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mercoledì 8 luglio 2015

Quarto allarme bomba in tre mesi La compagnia nel mirino dei terroristi

Allarme bomba su un volo Turkish Airlines fra Istanbul e Bangkok




Non corressero i tempi che corrono, si potrebbe pensare al gesto (o meglio ai gesti) di un pazzo maniaco monotematico. Ma i tempi sono quelli dell'Isis e del califfato a cavallo tra Siria e Iraq. Due Paesi che in comune hanno, oltre a fede e lingua, un pezzo di confine con la Turchia, primo avamposto d'Europa (più o meno) di fronte all'avanzata dei tagliagole di Al Baghdadi.

Troppi i fattori per prendere sotto gamba gli allarmi bomba di cui è rimasta vittima nelle ultime settimane la compagnia di bandiera turca Turkish Airlines. L'ultimo oggi, quando sullo specchio di una delle toilette di un Airbus A330 in volo tra Istanbul e Bangkok è stata trovata una scritta fatta col rossetto che annunciava la presenza di un ordigno nella stiva. Il velivolo, che si trovava a quota di crociera con 148 passeggeri, è sceso rapidamente per poi atterrare all'aeroporto di Delhi, in India. lee risccercche degli artificieri hanno poi dato esito negativo.

È la quarta volta quest’anno che la Turkish Airlines riceve minacce di bombe a bordo. Lo scorso 30 marzo un allarme bomba costrinse a un atterraggio d’emergenza a Casablanca, in Marocco, un volo della Turkish Airlines diretto da Istanbul a San Paolo, in Brasile. Nessun ordigno venne poi trovato sul velivolo. Due giorni dopo, il primo aprile, un altro allarme bomba obbligò un aereo della Turkish diretto a Lisbona a rientrare a Istanbul, da dove era partito. Anche in quell’occasione l’allarme si rivelò falso. Ancora, il 17 aprile, un volo della stessa compagnia aerea partito da Istanbul e diretto a Basilea, in Svizzera, fu costretto a invertire la rotta e a fare rientro all’aeroporto Ataturk, sempre per un (falso) allarme bomba.

martedì 7 luglio 2015

Giovedì 9 Luglio, Mons. Spinillo di nuovo su Facebook!

Giovedì 9 Luglio, Mons. Spinillo di nuovo su Facebook!


di Don Carlo Villano
per il Notiziario sul web





Mons. Angelo Spinillo torna a far visita alla comunità di fedeli 2.0: dopo l’ottimo riscontro fatto segnare dall’esordio del vescovo di Aversa sul web, risalente alla fine del maggio scorso, il nuovo appuntamento è fissato per giovedì prossimo, 9 luglio 2015, dalle 21:00 alle 22:30. Mons. Spinillo si collegherà in diretta sulla Pagina Ufficiale della diocesi, www.facebook.com/chiesadiaversa, per mettersi in dialogo con gli internauti, che potranno scrivere sulla Bacheca o inviargli messaggi in privato.

I cinesi si comprano le banche italiane: quali sono i due nuovi istituti "scalati"

Consob: People's Bank of China sale sopra il 2% di Unicredit e Mps




La People's bank of China sale sopra il 2% del capitale anche in Unicredit e Monte dei Paschi di Siena. Secondo quanto riporta la Consob, l'istituto di Pechino ha in portafoglio il 2,005% di Unicredit dal 29 giugno scorso e il 2,010% di Mps dal 30 giugno, quindi dopo la chiusura dell’aumento di capitale.

La scalata - La People's bank of China è presente anche nel capitale di Intesa Sanpaolo (2,005%). Fuori dal mondo bancario, secondo le tabelle della Consob, ha quote rilevanti in Generali (2,014%), Enel (2,004%), Eni (2,102%), Saipem (2,035%), Terna (2,005%) e Prysmian (2,018%). Detiene inoltre il 2% di Fiat Chrysler.

Grexit, tutta la verità degli esperti "Ci sarà e ci costerà carissimo"

Grecia, la verità degli analisti: "Ipotesi probabile, ci costerà carissimo"




Grecia contro Merkel e Unione europea, si ricomincia. Con la consapevolezza però che dopo il no all'austerità del referendum greco la strada è più stretta, per tutti. E che l'ipotesi Grexit, con un "default pilotato" di Atene e l'uscita dall'euro, è più concreta anziché più lontana. Battaglia politica, ma anche finanziaria a giudicare dalle ripercussioni devastanti di quel voto sulle borse europee, Piazza Affari in testa colata a picco lunedì. Secondo Bloomberg, il rischio che la Grecia esca dall'euro è oggi schizzato al 75%, molto probabile dunque se non quasi certo. Come ricordava anche il Messaggero, per Malcolm Barr, economista di Jp Morgan a Londra, Grexit è "ora diventato lo scenario di base" su cui ragionare, per limitare i danni. Lo stesso pensano gli analisti di Barclays, mentre quelli dell'olandese Abn Amro temono un "effetto contagio". 

Atene, la Bce e le banche - In ogni caso, tutti hanno molto da perdere. La Germania, con l'uscita della Grecia, incasserebbe una simbolica vittoria politica dei falchi rigoristi ma farebbe perdere a banche e contribuenti svariati miliardi di credito con Atene. Dal canto suo, il vittorioso Alexis Tsipras uscito politicamente più saldo dal referendum di domenica (che era sull'austerità ma pure sul suo governo) si ritrova di nuovo in un vicolo cieco. Da Parigi Angela Merkel e François Hollande ribadiscono che spetta a lui fare "proposte serie" e in fretta, "entro questa settimana", perché in caso contrario non ci sarà alcuna trattativa. Entro il 20 luglio, poi, Atene dovrà versare alla Bce altri 3,5 miliardi di prestito, con la Banca centrale di Mario Draghi che ha già confermato di non andare oltre agli 89 miliardi di euro promessi alle banche greche, che al momento hanno soldi per un altra settimana. Un'emergenza economica e umanitaria su cui giocano i vertici europei, consapevoli che Tsipras è comunque con l'acqua alla gola. 

Cosa rischia Tsipras (e cosa la Merkel) - Il premier di Syriza, per ora, avrebbe due carte in mano: riproporre un accordo modellato sulla proposta del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, più morbida e con 1 miliardo di euro in meno di sacrifici (ipotesi che non piace al governo di Berlino, che si ritroverebbe sconfitto su tutta la linea) oppure la catastrofica "via d'uscita stile Argentina", cioè il default con la rinuncia a pagare i propri debiti che "costerebbe carissimo" a tutti, come sottolinea l'economista Daniel Gros sul Corriere della Sera. Strada questa che non agita il potente ministro dell'Economia tedesco Wolfgang Schauble, convinto che l'euro possa sopravvivere comunque, ma che con le sue ricadute sui creditori tedeschi potrebbe segnare la fine politica della cancelliera Merkel, contraria persino alla ristrutturazione del debito di Atene.

Battaglia aerea tra caccia Inquietante (per l'Italia)

L'F-35 sconfitto in battaglia da un caccia di 25 anni fa




Ah quando si dice l'usato sicuro. meglio, spesso molto meglio, degli ultimi ritrovati della tecnologia che si rivelano dei flop. Come i caccia F-35, di cui l'Italia ha acquistato 90 esemplari. E che, come riporta il Daily Mail, si sarebbe rivelato assai poco adatto ai combattimenti aerei ravvicinati con altro apparecchi. "La più costosa arma da guerra della storia americana, durante un test di 'dogfight' (combattimento aerea a vista testa a testa) sull'Oceano Pacifico vicino alla base Edwards in California si è rivelato troppo lento" rispetto al più collaudato F-16, un caccia diffuso in tutto il mondo e vecchio ormai di 25 anni. La simulazione ha visto i due caccia scontrarsi a distanza ravvicinata tra i 3mila e i 10mila metri di quota. Nello scontro i piloti hanno cercato di abbattersi a vicenda, ovviamente senza utilizzare armi vere.

Al termine, il report del pilota dell'F-35 non lascia molto spazio all'immaginazione: "Il jet - ha scritto - si è dimostrato completamente inadatto al combattimento ravvicinato" ed ha "problemi aerodinamici". Il caccia, infatti, alza troppo lentamente il muso durante il combattimento, un particolare che rende difficile colpire l'avversario in volo. Non solo. L'F-35 è anche "troppo ingombrante per evitare di farsi colpire". Certo, l-F35 è fatto per essere "invisibbile" ai raadar e quindi di fatto introvabile. Ma è anche vero che un caccia è fatto, oltre che per colpire obiettivi al suolo, anche per scontrarsi con altri aerei...

lunedì 6 luglio 2015

Renzi umiliato con il trionfo del No E i padroni d'Europa lo esiliano

Grecia, la vittoria del No al referendum è la sconfitta di Matteo Renzi: schierato con il Sì e la Merkel, snobbato dall'Europa




A guardare il panorama politico italiano, con il trionfo del No al referendum greco sembra che abbiano vinto tutti. Passi per i compagni di Sel in trasferta lampo ad Atene, o per i grillini in piazza Syntagma a esultare con i greci, ora anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi prova in qualche modo a ritagliare la sua vittoria: "Io lo avevo detto". Davanti al risultato ormai conclamato, racconta un retroscena su La Stampa che già Renzi avesse già dimenticato il suo coraggiosissimo abbraccio ad Angela Merkel di una settimana fa: "Non sono per niente stupito, avevo scommesso con Lotti ch il no avrebbe vinto 70 a 30" e la motivazione fa anche amaramente ridere: "La posizione del Sì era debole". Solo non conoscendo la grande considerazione che il premier ha di sè si potrebbe pensare a un'autocritica responsabile e autorevole. Renzi ha preso una posizione radicalmente opposta a Tsipras, tanto da incassare le critiche durissime di uno dei consiglieri del dimissionario ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, che lo aveva definito: "Un folle nel prendere posizione con la Merkel, come se l'Italia - diceva l'economista - fosse già fuori dalla crisi come la Germania". Renzi prova a fingere di non ricordare come aveva quasi snobbato il voto greco di domenica scorsa, anzi aveva parlato di "errore" e della necessità di "buonsenso". Per lui il pericolo del terrorismo islamico doveva avere priorità anche nei confronti dell'imminente uscita dall'euro della Grecia, non proprio così lontano e diverso dall'Italia. Non ci ha visto proprio lungo.

Isolato - Per avere la cifra di quanto pesi il governo italiano negli equilibri europei, basta vedere l'agenda dei capi di stato Ue di oggi. Poco dopo l'apertura di Piazza Affari, Renzi incontrerà il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Nella stessa giornata, la cancelliera tedesca Merkel volerà a Parigi per parlare con il presidente francese Francois Hollande. E Renzi? Si aggiornerà dalle agenzie di stampa su quel che avranno deciso i due e forse li incontrerà, con tutti gli altri paesi dell'eurozona, martedì 7 luglio.

Berlusconi sfida i magistrati "Ci vediamo in tribunale"

Processo escort, Berlusconi torna in tribunale




Silvio Berlusconi sarà presente a Bari venerdì 10 all’udienza del processo escort, in qualità di testimone ma, peraltro, potrà avvalersi della facoltà di non rispondere. Lo hanno fatto sapere i suoi avvocati ai giudici della Seconda sezione del Tribunale penale barese che hanno così revocato l’accompagnamento coatto.

Il provvedimento era stato adottato nell’ultima udienza del giungo scorso dopo che l’ex premier, citato da alcune delle parti, non si era presentato adducendo motivazioni diverse. Il processo, contro l’ex imprenditore sanitario barese Gianpaolo Tarantini ed altri sei imputati, riguarda diversi titoli di reato, dall’associazione a delinquere finalizzata a induzione e favoreggiamento della prostituzione, relativi alle numerose ragazze coinvolte nelle feste e nelle cene presso le residenze dell’ex premier, tra il 2008 e il 2009. Berlusconi, imputato in procedimento connesso - la vicenda Lavitola-Tarantini con una ipotesi di reato relativa ad induzione di un teste a mentire ai giudici - aveva già notificato ai giudici che si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere.

Grecia, il 20 luglio il terremoto: verso il default. La guida: come difendere i vostri risparmi

Grecia, il 20 luglio il terremoto: verso il default. La guida: come difendere i vostri risparmi




Forse non si può parlare a pieno titolo di "crisi di panico", ma quella vissuta dalle Borse europee all'indomani della vittoria del "no" nel referendum greco è una giornata di passione: pesanti  flessioni su tutti i listini, Milano tra i peggiori, tracollano i bancari, esposti verso Atene ed i suoi istituti. In parallelo, va da sé, torna a salire lo spread. Il punto, però, è che con assoluta probabilità il peggio deve ancora venire. Il referendum, certo, è uno spartiacque importante, il risultato dà una scossa all'Europa. Ma il vero "D-Day" è fissato per il 20 luglio, giorni in cui scadranno i titoli del debito greco per 3,5 miliardi di euro, ai quali si devono aggiungere 750 milioni di cedole. E' il debito contratto dalla Grecia con la Bce, e se non verrà saldato sarà tecnicamente default. Fino a quel giorno Atene, la Troika e i leader europei continueranno a trattare, una trattativa difficile, con pochi spiragli. Senza accordi, dopo il 20 luglio, sarà il "diluvio": default del Paese ellenico e progressivo addio all'euro.

Guida per la salvezza - Considerando ciò che già oggi, lunedì 6 luglio, sta accadendo sui mercati, è bene che si pensi a come affrontare la probabile e ben più drastica crisi. In breve, le dritte: ridurre con decisione le azioni in portafoglio, limitare titoli di Stato e le obbligazioni societarie in euro, investire il ricavato nelle valute estere (non soltanto il dollaro), in oro e nei titoli governativi a stelle e strisce. Sono questi, in sintesi, i migliori strumenti per difendere il nostro portafoglio. Gli esperti, però, avvertono: evitate scelte emotive, non fatevi prendere dal "panic selling", e a meno che abbiate una profonda esperienza di mercati e affini, prima di agire, consultate il vostro consulente finanziario.

Differenziare il portafogli - Per quel che concerne Piazza Affari - che si stima possa perdere da oggi fino al giorno del crac ufficiale di Atene anche più del 10% - la prima raccomandazione è di ridurre al minimo la quota di azioni, vendendo in primis i titoli della zona euro. Per quel che concerne invece la componente obbligazionaria del portafogli, è bene incrementare il peso dei fondi monetari e degli Etf in dollari Usa, in franchi svizzeri, in renminbi cinesi e in corone norvegesi. Inoltre potrebbe essere un'idea vincente investire una piccola porzione del portafogli in dollari australiani, dollari canadesi e sterline. Per rendere più solido la propria posizione, inoltre, è valida l'idea di riservare una quota pari al 5% a Etf in oro, e un altro 5% in Etf o fondi legati ai Treasury degli Stati Uniti.

Una soffiata non per tutti -  Infine, una dritta per gli investitori più esperti, che muove da una premessa: nei giorni di Grexit, i fondamentali macroeconomici europei, statunitensi e asiatici non sono mutati. Di conseguenza, le ragioni che hanno spinto ad inizio anno a preferire le Borse della zona euro restano solide. In ottica speculativa, dunque, più gli indici delle piazze di Eurolandia scenderanno, più ci saranno occasioni di acquisto da sfruttare e a prezzi scontati (i capitali non fuggono, ma si spostano). Non a caso, parecchie case d'investimento internazionali - da Barclys a Ubs, da Russell Investmetns a SocGen - spiegano che restano valide almeno per i prossimi 6-12 mesi le ragioni per favorire l'azionariato euro. Chi riuscirà a comprare sui minimi - ai quali si arriverà nei prossimi giorni, e in particolare nei giorni adiacenti al 21 luglio - potrebbe strappare rendimenti del 10-15 per cento.

REFERENDUM PURE DA NOI Fronte Meloni-Salvini-Grillo Attacco alla moneta unica

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Beppe Grillo: "Ora referendum sull'euro anche in Italia"




Vince il "no" in Grecia, e la "voglia di referendum" invade l'Italia. Almeno una (grande) parte d'Italia. Matteo Renzi aveva derubricato (improvvidamente) la consultazione ellenica a "minor pericolo rispetto all'Isis", ergo per il premier questo voto è soltanto una barzelletta. Ma per le opposizioni il referendum di Atene è qualcosa di storico, di importante, di decisivo. Apre le danze Giorgia Meloni, che intervista da Il Tempo attacca: "Il voto greco dice basta all'Ue degli strozzini, dei creditori, degli egoismi nazionali di pochi che piegano la sovranità di molti. Riprendiamoci la nostra sovranità e diciamo no agli interessi di pochi capi di Stato". Insomma: "Referendum anche in Italia". Al coro si unisce, subito, anche Matteo Salvini, che da tempo insiste per una consultazione: "A prescindere dal risultato, l'Europa deve cambiare trattati e moneta. La vittoria del no è uno schiaffone agli europirla che ci hanno portato alla fame". Infine Beppe Grillo, il leader di quel M5s che del referendum sull'euro ha fatto uno dei suoi capisaldi. In diretta da Atene, ai microfoni de La7, ha tuonato: "Nessuno ci ha chiesto se volevamo entrare nell'euro. Noi vogliamo chiedere ai cittadini se ci vogliono restare". Il fronte italiano del referendum cresce, si allarga. Meloni, Salvini e Grillo: un trio che se trovasse compattezza e unità politica sul punto (in attesa di un segnale anche dalla Forza Italia di Silvio Berlusconi) potrebbe puntare in alto, molto in alto.

L'indiscrezione sul super-partito: Meloni-Grillo-Salvini tutti insieme?

Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Beppe Grillo: la pazza idea del partito contro l'Europa che potrebbe sbancare alle politiche




Così lontani, così vicini. Vicini idealmente, e fisicamente. Beppe Grillo nel giorno del referendum sarà in piazza ad Atene, forse anche Giorgia Meloni. Matteo Salvini invece no, ha detto che preferisce passare un giorno con sua figlia, ma idealmente sarà al fianco di Beppe e Giorgia nella lotta anti-euro che ha sposato in toto. Giorgia, Matteo e Beppe, dunque. Un tris d'assi in grado di sbancare: messi insieme, con buona probabilità, in caso di elezioni potrebbero trionfare (e senza Forza Italia). Un tris d'assi, con parecchie divergenze ma forse con ancor più punti di contatto politico, che un giorno, si dice, si pensa, potrebbe trasformarsi in una vera coalizione elettorale. La strada è lunga, tortuosa, forse impraticabile (soprattutto in considerazione delle resistenze dei grillini ad ogni tipo di apparentamento). Eppure, questo raduno nella piazza greca, sembra in un qualche modo certificare la nascita del fronte anti-europeista italiano. Un fronte che, carta alla mano, potrebbe fare incetta di voti (il M5s viene accreditato di un abbondante 20%, la Lega veleggia intorno al 15%, Meloni e Fratelli d'Italia poco sotto al 4%). Un fronte, insomma, che potrebbe vincere. Anzi, stra-vincere.

OCCHIO ALLA CANCELLIERA Colpirne uno, educarne 100 Merkel, la minaccia all'Italia

Referendum greco, il principio di Angela Merkel: colpirne uno per educarne cento (e soprattutto l'Italia)




Nella tragedia greca, dopo qualche iniziale e pallido entusiasmo per Alexis Tsipras, Matteo Renzi si è schierato senza indugi al fianco di Angela Merkel e a sostegno del fronte rigorista, uscito sconfitto dal referendum in cui ha trionfato il "no". Certo, pur essendo doveroso stigmatizzare i comportamenti della Grecia - un paese che non onora i suoi debiti -, schierarsi così apertamente al franto della Cancelliera è un'operazione improvvida. In primis perché è un comportamento acritico nei confronti di una Ue che in queste drammatiche settimane ha dimostrato di non essere un insieme omogeneo di stati, ma una sorta di mega-Stato governato dalla cancelleria di Berlino. Inoltre perché, così facendo, Renzi non ha fatto altro che confermare il fatto che l'Italia altro non sia che una colonia dei tedeschi. Inoltre il premier, che sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua carriera politica, inchinandosi a Frau Merkel ha pensato alla possibilità di ottenere l'appoggio di Berlino per poter restare così presidente del Consiglio, il più a lungo possibile.

Il principio - Peccato però che alla Merkel, di Renzi, poco interessi. Certo, può essere un discreto argine contro il crescente fronte anti-europeista italiano capeggiato da Matteo Salvini, ma la verità è che in caso di difficoltà, la cancelliera, non ci penserebbe più di un secondo prima di schiacciarci sotto al suo tacco, così come sta facendo con la Grecia. E questo, Renzi, non lo ha capito: nel momento storico della Ue in cui più che in ogni altra occasione avrebbe dovuto "martellare" per sottrarsi ai diktat tedeschi, altro non ha fatto che allinearsi a quegli stessi diktat. La crisi greca, insomma, non è stata sfruttata per ridisegnare le politiche europee. L'unico risultato dei disastri di Atene, nonostante il referendum, è stato quello di rendere ancor più potente la Germania. E anche questo, Renzi, stenta a comprenderlo. Come stenta a comprendere il fatto che la Grecia, per la Merkel e il fronte rigorista, debba fungere da monito per chi, un giorno, potrebbe fare la stessa fine di Atene (prima Spagna, poi Italia). La Merkel, in buona sostanza, ci sta facendo vedere come, un giorno, lascerebbe morire l'Italia travolta da un ipotetico default. Lo sta facendo con la Grecia: colpirne uno per educarne cento. Renzi, però, finge di non comprenderlo (o forse non lo ha compreso veramente). E non ha fatto nulla, zero, nisba, per cambiare quello che potrebbe essere il funesto destino del nostro Paese.

COSA SUCCEDE ORA IN GRECIA Verso il default: le conseguenze

Grecia, cosa succede con la vittoria del "no": Alexis Tsipras vuole trattare, ma lo scenario più probabile è quello del default




In Grecia vince il "no", il popolo ellenico boccia le misure di austerità proposte dalla Commissione europea per rispettare gli impegni con i creditori. E adesso, che succede? Partiamo dal nostro orticello, dall'Italia: di sicuro domani, lunedì 6 luglio, sarà una giornata di passione in Borsa e di passione anche per lo spread. Il timore è che la giornata si trasformi poi in settimane, o peggio in mesi di terrore (uno scenario che accomuna tutte le economie di Eurolandia, ma quelle di Italia e Spagna su tutte, poiché si tratta dei Paesi più esposti alla possibile ondata speculativa). Però, al di là di quelle scontate e macroscopiche, le conseguenze per il nostro "orticello" sono ancora tutte da vedere, poiché come ha detto mister Bce, Mario Draghi, con la vittoria del "no" in Grecia si entra in un territorio inesplorato.

Tsipras vuole trattare - Anche per gli ellenici, va da sè, il territorio è inesplorato. Restano però alcune certezze in più. Ora Alexis Tsipras, che ha vinto la sua battaglia per il "no", non si dimetterà (come invece con assoluta probabilità avrebbe fatto con il "sì"). Ora la sua posizione è un poco più forte: ha la legittimità del popolo, anche se l'investitura popolare, davanti al fronte rigorista europeo capeggiato da Angela Merkel (sconfitta, per ora), potrebbe servire a poco. Tsipras ora tenterà di riprendere i negoziati con i creditori per ottenere un nuovo accordo, da una posizione, appunto, "rafforzata" dal mandato degli elettori. Lo ha confermato subito, appena la vittoria del "no" era chiara, chiedendo contestualmente nuova liquidità alla Bce. Il territorio in cui si dovrà muovere il premier ellenico, però, è assai ostile: Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, ha detto che in caso di vittoria del "no" la Grecia dovrà emettere una divisa parallela (ma la Grecia ha subito affermato che non è sua intenzione farlo).

Verso il default - Bruxelles, insomma, potrebbe non riaprire le trattative, spingendo de facto la Grecia fuori dall'euro (con buona pace della Merkel, che disse che Atene fuori dalla moneta unica equivale alla "sconfitta dell'euro", una frase alla quale, forse, non crede neppure lei). Lo scenario più probabile, in definitiva, è quello del default greco nei confronti della Bce, cui deve 3,49 miliardi in scadenza il 20 luglio. Di fronte all'insolvenza di Atene, l'Eurotower sarà costretta a interrompere i finanziamenti di emergenza che fino ad oggi hanno tenuto in piedi le banche (in totale, fanno 89 miliardi di aiuti dall'agosto scorso). Per la Grecia, dunque, il rischio è un collasso del sistema bancario e una profonda, forse insostenibile, crisi di liquidità.

Euro addio? - L'uscita dall'euro, comunque, non è automatica in caso di vittoria del "no". Quest'ultima, come detto, è adesso l'ipotesi più probabile: anche nel caso (improbabile) in cui riprendessero i negoziati (in un clima ancor più avvelenato rispetto a una settimana fa), è difficile immaginare che si possano raggiungere dei risultati, anche perché di risultati, negli ultimi 5 mesi, non ne sono stati raggiunti. Dunque, in caso di default, il governo greco per sopravvivere e per fronteggiare la crisi di liquidità, sarebbe costretto ad emettere una divisa parallela: solo a questo punto, anche a lato pratico, Atene inizierebbe l'irreversibile processo che la condurrebbe fuori dalla moneta unica e a riabbracciare la dracma. Un territorio, quest'ultimo, ancor più inesplorato del "territorio inesplorato" a cui ha fatto riferimento Draghi.

domenica 5 luglio 2015

IN GRECIA TRIONFA IL "NO" La rivolta degli schiavi contro la Ue, umiliata Angela Merkel: ecco le cifre

Referendum greco, vince il "no": incerto il futuro del Paese, dell'euro e dell'Unione europea




La rivolta degli schiavi. Al referendum greco si delinea un trionfo del "no": il popolo, umiliato per anni dall'Europa, boccia la proposta dei creditori dell'Unione Europea. Alexis Tsipras vince la sua personalissima sfida, anche se da oggi il futuro del Paese pare più precario che mai, a partire dalla permanenza nella moneta unica. Dopo le indiscrezioni del Financial Times e gli exit poll delle tv di Stato, il risultato pare netto: con oltre il 35% delle schede scrutinate, spiega il ministero dell'Interno, il "no" è in vantaggio con il 61% dei voti, mentre il "sì" è inchiodato al 39 per cento. Nella sede di Syriza, partito del premier ellenico, è già iniziata la festa (mentre Tsipras sarebbe pronto a partire alla volta di Bruxelles). Non altissima l'affluenza della consultazione, al 65%, percentuale pari a quella delle elezioni dello scorso febbraio. Ora, come ha detto Mario Draghi qualche giorno fa, si entra in un territorio inesplorato. Con assoluta probabilità, prima del definitivo default e dell'addio alla moneta unica (che la Grecia, ha fatto sapere il portavoce del governo, vorrebbe evitare), si tenterà un'ultima trattativa, al quale la Grecia arriverà rafforzata dal voto del popolo. Tsipras ha subito confermato di voler trovare un nuovo accordo, chiedendo contestualmente alla Bce nuova liquidità. Di sicuro, per ora, c'è che Angela Merkel ha perso la sua sfida: aveva scommesso tutto sul "sì", ma la scommessa è stata persa. La paura, ad Atene, è che la "vittoria" al referendum, però, sia destinata a restare soltanto una vittoria simbolica.

LA GRECIA SE NE VA DALL'EURO Exit-poll, risultato bomba: le cifre

Referendum greco, exit poll del Financial Times: il "no" al 52%, il "sì" al 48%. Anche per la tv greca in vantaggio il "no"




Niente di ufficiale. Dati ufficiosi. Ma le fonti sono assai autorevole: niente meno che il Financial Times, e successivamente le televisioni. Si parla del referendum greco (le urne sono state chiuse alle 18 ora italiana). Il FT, poco prima delle 18, ha sparato in apertura del suo sito un exit poll "informale" sul voto degli ellenici. Il risultato: il 52% avrebbe votato "no", il 48% invece "sì". Secondo l'autorevole quotidiano finanziario, dunque, sarebbe in vantaggio il fronte anti-europeista, capeggiato da Alexis Tsipras, che vuole respingere l'ultima offerta dei creditori. Dati confermati dalle 18 in poi anche dalle emittenti greche: per Mega Tv il "no" è in vantaggio al 51,5%, mentre per MRB il "no" sarebbe addirittura tra il 49 e il 54 per cento. Si tratta solo di exit poll, ma se questo fosse il risultato, le conseguenze per l'euro e per l'Europa sarebbero davvero imprevedibili (di sicuro, o quasi, c'è il fatto che Atene uscirebbe dalla moneta unica per tornare alla dracma). Gli exit poll, comunque, confermano che il testa a testa sarà serratissimo.

Affluenza - Per inciso, il referendum greco è valido: è stato superato il quorum del 40%, l'annuncio lo ha dato il ministero dell'Interno di Atene. L'affluenza, comunque, è stata molto più bassa del previsto: si è recato alle urne il 65% degli aventi diritto. Si tratta dello stesso dato registrato alle elezioni politiche di gennaio da cui è uscito vincitore Tsipras.

Caivano (Na): Francesco, 16 anni, è volato in cielo. Leucemia. Ancora Leucemia canaglia

Caivano (Na): Francesco, 16 anni, è volato in cielo. Leucemia. Ancora Leucemia canaglia



di Padre Maurizio Patriciello



Padre Maurizio Patriciello
Parroco Anti-Camorra
Parroco Anti-Roghi

Francesco, 16 anni, è morto. Leucemia. Ancora. Ancora leucemia canaglia che strappa la vita ai giovani. Non è giusto. Occorre continuare a combattere la battaglia faticosa e nobile che tanti vorrebbero mettere a tacere. Francesco si aggiunge alla grande schiera di bambini, adolescenti, giovani genitori che abbiamo visto soffrire e morire senza poterli aiutare. Riposa tra le braccia di Dio, ragazzo. Invitiamo i medici di famiglia e gli ospedali campani a dirci le cose come stanno. Senza paure e senza infingimenti. Vogliamo che la politica si faccia avanti e si prenda le sue responsabilità. Non spetta a noi dare risposte. Noi non siamo scienziati. A noi spetta metterci accanto a chi soffre e amplificare la sua voce. Noi ci siamo. Ci saremo ancora. Tutti insieme dobbiamo porre fine a questo scempio. Ai genitori di Francesco la nostra solidarietà. La nostra vicinanza. Il nostro affetto. 

Stangata sulle ricariche telefoniche Ci sarà una bolletta in più / le cifre

Ricariche telefoniche, ci sarà una bolletta in più




E' una tredicesima al contrario quella che si sono inventati gli operatori mobili italiani. In sostanza ci sarà una bolletta in più all'anno per gli utenti: Tim, Vodafone e Wind, riporta Repubblica, sono passati infatti a offerte ricaricabili che hanno canoni ogni quattro settimane, 28 giorni, invece che una volta al mese. Ergo, si pagherà l'8% in più: 13 mensilità all'anno, appunto. Di più. Tim applicherà la trovata nono solo alle nuove tariffe ma anche a chi ha già un contratto. Che in questi giorni riceverà il seguente sms: dal 2 agosto, addebiti ogni quattro settimane invece che una volta la mese.

Per addolcire la pillola Tim regala tre mesi di telefonate gratis la domenica. Tim Special Start passa da 600 a mille minuti e da 1 a 2 GB di internet, sempre a venti euro. I minuti di Tim sono senza scadenza, cioè quelli non consumati sono cumulabili nei mesi successivi (caso unico nel mercato italiano).

Nessuna consolazione per gli utenti da parte di Wind e Vodafone. Con Vodafone, avere 500 minuti e 1 GB prima costava 15 euro al mese; adesso lo stesso prezzo ogni quattro settimane dà 400 minuti, 100 sms e 1 GB. Si può rimediare con la Summer Card: 2 GB al mese per tre mesi a 10 euro. Dopo i tre mesi, i 2 GB costano 10 euro ogni quattro settimane.

La All Inclusive di Wind passa da costo mensile a quadri-settimanale lasciando il resto invariato: 12 euro, 500 minuti, 500 sms, 1 GB. Il canone della All Digital scende  però di 2 euro col passaggio a quadri-settimanale (500 minuti, sms illimitati, 2 GB; con l' impegno di usare solo i canali digitali di contatto con l' operatore).

Per legge, c'è il diritto alla disdetta gratuita in caso di rimodulazioni della tariffe. "Queste rimodulazioni le fanno sempre in piena estate, quando forse c' è meno attenzione da parte degli utenti", fa sapere Marco Pierani, responsabile rapporti istituzionali di Altroconsumo. 

Atene, Mykonos, Santorini: case in saldo Quanto costano ora gli appartamenti

Atene, Mykonos e Santorini: dove le case costano la metà


di Tobia De Stefano 


Da mesi ormai gli avvoltoi volano intorno a quel che resta della carcassa greca. E appena trovano un altro pezzetto aggredibile ci si fiondano addosso senza pietà. E così dopo aver banchettato a più non posso con la parte finanziaria (azioni, obbligazioni, titoli di Stato ecc.) pregustano altri lauti pranzetti da consumarsi grazie agli appartamenti e alle ville vista mare di città e isole elleniche. Non che le opportunità fino ad oggi fossero mancate, dall' inizio della crisi il mercato immobiliare si è svalutato tra il 30 e il 50%, ma in vista del referendum che rischia di decretare l' uscita dall' euro i prezzi in dracma potrebbero ridursi almeno di un altro 40%. Questi numeri, elaborati dagli esperti di Casa.it, partono da un presupposto.

Un conto sono le città, in primis Atene, dove i prezzi al metro quadrato oggi sono ai minimi degli ultimi 20 anni. Un altro le isole, Cicladi su tutte, dove c' è stato un taglio ma non così netto e soprattutto più differenziato. «Nei quartieri di maggior pregio della capitale - spiega il centro studi di Casa.it -, come nella zona di Kolonaki, i prezzi degli appartamenti non superano i 4 mila euro al metro quadrato. Più le case sono spaziose, oltre i 200 metri, più il prezzo si abbassa. Nel quartiere tipico di Plaka, gli appartamenti hanno prezzi variabili dai 1.000 ai 1.500 euro, dipende dallo stato di fatto. Mentre nella zona vicino all' Acropoli le case di pregio non arrivano a toccare i 3.000 euro. Si tratta di abitazioni inserite in palazzi storici paragonabili, per fare un esempio, a quelli della zona Monti-Magenta a Milano, dove i valori sono 3-4 volte superiori».

Insomma, nelle zone centrali di Atene non si fa difficoltà a trovare appartamenti in buono stato venduti intorno ai 10 mila euro dalle famiglie strozzate dalla crisi. Mentre il super-affare diventa meno semplice se si approda nelle isole. A Santorini, Naxos, Rodi, Paros ecc il mercato immobiliare è collassato in media del 30% rispetto ai valori del 2008 (tutti i dati sono nella tabella). Ma l' occasione dipende molto dalla zona e dalla tipologia di immobile. «Nelle isole più famose delle Cicladi - continua il centro studi -, ci sono delle differenze importanti fra il prodotto medio e il prodotto di pregio. Basta prendere le ville vip di Mykonos o Lindos (Rodi) che sono state realizzate negli ultimi dieci anni con piscine a sfioro e la vista sulle baie, per rendersi conto che i prezzi (almeno quelli di partenza ndr) superano ancora oggi nel 90% dei casi il milione di euro. Il costo al metro quadro si può stimare che arrivi anche a toccare i 5.000 euro, ma si tratta delle punte massime, mentre nella media le valutazioni top arrivano ai 3.500 euro. Poi ci sono gli appartamenti che sono meno ricercati soprattutto dagli acquirenti stranieri e costano almeno 1.000 euro in meno al metro quadrato».

Qualche esempio? A Mykonos un' abitazione nuova o ristrutturata fronte mare oscilla tra i 2.000 e 3.800 euro al metro quadrato e nelle zone interne la forchetta è tra i 900 e i 1.900 euro. Insomma, il 27,8% in meno rispetto ai massimi del 2008 e in flessione del 2,8% sul maggio del 2014. Mentre a Santorini tra il 2014 e il 2015 i prezzi sono calati del 4,4% e a Samos addirittura del 5,3% che diventa 35% se si amplia l' arco temporale ai massimi del 2008.

Così, vista la tendenza ormai consolidata aumentano gli speculatori che guardano con interesse alla vittoria del «no» e a un possibile ritorno alla dracma. Un «affare» che potrebbe risvegliare anche l' interesse sopito degli italiani. La nostra isola preferita è Creta (dove in tanti hanno preso la residenza), ma nonostante i prezzi da saldo lo scorso anno solo il 9% delle famiglie del Belpaese che ha deciso di comprare una casa all' estero ha scelto di fare acquisti in Grecia. Magari avevano visto lungo e sapevano che l' immobiliare ad Atene e dintorni aveva ancora ampi margini di decrescita.

OGGI REFERENDUM IN GRECIA Voto in bilico, perché l'Italia vince

Grecia, oggi si vota sull'Europa: sì o no cosa succede




Si sono aperti stamattina domenica 5 luglio i seggi in cui 10.837.118 greci decideranno del loro futuro (e forse dell'Eurozona) votando al referendum indetto da Alexis Tsipras su quella che era l'ultima proposta dei creditori, Bce-Ue-Fmi e Esms di altri 15,5 miliardi di aiuti prolungati fino a novembre. Offerta che il premier e il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis hanno voluto, bollando l'offerta, alternativamente, come "un insulto" o "un ricatto" al popolo greco, salvo poi provare a rilanciare trovandosi di fronte al rifiuto della maggioranza dei partner, Anegla Merkel in primis. I seggi si chiuderanno alle 19 locali (le 18 in Italia) e primi risultati si conosceranno tra le 20 e le 21 (le 19 e le 20 in Italia).

Ma cosa succederà se vince il no o se vince il sì? "Se vincerà il sì", scrive Carlo Pelanda su Libero in edicola oggi, "il governo Tsipras dovrà dimettersi e l' eurosistema concederà alla Grecia un regime provvisorio di aiuto e, alla fine, un accordo sistemico premiante". In sostanza, il sì eviterebbe a tutti i Paesi dell'Ue la cura da cavallo per tenere in vita l'euro, che per l'Italia sarebbe il commissariamento. 

La vittoria del no, scrive Ugo Bertone su Libero, "potrebbe coincidere con un fulminante Ko dell'euro e della finanza dell' area Ue. Per le Borse del vecchio Continente, secondo Goldman Sachs, la perdita sarà di dieci punti percentuali. Per i titoli del debito dell' Eurozona, la perdita iniziale sarà altrettanto violenta: lo spread del Btp decennale nei confronti del Bund tedesco potrebbe salire di 200-250 punti, per un rendimento del 3% o qualcosa di più". Il default di Atene sarà certamente una "mazzata per le finanze pubbliche", "poco meno i 40 miliardi per l' Italia". Ma "si tratta di cancellare crediti sulla carta che la Grecia, sia che vinca il sì oppure il no, non riuscirà a ripagare. È per questo che, per paradosso, la vittoria del no potrebbe essere un buon affare".

LE DIMISSIONI DI FRANCESCO C'è la data di "scadenza" del Papa

Papa Francesco: "Non esistono leader a vita". L'ipotesi delle dimissioni




Alle frasi che fanno discutere e riflettere, Papa Francesco, ci ha abituato. Con l'ultimo suo pensiero il pontefice ci mette in guardia dalla tentazione di sentirsi indispensabile: "Lo Spirito Santo - ha spiegato - è l'unico di cui non si può fare a meno". Ma soprattutto ha aggiunto: "Non esistono leader a vita, si scade anche nella Chiesa". Una frase, quella di Francesco, che ha immediatamente rilanciato l'ipotesi che Bergoglio, un giorno, possa fare come Ratzinger: un passo indietro, dimettersi. Lo spiega lui stesso, indirettamente, ma senza giri di parole: "Nessuno è indispensabile", "neppure nella Chiesa".

Le prese di posizione - Per inciso, questa è soltanto l'ultima frase di Francesco che sembra avallare l'ipotesi delle sue dimissioni. Si pensi che nel luglio 2013, sul volo di ritorno da Rio, affermò: "Quando Benedetto XVI ha dato le dimissioni, è stato per me un esempio. Un grande", affermò con enfasi. Dunque si passa all'agosto 2014, quando sul volo di ritorno dalla Corea spiegò: "Il Papa emerito è già un'istituzione. Se un giorno non me la sentissi di andare avanti farei lo stesso". Dunque si arriva all'ultima, e già citata, frase: "Tutti i servizi nella Chiesa è conveniente che abbiano una scadenza e che non ci siano leader a vita", frase pronunciata in occasione del Rinnovamento dello spirito. Frase che scalda, eccome, la pista che conduce dritta dritta al passo indietro di Francesco, che potrebbe arrivare nel momento in cui il Pontefice reputerà esaurito il suo mandato.

La rivolta delle librerie contro Schettino: "Il suo libro qui noi..."

A Livorno la libreria anti-Schettino




Sta facendo il giro di tutti i siti la foto della libreria di Livorno che "non vende il libro di Francesco Schettino". La titolare, Cristiana Ricci, proprietaria insieme al padre della “Libreria Marradi”, spiega al Tirreno: “Sarebbe bello se ogni libreria indipendente si assumesse la responsabilità di non vendere il libro di Schettino come abbiamo fatto noi, magari a partire da quelle di Livorno, sarebbe un segnale di solidarietà alle famiglie delle vittime sappiamo che le grandi catene dipendono dalla sede centrale, ma tutte le altre librerie in Italia potrebbero scegliere e mettere un cartello come noi”. 

Schettino ha appena scritto Verità sommerse, il libro sul naufragio della Costa Concordia per il quale è l'unico imputato, in quanto ex comandande. Ha presentato il libro a Sorrento e farà altre tappe. Ma per fortuna, in mezzo a tante persone che gli chiedono l'autografo, c'è anche qualcuno di buon senso che dice "no". 

L'ultimo insulto della Mannoia, stavolta ce l'ha con gli italiani: "Sono tutti senza..."

Immigrati, Fiorella Mannoia contro gli italiani: "Sono senza pietà"




L'immigrazione è un problema internazionale, ma Fiorella Mannoia punta il dito contro gli italiani che secondo lei non sono accoglienti. In un'intervista a Letteradonna.it la cantautrice, durante il Festival letterario Caffeina, a Viterbo, parla degli sbarchi. "Ora stiamo affrontando una situazione drammatica, un esodo biblico che non possiamo sostenere da soli. In qualche modo ci devono aiutare, altro che chiudere le frontiere. Quello che mi addolora di molti connazionali è la mancanza di pietà. Il problema c’è e va affrontato, ma non possiamo dimenticare la compassione che significa dividere il dolore degli altri in maniera sincera. Solo uniti ce la possiamo fare". 

Alcune settimane fa, anche Gianni Morandi aveva tenuto una posizione "buonista" sugli immigrati. Al suo post su Facebook era seguita la replica di Matteo Salvini su Twitter: "Se Gianni Morandi è così attento a esigenze di #immigrati, dia buon esempio: accolga, ospiti, mantenga e paghi di tasca sua!". 

OCCUPAZIONE NON PROLETARIA Dove Renzi passa i suoi weekend

Matteo Renzi trascorre i weekend romani in famiglia a Villa Doria Pamphilj


di Enrico Paoli 



Lunedì mattina, all’incirca all’ora di pranzo, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, riceverà a Villa Doria Pamphilj il presidente della Repubblica d’Angola, Josè Eduardo dos Santos. Tanti i temi da affrontare. In fondo il rapporto del nostro Paese con il continente africano non si limita alla delicata questione dell’immigrazione. Affari e business, petrolio e materie, è quanto si muove dietro le quinte.

E proprio dalle quinte del Casino Algardi, la splendida dimora che occupa il parco di Villa Doria Pamphilj, potrebbe spuntare direttamente il premier, senza dover attraversare la Capitale. Perché di lunedì mattina, con il tipico traffico caotico della città eterna nel primo giorno della settimana, andare da Palazzo Chigi a Doria Pamphilj è comunque un’impresa. Meglio essere già su posto. Secondo quanto rivelato dal quotidiano The New Yorker e raccontato da Panorama nell’edizione di questa settimana, il capo del governo avrebbe preso l’abitudine di trascorrere i week end con la famiglia all’interno di quella che la presidenza del Consiglio definisce la «sede di rappresentanza durante le visite di Capi di Stati e di Governo». La signora Agnese e figli preferiscono evitare il soggiorno a Palazzo Chigi dove il capo del governo, al terzo piano, dispone dell’appartamento di servizio, dotato di tutti i comfort. Del resto per chi aveva detto che non voleva «trasferirsi a Roma», preferendo «restare a Firenze» si tratta comunque di un ottimo compromesso. E poi vuoi mettere la pace e la tranquillità di Villa Doria Pamphilj con il caos del centro di Roma? Impagabile.

Il Casino dell’Algardi, «attualmente in uso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri» è una di quelle meraviglie che costellano la Capitale, e i romani che sono abituati ad andare a correre nei parchi (l’altro particolarmente gettonato è Villa Ada, sulla Salaria, dove hanno vissuto i Savoia e dove fu arrestato Benito Mussolini) sanno di cosa si tratta. Vedere ma non toccare. Le visite guidare, negli ultimi mesi, sono stata bloccate. L’attuale presidente del Consiglio, invece, preferisce toccare con mano invece di guardare e basta. Come fece Gheddafi in occasione della visita ufficiale in Italia che ottenne di gestire a proprio piacimento non solo il parco con la famosa tende ma anche l’interno della splendida villa d’ispirazione palladiana. La tenda da beduino che il leader libico Gheddafi piazzò nel parco della seicentesca villa Doria Pamphili fu il suo modo di dire al mondo che usanze e costumi possono essere diversi ma devono essere ugualmente rispettati. Il colonnello, ovviamente, dormì nella villa, occupando completamente la zona riservata a sede di rappresentanza del governo italiano.

Fortuna che non è toccata a Bettino Craxi. «Tangentopoli non era ancora scoppiata», racconta il sito dell’Associazione per Villa Pamphilj, che si batte per la tutela e la salvaguardia del complesso, «e quella fotografia, al centro dell’articolo pubblicato il 2 febbraio 1992 dal settimanale Panorama, diede origine ad una grande rivolta popolare: nella villa, nelle scuole, nei condomini, nei mercati rionali, nelle piazze dei quartieri immediatamente a ridosso passarono rapidamente i fogli della petizione che avevamo preparato e, in pochissimo tempo, raccogliemmo quasi 30.000 firme». Una raccolta che aveva un preciso obiettivo: impedire a Craxi di trasformare il Casino del Bel Respiro conosciuto come Villa Algardi in una sorra di numer «10 Downing Street» italiano. Una sollevazione popolare che indusse Craxi a ripiegare sull’ormai mitico Hotel Raphael, dietro Piazza Navona.

Allora furono le firme, oggi è una lettera aperta al governo a riaprire il caso Doria Pamphilj. «Gentile presidente questa è una lettera aperta su una grande bellezza romana che la riguarda». La villa è il Casino del Bel Respiro che (come si legge sul sito del governo «è detto anche dell’Algardi dal nome dell’architetto-scultore che ha curato la realizzazione, fu voluto dal Pontefice Innocenzo X Pamphilj che lo fece edificare a partire dal 1644 nel parco») ed è molto cara ai romani che vorrebbero tornarne in possesso». Lo Stato la acquisì dagli eredi Pamphilj tra il 1957 e il 1970 per il centenario di Roma Capitale, sottraendo il parco a una dissennata lottizzazione e la villa alla vendita al regno del Belgio che voleva farne la residenza dell’ ambasciatore. Poi il Casino dell’Algardi corse il rischio di diventare residenza personale del presidente del Consiglio. Alla fine vinse la mediazione e dal 1985 la villa è sede di rappresentanza della presidenza del Consiglio. «Come avrà saputo, presidente Renzi, il nuovo capo dello Stato ha affidato a una commissione di studiosi il progetto di apertura continuativa al pubblico del Quirinale. Sarebbe splendido se anche lei decidesse di restituire la villa dell’Algardi ai romani, fermo restando il suo uso nelle oggettivamente rare occasioni pubbliche». E se lo ha fatto il capo dello Stato...

sabato 4 luglio 2015

Salvini esplosivo, che siluro "Il Cav? Chi se ne fotte se..."

Matteo Salvini: "L'addio all'euro spaventa Silvio Berlusconi? Chi se ne fotte"




Sul Quotidiano Libero, in una lunga intervista, molto interessante, Matteo Salvini ha spiegato che al referendum greco voterebbe "no", voterebbe per il rifiuto delle condizioni imposte dalla Troika e, nei fatti, per l'addio all'euro, suo primo cavallo di battaglia. Certo, anche il segretario federale del Carroccio sottolinea come l'eventuale vittoria del "no" in Grecia avrebbe gravi conseguenze per l'Italia, conseguenze economiche stimabili in un impatto di circa 50 miliardi di euro. Una vera e propria montagna di soldi, che però, per Salvini, varrebbe la pena pagare: la sua, contro la moneta unica, è una lotta senza quartiere.

La battuta sul Cav - Una lotta sulla quale è tornato nel corso di un convegno a Milano, dedicato all'euro, appunto. Si è parlato di moneta unica. E di Silvio Berlusconi. Salvini si è detto "convinto" del fatto che le posizioni di Berlusconi sulla moneta unica, ora, siano simili a quelle della Lega Nord, che ormai da dodici mesi martella con la campagna per promuovere l'addio alla divisa. Ma dopo le parole "dolci", Salvini ha sparato contro il leader di Forza Italia. Qualcuno chiede al leghista se, forse, Berlusconi non è "spaventato" dalla prospettiva di uscire dall'euro. Tranchant e sprezzante la risposta: "Berlusconi si spaventa? Chi se ne fotte". Dunque Salvini ha concluso snocciolando il suo personalissimo punto di vista: "Sono convinto che Berlusconi ha capito, ma è circondato da persone che l'hanno spaventato".

Da Napoli alla Jihad peggio di Totò Il bestiario delle sciroccate convertite

Le intercettazioni di lady Jihad con la famiglia




La lavatrice, il trasloco, le mutande e i debiti. Ecco le intercettazioni delle telefonate, pubblicate sul Fatto, di Maria Giulia Sergio, lady Jihad, con la sorella, la mamma e il papà in cui si parla del trasferimento in Siria di tutta la famiglia. Dei dialoghi deliranti in cui i genitori esprimono qualche perplessità sull'andare alla guerra. 

M. Giulia: Mia suocera dice vi aspetta a braccia aperte.
Marianna (l'altra figlia): Inshallah.
Assunta: Digli però mia mamma è preoccupata che vuole portarsi tutte le cose che ha di là, come dobbiamo fare?
M. Giulia: Ma per questo mamma non c'è problema, poi adesso parlo io con Said (il marito albanese di Maria Giulia, Aldo Kobuzi, ndr).
Assunta: Pure i mobili mi porterei.
M. Giulia: No mamma, i mobili no.
Assunta: La corrente c'è lì?
M. Giulia: C'è tutto.
Marianna: C'è anche la lavatrice però a mamma la lavatrice gliela danno lo stesso? Perché è anziana?
M. Giulia: A mamma gli danno tutto io scrivo una lettera a Dawla Islamia, non preoccuparti.
Assunta: Allora facciamo i bagagli e andiamocene.
Marianna: Perché sai che mamma deve mettere sette otto lavatrici al giorno, come sempre no?

Marianna: Mamma è preoccupata per la biancheria, come fa? Io dico va beh partiamo solo con le mutande così mettiamo dentro tutte le lenzuola, tutte le cose, non lo so.
M. Giulia: Sì così, così sì.
Marianna: Partiamo solo con le mutande.

Assunta: La roba che ho qua, poi là devo fare l'eremita che non ho niente, neanche un asciugamano.
Sergio: Scusa come te li porti là, prima cosa, tieni un autotreno?
Assunta: E se io non mi trovo bene là? Io non posso fare marcia indietro.
Marianna: Ma che cosa non ti trovi bene?
Assunta: Che ne so io, qualsiasi cosa.
Marianna: Cosa... non ti piace il mangiare, non c'è il caffè? Devi avere un po ' di spirito di iniziativa, dai.
Assunta: Ehhh di iniziativa voglio vedere voi perché lei diceva mi mancano le mie esigenze quando era lì?
Marianna: Sì, perché tu hai detto a mamma mi mancano le mie abitudini ma io ho detto a mamma sicuramente le tue coccole.
Assunta: Pure a me mi mancheranno le mie abitudini, cosa faccio?
Marianna: Ma tu hai due figlie lì, lei era lì da sola.
Assunta: Non mi sento sicura di fare questo viaggio.
Marianna: Comunque, questa è opera di Satana e basta.
Assunta: È opera di Satana, non lo so di chi è l'opera.

Maria Giulia: Quando ti ho detto c'è il califfo la Hijra (l'emigrazione) è un obbligo... è obbligatorio. Coloro che non fanno Hijra nella (per) la terra dell'Islam pagheranno tutto nel giorno del giudizio con il fuoco dell'inferno, e con l'ira di Allah l'Altissimo... che Dio mi salvi... che Allah l'Altissimo ci preservi da questo destino infelice, speriamo nella preghiera. Non fare come gli ipocriti. Come quelli che dicono noi siamo musulmani ma non hanno l'islam nel cuore... fanno soltanto esercizio fisico... 5 preghiere al giorno e basta, ok? Ricordati mamma che quando sarai morta nessuno ti aiuterà, nessuno. Quando sarai morta il destino è già scritto, hai capito? Nessuno potrà aiutarti e non ci sarà perdono alcuno per coloro che hanno disobbedito a Allah l'Altissimo.
Assunta: Io se non mi trovo bene dopo con te me la prenderò perché tu mi hai costretta a venire.

M. Giulia: Ah ! Ascolta papà, parliamo di una cosa seria, pà ascolta pà, perché tu vai di nuovo, cos'hai deciso di andare a lavorare.
Sergio: Sì.
M. Giulia: Ma perché? Perché?
Sergio: Perché? Perché papà già cinque anni sono stato così, quattro anni e mezzo.
M. Giulia: Ma cosa devi fare, ma Subhana Allah (Lode ad Allah), cosa devi fare a lavorare per questi maledetti kuffar (miscredenti)?
Assunta in sottofondo: Digli che devi togliere i debiti che abbiamo.
Sì, sì, ho capito M. Giulia: Noi non possiamo stare in mezzo ai miscredenti maledetti.
Sergio : Sì, sì.
Maria Giulia: Noi dobbiamo venire qui, nella terra della Siria.
Sergio: Nella terra della Siria, sì...
M. Giulia: Dove c' è il califfo.
Sergio: Esatto, esatto.

NIENTE CARNE, BEVANDE, MEDICINE Isole greche al collasso, turisti in fuga

Allarme nelle isole greche: carne e medicine cominciano a scarseggiare




Carne e medicine cominciano a scarseggiare nelle isole greche perché i locali non hanno più soldi per pagare i fornitori stranieri; e dunque cominciano i primi problemi per i turisti che, sfidando il rischio default, hanno deciso di avventurarsi comunque nei mari ellenici.

Secondo il sito del quotidiano greco Kathimirini, in diverse isole delle Cicladi i turisti stanno già avendo i primi problemi. La Camera di Commercio locale ha chiesto al governo di prendere prov
vedimenti contro l'aggravarsi della situazione. Gli albergatori temono infatti di trovarsi presto a corto di determinati cibi e bevande e di dover addirittura chiudere i battenti. Il che vuol dire che, dopo il 2014 - anno record per affluenza turistica - il turismo quest'anno potrebbe subire una brusca battuta d'arresto.

E già si vedono i primi segnali: l'associazione delle aziende turistiche greche ha riferito che negli ultimi giorni le prenotazioni sono crollate del 30-40 per cento, ovvero, almeno 240mila turisti non si sono materializzati. 

ITALIA (QUASI) FUORI DALL'EURO Le cifre che terrorizzano l'Europa

Sondaggio, cosa voterebbero gli italiani al posto dei greci




Mentre la Grecia si prepara a votare al referendum promosso dal premier Alexis Tsipras l'Europa si spacca fra chi voterebbe no in accordo con il governo di Atene e chi invece direbbe sì all'Europa.

Ma come voterebbero gli italiani se fossero al posto dei greci? Secondo un sondaggio realizzato da Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera, la maggioranza (51%) voterebbe a favore delle misure imposte dall'Europa, pur di evitare il fallimento dell'Italia e l'uscita dall'euro, il 30% voterebbe no, col rischio di ritornare alla lira. Gli elettori del Pd (83%) e quelli centristi (67%) sono nettamente a favore del sì, mentre a favore del no sono gli elettori di Forza Italia (48%), del Movimento 5 Stelle (48%) e i leghisti (56%). Insomma, dal sondaggio emerge che solo una strettissima maggioranza degli italiani voterebbe per le misure imposte dall'Europa: cifre che preoccupano le istituzioni continentale e il fronte rigorista capeggiato da Angela Merkel. Inoltre, si evince che quasi un terzo del Belpaese vorrebbe subito tornare alla lira: un dato più che significativo.

Detto questo, la maggioranza degli italiani (53%) prevede che, al di là del referendum, la Grecia troverà un accordo con l'Ue mentre un italiano su tre (31%) è pessimista e ritiene che la Grecia alla fine fallirà e uscirà dalla moneta unica.

Gli italiani sono poi preoccupati dell'effetto domino che la crisi greca potrebbe avere sull'Italia (55%) mentre il 16% è preoccupato per i crediti che l'Italia vanta sulla Grecia, che potrebbero non essere onorati causando un buco nei nostri bilanci pubblici. Solo il 15% si dice sicuro che l'Italia non corre rischi perché è un Paese più solido della Grecia. Di sicuro gli intervistati credono che, comunque vada, questa vicenda indebolisce l'Europa (72%) mentre solo il 14% è di parere opposto perché ritiene che così si rafforzi il concetto che con l'unificazione tutti i Paesi devono cedere una parte della propria sovranità.

Ci sono 142 milioni di debiti dell'Unità Indovinate un po' chi dovrà pagarli

Lo Stato dovrà pagare i debiti della vecchia Unità




Lo Stato deve restituire alle banche il vecchio debito de l'Unità. Secondo il Messaggero, lunedì 22 giugno, sarebbe divenuto esecutivo il decreto ingiuntivo presentato a maggio 2004 dagli istituti, relativo a un'esposizione di 176 milioni circa, accollatasi dall'ex Ds per conto del giornale ma sul quale c'è una garanzia primaria e solidale dello Stato. Per entrare in possesso dei crediti, però, le banche dovranno depositare un precetto e, comunque, Palazzo Chigi avrebbe fatto sapere al legale dei creditori (Girolamo Bongiorno) la disponibilità a sedersi attorno al tavolo.

La nuova Unità è tornata in edicola solo da pochi giorni, ma a quanto pare dovrà pagare per i "peccati" del passato. Il debito, nel frattempo, si è ridotto a 142 milioni a seguito di pignoramenti effettuati nel 2010 per un totale di circa 32 milioni su somme reperite alla Camera (25 milioni) e al Senato (7 milioni). Palazzo Chigi ha fatto opposizione, discussa nelle udienze del 16 dicembre 2014, poi in quella del 17 febbraio 2015 che ha prodotto la provvisoria esecutività dell'azione maturata nei giorni scorsi. Va detto che a latere dei tre pool c' è una posizione di 8 milioni del Banco Popolare (ex Efibanca). E comunque un pool è guidato da Intesa Sanpaolo (1988), due da Bnl (1993-94) e, nei tre, partecipano Intesa Sanpaolo (anche per conto di Carisbo e Cassa Firenze) Unicredit (per conto di Mcc), Bnl, Sga (il veicolo al quale il Banco di Napoli trasferì del 1997 le sofferenze). I finanziamenti beneficiavano di contributo pubblico in conto interessi (incassato per intero). Tra gli istituti più determinati ci sarebbe Unicredit.

Spiati e pedinati dal capo: terrore in Rai Chi e perché rischia il licenziamento

Rai, il sistema di controllo del direttore generale Luigi Gubitosi: licenzia i fannulloni o con le buone o con le cattive




Tira un'aria pessima nei corridoi di viale Mazzini alla sede della Rai. Eppure questi dovevano essere giorni di liberazione, visto che l'attuale direttore generale, Luigi Gubitosi, doveva andare via a fine maggio. Il governo gli ha prorogato l'incarico a fine giugno, ma nessuno sarà sorpreso che rimarrà al suo posto fino al prossimo autunno. Abbastanza comunque per continuare a segare tutti quei dipendenti bollati come fannulloni. Non è chiaro se Gubitosi si sia ispirato al fortunato programma di Raiuno la Ghigliottina, ma è certo che finora ha cacciato una ventina di dipendenti, a cominciare dagli indagati per corruzione.

Il metodo - In un clima fantozziano di leggende e spifferate, racconta il Fatto quotidiano che Gubitosi avrebbe messo in piedi un sistema di investigazione interno che si sarebbe avvalso anche di professionisti specializzati per settacciare le abitudini dei dipendenti che usufruiscono di rimborsi spese, missioni e lunghi periodi di ferie. Un lavoro tutt'altro che semplice in particolare per casi che riguardano i dirigenti, provando a capire quanto lavorano davvero e quanto della propria vita privata si godono a scrocco mettendolo sul conto di mamma Rai. I dirigenti non hanno obbligo di strisciare il tesserino per entrare in azienda, quindi l'analisi dei tabulati delle presenze aiuta poco il giù scafato Gubitosi, che usava questa strada già quando tagliava teste a capo del ramo italiano di Bank of America - Merill Lynch. Così sembra siano scattati pedinamenti e osservazioni a distanza. Per tutti la conclusione è l'obbligo di scelta tra due strade: lasciare l'azienda con le buone o con le cattive. Nel primo caso l'azienda risparmia il procedimento disciplinare e la cacciata per scarso rendimento, così da evitare imbarazzi; nel secondo si apre il baratro del contenzioso legale dopo il licenziamento per raccomandata.

Il boomerang - La scelta più indolore sarebbe quella che evita il contenzioso. Ma non tutti l'hanno preferita, a cominciare da un dirigente molto importante, promosso dallo stesso Gubitosi a quel ruolo, che ha preferito prendere la faccenda di petto. Licenziato e poi reintegrato dal giudice, il dirigente si è fatto rimborsare dall'azienda anche 50 mila euro in cure mediche, per i gravi danni subiti. L'azienda gli contestava di lavorare solo nei festivi, compresa Pasqua e Natale e cioè quando la giornata in busta paga viene pagata molto meglio, e di aver preso un periodo enorme di ferie. Il tribunale invece gli ha dato ragione perché la "scarsa attitudine all'impiego" era riferita al pregresso e non al periodo attuale. Gubitosi furioso ha fatto ricorso. Nel frattempo ha messo in ferie il dirigente in attesa che maturi i requisiti minimi per la pensione. E l'irritazione non è certo calata quando il dg Rai ha scoperto che nelle 50 mila euro di rimborsi medici c'erano anche delle confezioni di Viagra, visto che l'allontamento da viale Mazzini gli aveva procurato danni talmente gravi da aver bisogno di un sostegno corposo a letto.

ARRIVA IL PRELIEVO FORZOSO C'è l'ok: così ti prosciugano il conto

Bail-in, arriva l'ok della Camera: se la banca fallisce pagano i correntisti, in Italia il prelievo forzoso




Ce lo chiede l'Europa, e noi eseguiamo. O meglio, la politica esegue: dal primo gennaio 2016 se una banca italiana si trovasse sul punto di fallire, a pagare per primi saranno i correntisti. E' quanto stabilito da una direttiva comunitaria che introduce le nuove norme per il cosiddetto bail-in, coinvolgendo creditori e azionisti. L'ok è arrivato da Montecitorio. A pagare, dunque, in caso di crac-bancaria, sarà chi ha un deposito superiore a 100mila euro: lo Stato, in caso di emergenza, si prenderà i vostri soldi (qualcosa che ricorda quanto accadde nel 2013 a Cipro). In Italia, dunque, arriva il prelievo forzoso, anche se il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, prova subito a depotenziare la teoria: "Nessun prelievo forzoso - ha affermato il Tesoro - ma più tutele di prima". Sempre secondo via XX Settembre, la normativa non potrebbe provocare perdite maggiori rispetto all'impianto vigente in caso di liquidazione coatta di un istituto. Per inciso, la nuova legge, esclude dal bail-in anche le passività garantite, le cassette di sicurezza i crediti da lavoro e quelli dei fornitori.

Le posizioni dei partiti - Nel dettaglio, il provvedimento prevede uno specifico ordine di intervento: in breve, i primi a pagare saranno sempre gli azionisti dell'istituto. Il principio-cardine (e sinistro) è comunque chiarissimo: a pagare le perdite delle banche per primi sono i privati, e non gli Stati, come avvenuto agli apici della crisi in Spagna o in Inghilterra (in Italia, ad oggi, a causa della crisi le banche non hanno mai ricevuto titoli di Stato; il caso Mps è una questione differente). Come detto, sullo spaventoso principio del bail-in è arrivato il via libera della Camera: 270 i sì, 133 contrari, 22 astenuti. Contraria Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Duro anche Elio Lannutti, presidente di Adusbef, che spiega come d'ora in avanti i disastri dei banchieri verranno pagati dai privati. Il Pd, da par suo, si difende con Marco Causi, capogruppo in commissione Finanze, che derubrica le polemiche a "pura disinformazione a scopo scandalistico".