Borini: “Intervenire in tempo riduce il rischio dell’infertilità”
Intervista a cura di Andrea Sermonti
Quello dell’infertilità è iniziato a diventare un problema ‘pressante’ solo negli ultimi decenni, dopo millenni di donne che hanno partorito un numero elevato di figli. Fino a prima dell’ultima guerra. Poi, per motivi legati al cambiamento degli stili di vita e all’uguaglianza crescente tra i sessi, l’età della prima nascita è andata via via crescendo, riducendo il numero delle nascite nei paesi industrializzati fino ad un livello inferiore alla natalità in grado di garantire il ricambio generazionale. “La fertilità è uno degli argomenti che interessano di più le donne perché erroneamente viene ancora considerato un problema prevalentemente femminile, mentre recenti ricerche dimostrano che l’infertilità di una coppia può dipendere, nella stessa misura, dd entrambi i partner” conferma il professor Andrea Borini, Presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità e Medicina della Riproduzione (SIFES-MR) intervistato a Roma in occasione del Fertility Forum - Living Innovation on Drugs and Beyond, l’appuntamento annuale di Merck Serono dedicato ai temi della riproduzione umana e alle nuove frontiere della ricerca nel trattamento dell’infertilità. I dati dell’ultima relazione del Ministero della Salute al Parlamento di cui si è parlato al Forum mostrano che in Italia le donne accedono alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) a 36,5 anni in media, con quasi due anni di ritardo rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei (34,7 anni) e che, inoltre, si è registrato un aumento dell’età media per ciclo dei partner maschili, attestata a 40 anni.
Un problema nuovo, quindi, esploso negli ultimi anni?
Quello dell’infertilità è un problema sempre esistito, ma dal punto di vista sociale è andato crescendo da una ventina di anni perché è in aumento l'età media in cui si ricerca una gravidanza. E questo sappiamo che contrasta con quello che invece la biologia ci dice, ovvero che con il passare degli anni cala la fertilità. Un pò meno negli uomini – perché non si ‘azzera’ mai del tutto – e molto più nelle donne.
E qual è il ‘momento giusto’ per fare un figlio?
L'età ideale per avere un figlio, cercato e ottenuto in pochi mesi, è a vent'anni: ovviamente più andiamo avanti e ci avviciniamo a 38-39 anni, più la probabilità di avere una gravidanza diminuisce. E se diminuisce la probabilità di avere un figlio aumentano le problematiche.
Di quali problemi parla?
Ci sono studi sociologici importanti che analizzano questo fenomeno da tutti i punti di vista: banalmente potrebbe essere che le donne ritardino il momento della gravidanza perché devono trovare un lavoro, perché fanno una professione che non consente loro uno ‘stop’ di qualche mese, perché cercano il successo più della maternità. Ovviamente non è ‘solo’ per queste ragioni: la maggior parte delle donne non ha il ‘problema’ del successo, quindi evidentemente esiste anche un altro ‘blocco’ dipendente dalla crisi sociale ed economica, del fatto che molto spesso fintanto che non ci si sente sicuri dal punto di vista economico è difficile prendere la decisione di mettere in cantiere una famiglia.
Un ostacolo legato al successo personale e alla mancanza di soldi, quindi…
In gran parte, ma non solo. Esiste un altro elemento: i giovani di oggi, a differenza di quello che avveniva negli anni ’60, vogliono avere più libertà di godersi la vita e sono meno disposti ad affrontare subito i sacrifici che una nascita comporta. Mio padre mi ricordava sempre che suo padre gli diceva: “dove si mangia in 3 si mangia in 4 e forse in 5, e si è contenti e felici anche in 6”. E' evidente che oggi non è così, oggi ci sono altre priorità irrinunciabili: il telefonino lo devono avere tutti, la televisione deve essere in ogni stanza, bisogna uscire per l’happy hour e andare in vacanza senza ostacoli…
Una volta una ragazza per uscire di casa aveva due possibilità: o si sposava o usciva accompagnata da un parente. E allora ci si sposava a 20 anni
E’ vero, ma non basta. C’è un altro elemento non sempre a tutti evidente: non è cosi matematico che una donna che vuole avere un bambino trovi subito un uomo disposto ad assecondarla perché animato dalla stessa pulsione. Perché per farlo bisogna essere in due! Insomma, dal punto di vista sociologico esistono oggi molte più difficoltà nelle coppie, ed è evidente che per migliorare queste dinamiche non ci sono ‘bacchette magiche’: uno degli strumenti – forse ‘lo’ strumento – è quello di ‘fare cultura’, iniziando sin dalle scuole elementari.
Per dire cosa ai giovani?
Bisogna cercare di far capire ai ragazzi, in generale, che quello dei comportamenti ‘virtuosi’ – non sto parlando dal punto di vista etico ma in termini di preservazione della propria fertilità, come ad esempio usare il preservativo – non è un problema solo delle donne. I rapporti promiscui con molti partner aumentano le possibilità di infiammazioni dell'apparato urogenitale e quindi di diminuire la fertilità. Un dato, questo, che dovrebbero sapere e che forse non tutti sanno. Certo non è ‘comodo’ fare i figli da giovani, ma il problema è che se non fai il figlio da giovane più avanti negli anni può essere più difficile e si potrebbe essere costretti a rinunciare a questa possibilità. La maggior parte delle notizie sulla procreazione che si leggono sulle riviste femminili parlano di soubrette, di attrici che fanno figli a 50 anni grazie all’ovulo-donazione: per carità, niente di cosi problematico – anzi del tutto normale dal mio punto di vista – però va detto chiaramente che non è che un giorno chiunque decida di avere un figlio a 50 anni lo possa fare. Non è un gioco da ragazzi e questo va detto con chiarezza: io faccio parte del tavolo che il Ministro della Salute ha voluto per la ‘cultura della fertilità’ e questi sono temi che abbiamo cercato di mettere in campo e che speriamo vengano presto messi in pratica realmente e concretamente.
Dal punto di vista medico scientifico che cosa è cambiato ultimamente per aiutare le donne a risolvere questo tipo di problema?
Fondamentalmente due cose. La prima è che oggi si possono congelare gli ovociti, cosa che vent'anni fa non si poteva fare (o quasi), e quindi anche le donne come gli uomini possono ‘conservare’ la propria fertilità. La seconda è che oggi la tecnologia con la fecondazione assistita aumenta e migliora le possibilità di avere gravidanze in tutti quei casi in cui meccanicamente è impossibile, però non riesce a sopperire al problema dell'età troppo avanzata della donna: tant'è vero che se una donna fa una fecondazione assistita a 40 anni avrà 15 possibilità su 100 di successo, mentre se la fa a 30 ne ha 45. Questo ‘status’ andrebbe ancor meglio definito e portato a conoscenza di tutti, perché troppo spesso quando uno apprende queste cose vuol dire che ha già avuto il problema ed è già andato dal medico della riproduzione. E quindi non è più in grado di decidere liberamente del proprio futuro.
Insomma, cosa bisogna fare per evitare questo tipo di problemi? Quali sono i comportamenti errati che rischiano di ‘inquinare’ il sistema riproduttivo?
La prima cosa da fare è evitare le patologie sessualmente trasmesse: questo perché danneggiano il nostro sistema riproduttivo e quindi riducono le possibilità di avere gravidanze spontanee. Tutti dovrebbero sapere che la fertilità diminuisce con il passare degli anni e che quindi più si rimanda nel tempo e più difficile è avere una gravidanza. E ancora che se il figlio non arriva dopo un anno, un anno e mezzo, massimo due che lo si cerca… beh, è ora di andare a parlarne con un medico della riproduzione perché è evidente che c'è qualcosa che ritarda o riduce le probabilità di avere una gravidanza.
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