Successivamente la direzione Vigilanza senza più il suo direttore è stata affidata alla vicaria scelta dallo stesso dg, Maria Giovanna Cassiano, ex dirigente della Vigilanza in Calabria e ora promossa collaboratrice di Boeri presso l' ufficio di presidenza. Ma la separazione di ruoli sarebbe stata solo formale. Infatti il direttore generale con una lettera del 28 ottobre del 2015 ha chiesto al suo vicario, Antonello Crudo, e a Gabriella Di Michele, direttore centrale Entrate contributive, di essere direttamente informato su tutti gli sviluppi della vicenda. A dispetto di ciò in una recente nota ufficiale dell' Inps si legge che Cioffi «per evitare qualsiasi ipotesi di conflitto d' interessi, anche solo potenziale, d' intesa con il presidente ha disposto che qualsiasi informazione riguardante procedimenti Enel non fosse portata a sua conoscenza, bensì a quella del presidente». La verità è che quando è emerso che la procura di Nocera indagava sull' affaire, Boeri, preoccupato, ha ufficialmente avocato a sé l' indagine.

Nonostante questo, autorevoli fonti interne dell' istituto hanno raccontato a Libero che Di Michele continuerebbe a organizzare incontri di lavoro per informare il dg sugli esiti finali degli accertamenti ispettivi nei confronti dell' Enel che con i nuovi filoni aperti dovrebbero far registrare alla fine un debito, tra mancati contributi e sanzioni civili, di oltre venti milioni di euro. Paradossalmente Boeri, nel corso dell' ultima audizione tenuta presso la Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali ha lanciato il grido d' allarme sull'ingente quantità di crediti contributivi (95 miliardi) che l' Inps non riscuote o che non vengono saldati. Per questo ha denunciato «i furbetti che non pagano i contributi». Peccato che tra questi dovrebbe inserire pure il suo direttore generale che con la sua gestione ai tempi dell' Enel ha mandato in corto circuito i conti del cosiddetto Fondo dei lavoratori del settore elettrico dell' Inps. Ma se il conflitto di interessi è evidente, resta da verificare l' eventuale dolo dell' uomo che vuole tagliare il 20 per cento del personale Inps e gestire in house gli appalti informatici (del valore di centinaia di milioni) al di fuori delle regole della Consip, la società del ministero dell' Economia e delle finanze che gestisce le gare pubbliche. Di Cioffi si è occupato una ventina di giorni fa pure il Fatto quotidiano; subito Enel e Inps hanno inviato due distinte rettifiche, con cui, in realtà, hanno offerto ben quattro conferme: l' esistenza del buco previdenziale, del conflitto d' interessi («anche solo potenziale»), delle indagini della Guardia di finanza e dell' Inps. Delle indagini di Nocera, invece, nulla sapevano.

Da gennaio stangata-autostrade per otto milioni di automobilisti

Autostrade, da gennaio raddoppia il costo del Telepass



Da gennaio costerà di più viaggiare in autostrada per gli abbonati a Telepass. Come riporta il quotidiano "Il Tempo", già a partire da qualche settimana gli 8 milioni di consumatori che utilizzano Telepass hanno ricevuto la nuova proposta da parte dell' azienda.
L' opzione Premium passerà dagli 0,78 euro mensili a 1,50 euro. Mentre i clienti Tele pass Family sborseranno 4,50 euro a trimestre, invece degli attuali 2,33 euro. Telepass Twin cambia da un costo trimestrale di 4,13 euro a 6,30 euro. Opzione Premium da un canone trimestrale di 2,33 euro passa a 4,50 euro. I clienti avranno 2 mesi di tempo (60 giorni), dalla ricezione della lettera per recedere dal contratto, in caso contrario le modiche verranno considerate valide da entrambi le parti.

A quei clienti che opteranno di scegliere l' abbonamento Premium (costo di 1,5 euro al mese) verrà offerto il soccorso su tutta la rete stradale. Inoltre per i vecchi abbonati, il canone mensile di 0,78 euro resterà uguale per tutto il 2016.

lunedì 28 dicembre 2015

Banca Etruria contro la Boschi: spunta un clamoroso documento

Quando papà Boschi e Banca Etruria accusavano dei conti in rosso il governo di Renzi e Maria Elena Boschi



Il Cda di Banca Etruria accusava il governo di Matteo Renzi di aver provocato i conti in rosso dell'istituto. Clamoroso per varie ragioni: primo, perché sta emergendo come gli stessi vertici dell'istituto poi commissariato da Bankitalia avessero fatto di tutto per truccare i conti fregando, di fatto, i propri risparmiatori. Secondo, perché il vicepresidente di Banca Etruria era Pierluigi Boschi mentre il governo pesantemente attaccato era quello in cui sedeva, con un ruolo centrale, sua figlia Maria Elena Boschi. 

A svelare l'altra faccia del conflitto d'interessi che ha portato alla mozione di sfiducia, respinta, contro il ministro delle Riforme è Franco Bechis, su Libero in edicola oggi lunedì 28 dicembre. "Del peggioramento dei conti creditizi nei primi nove mesi 2014, il cda della Etruria aveva dato colpa nella sua relazione in buona parte a Matteo Renzi e al suo governo, che avevano peggiorato la situazione economica italiana (danneggiando così indirettamente pure la popolare aretina) rispetto al periodo più felice in cui a guidare l'Italia c'era Enrico Letta". "Dopo la stabilizzazione dell'attività nella seconda metà del 2013 -  si legge in quel documento -, l'economia italiana è tornata ad indebolirsi nella primavera di quest'anno per il calo degli investimenti. Nel secondo trimestre 2014 il Pil italiano è sceso dello 0,2% rispetto al primo trimestre, la flessione dell'attività ha interessato tutti i maggiori comparti produttivi (…) Nel terzo trimestre 2014 il Pil avrebbe segnato una nuova lieve flessione (…) Il recupero della fiducia di famiglie e imprese, in atto dalla fine dello scorso anno, si è interrotto nell'estate...". 

Silenzio parla il guru Signorini: "Soldi, lavoro e gelosie. Ecco tutta la verità su Belen e Stefano"

Belen e Stefano, la verità di Signorini: soldi, lavoro e gelosie, chi ha lasciato chi



È stato Stefano De Martino a lasciare Belen Rodriguez. Lo sostiene Chi in esclusiva nel numero in uscita martedì 29 dicembre: il ballerino diventato famoso con Amici di Maria De Filippi si sarebbe stancato di vivere nell'ombra della celebre moglie. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stata secondo il settimanale di gossip diretto da Alfonso Signorini la vacanza alle Maldive già programmata dal 27 dicembre al 7 gennaio e saltata all'ultimo momento per "colpa" di De Martino: avrebbe preferito infatti partecipare alle registrazioni per il programma della De Filippi al viaggio di piacere con la famiglia. Una scelta che non è andata giù a Belen, già stizzita per l'impegno profuso da Stefano nel lavoro. A ciò secondo Chi si aggiungerebbero "gli slanci imprenditoriali" di De Martino, "finanziati da Belen e finiti male". Dal canto suo, il marito non avrebbe più accettato di buon grado di vivere un passo indietro al Belen e avrebbe quindi privilegiato il lavoro a costo di rompere uno dei rapporti più chiacchierati (e paparazzati) dello show-business italiano. 

L'Intervista - Parla il banchiere-squalo pentito: "Tutti i trucchi per rovinare la gente"

Parla il banchiere-squalo pentito: "I trucchi per rovinare le persone"


intervista a cura di Francesco Specchia

Parla il banchiere-squalo pentito:

L’unico caso in cui tenere un alto profilo (di rischio) ti può spalancare abissi di disperazione.

La Procura di Civitavecchia scopre che a Luigi D’Angelo - il pensionato suicida che vide inceneriti i risparmi d’una vita - Banca Etruria aveva modificato il «livello di affidabilità» per giustificarne l’acquisto di obbligazioni secondarie tossiche. E salta fuori che tutto ciò «non è un caso singolo, è la prassi».

Vincenzo Imperatore, ex spietato manager bancario oggi pentito, lei che ha scritto due libri sulle truffe delle banche (Io so e ho le prove, Io vi accuso, Chiarelettere) oggi afferma che taroccare i «profili di rischio» è quasi un atto dovuto...

«Se lei pensa che ci sono in giro 70 miliardi di obbligazioni subordinate che per essere piazzate abbisognano di profilo particolare tra quelli previsti, e cioè, a scalare in ordine di rischio: “prudente”, “cauto”, “bilanciato”, “dinamico”, “aggressivo”, ovvio che si tarocchi»

Qual è il profilo che ti consente di acquistare prodotti bancari pericolosi?

«Se rientri nei primi due di cui sopra non puoi proprio acquistare titoli, è proibito dalla MiFid la direttiva dell’Unione Europea (se uno ci pensa, un paradosso). Che ti tutela: ti impedisce di comprare sia obbligazioni secondarie che strutturate e neppure azioni di istituti che stanno facendo l’aumento di capitale, come nel caso, ultimamente, della Popolare di Vicenza o Veneto Banca»

Perdoni l’ignoranza, ma esattamente cos’è il «profilo di rischio»?

«Dovrebbe essere la tua esatta fotografia economica. E si comincia a tratteggiare già quando entri in banca e ti sottopongono al “test di adeguatezza”, una serie di domande che sono un’escalation»

Del tipo?

«Del tipo: “sa cosa sono i titoli di Stato?” (in Italia è la domanda a cui tutti sanno rispondere) o “conosce il mercato azionario?”, o “il mercato delle obbligazioni”, su su, fino al quesito sul mercato dei derivati, il prodotto più pericoloso. A cui di solito, anche chi non ne sa una mazza - quasi tutti - non risponde mai, per pudore, “no, non li conosco", ma “non li ho acquistati, ma li conosco”».

Ma scusi: innanzitutto io, correntista normale, non ricordo di aver mai neppure avvicinato un test del genere, né d’aver mai risposto a tali domande...

«Appunto, lei è un correntista normale. L’ha fatto, si fidi. La spunta sulle risposte è automatica del computer, su un modello prestampato di due paginette fitte fitte. Che, di solito, viene infilato nell’enorme incartamento che ti danno da firmare. Vale la firma finale».

«Vale» in che senso?

«Che, quando la apponi, hai dato alla banca il paracadute per affibbiarti in quel momento, o in futuro, titoli che tu non potresti trattare. Ma la domanda che ti frega è la finale».

Quale domanda?

«“Lei è consapevole che può perdere anche il 60% del suo capitale”? Ma i consulenti non te la sottopongono proprio, spunta automatica anche lì. I consulenti che hanno crisi di coscienza, oltre a vendere poco, vengono fatti fuori. Ricordo che, quando dirigevo una filiale a Napoli mi si parò un mio dipendente, autorevolissimo in virtù della sua bravura, che in riunione si alzò e mi disse: “Direttò, ’sta robba è munnezza. Con che coraggio posso rifilarla al cliente?!”. Uno onesto»

Vivaddio. E che fecero, lo promossero?

«No. Provvidi io stesso a rimuoverlo, correva il rischio di far saltare il sistema».

Ma è mostruoso...

«È il sistema. E poi in ogni istituto c’è poi sempre un “dipendente grafomane”, un collega che sa imitare alla perfezione le firme dei clienti. Quando c’è un’urgenza gli si chiede, gentilmente, di esibirsi. E lui, badi, non chiede nulla in cambio, nemmeno ci pensa. Non so come dirle, fa parte del sistema»

Ma questo è un reato.

«È il sistema...»

Lei mi dipinge un quadro apocalittico. In che misura si truccano i profili di rischio?

«Io direi al 70%. Il periodo migliore per lo smercio di porcheria fu nel 2008/2010. Oggi va meglio, ma solo perché lo scandalo è pubblico»

Ma ci sarà un modo per evitare tutto questo.

«Richiedere alla banca il vostro profilo, controllarlo sempre, è un vostro diritto. E io suggerirei all’Authority anticorruzione di Cantone di mandare gli ispettori a controllare i profili e di chiamare i singoli clienti, per vedere se corrispondono. Ci sarà sempre chi ufficialmente risulta “dinamico”, e che non avrà la più pallida idea di cosa sia un’obbligazione»

Ma ci sarà qualche risparmiatore che la sgama...

«Be’ sì. Quelli che si portano a casa il modulo e lo sezionano, magari lo fanno visionare da un parente commercialista, e si accorgono della fregatura. La trafila è che arrivano in banca incazzatissimi - giustamente - e la banca deve avviare, giocoforza, una procedura di calmierizzazione, cioè gli restituiscono i soldi (cosa che non si fa mai) dicendosi di “essersi sbagliati”. In realtà, quando una banca ha bisogno di liquidità, la prima cosa è far pressione verso i piccoli imprenditori affidati, ai quali in passato sono state aperte linee di credito. Gli si chiede di far loro, stavolta, qualcosa per la banca comprando titoli di credito incomprabili. Da lì parte tutto»

Fatto sta che qui c’è stato un morto e migliaia di risparmiatori inferociti scendono in piazza.

«Ma, guardi, la vicenda delle quattro banche è solo la punta dell’iceberg. Ci sono migliaia di morti indiretti che detengono azioni di istituti non quotati che sono carta straccia; per le banche quotate magari ci perdi, ma un acquirente comunque lo trovi. Il mercato è il primo controllore»

Cosa succederà ora?

«Sa cosa mi ha detto il direttore di Banca Popolare Etica, un istituto piccolo e sano con 18 sportelli? “Il sistema bancario - cioè noi - ha salvato quattro banche che sono l’1% del sistema stesso. A me personalmente questa cosa è costata 1 milione. Non so se il prossimo salvataggio lo reggo”. Capisce? A questo punto, per paradosso, meglio che le banche scoppiate per malagestio falliscano, come in America»

La Ue ci accusa di aiuti di Stato, ma la Germania ha messo più di 400 miliardi per salvare le sue banche.

«Vero. Ma ci si dimentica che la Merkel ha costretto le banche aiutate a prestare i soldi per le imprese del territorio»

Funding for lending. Anche in Inghilterra funziona benissimo.

«Appunto. Provi a parlarne in Italia...»

Silvio Berlusconi cuore d'oro A Natale apre uno strano "ristorante"

Berlusconi, cuore d'oro. Il bel gesto di Natale: apre un "ristorante"




Il bel gesto di Natale firmato Silvio Berlusconi, che sta pensando di aprire una mensa per i poveri e per le famiglie in difficoltà a Roma. La notizia l'ha data l'imprenditore milanese Ernesto Pellegrini a Radio Capital. Proprio per questo, il Cav, si è recentemente recato a una mensa dove ogni sera cenano 350 persone in difficoltà economica. Pellegrini ha spiegato: "È venuto da me perché ha voluto constatare de visu come funziona il nostro ristorante, perché mi ha detto che sarebbe un suo desiderio realizzarne almeno uno, forse a Roma. Ma mi ha anche parlato dell'idea di aprirne in diverse regioni".

Oriana Fallaci profetica e inedita "L'islam ammazza e noi ci scusiamo"

Islam, il discorso inedito della Fallaci: "Loro ci ammazzano, noi chiediamo scusa"


a cura di Libero


Proponiamo ampi stralci del discorso che Oriana Fallaci tenne all’ambasciata italiana a New York nel febbraio 2006, dopo aver ricevuto un premio dall’allora presidente del consiglio regionale toscano Riccardo Nencini. Pochi giorni prima, scoppiò una rivolta fuori dalla nostra sede diplomatica a Bengasi. L’audio integrale con l’intervento della scrittrice sarà diffuso da Calderoli martedì alle 21, alla festa leghista di Albino (Bergamo).

Se avessi accettato di fare questa cerimonia con molta gente, come avrebbe preferito fare Nencini, a questo punto direi un bel grazie e me ne andrei. Ma ho voluto che la cosa si svolgesse soltanto fra di noi e da dire ho assai di più che non la parola «grazie». Quindi datemi qualche minuto e ce la caviamo. State buoni a sedere e ora il discorsino ve lo faccio io, anzi ve lo leggo. Perché per misurare le parole - ché a improvvisarne volano come le foglie al vento - l’ho scritto. (…) Il discorsino lo incomincio dicendo che con i premi ho una ben scarsa dimestichezza (…) Non solo perché grazie a Dio di premi ne ho sempre ricevuti pochini, ma perché quando me ne hanno offerti li ho quasi sempre rifiutati. (...) È quasi comico dunque che nelle ultime settimane mi sia caduta addosso una inaspettata pioggia di premi. Quello milanese, cioè l’Ambrogino d’oro; quello romano cioè la medaglia d’oro conferita per la cultura da Ciampi e che con gran sorpresa di tutti feci ritirare da un augusto prelato (il rettore dell’Università Lateranense monsignor Fisichella); quello che presto e volentieri prenderò dalla Polonia e che è intitolato a un grande eroe della Resistenza (…) nonché un altro su cui al momento taccio perché non sono certa di volerlo prendere. Infine il vostro, che accetto con fierezza e con divertimento per un paio di motivi. Il primo è che sono fiorentina, toscana doc per generazioni e generazioni: la stragrande maggioranza dei miei ascendenti sono stati toscani sia da parte di mia madre che da parte di mio padre. (…) Amo appassionatamente la Toscana. Mi inorgoglisce troppo quello che ha dato al mondo nel campo dell’arte, della scienza, della letteratura, della politica insomma della cultura. E a ogni pretesto parlo e scrivo della Toscana (...).

Però si tratta di un amore poco ricambiato. (…) La Toscana non è né è mai stata una mamma tenera e affettuosa. Quando ha un figlio o una figlia che la ama e la onora anziché amarlo e onorarlo a sua volta mostrando un po’ di gratitudine lei lo bistratta, lo perseguita, lo respinge. (…) Esattamente il contrario che oggi si fa con lo straniero che io chiamo l’invasore, cioè col musulmano. (…) Il secondo motivo è che l’Occidente rassegnato e sottomesso all’islam è complice del nemico. Quelli che io chiamo collaborazionisti mi hanno trasformato nel simbolo stesso dell’eresia, dell’infamia, della colpa, del peccato mortale da punire col rogo cioè con la morte civile. Quindi premiando la Fallaci dimostrate di non aver ceduto all’intimidazione. (...) Dimostrando insomma che avete coraggio e di questi tempi, tempi in cui il coraggio costa più caro del petrolio e la vigliaccheria si svende invece per pochi centesimi, trovare qualcuno che non cede alle intimidazioni è un grande conforto. Una ricchezza che è anche speranza, anche se ormai c’è poco da sperare. Per capirlo basta considerare la vigliaccheria con cui tanti italiani hanno reagito alle islamiche minacce e sommosse per le vignette sul profeta spadaccino e tagliateste. (...) Senza alcuna dignità, a ogni livello politico e istituzionale, le nostre presunte leadeship hanno offerto scuse al nemico mentre il nemico bruciava le nostre chiese e le nostre bandiere europee. Mentre assaltava e saccheggiava le nostre ambasciate. Mentre in Turchia, quella Turchia che i nostri califfi vorrebbero nell’Unione europea pardon nell’Eurabia al grido di «Allah akbar Allah akbar» un turco ammazzava con due revolverate alle spalle un prete intento a pregare nella sua piccola chiesa. Un prete che voleva il dialogo coi musulmani. Mentre a Londra un famoso sceicco sosteneva in televisione l’urgenza di sottoporre al giudizio di un tribunale islamico il danese colpevole d’averci fatto ridere sul proprio profeta spadaccino tagliateste, nonché la necessità di giustiziarlo secondo le leggi islamiche. Mentre a migliaia anzi a centinaia di migliaia nelle piazze dell’Iran, dell’Iraq, dell’Afganistan, della Siria, dell’Egitto, del Libano eccetera i figli di Allah berciavano alzando cartelli con la scritta «decapitare chiunque insulti l’islam».

Mentre in Nigeria - e sempre al grido «Allah akbar Allah akbar» - un altro prete veniva assassinato nella sua parrocchia e con lui 38 cristiani venivano linciati, 240 mutilati. Alcuni in chiesa, dove pregavano come don Santoro. Altri per strada (...). Mentre a Bengasi succedeva ciò che sappiamo e anziché piangere sui nostri morti i giornali piangevano sugli 11 libici uccisi dalla polizia di Gheddafi durante l’assalto selvaggio al consolato italiano. Si è arrivati addirittura ad attribuire la responsabilità di quell’assalto selvaggio al ministro Calderoli. A imporne le dimissioni e ad annunciargli che sarebbe stato indagato anzi processato anche lui per vilipendio all’islam perché sotto la camicia abbottonata e sigillata dalla cravatta aveva messo una maglietta con la caricatura del suddetto profeta. Poi, per 15 secondi e 15 centimetri, aveva sbottonato la camicia e mostrato la maglietta in tv. «Colpa di Calderoli! Colpa di Calderoli!» anzi, colpa mia! Perché in un’intervista a Repubblica Calderoli ha dichiarato: «Io difendo la nostra civiltà, io mi associo a tutto quello che ha detto e scritto Oriana Fallaci». E per dimostrare che la colpa era ed è in realtà della Fallaci quel giornale ha fatto un titolo che dice: «Io e la Fallaci». Poi ha riferito a grossi caratteri: «La strage mi associa a tutto ciò che ha detto e ha scritto Oriana Fallaci». Come se ciò non bastasse, il Mattino di Napoli ha riportato l’intervista con un’italiana di Bengasi (...) che ha dichiarato che l’assalto era dovuto ai libri della Fallaci tradotti e venduti ahimè anche in Libia. Per sostenere le islamiche minacce, a Roma i Comunisti italiani e i Verdi e i Cobas hanno invece imposto un corteo esibendo una bandiera palestinese lunga 35 metri. (...) Hanno raggiunto la piazza cara alle camicie nere di ieri, cioè piazza Venezia, e qui hanno bruciato le bandiere americane e israeliane e poi si sono messi a berciare «10-100-1.000 Nassiriya». Autogol che l’insopportabile segretario dei Comunisti italiani ha commentato affermando: «Quei mascalzoni erano mercenari al servizio di Calderoli». Meno male che non ha detto: «Gente pagata dalla Fallaci».

Luca Barbareschi, decisione estrema sui suoi figli: "Da me non avranno neppure un euro Ecco perché"

Luca Barbareschi, la decisione estrema sui suoi figli: "Da me non avranno un euro, il denaro porta sfiga"



Luca Barbareschi, intervenuto in tv all'Arena di Massimo Giletti, che ha intervistato anche la sua seconda moglie, Elena Monorchio, parlando della sua famiglia ha fatto una dichiarazione piuttosto forte. "La cosa che ho insegnato ai miei figli è che l'eredità non esiste, tutto dev'essere restituito alla Fondazione che ho aperto in difesa dei bambini. Io ho il dovere di educare ai miei figli, ma penso che il danaro sia una iattura. Io non l'ho avuta ed è stata la mia fortuna, ho costruito tutto da solo. Voglio loro che costruiscano la loro vita, quello sarà l'unico parametro per cui si vorranno bene. Loro l'hanno accettato e ho ottenuto risultati eccellenti".

Tremendo Dago: con un blitz rovina la cena romantica di Belen e Borriello Poi li sputtana: "Gli strani messaggini"

Tremendo D'Agostino: con un blitz rovina la cena romantica di Belen e Borriello. Poi li sputtana: "Gli strani messaggini"


Roberto D'Agostino e Belen Rodriguez

Belen e Marco Borriello, tutto da rifare. Ed è tutta colpa di Roberto D'Agostino. I due, infatti, dovevano cenare a Cortina, ma tutto sarebbe saltato per l'articolo pubblicato proprio su Dagospia in cui si parlava del loro ritorno di fiamma. Dunque, dopo la soffiata, il cambio di programma. Piccolo cambio di programma, in verità, perché alla fine hanno mangiato nello stesso posto, ma a tavoli separati, senza neppure parlarsi (almeno in pubblico). E ora, sempre su Dago, si legge: "Pare però che Belen e Marco comunicassero via chat attraverso i rispettivi smartphone". Si attendono aggiornamenti.

Un nuovo crac da 86 miliardi di euro 2016, perché l'euro rischia il collasso

Un nuovo crac da 86 miliardi di euro: 2016, perché l'euro rischia il collasso



Era lo scorso 5 luglio quando sembrava che per l'Eurozona il peggio fosse alle spalle. La Grecia, chiamata al referendum, accettava gli aiuti di Bruxelles in cambio di riforme al termine di un drammatico braccio di ferro. Si temeva, infatti, l'uscita di Atene dall'euro con le imprevedibili conseguenze che potevano derivarne. Negli ultimi sei mesi, con la complicità di altre emergenze (immigrazione e terrorismo su tutte), in Europa, della Grecia, non si è quasi più parlato. Ma il caso, nel 2016, potrebbe tornare al centro dell'attenzione. Forse, l'eventualità di un addio all'euro di Atene è scongiurata, ma come ricorda in un'analisi il Corriere della Sera è possibile che, a breve, il programma di salvataggio da 86 miliardi in tre anni concordato a fine estate fallisca.

Il punto è che sempre più elettori europei soffrono questa Europa. Si pensi alla Spagna e al Portogallo, su tutti, dove le recenti elezioni hanno creato situazioni politiche traballanti e governi instabili. Insomma, la convinzione che riforme strutturali, lacrime e sangue possano davvero aiutare ad uscire dalla crisi è sempre più minoritaria. E in un contesto in cui Madrid e Lisbona potrebbero vacillare, ovvero sottrarsi ai loro impegni, non è arduo ipotizzare che lo stesso possa fare Atene. Questo per diverse ragioni: la frustrazione di un Paese umiliato, la scarsa capacità di cambiare dimostrata dalla Grecia negli ultimi anni e, soprattutto, una grossa fetta di parlamentari scettici sul programma di salvataggio.

Poi c'è Alexis Tsipras, il premier, secondo il quale entro marzo sarà possibile togliere i controlli di capitale che la Grecia si trascina dalla scorsa estate. E ancora, Tsipras assicura che il programma di riforme sarà realizzato al 70% entro pochi mesi e che alla fine del 2016 Atene avrà riconquistato la fiducia dei mercati. Ma perché ciò avvenga è necessario alleggerire il debito, oggi superiore al 170 per cento. Tagliarlo, dunque. Trattare ancora con l'Europa, senza alcuna garanzia di ottenere nessun risultato. Le sorprese greche, insomma, nei prossimi mesi potrebbero non mancare, con le stesse imprevedibili conseguenze per l'Eurozona che avrebbe potuto avere la Grexit della scorsa estate.

Bechis "inchioda" Laura Boldrini: soldi e privilegi, come ci ha fregato

Franco Bechis inchioda Laura Boldrini: così lei difende i privilegi della Casta


di Franco Bechis
@FrancoBechis



L’ha voluto fare mettere nero su bianco in un verbale dell’ufficio di presidenza della Camera dei deputati: i vitalizi dei parlamentari non si possono toccare. Parola di Laura Boldrini, presidente della Camera. Quindi al macero la lunga inchiesta di Libero sulla sproporzione in qualche caso addirittura milionaria fra i contributi versati da vecchi parlamentari e gli emolumenti percepiti fino ad oggi grazie a un sistema maxi-retributivo che suscita invidia perfino fra i più celebri pensionati d’oro della Repubblica italiana.

Al macero probabilmente anche le proposte di legge che volevano modificare quei meccanismi, come quelle presentate dal Pd Matteo Richetti o da Scelta civica: per sbarrare loro la strada la Boldrini invoca la Corte Costituzionale e addirittura la Corte europea dei diritti dell’uomo. Si salverà quindi il vitalizio di Eugenio Scalfari, che fece il deputato socialista fra il 1968 e il 1972, quattro anni prima di fondare Repubblica, e da allora percepisce ogni mese un assegno lordo di 2.162,52 euro. Non è un granchè, il problema però è che Scalfari ha versato 60 mila euro e ne ha già incassati 920 mila ad oggi. La differenza, lo squilibrio di quel vitalizio protetto dalla Boldrini è di 860 mila euro. Così come il presidente della Camera ha salvato il vitalizio dei banchieri Antonio Patuelli e Toberto Mazzotta, di ex calciatori come Gianni Rivera, di industriali come Luciano Benetton, di politici della prima Repubblica come Paolo Cirino Pomicino e Gianni De Michelis, o della seconda come Romano Prodi, Vincenzo Visco, Fausto Bertinotti e Niki Vendola.

Percepiscono assegni che vanno dai 2 ai 6 mila euro lordi, e continueranno a percepirli anche se perfino il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, una volta letta l’inchiesta di Libero, si era detto d’accordo con una revisione del sistema. Impossibile ora che la Boldrini ha fatto scudo a quel gruppone che inizia con Scalfari e finisce con Vendola, l’ultimo beneficiario di quel vitalizione (pure doppio nel suo caso, visto che ne gode anche da ex consigliere regionale della Puglia).

A porre il problema in ufficio di presidenza della Camera erano stati il segretario del gruppo Movimento 5 stelle, Riccardo Fraccaro, e il leghista Davide Caparini che avevano presentato due analoghi ordini del giorno di accompagnamento alla discussione del bilancio interno di Montecitorio per sopprimere i trattamenti vitalizi in essere e d’ora in poi corrispondere anche a chi è già in pensione trattamenti calcolati con il metodo contributivo come avviene per tutti gli altri italiani. La Boldrini prima si è riparata dietro una vecchia decisione dell’ufficio di presidenza del Senato che aveva considerato inammissibili due ordini del giorno dello stesso tenore. Ora secondo il verbale sommario dell’ufficio di presidenza della Camera finalmente pubblicato (i ritardi sono ormai biblici, tanto da rendere spesso inutile la trasparenza) la Boldrini ha motivato l’impossibilità di rimettere in discussione gli importi dei vitalizi di Scalfari & c perché sarebbe «in contrasto con i principi di irretroattività della norma e del legittimo affidamento, come definiti dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo». In ogni caso, ha proseguito il presidente della Camera, «l’intervento non potrebbe essere realizzato in assenza di un’intesa con l’altro ramo del Parlamento sia per esigenze di uniformità della disciplina del trattamento previdenziale degli ex parlamentari, che - come è noto - è definita in modo conforme presso le due Camera, sia per l’impossibilità di procedere all’intervento per tutti i casi in cui gli assegni vitalizi siano frutto di mandato parlamentare svolto presso entrambe le Camere».

Ovvia la replica di Fraccaro: «Non è conferente il richiamo all’irretroattività della norma e al legittimo affidamento, sia perché alcune regioni hanno soppresso gli assegni vitalizi a partire da quelli in corso di erogazione, sia perché la stessa cessazione dei trattamenti previdenziali per gli ex deputati che abbiano riportate condanne in via definitiva per reati di particolare gravità, introdotta dalla Camera nel 2015, appare una misura a carattere retroattivo». Stessa protesta da parte del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, che ha elencato una lunga serie di casi in cui sono intaccati quelli che vengono chiamati “diritti acquisiti”, a partire da «quelli in materia di limiti ai trattamenti retributivi dei dipendenti delle pubbliche amministrazione». Ma niente, la Boldrini doveva difendere l’assegno mensile degli amati Scalfari, Bertinotti e Vendola. Così rischiano una brutta fine anche le proposte di legge di Richetti e compagnia. Per altro le hanno assegnate con gran clamore alla commissione Affari costituzionali della Camera. Questa però ne ha parlato dall’estate ad oggi in due sedute solo per pochi minuti: il 24 settembre e il 10 dicembre scorso. Rinviando tutto, perché non c’era alcuna urgenza. Gli ex adesso possono davvero dormire sonni tranquilli...

domenica 27 dicembre 2015

Caivano (Na): “School Card” e presunti favoritismi, Monopoli e Coppola sotto accusa, non rispondono ai chiarimenti richiesti

Caivano (Na): “School Card” e presunti favoritismi, Monopoli e Coppola sotto accusa, non rispondono ai chiarimenti richiesti



di Francesco Celiento
ilgiornaledicaivano


Simone Monopoli
Sindaco di Caivano

CAIVANO – Esposto di una ditta di cartoleria ed eliografia al sindaco Monopoli e al responsabile del V settore Vito Coppola. L’azienda in questione ha richiesto una verifica urgente sul criterio di ammissione alla lista delle ditte convenzionate per aderire al progetto “School Card” per cui il Comune ha affidato l’operazione a quattro società, escludendola di fatto. Si tratta, tra l’altro, di una ditta che tratta materiali di cartoleria ed altro  e da da oltre vent’anni è fornitrice dell’ente, che si è lamentata perché nonostante abbia consegnato la documentazione è stata esclusa poichè le manca il requisito di essere una cartolibreria, infatti non vende libri. O almeno così si sarebbe giustificata una collaboratrice del V settore, secondo quanto scritto nell’esposto.

Il problema però nasce quando si evince che il Comune si è convenzionato con altre quattro ditte, di cui almeno due non vendono affatto libri. Perché dunque sarebbe stata esclusa proprio e solo quella? Sotto accusa è il solito metodo di gestione delle gare del V settore, nei cui confronti il sindaco Monopoli è sempre molto tenero, chissà perchè… mentre in altri settori non ha esitato a rimozioni di dirigenti.

L’esposto risale al 27 novembre, ma ad oggi 27 dicembre, dopo un mese, né Vito Coppola, né il primo cittadino hanno dato una risposta. Evidentemente, si tratta di una domanda da un milione di dollari…

Meteo, ultimi giorni di caldo anomalo Dove si può sperare di vedere la neve

Meteo, ultimi giorni di caldo anomalo. Dove si può sperare di vedere la neve




L’alta pressione ci accompagnerà anche negli ultimi giorni di questo 2015: almeno fino a Capodanno le giornate saranno caratterizzate da quasi totale assenza di piogge, mancanza di neve in montagna, temperature relativamente miti, molte nebbie nelle ore notturne e del primo mattino ed emergenza smog in quasi tutte le principali città e aree industrializzate. Quando arriveranno piogge degne di nota e capaci di ripulire l’aria? Le ultime proiezioni del Centro Epson Meteo indicano come scenario più probabile, anche se con indice di affidabilità ancora basso, quello che vede a partire dal 2-3 gennaio la ritirata dell’alta pressione e l’inizio di una fase dominata dal passaggio di umide correnti atlantiche capaci di riportare la pioggia su gran parte del Paese e la neve su Alpi e Appennino. Sabato 26 dicembre mattinata nebbiosa in Pianura padana dalla Lombardia andando verso il Nordest, lungo le coste adriatiche, in molte valli del Centro e in Puglia. Nebbie che in parte tenderanno a diradarsi e in parte persisteranno anche nelle ore centrali del giorno, soprattutto nella bassa pianura, in Veneto ed Emilia Romagna. Nel resto del Paese sarà una giornata soleggiata con una prevalenza di cielo sereno o poco nuvoloso; soltanto in Sardegna, Sicilia e al Sud il cielo potrà risultare parzialmente nuvoloso. Temperature con poche variazioni, in aumento su Alpi e Appennini; valori fino a 16-18 gradi al Centrosud. 

Domenica 27 dicembre cielo da poco nuvoloso a nuvoloso al Sud e Sicilia, comunque senza piogge. In generale bello nel resto d’Italia, ma con il fastidio di nebbie anche fitte al mattino al Centronord, localmente insistenti anche nelle ore pomeridiani in alcuni settori della Valpadana, in alcuni tratti delle coste adriatiche e in diverse valli del Centro. Temperature sempre relativamente miti. Anche lunedì le nebbie resteranno l’elemento più importante: diffuse e localmente persistenti in Val padana e alto Adriatico, presenti anche nelle valli del Centro dove dovrebbero dissolversi in giornata. Per il resto non ci saranno variazioni di rilievo, se non verso la notte, quando torneranno le nubi in Liguria. Questo sarà il primo segnale di una debolissima coda di un sistema nuvoloso che tra martedì e mercoledì transiterà sull’Italia, con pochi effetti: in particolare, martedì un pò di nuvolosità interesserà il Nordovest, la Toscana e la Sardegna, con qualche pioggia isolata sulla Liguria centrale, altrove cielo sereno o poco nuvoloso; nebbioso sul Veneto e in Emilia Romagna; la nuvolosità tra la fine di martedì e mercoledì tenderà a muoversi coinvolgendo il Nordest e il Centro. 

Questa copertura nuvolosa avrà il merito di rendere la notte tra martedì e mercoledì decisamente meno nebbiosa, inoltre le temperature massime potranno subire un lieve calo, di un paio di gradi. Nessuna novità di rilievo anche a Capodanno, anche se ci saranno temporanei passaggi nuvolosi a coprire il cielo, ma che avranno il merito di limitare la formazione delle nebbie. Sarà una notte di Capodanno con temperature di molto al di sopra della media stagionale. All’inizio dell’anno nuovo una massa d’aria gelida scenderà verso i Balcani, ma resterà ai margini del nostro Paese: si sentiranno gli effetti sulle temperature, che potrebbero ritornare a valori più consoni per il periodo. Intanto l’alta pressione tenderà a indebolirsi lasciando spazio ad un flusso occidentale più favorevole a un avvicinamento delle perturbazioni atlantiche.

"Sono feticista, amo i piedi delle donne e ho molte trombamiche". Sanremo, la star confessa: imbarazzo per Carlo Conti

Le confessioni hot della star di Sanremo: "Sono feticista, mi piaccioni i piedi, ho tante trombamiche"




Alessio Bernabei, ex voce dei Dear Jack, si confessa senza freni inibitori al settimanale Grazia. L'ex frontman della band vincitrice di Amici, adesso solista, si racconta alla vigilia del suo impegno a Sanremo, tra i Big scelti da Carlo Conti. "Sono sempre me stesso", dice, "ma adesso ho l'opportunità di dare sfogo alla mia personalità artistica. Prima ero più chiuso nei canoni stilistici della band. ora posso sperimentare sonorità diverse, se voglio posso mettere in un pezzo l'elettronica o lo swing".

La sua vera passione sono le donne, che definisce "il mio sport". Dice di avere "tante amiche 'with benefits'", quelle che Fabio Volo chiamava "trombamiche". "Quando sarò innamorato, non ci sarà motivo di nasconderlo. L'amore non avverte, arriva e basta".

Va pazzo poi per i piedi femminili: "E' una parte del corpo molto sensuale, dice tutto di una persona. Il mio piede preferito è sottile, curato, con lo smalto scuro: rosso, nero o anche blu elettrico. Lo sapeva che anche il rocker Elvis Presley era un feticista? Siamo tantissimi, solo che molti non lo dicono, per paura di essere giudicati".

Marchionne manda in pensione la Punto La voce: ecco il nuovo modello / Guarda

Marchionne manda in pensione la Punto. La voce: ecco il nuovo modello




La Fiat Punto andrà in pensione dopo 12 anni sul mercato e al suo posto la Fca ha già pronto un nuovo modello: un'altra Punto. Prosegue la fortunata serie con la quarta generazione, scrive omniauto.it, il cui arrivo è previsto per il prossimo anno. L'ultimo aggiornamento risale al 2005 quando è stata lanciata sul mercato la Grande Punto, nel frattempo la Fiat ha investito in nuove offerte come la 500L e la Tipo. Ed è proprio con quest'ultimo modello che, scrivono su omniauto.it, condividerà l'abitabilità elevata e le finiture curate, certo con una qualità di materiali che non dovrà incidere troppo sul prezzo finale.

I motori - La base tecnica della quarta Punto sarà la piattaforma B-Wide, quella della 500L: la lunghezza non sarà superiore a 4,10 metri e l'altezza non supererà il metro e mezzo. Le previsioni del sito specializzato, che ha provato a realizzare un rendering, prevedono l'uso del sempre affidabile motore 1.2 8V da 69 cavalli, il 1.3 Multijet da 95 CV. Fca potrebbe puntare poi sul Twinair 0.9 con la dotazione da 105 CV per una dotazione più sportiva.

Napolitano trama contro Renzi E' furioso per lo scandalo banche

Banca Etruria: Giorgio Napolitano contro Matteo Renzi sulla commissione d'inchiesta




Se Matteo renzi, con lo scandalo-banche, aveva già un diavolo per capello, nei prossimi giorni rischia di averne uno in più. Un vecchio diavolo, ma molto tenace: l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Riporta il sito affaritaliani.it che a Napolitano l'idea di una commissione parlamentare "d'inchiesta" per far luce su quanto accaduto in Banca Etruria nelle scorse settimane, non vada affatto giù. Il senatore a vita vede quel progetto come fumo negli occhi per due motivi: perchè il suo operato rischia di sovrapporsi a quello della magistratura sulla medesima vicenda. E per il rischio che critiche parlamentari eccessive all'operato della Banca d'Italia possano comportare una impennata dello spread.

Andrebbe molto più agenio, a Napolitano, una commissione "d'indagine" cioè al tempo stesso rispettosa della magistratura e che con trasformi la ricerca delle disattenzioni di Bankitalia in una campagna di delegittimazione, pericolosa anche in termini economici. Ma una commissione come quella d'inchiesta, che ha accesso agli atti della magistratura compresi quelli normalmente secretati per il segreto istruttorio, è proprio quello che vuole Renzi, per tenere sotto controllo e sotto tutela l'operato dei giudici su una vicenda tanto delicata per i destini del suo governo.

Premier ed ex presidente sono dunque in rotta di collisione. Napolitano avrebbe già messo all'opera i suoi uomini in Parlamento già nel corso della discussione sulla mozione di sfiducia nei confronti della Boschi, quando in Aula, nella sua dichiarazione di difesa della Boschi, Walter Verini ha parlato di una “commissione di indagine” sulle banche. Una posizione, su questo tema, sfasata rispetto a quella del capogruppo del Pd, Ettore Rosato, che invece ha parlato, secondo l’ordine di palazzo Chigi, di “commissione di inchiesta”.

Il centrodestra unito davanti a tutti Sondaggio del sorpasso: Renzi kaputt

Berlusconi, Meloni e Salvini in testa a tutti. Il sondaggio che cambia tutto




Niente botti di fine anno per il Partito Democratico di Matteo Renzi stando all'ultimo sondaggio di Euromedia Research pubblicato da Affaritaliani.it, il Pd cala al 30,2% con un flessione dello 0,3%. Con lo stesso margine cresce invece il Movimento Cinquestelle che raggiunge il 27,5%. Continua a guadagnare terreno anche la Lega Nord di Matteo Salvini attestandosi sul 16,1% dei consensi. Stessa crescita, lo 0,1%, anche per Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni ora al 4,9% e per Ncd-Udc che non va oltre l'1,6%. L'unica forza del centrodestra che non registra miglioramenti è Forza Italia, in leggero calo dello 0,1% e ora all'11,9%. Peggio va solo Sinistra Italiana in perdita dello 0,2% e ora al 5,7%.

Ballottaggio - Pur con il risultato negativo di Forza Italia, un listone unico del centrodestra sarebbe la prima forza con il 32,9% anche se il Pd, al 30,2%, si alleasse con il partito di Angelino Alfano e Pierferdinando Casini. In quel caso non andrebbe oltre il 31,8%, un dato comunque sufficiente a tenere fuori dalla corsa al secondo turno il Movimento Cinquestelle.