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martedì 24 febbraio 2015

Caivano (Na): La parola al candidato sindaco del centro destra, dott. Simone MONOPOLI

Caivano (Na): La parola al candidato sindaco del centro destra, dott. Simone MONOPOLI 

di Gaetano Daniele 



dott. Simone MONOPOLI
Candidato Sindaco
comune di Caivano 


L'attuale situazione di degrado che sta vivendo il nostro paese è il frutto di decenni di cattiva amministrazione della cosa pubblica. Il principale responsabile di questo "sfascio" del nostro territorio è il Partito Democratico. Ha portato le ecoballe e il CDR (come recentemente ricordato in un incontro pubblico dallo stesso De Luca), ha costruito carrozzoni clientelari che ha poi fatto miseramente fallire (leggi IGICA) e ha sostenuto l'amministrazione Falco con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti i cittadini: un paese abbandonato a sè stesso, senza servizi. Per non parlare dei cinque anni di affidamenti diretti per la raccolta dei Rifiuti senza che si svolgesse una gara, la questione del campo Faraone, su cui pare adesso stia accendendo l'attenzione la magistratura, le strade allagate e disconnesse, l'illuminazione pubblica carente, l'annosa questione dei loculi cimiteriali non ancora risolta, e l'emergenza della Terra dei Fuochi con un territorio avvelenato e non ancora adeguatamente sorvegliato. Così il candidato Sindaco Simone Monopoli ai nostri microfoni, e nota: I responsabili di tutto ciò hanno un nome e sono i partiti che hanno governato finora. 

Opposizione e denuncia - Il sottoscritto ha sempre avuto l'onestà intellettuale di prendere le distanze da certi modi di interpretare la politica e ha sempre fatto opposizione denunciando e proponendo sistemi alternativi che sono sempre stati snobbati da chi era al potere. Adesso i cittadini - continua Monopoli - assistono al solito fiorire di liste e candidati che pur di ricostruirsi una dignità perduta sono capaci di affermare tutto e il contrario di tutto, magari tentando anche di infangare chi è stato al suo posto rispettando il mandato elettorale. Ho deciso di candidarmi a sindaco per puro spirito di servizio, ringraziando Dio non ho bisogno della politica per mangiare nè per attendere ai miei doveri di capofamiglia. Lo sforzo mio e di tutti gli amici che mi sostengono sarà quello - conclude Monopoli  - di costruire finalmente per la nostra Caivano un destino diverso, svincolato dalle pastoie della malapolitica e del consociativismo massonico.

La figuraccia di Matteo Renzi e del Pd: i bambini suonavano. E loro intanto...

Figuraccia di Renzi e del Pd all'Accademia. Ecco cosa hanno fatto ai ragazzini dell'orchestra





"I ragazzini suonavano ma nessuno li ascoltava", tantomeno "Matteo Renzi". E' la lettera-denuncia di un papà indignato per la figuraccia che il presidente del Consiglio e il Pd hanno fatto durante l'esibizione dei ragazzini della JuniOrchestra all'Accademia nazionale di Santa Cecilia a Roma. "Egregio signor primo ministro", scrive in una lettera inviata al Corriere della Sera "oggi (domenica, ndr) mia figlia quattordicenne ha suonato all'evento del Pd, La Scuola che cambia, cambia l'Italia. E' tornata a casa in lacrime umiliata e mortificata dalla totale assenza di attenzione da parte del pubblico durante la loro esecuzione successiva al suo intervento".

Una maleducazione intollerabile, continua il padre della giovane musicista: "Mentre i ragazzi erano impegnati nella difficile esecuzione di musiche di Beethoven e di Tchaikovsky il pubblico in sala era principalmente impegnato a prodigare saluti, non solo parlando a voce alta, ma camminando e urtando i ragazzi, rendendo di fatto impossibile l'esecuzione stessa". E pure "lei stesso non ha prestato alcuna attenzione alla musica preparata e studiata dai ragazzi espressamente per questa circostanza".

"Ma è mai possibile?", si chiede il padre della ragazzina: "Credo che la Buona Scuola inizi proprio da qui: dal rispetto dei ragazzi prima di tante belle parole e oggi questo è venuto drammaticamente a mancare. Un drammatico autogol per il Pd e per il mondo della politica". 

Massimo Bossetti, aggredita la sorella: ricoverata in ospedale

Massimo Bossetti, aggredita la sorella: ricoverata in ospedale






Una nuova aggressione nei confronti di Laura Letizia Bossetti, sorella di Massimo Bossetti, in carcere per l'omicidio di Yara Gambirasio. La donna è stata aggredita il 23 febbraio nei pressi dell'abitazione dei suoi genitori, Ester Arzuffi e Giovanni Bossetti. Laura Letizia era stata accompagnata dal marito, e intorno alle 13 è scesa per ritirare la posta. Ma la aspettavano due uomini incappucciati, uno dei quali le ha messo le mani sulla bocca e l'altro le puntava un coltello alla gola. L'hanno portata con l'ascensore nel seminterrato del palazzo e dove le hanno riservato un violento pestaggio. Laura Letizia è stata presa a pugni, schiaffi e calci fino a quando non ha perso i sensi. La madre, preoccupata nel non vedere tornare la figlia, ha chiamato l'ascensore per cercarla: dentro c'erano il giubbotto e gli stivali della figlia. Ester ha subito chiesto aiuto ad un vicino e, scesi nel seminterrato, hanno trovato la vittima a terra priva di sensi. E' subito partito l'allarme per i carabinieri e l'ambulanza. Laura Letizia ha subito molte ecchimosi, la frattura di tre costole e un sospetto trauma cranico. L'avvocato della famiglia Bossetti, Benedetto Maria Bonomo, ha dichiarato che provvederanno ad attuare un intervento per tutelare l'incolumità della famiglia Bossetti. Laura letizia aveva già subito delle aggressioni: il 29 agosto era stata seguita da una macchina, il 5 settembre tre uomini l'avevano assalita, il 18 settembre era stata picchiata da sconosciuti, l'8 ottobre qualcuno ha preso a calci la porta dei genitori, il 28 gennaio aveva ricevuto una minaccia da un uomo in auto "Ti ammazzo", infine, il 10 febbraio ha subito un furto in casa.

La Madia, il marito e quei soldi (nostri): l'accusa (cinematografica) alla ministra

Francesco Storace contro Marianna Madia: "Quei soldi dalla Regione alla società cinematografica di tuo marito..."





Una gatta da pelare per il ministro Marianna Madia. A puntare il dito è Francesco Storace: nel mirino, ancora una volta, i finanziamenti che la società di produzione cinematografica di Mario Gianani, il consorte della Madia, ha ricevuto dalla regione Lazio targata Zingaretti. "Un milione e 200 mila euro - scrive il leader de La Destra e vice presidente del Consiglio regionale del Lazio -, tutto di tasca nostra". Da par suo la Regione Lazio replica insistendo sul fatto che i fondi sono stati assegnati "attraverso criteri esclusivamente oggettivi". Storace, però, ribatte colpo su colpo, suggerendo di mettere "il the end alla pellicola".

Oltre il 30% oggi sta con Matteo Salvini Il sondaggio-bomba terremota l'Europa

Europa e euro: cosa pensano gli Stati dell'Unione





Non è un  buon momento per l'Unione Europea e per l'euro. E non solo per la la vicenda greca, in generale in Europa c'è un diffuso sentimento di diffidenza, di distacco dall'Europa. I dati del sondaggio condotto nelle ultime settimana da Demos e Pragma per la Fondazione Unipolis parla chiaro. Solo in Germania c'è un sentimento di fiducia per l'Unione, in Francia, in Spagna e in Polonia  coinvolge circa quattro cittadini su dieci. In Gran Bretagna e in Italia questo sentimento è ai minimi. Di più: l'Italia è il Paese più euroscettico in assoluto. 

Euro-odio  - La causa principale del disamore vero l'Unione Europe è proprio l'euro. Ed è per questo quindi che solo lo una minoranza ristretta dei cittadini dei Paesi dove è stato introdotto lo ritiene una scelta vantaggiosa. Circa il 10% in Italia. Poco più in Germania. Il 20% in Spagna e in Francia. Mentre per la maggioranza della popolazione (45-50%) è un "male necessario". Teme che abbandonarlo sarebbe peggio. In Italia un terzo dei cittadini se potessero uscirebbero subito dall'euro: oltre il 30%, dunque, in linea teorica sposa la battaglia anti-euro di Matteo Salvini. Ma perfino in Germania la nostalgia per il marco è forte e il 37% lo vorrebbe ancora.  In Polonia e in Gran Bretagna poco più del 10% della popolazione (intervistata) sarebbe favorevole a introdurlo.

Il confronto - Tra il 30% italiano, l'ostilità verso l'euro supera il 40% e non solo  fra gli elettori vicini alla Lega, ma anche tra i simpatizzanti di Forza Italia e del M5s. Mentre in Francia l'ostilità verso la moneta unica coinvolge circa un terzo degli elettori dell' UMP (centro-destra) e, soprattutto, quasi metà di quelli del Front National. In Gran Bretagna il distacco verso l'euro è più trasversale. In Italia, come detto, l'interprete maggiore di questo diffuso sentimento anti-euro è il leader della Lega Matteo Salvini che dal nord sta scendendo sempre più a sud, facendo incetta di voti e insistendo nella sua battaglia.

Ascesa Lega -  Non per caso Salvini ha organizzato una manifestazione a Roma, proprio domenica prossima. Ma ne ha annunciata un' altra, in aprile, insieme ai Fratelli d' Italia, con la presenza di Marine Le Pen. Per rafforzare l' alleanza - e la frattura - antieuropea. Scrive Ilvo Diamanti su Repubblica: "La crisi greca, dunque, non può essere trattata come un male regionale. Confinato ai margini dell' Europa. Perché riflette e riverbera un malessere diffuso. Che si respira dovunque. In Italia, evidentemente. Ma anche in Francia. In Spagna. Nella stessa Germania. Non credo proprio che l' Unione Europea possa proseguire a lungo il suo cammino confidando sulla "reciproca sfiducia" e sulla paura degli altri. In nome di una moneta impopolare. Io, europeista convinto, penso che non sia possibile diventare europei per forza. O per paura.

Pensioni, ecco le due strade possibili: come potete lasciare prima il lavoro

Pensioni, Palazzo Chigi studia la strada per anticiparla





Giuliano Poletti riparte all'attacco per riformare le pensioni. Ieri in una intervista rilasciata ad Avvenire il ministro del Lavoro ha rilanciato il tema della flessibilità, osservando tra l'altro che potrebbe convenire alle stesse imprese: "Quanto costa in termini di competitività tenere al lavoro persone che già hanno dato tutto?". Non solo. Se non venissero introdotti "elementi di flessibilità" ci saranno ondate di lavoratori anziani espulsi dalle aziende ma lontani dal raggiungimento dei requisiti per la pensione che, una volta, esaurito il sussidio di disoccupazione, resterebbero senza reddito. Il problema è che intervenire per mandare in pensione i lavoratori prima di quanto preveda la legge Fornero costa e crea problemi con la Commissione europea.

Le proposte Ncd - Ecco allora che sono allo studio varie proposte tra cui quelle del presidente della commissione Lavoro del Senato, l'Ncd Maurizio Sacconi che la Stampa ha anticipato. Innanzitutto per l'ex ministro va incentivata, nel caso di accordi tra azienda e dipendente sull'uscita anticipata dal lavoro con l'azienda che integra i contributi previdenziali del lavoratore. Secondo Sacconi si dovrebbe poi rendere molto più conveniente di ora il riscatto della laurea. Misure che avrebbero un duplice effetto: aumentare il risparmio previdenziale e quindi l'importo della pensione; aiutare in molti casi chi rimane senza lavoro ma non ha i contributi sufficienti (ne servono 42 anni e mezzo) ad andare in pensione. Il tutto, continua Sacconi, andrebbe accompagnato dal "fascicolo elettronico della vita attiva" per un monitoraggio del conto corrente previdenziale, con l'obiettivo di stimolare il lavoratore ad "accrescere il suo gruzzolo contributivo". E poi, ricorda la Stampa, c'è sempre la vecchia proposta del governo Letta del mini anticipo: chi è a 2-3 anni dalla pensione e resta senza lavoro può chiedere un anticipo di 6-700 euro al mese che poi restituisce in piccolissime rate quando scatta l'assegno pieno.

Come ti fregano l'automobile: al ladro oggi basta un cellulare...

Furto d'auto, se oggi basta un cellulare: gli attacchi hacker al volante





Chiavi passpartout, cacciaviti, grimaldelli di ogni genere sono ormai attrezzi superati per i ladri di automobili. I professionisti del furto d'auto stanno diventando sempre più nerd e smanettoni informatici, e tengono il passo con l'evoluzione tecnologica che sta portando nelle automobili una montagna di componenti elettroniche connesse ad internet.

Ladri nerd - Dallo sterzo ai freni, passando per il posizionamento gps del veicolo, i pezzi di auto gestibili con app per smartphone sono sempre di più. Un processo inevitabile che porta con sé indubbi vantaggi economici, ma anche qualche grosso timore. Di buono c'è che nel caso in cui qualcosa non funzioni, sempre più spesso è la casa produttrice a poter intervenire con un aggiornamento del software, con buona pace dei meccanici truffaldini. È successo, per esempio, alla Bmw pochi giorni fa. Peccato però, scrive il Corriere della sera, che la casa tedesca sia dovuta intervenire dopo la denuncia dell'Adac, l'automobil club tedesco, che aveva scovato una falla nel Connected Drive. Questo buco dava la possibilità di aprire le porte di due milioni di automobili, come Mini e Rolls Royce, usando semplicemente uno smartphone. Senza tralasciare il canale più datato, ma sempre efficace, del navigatore Gps: solo a Genova ci sono stati 120 furti in una sola settimana, a essere bucati dai ladri "hacker" sono state soprattutto le Volksvagen.

L'allarme - Il terrore degli esperti è che i ladri smanettoni arrivino a prendere il controllo dei veicoli mentre sono in movimento, con la scena surreale che pur premendo il freno, l'auto continui a camminare andando incontro al ladro. Le case produttrici assicurano che questo scenario non si dovrebbe verificare, perché i componenti che governano le parti più delicate dell'auto non sono accessibili da internet. Dalla casa madre però sì e uno studio statunitense sottolinea che anche i grandi marchi: "Non sono adeguati a proteggere i conducenti contro hacker che potrebbero essere in grado di prendere il controllo del veicolo".

Ora spunta la maxi-tassa sul cellulare: ecco perché dovrai pagare oltre 100 euro

Ddl concorrenza, cambio operatore di telefonia: "Una stangata fino a 100 euro"





Un'amarissima sorpresa nascosta nel decreto concorrenza varato dal governo Renzi: cambiare operatore di telefonia - sia fissa che mobile - diventerà oneroso. Molto oneroso. Insomma, prima di passare da un marchio all'altro per godere di offerte più convenienti, ora, ci si dovrà pensare a lungo. Già, perché nel testo approvato venerdì 20 febbraio nel corso del Consiglio dei ministri si spiega: "Nel caso di risoluzione anticipata (...) l'eventuale penale deve essere equa e proporzionata al valore del contratto e alla durata residua della promozione offerta". In soldoni torna la penale che la legge Bersani aveva eliminato lasciando esclusivamente i costi tecnici dovuti alla eventuale disattivazione. Nel dettaglio, la legge Bersani recita: "I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso un altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore”.

I calcoli - Secondo le novità introdotte da Renzi, dunque, l'utente che cambierà operatore dovrà pagare una penale alla società con la quale disdice il contratto. L'importo verrà determinato dai restanti mesi e da quanto era stato pattuito in sede di stipula. Una stima del salasso la effettua il responsabile dei rapporti istituzionali per Altroconsumo, Marco Pierani, che spiega al Corriere dalla Sera: "Così facendo l'operatore può far pesare sulla fine anticipata del contratto, che non può essere superiore a 24 mesi, l'investimento in marketing per promuovere l'offerta". Insomma, se il decreto varato dal CdM venisse poi approvato, aggiunge, "si rischierà di andare oltre al centinaio di euro (di penale, ndr). Un doppio passo indietro, considerando che aspettavamo addirittura un limite concreto all'entità dei costi di disattivazione". Secondo Pierani, per quel che riguarda la telefonia mobile "il ritorno delle penali - riprende - rischia di peggiorare la situazione", a fronte dei costi comunque applicati per la chiusura dei rapporti. A questi costi potrebbero essere aggiunti le rate restanti dei telefonini compresi nell'accordo. La tassa reintrodotta da Renzi potrebbe riguardare una platea molto ampia: si pensi infatti che per circa il 20% delle Sim sul mercato il contratto stipulato cessa anzitempo. Stando all'ultimo dato trimestrale diffuso da Agcom, a fine settembe le linee trasferite hanno superato i 74 milioni di euro.

Pansa, la pagella a Renzi: bocciato l'uomo degli insulti e delle minacce

Giampaolo Pansa: "Da Matteo Renzi solo chiacchiere. E su chi non si inchina piovono insulti e minacce"


di Giampaolo Pansa 



«Perché non ti piace Matteo Renzi?» mi domanda un amico. Provo a spiegarglielo nel giorno del primo compleanno del suo governo. Per cominciare non mi piace la subdola cattiveria usata nel cacciare Enrico Letta da Palazzo Chigi e prendere il suo posto. In quel momento Renzi era il segretario del Partito democratico. Dunque il cortese Letta era il premier che il Fiorentino avrebbe dovuto sostenere e aiutare. Invece il gelido Matteo mise in scena un inganno vomitevole. Scrisse a Letta: «Enrico stai sereno». Poi arraffò il suo posto di capo del governo.

So di raccontare una congiura di palazzo che i lettori di Libero conoscono. Ma ho voluto farlo perché illustra bene il lato più sgradevole del premier: la voglia sfrenata di potere e l’asprezza nel mettere fuori gioco chiunque tenti di sbarrargli il passo. Non sono nato ieri e ho imparato che la politica, come diceva il socialista Rino Formica, «è sangue e merda». Ma nessuno mi obbliga ad accettare uno dei due sistemi. Renzi, invece, ci sguazza in quel pantano. L’unica speranza è che preferisca la cacca al sangue.

In questo primo anno dell’Era Renziana, ci siamo resi conto che bisogna guardarsi dalle virtù del Fiorentino. Ho conosciuto e descritto molti leader politici di sinistra, di destra e di centro. Nessuno era uno stinco di santo. Era meglio stargli alla larga, non essere compiacenti, non accettare né chiedere favori. Ma il Fiorentino li supera tutti, dimostrandosi la carogna più carognesca della repubblica post-1945.

Chi lo conosce bene è in grado di descriverlo senza incertezze. Renzi ha un pessimo carattere, è vendicativo, ringhioso, per niente conciliante, sempre con il pugnale in mano per ferirti, una chiacchiera da rifilarci, una minaccia da presentare, uno sgarbo per impaurirci. La minaccia è nascosta, ma non fallisce mai il bersaglio. Diventa odiosa quando si fonda su una concezione proprietaria del potere pubblico e privato. Qualche azienda ti offre un incarico delicato? Se il premier mostra il pollice verso, non la otterrai mai.

Il Fiorentino è anche abituato a dileggiare chi non s’inchina. Il primo esempio di questa tecnica l’abbiamo visto sotto forma di una domanda: «Fassina chi?». Poi sono venuti i gufi, i rosiconi, i menagramo, i lagnosi. «Quelli che non parlano male di me, ma dell’Italia», ci spiega lui. Al prossimo giro dirà: «Io, Matteo Renzi, sono l’Italia. Chi non mi ama è colpevole di alto tradimento». Stiano in guardia i sindacalisti non disposti a genuflettersi e i parlamentari dell’opposizione.

In questi giorni Matteo ha aggiunto all’elenco dei nemici i senatori e i deputati che cercano di ostacolare la sua marcia trionfale con l’ostruzionismo. Nel concionare senza contradditorio su una rete Rai, ci ha spiegato che questo cancro è estraneo alla storia dell’Occidente democratico. Ecco una topica da cattivo liceale. Infatti l’ostruzionismo parlamentare è nato negli Stati Uniti. Poi si è trasferito in Europa. E ha vissuto momenti epici. Nel 1876 i deputati irlandesi pronunciarono tremila e ottocento discorsi in 154 giorni. Il Fiorentino sarebbe uscito pazzo da questo colossale filibustering.

Gli eccessi verbali piacciono a Renzi solo quando convengono a lui. Resterà nella storia dell’ossequio senza limiti la confessione di essere «gasatissimo» da Sergio Marchionne. Ve la immaginate la Merkel che si dichiara supergasata dal capo della Mercedes? Il Bestiario no. Altre volte Matteo traveste con paroloni faccende assai più semplici. Il governo alza dal 20 al 26 per cento la tassazione dei conti correnti? I risparmi affidati alle banche diventano subito «operazioni finanziarie». 

L’eccesso parolaio nasconde di continuo una realtà ben più misera. Renzi ripete ogni volta che l’eccellenza di un leader politico si misura sulla capacità di scegliere collaboratori più bravi di lui. Non sembra che sia così, se osserviamo il gineceo delle ministre che lo attorniano. Una, la Maria Teresa Lanzetta, è già sparita nel buio. Rimangono sul palcoscenico signore per ora sotto i riflettori: Madia, Pinotti, Giannini, Guidi e soprattutto la favorita, Maria Elena Boschi. La Federica Mogherini, spedita da Renzi a guidare la politica estera europea, si è rivelata una principiante inesperta e condannata all’inesistenza.

Il Fiorentino si pone il problema di tante brave signore destinate all’oblio? No di certo. Il nuovo direttore del Foglio, Claudio Cerasa, ha osservato con intelligente arguzia: «Il concetto chiave del renzismo è accentrare per governare. Il risultato di questo processo lo si osserva ogni giorno nei rapporti tra il governo e la Presidenza del consiglio. La netta impressione è che tutti i ministri, tranne forse Maria Elena Boschi, siano diventati viceministri dei veri ministri, quelli con le casacche da consiglieri o da sottosegretari del capo del governo che si muovono per Palazzo Chigi».

Tra loro troviamo personaggi che il pubblico non conosce. Un esempio per tutti? Luca Lotti, un giovanotto di provincia che ha ricevuto da Matteo più di una delega: all’Informazione, alla Comunicazione del governo, all’Editoria, persino alla Pianificazione e organizzazione del centenario della Prima guerra mondiale e del settantesimo anniversario della Resistenza. Lustrini e pennacchi? Per niente.

Lotti è l’uomo invisibile che custodisce i segreti del potere renzista. Il solo che potrebbe sciogliere un enigma: esiste il Cerchio Viola di Matteo, l’ultimo esemplare di tanti cerchi magici di altre storie politico-affaristiche, nato a Firenze e oggi dilagante anche all’estero? 

Il giorno che il premier deciderà di ritirarsi perché è riuscito a fare tutto oppure niente, gli editori andranno a caccia di best seller che non avranno nulla da invidiare a una spy story politica o a un super romanzo che svelerà il lato oscuro del potere italiano. Oggi bisogna attenersi a ciò che si vede dopo un anno di renzismo. Ovvero al risultato pratico di un governo che festeggia un anno di vita.

Le mitiche riforme istituzionali stanno ancora sulla carta o sono incompiute. Il Senato lo vediamo sempre dove stava da decenni. La legge elettorale, l’Italicum disegnato sulla statura di Matteo, non esiste ancora. Idem per la riforma del pubblico impiego, quella fiscale, quella della giustizia. La riforma del lavoro, il Job Act, non si conosce se funzionerà. In compenso le tasse non sono state per niente abbassate, checché ne dica il premier. Il taglio vero della spesa pubblica è di là da venire. In compenso Renzi ha fatto un abuso stratosferico del voto di fiducia. Una settimana fa eravamo a quota trentaquattro. Oggi siamo a quota quaranta o giù di lì. 

Comunque il governo regge perché non ha alternative. A questo punto esiste una domanda inevitabile: il renzismo piace agli italiani? Sul tempo corto sì. Perché è visto come un nemico della Casta politica, il soggetto più odiato dai cittadini senza potere, un insieme di eccellenze che vivono nel timore di essere rottamate e di uscire dal Parlamento senza biglietto di ritorno.

E sul tempo lungo? Nessuno è in grado di dirlo. Renzi ripete di continuo che il 2015 sarà l’Anno Felix dell’Italia. Ma se lo diciamo in una fabbrica, su un treno di pendolari o al bar, la gente ci prende per matti. Il Fiorentino può aumentare il volume delle chiacchiere e la potenza delle minacce. Eppure anche lui è appeso a un filo. In tanti possono tagliarlo. A cominciare da una catastrofe dovuta a un atto di terrorismo del Califfato nero. Un soggetto che neppure l’astuto Matteo aveva messo in conto.

lunedì 23 febbraio 2015

L'intervista di Giancarlo Perna L'anatema di Crosetto alla Meloni: "Giorgia stai attenta a Matteo Salvini"

Guido Crosetto: "Silvio deve passare il testimone, ma Salvini non è l'uomo giusto"


Intervista a cura di Giancarlo Perna 


Dopo esserci accordati telefonicamente per l’intervista, Guido Crosetto mi richiama e dice: «Mi è venuto un dubbio: tu sai che mi sono dimesso da tutto e sono tornato a vita privata?». «Certo che lo so. Sta tranquillo», gli ho risposto ridendo e abbiamo confermato l’appuntamento. L’episodio descrive la scrupolosità di Guido che mai approfitterebbe di un equivoco per apparire su un giornale come avrebbe invece fatto un presenzialista ad ogni costo.

L’incontro è nel suo ufficio di presidente dell’Aiad, la Federazione delle aziende italiane produttrici di armamenti, collegata al dicastero della Difesa di cui Crosetto fu sottosegretario nell’ultimo governo Berlusconi (2008-2011). Sono nove mesi che Guido, dopo essersi dimesso dalla presidenza di Fratelli d’Italia, ha assunto la carica (gratuita) lasciando la politica. «Una liberazione» spiega. «Ho smesso di parlare di bene comune e urlare senza essere ascoltato. Vivo meglio». «Non sembra», ribatto guardandone l’aria sfatta. «Oggi sono giù» conferma. «Appena tornato dall’Egitto, dove ho incontrato gli Stati maggiori occupati con la guerra all’Isis, in casa ho trovato un’emergenza familiare. Ho la nostra bimba di sedici mesi con febbre a quaranta mentre la mia compagna sta aspettando il secondo figlio ed è prossima al parto. Sono bloccato mentre avrei un mucchio di impegni».

Il cinquantunenne «gigante di Marene» è davvero un omone. Quando ti guarda dall’alto dei suoi due metri sembra che cerchi uno spillo. Ha anche la mitezza di chi sa di poterti annichilire con uno spostamento d’aria. Di lui si ricorda un solo dispetto. Quello fatto da adolescente ai genitori, che erano liberali, dichiarandosi dc per mero spirito di ribellione. I Crosetto, schiatta piemontese della provincia di Cuneo, quella di Giolitti e Einaudi, erano liberali per convinzione e ruolo essendo titolari di una grande impresa costruttrice di macchine agricole. Azienda oggi in mano al Crosetto che ho di fronte. In veste dc, Guido è diventato a 27 anni sindaco di Marene (una sgambata da Cuneo) e per tre lustri ha tenuto l’incarico. Sparita la Dc e apparso il Berlusca, Crosetto è tornato nell’alveo familiare e ha aderito a Fi, diventandone deputato per tre legislature, dal 2001 al 2013. Poi, deluso dall’inconcludenza del Cav, ha fondato Fdi con Giorgia Meloni. «Sodalizio durato, sì e no, un annetto», osservo. «Non per lei, che è brava» risponde Guido. «È stata un’esigenza mia. Non ero più combattivo. In politica, non si può solo sopravvivere. Bisogna avere energia. Così, ho preso una pausa entrando nella sfera privata». «Ma eri in crisi da tempo, deluso dal Cav», gli ricordo. «Contestavo la sua politica economica, per me distruttiva. Il distacco vero è iniziato con la fine del suo governo e l’appoggio a Monti che si è prostrato all’Ue, peggiorando la situazione. A quel punto, ho lasciato il partito. L’ho fatto prima delle elezioni. Senza salire sulla barca, per poi lasciarla una volta eletto. Com’è in uso», dice con orgoglio ma stancamente. Un po’ è mogio, ipotizzo, perché non fuma. Un tempo, tirava cento Marlboro al giorno. Ora strapazza oggetti strizzandoli tra le dita.

«C’è ancora il centrodestra?», dico a bruciapelo. «Ci sono» risponde. «Tanti pezzi di un futuro contenitore. Prima o poi, dovrà pur nascere qualcosa di simile al Pd che raggruppi il centrodestra attorno a un leader. Ne va dell’alternanza. Se manca, non c’è democrazia». «Voti ancora da quelle parti?», domando. «Ormai, diffido dei partiti. Meglio votare le persone. Quelle serie», replica. «Tipo?», chiedo. «Persona seria è Giorgia Meloni. Nel Pd, considero seria Roberta Pinotti...», «Per forza» lo blocco «è ministro della Difesa, il primo cliente delle aziende armiere tue associate. Stai provando a fare il lobbista con me?». Ride e ribatte: «Non sembra ma di seri ce ne sono tanti in politica. Il leghista Giancarlo Giorgetti; il mio conterraneo Enrico Costa, viceministro della Giustizia. Ne vuoi altri?». Squilla però il suo cellulare. È la mamma dal Piemonte che vuole notizie della nipotina malata. Parlano anche dell’altro figlio di Crosetto, quello del primo letto, che ha diciotto anni e vive lassù nella casa di famiglia. Poi, riprendiamo.

Tra i seri in lista non ho sentito Silvio Berlusconi.

«Il suo tempo è finito. La differenza tra un leader e un grande leader è che il grande sa quando passare il testimone».

Lui invece?

«Per restare mangia i suoi figli, come Cronos. Finché arriveranno figli che mangeranno lui. Silvio è molto cambiato».

Cioè?

«La sua parte migliore era la straordinaria umanità. Ora è freddo e cinico. Cosa che non era mai stato». 

È smarrito.

«Ha rinunciato all’impegno politico. Vuole solo tutelare le aziende frutto del suo lavoro. Ciò lo obbliga a essere filogovernativo. Il proprietario di Mediaset deve stare con chi governa come una volta i proprietari della Fiat. Con la differenza che Agnelli non aveva un suo partito».

La dice lunga sulla mentalità anti industriale del potere italiano.

«Giusto. Un grande imprenditore deve essere attento alla politica per difendere le sue aziende, cosa che in altri Paesi non serve. Con l’aggravante che in Italia, oltre che alla politica, si deve guardare alla magistratura poiché anche un singolo giudice può in ogni momento uccidere un’azienda».

Dai ragione alla sinistra che ripete da vent’anni: il Cav è in politica per i suoi interessi.

«È vero oggi, non vent’anni fa. Avere ragione vent’anni dopo, non significa affatto averla avuta allora. Anzi».

Meloni e il suo partito segnano il passo.

«Giorgia cresce, il partito è fermo. La credibile è lei».

L’astro di Matteo Salvini è vera luce?

«Mediaticamente, è sveglio come un furetto. Ma pensa solo ai voti. Non a farsi una squadra per realizzare un progetto. Crede di essere autosufficiente».

Vuole uscire dall’euro.

«L’euro è fatto per l’economia tedesca. Per noi è un problema. Uscirne è difficile, rimanere letale».

Se tu fossi premier?

«Lascerei l’euro. L’avrei fatto da tempo. Più si va avanti, più è complicato. Dal 2008 abbiamo perduto il 25 per cento della nostra ricchezza. L’Italia è il Paese che più ci ha rimesso con l’euro».

Il patto del Nazareno è stato buona cosa?

«Per Renzi presidente del Consiglio un vantaggio straordinario. Altrettanto per Berlusconi azionista di Mediaset».

Cosa ti piace in Renzi?

«La determinazione, l’energia, la pazzia, il gusto del rischio. Tutte caratteristiche fondamentali per un leader».

Cosa ti spiace?

«Gli manca una classe dirigente per il Paese. Come Salvini si reputa autosufficiente. Però ha più carisma di chiunque. Da cittadino, mi dispiacerebbe se lo sprecasse. Penso che l’interesse nazionale venga prima di quello di partito».

Il Cav, indispettito per Mattarella, rinnega quanto ha fatto per un anno con Renzi.

«Se fino a ieri hai appoggiato, come fai ora a criticare? Surreale».

Mattarella?

«Lo conosco bene. Un galantuomo».

Come ex dc hai un debole per lui?

«Ho un debole per le persone perbene».

Se il Cav rifacesse le promesse già fatte, gli crederesti votandolo?

«Mi trovi una moglie che dopo tre-quattro tradimenti crede ancora al marito o viceversa?».

Guerra all’Isis?

«Quando un’organizzazione ha per scopo di eliminarti perché hai una religione diversa o per obiettivo la tua capitale perché sede di una religione diversa, non hai molta scelta: devi difenderti».

Ti fidi di più di Obama o Putin?

«Obama in politica estera ha sbagliato tutto, vedi la Libia. Con Putin vorrei rapporti migliori. Lui non è un problema per noi. L’integralismo islamico, sì».

L’Italia è eternamente marginale.

«Non sappiamo presentarci come sistema Paese. All’estero la nostra delegazione è formata dall’ambasciatore, l’addetto militare, il rappresentante Ice e cinque aiutanti. La Francia, se il Paese è di suo interesse, ci installa duecento persone con i controfiocchi».

Come vedi il nostro futuro?

«Con preoccupazione. Anche se visitando Paesi con più prospettive di noi, mi sono reso conto che, per qualità, il nostro sistema industriale è tra i primi».

Se, scoraggiato, farai le valigie, per dove?

«La provincia di Cuneo. Non c’è niente di meglio».

Clamorosa intercettazione di Bossetti Ai detenuti dice: "Non confesso perché...."

Yara, Bossetti intercettato in carcere: "Non confesso per la mia famiglia"





Proprio il giorno in cui il pool difensivo di Massimo Bossetti fa una conferenza stampa per smontare le accuse contro di lui, diventa pubblica un'intercettazione in cui di fatto il muratore ammette le sue colpe. "Rischierò l’ergastolo, ma non confesso per la mia famiglia". Questo il senso delle chiacchiere tra Massimo Bossetti, indiziato numero uno del delitto di Yara Gambirasio, e gli altri detenuti del carcere di Bergamo. Le affermazioni del muratore di Mapello sono state acquisite dai magistrati che indagano sull'uccisione della 13enne di Brembate. Ma il legale Claudio Salvagni insiste: "Non confessa, perché non ha fatto nulla. Non crolla, perché vuole dimostrare la sua innocenza". La pensa diversamente il pm che indaga sull'omicidio della povera Yara, Letizia Ruggeri, che ritiene interessanti queste ammissioni. 

Tracollo della Roma, Juventus a +9 Tre punti salvano (per ora) Pippo

Roma pareggia a Verona, Milan torna a vincere contro il Cesena





La Roma non va oltre il pareggio a Verona (1-1) e la Juve, che ha giocato nell'anticipo di sabato 21 febbraio vincendo contro l'Atalanta 2-1, allunga a +9 in classifica. I giallorossi non riescono ad espugnare il Bentegodi pur essendo riusciti a passare in vantaggio grazie ad una rete di capitan Totti. Il pari scaligero non tarda ad arrivare ed è opera di Jankovic che costringe Keita ad un’autorete. Al 20’ della ripresa Garcia toglie Totti, che avrebbe gradito giocare ancora qualche minuto, e mette Doumbia ma il punteggio non cambia. Il Milan respira e Inzaghi scampa l'esame contro il Cesena battuto 2-0. A riportare un accenno di sorriso ai rossoneri è il gol di Bonaventura e Pazzini dopo una partita giocata sempre con aggressività. Ora in classifica, con 33 punti Inzaghi si sente meno minacciato. 

La Lazio trema all’inizio, va sotto all’Olimpico contro il Palermo, poi riesce a ribaltare il risultato. Un errore di Mauricio regala a Quaison e poi a Dybala la palla che permette ai rosanero di passare in vantaggio. La squadra di Iachini potrebbe anche raddoppiare, invece la Lazio pareggia con Mauri e nella ripresa segna il 2-1 con un gran gol di Candreva, che rovina tutto infortunandosi festeggiando (sostituito da Onazi). L’Empoli polverizza per 3-0 un Chievo inesistente, grazie alla rete di Rugani, la terza in campionato per il difensore, e alla doppietta del sempre verde Maccarone. il tecnico Sarri si affida al 4-3-1-2, con Saponara, tornato disponibile dopo la varicella, a sostegno del tandem offensivo composto da Tavano e Maccarone. Per Torino e Fiorentina pesano ancora nelle gambe gli impegni in Europa league. 1-1 al fischio finale, ma nel mezzo c'è un rigore sventato da Padelli più che sicupato dal viola Babacar. Bisognerà aspettare gli ultimi minuti di gara per vedere esultare Salah che firma il vantaggio della Fiorentina e due minuti dopo Vives che ripristina il pari.

Oggi 23 febbraio i posticipi con Napoli-Sassuolo alle 19 e Cagliari-Inter alle 21. Rinviato a martedì sera per il campo impraticabile il derby della lanterna tra Sampdoria e Genoa. Non ha ancora una data invece Parma-Udinese, rinviata per i problemi finanziari della squadra di Donadoni.

Brutto incidente per Fernando Alonso: ecco cosa è successo al campione

Fernando Alonso, incidente in pista: ecco cosa è successo





Incidente per Fernando Alonso nella quarta e ultima giornata di test sul tracciato catalano di Montmelò. Il pilota spagnolo della McLaren è finito fuori pista alla curva 4. L’asturiano è stato trasportato al centro medico del circuito. Secondo le prime informazioni, le condizioni del pilota non destano preoccupazioni. Il pilota della McLaren è cosciente e parla, ha fatto sapere lo staff medico del circuito. Non è chiara la dinamica dell’incidente del 33enne asturiano. Il team non si è ancora espresso ufficialmente.

Le condizioni -  Dopo i primi accertamenti nel centro medico del circuito, dove è giunto in ambulanza, il pilota è stato trasportato in elicottero in un ospedale di Barcellona. Intanto, dal profilo twitter del circuito arrivano informazioni confortanti: "Sembra che Alonso stia bene. Speriamo che tutto sia a posto e che sia solo un grande spavento".

Il commento - "È sembrato strano". Sebastian Vettel era alle spalle di Fernando Alonso quando il pilota spagnolo della McLaren è stato protagonista di un incidente nella quarta giornata dei test di Montmelò. "Era davanti a me e andava relativamente piano, credo andasse a circa 150 km orari", ha detto il pilota tedesco della Ferrari, come riferisce il magazine Auto, motor und sport. "Poi, è andato a destra verso il muro e lo ha urtato un paio di volte. A quel punto l’ho perso di vista", ha aggiunto.

L'intercettazione che ha incastrato Paoli Ecco cosa ha detto al commercialista

Gino Paoli e l'intercettazione nello studio del commericalista: "Voglio salvare la faccia"





"Non voglio che si sappia che ho portato i soldi all'estero". Gino Paoli, indagato per evasione, è nello studio del suo commercialista e, ovviamente, non sa che si sono microspie che lo registrano. "Bisogna nascondere bene le carte in un posto sicuro", rincara la moglie Paola Penzo. Le intercettazion ambientali del cantante sono pubblicate da Repubblica che spiega come, Paoli sia stato scoperto per caso, perché lo studio di Andrea Vallebuona è sotto controllo per l' inchiesta su Banca Carige di cui Vallebuona è consulente. E' il mese di gennaio del 2014 e Il cantante è preoccupato per la conclusione degli accordi bilaterali con la Svizzera che dà accesso ai nominativi: "Io sono un personaggio pubblico, non posso rischiare questo. Ho un' immagine da difendere. Non voglio che si sappia che ho portato soldi all' estero, li voglio riportare in Italia". Il commercialista gli assicura: "Vedremo di trovare un modo". Ma - come scrive il giornalista di Repubblica - forse è troppo tardi per uno "scudo" fiscale per far rientrare i 2 milioni di euro, tantomeno una sanatoria per l' evasione fiscale di 800mila euro che adesso gli contesta la procura di Genova.

La fregatura sulle assicurazioni auto Chi la paga la scatola nera a bordo?

La fregatura dello sconto Rc auto, la scatola nera a carico di chi guida





L’ennesima pagliacciata targata Matteo Renzi. Che andrà bene per lanciare qualche messaggio positivo nei salotti televisivi, per conquistare titoli sui media oppure per un paio di post «giusti» su Twitter. Ma i consumatori, alla fine della giostra, non avranno enormi benefici dalle norme sulle assicurazioni auto approvate venerdì dal governo. Le nuove regole, secondo il Codacons, sono una «una bufala». A leggere il testo del decreto sulla concorrenza varato dal consiglio dei ministri, non solo si scopre che il pacchetto sulle liberalizzazioni si limita a fotografare ciò che il mercato già offre - ovvero riduzioni dei premi rc auto per chi installa la scatola nera - ma che l’obbligo di sconto imposto alle compagnie è farlocco. E per due motivi: anzitutto perché la norma fa generico riferimento a «sconti significativi» senza alcun parametro numerico o percentuali; e l’unico paletto per le imprese assicurative è garantire uno sconto superiore ai costi sostenuti dall’assicurato per installare scatole nere o etilometri.

Sconti impalpabili - Ci spieghiamo: su un premio annuo di 1.000 euro, una compagnia potrebbe promettere uno sconto di 100 euro al cliente che accetta di installare la «scatola nera». Il premio, pertanto, calerebbe a 900 euro. Ma se i costi annui fossero, a esempio, pari a 90 euro, il prezzo della polizza salirebbe a 990 euro con lo sconto ridotto ad appena 10 euro. La legge è rispettata, ma il cliente beffato. E di esempi analoghi se ne possono fare tanti.

Vantaggi per pochi - Uno degli obiettivi del governo è ridurre le frodi che contribuiscono a far impennare le tariffe e i costi a carico degli automobilisti. Tuttavia, l’operazione dovrebbe essere vantaggiosa per tutti. E invece a guadagnare sarebbero solo le compagnie e gli installatori di apparecchi capaci di registrare l’attività dei veicoli. Il Codacons lo denuncia esplicitamente: «Se tutti gli italiani decidessero di dotarsi della scatola nera, la spesa per l’intero sistema sarebbe pari a 3,1 miliardi di euro, considerato che ogni singolo apparecchio ha un costo di gestione annuo di circa 75 euro» spiega il presidente dell’associazione dei consumatori, Carlo Rienzi. Non solo. «La spesa per l’installazione, la gestione e la manutenzione della scatola nera, se a carico degli automobilisti, non solo vanificherebbe lo sconto sulle tariffe Rc auto promesso dal governo - aggiunge Rienzi - ma addirittura determinerebbe rincari in quelle zone d’Italia dove le tariffe rc auto sono più basse. Se invece tali costi fossero a carico delle compagnie di assicurazioni, inevitabilmente verrebbero traslati sugli assicurati attraverso i prezzi delle polizze». Il contenuto della norma, in effetti, non è chiaro e si presta a interpretazioni a tutto vantaggio delle compagnie. L’assenza di parametri certi, comunque, è il vero «buco» del provvedimento. Il disegno di legge passa ora all’esame del Parlamento e dunque le possibilità di correzioni non mancano. Il Codacons centra un punto determinante: «A venire meno è anche la possibilità di compensazione tra costi della scatola nera e minore incidentalità - osserva Rienzi - e per ottenere il punto di pareggio l’apparecchio dovrebbe far scendere i costi dei sinistri di oltre il 30% in alcune aree del paese, ipotesi palesemente irreale».

Tariffe insostenibili - Le tariffe sono insostenibili e un intervento nel settore, in ogni caso, non è più rinviabile. Anche se per l’Ania «nella media del 2014 il prezzo delle polizze è diminuito del 6% rispetto alla media del 2013, passando da 437 a 411 euro per veicolo (tasse escluse)». L’associazione del settore sostiene che dal 2012 ci sia un calo progressivo: in due anni i prezzi medi sono andati giù del 10%. Niente a che vedere, però, con i dolorosi incrementi percentuali registrati negli anni precedenti.

Ecco quanti voti vale il partito Fiom di Maurizio Landini A chi li può fregare e chi li guadagnerà

Maurizio Landini entra in politica, per i sondaggisti vale anche il 10 per cento





Con l'approvazione della riforma del lavoro di Matteo Renzi, il leader della Fiom Maurizio Landini ha fatto outing sul Fatto quotidiano e messo fine al tira e molla con cui tormenta tutti da mesi in tutti (tutti) i talk show in cui è ospite: "È venuto il momento di sfidare democraticamente Renzi", insomma entra in politica, anche se solo a sera si è sprecato in una frenata poco credibile. Ma quanto può valere un partito con la guida del sindacalista? Affaritaliani.it prova a dare una risposta e c'è chi già trema dalle parti di Sel e della rediviva Rifondazione Comunista, mentre Matteo Salvini godrebbe come un riccio.

Uomo simbolo - Il sondaggista Nicola Piepoli ha detto ad affaritaliani.it che: "Landini significa Cgil, la Camusso non vuole esporsi, ma i due stanno insieme". Il valore in termini di consenso elettorale per Piepoli è: "Dal 5 all'8 per cento" mettendo insieme tutta l'area Sel, Rifondazione e lista Tsipras. A pagare sarebbe il Pd: "Potrebbe tornare al 34% - continua Piepoli - perdendo almeno 5 punti". E chissà quanti voti scapperebbero dal Movimento 5 stelle.

Fuga grillina - È proprio dal movimento di Beppe Grillo che scapperebbero più voti, secondo Alessandro Amadori di Coesis Research, che azzarda più di Piepoli e stima per i grillini: "Uno smottamento intorno al 15%", quindi Landini arriverebbe a valere: "Il 10%, come era il valore prima del cambio di marchi e sigle". A raccogliere i frutti di Landini in politica sarebbe la Lega: "Favorirebbe Salvini indubbiamente - continua Amadori - Tutto quello che porta a indebolire il Pd e i 5 stelle rafforza la Lega".

domenica 22 febbraio 2015

Furti in appartamento, le regole per evitarli

Furti in appartamento, le regole per evitarli





I numeri non lasciano ombra di dubbio: i furti negli appartamenti stanno aumentando in modo impressionante (leggi il dato impressionante). Così il quotidiano La Stampa ha chiesto ai carabinieri di Torino alcuni consigli per evitarle di ritrovarsi i topi di appartamento in casa. Non esiste una formula magica, ma i militari hanno dato cinque consigli utili. Si tratta di accorgimenti che riducono le possibilità di ritrovarsi con la casa svagligiata. 

1) Se andate via per poco tempo, lasciate una luce accesa, o anche un tv o una radio perché ovviamente i rumori scoraggiano i ladri. Ci sono anche apparecchi dotati di timer che vi possono essere utili. Se avete vicini fidati (fidatissimi) chiedete loro di fare dei controlli 

2) Sulla segreteria del telefono di casa registrate messaggi sempre al plurale e non dite "Non siamo in casa" ma "in questo momento non possiamo rispondere". Anche i vicini sono importanti: scambiatevi i numeri di telefono, chiamatevi se vedete movimenti sospetti.

3) Attenti alla porta d'ingresso. I carabinieri consigliarno di farsi installare, ad esempio, una porta blindata con spioncino e serratura di sicurezza. Aumentate le difese "cosiddette passive" come, ad esempio, l' installazione di videocitofoni e/o telecamere a circuito chiuso. È un accorgimento utile.

4) Controllate che la vostra chiave non sia facilmente duplicabile e, se dovete fare una copia, andate personalmente in ferramenta. Non lasciatela mai sotto lo zerbino.  Un'abitudine questa molto diffusa nelle famiglie numerose ma è un regalo per i ladri che studiano le abitudini delle persone che vivono nell'appartamento preso di mira.

5) Chi abita ai piani bassi monti delle grate alle finestre o utilizzi dei vetri antisfondamento.

6) Collegati gli antifurto con i numeri di emergenza (nella sezione modulistica del sito www.carabinieri.it troverete le indicazioni per collegare il vostro antifurto al 112 . Non informate nessuno del tipo di apparecchiature di cui vi siete dotati né della disponibilità di eventuali casseforti. Meno gli altri sanno, meglio è. Lo stesso vale per il citofono e altri dispositivi.

7) Per quanto riguarda il citofono, mettete solo il cognome e cosi anche sulla cassetta della posta per evitare di indicare il numerodegli inquilini che vi abitano. Ricordate: il nome identifica l' individuo, il cognome la famiglia.

Jobs act, la riforma scheda per scheda Demansionamento: ecco cosa cambia

Jobs Act, le nuove regole su demansionamento, ispezioni e contratto individuale





Il decreto sulla riforma del lavoro del governo Renzi, varato dal Consiglio dei ministri il 20 febbraio, introduce nuove regole per lavoratori e datori di lavoro con l'intenzione di agevolare nuove assunzioni, riducendo però alcune tutele.

Cambio ruolo - Un dipendente può essere "demansionato", cioè l'azienda lo può destinare ad altri compiti riducendo però il suo status di un solo livello e senza modificarne il salario. Il demansionamento è possibile in caso di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale. Slitta all'inizio del 2016 l'istituzione dell'Agenzia unica ispettiva per contrastare le illegalità sul luogo di lavoro.

Contratto individuale - Eventuali modifiche al contratto possono essere portate avanti individualmente tra dipendente e datore di lavoro in "sede protetta", cioè in presenza di una rappresentanza sindacale. Le modifiche possono riguardare la modifica del livello e della retribuzione al fine di conservare il posto di lavoro.

Rc auto, ecco come puoi risparmiare e nuove leggi su polizze e indennizzi

Rc auto, come cambiano con la nuova legge





L'obiettivo è quello di ridurre i costi per l'assicurato e ridurre le frodi per quanto riguarda le Rc auto. Ecco le prinicpali novità del disegno di legge sulla concorrenza. Per gli intermediari diventa obbligatorio l'uso del preventivatore dell'Ivass. La compagnia assicuratrice è obbligata a concedere sconti se il cliente accetta di firmare alcune clausole. Prima tra tutte la preventiva ispezione del veicolo, la presenza a bordo della scatola nera ne dei meccanismi che bloccano il motore in caso di elevato tasso alcolemico. E ancora la rinuncia alla cedibilità del diritto al risarcimento dei danni da sinistro stradale, l'accettazione del risarcimento in forma specifica che vuol dire sostanzialmente l'accettazione che la riparazione venga effettuata presso officine e carrozzerie convenzionate con la compagnia o la possibilità di rivolgere a qualsiasi autoriparatore consentendo una verifica permilimare sugli interventi prima della riparazione. 

Il premier olandese chiama Renzi ecco cosa gli ha detto su Roma

Il premier olandese Rutte chiama Renzi





Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha ricevuto nel pomeriggio di ieri, una telefonata dal premier olandese Mark Rutte. Nel corso della conversazione, a quanto si apprende da fonti di governo, Rutte avrebbe espresso sentimenti di vicinanza e disponibilità per quanto accaduto a Roma in occasione del match di Europa League e ribadito i legami di amicizia che stringono Italia e Olanda. Gli arancioni sarebbero quindi disposti ad assumersi tutte le responsabilità. 

E' già scattata la caccia grossa agli evasori fiscali: i 15 nuovi super poteri dell'Erario per stanarli

Fisco, le nuove regole anti-evasione dell'Agenzia delle Entrate sui conti correnti e i dati personali





Tutti i prelievi e i versamenti fatti sui conti correnti italiani nel 2013 e nel 2014 saranno nelle mani del Fisco a partire dal prossimo marzo. Parte con il 2015 la radiografia dell'Agenzia delle Entrate nelle tasche di tutti i correntisti italiani e, come racconta un'inchiesta di Panorama, si fa sempre più concreto il pericolo di un'ondata di ricorsi pronta a invadere gli uffici giudiziari visto che l'incrocio con i dati dell'Anagrafe potrebbe essere più invasivo della privacy di quanto si speri. Tra le tante domande del settimanale, il Fisco ha deciso di non rispondere ad alcuni dubbi che i contribuenti potranno scoprire solo sulla propria pelle.

Le informazioni - La trasmissione dei dati è un obbligo per banche e operatori finanziari. Nei file ci devono essere tutti i movimenti in entrata e in un uscita sul conto corrente o di deposito, compresi quelli anagrafici di chi su quel conto può operare.

Il cervellone - Il Sistema di interscambio dei dati (Sid) è già usato per altre comunicazioni dalle banche, l'Agenzia delle Entrate ne garantisce la totale impermeabilità da intromissioni esterne e la totale compatibilità tra i soggetti che devono usare la piattaforma. Tutto funziona in automatico, i dati finiscono nell'Anagrafe tributaria accessibile solo con autorizzazioni specifiche del direttore centrale o quello regionale.

Isee - Dal 2015 sarà obbligatorio nella dichiarazione dei redditi comunicare la giacenza media dei conti correnti. Un dato che secondo il Fisco non solo contrasterà l'evasione, ma renderà più trasparente il sistema di agevolazioni sociali legati all'ammontare del dato Isee, come borse di studio per gli studenti, affitti agevolati e 
sussidi vari.

Controlli - Sui tipi di dati a disposizione dell'Agenzie, le risposte a Panorama si fanno gradualmente più ermetiche. Il Fisco risponde che i dati a disposizione per i controlli arrivano da più istituzioni. Compresi gli enti locali, ad esempio i Comuni, ma solo per le verifiche sui dati Isee.

A chi dar conto - I dipendenti dell'Agenzia, assicurano a Panorama, non ricevono incentivi sul numero di "anomalie" riscontrate. Quando una di queste sbuca fuori, però, il Fisco risponde che il contribuente potrà usare in sua difesa tutti i documenti in suo possesso in contraddittorio con "gli uffici proposti al controllo" e non è chiaro se gli uffici sono solo dell'Agenzia delle entrate o di altri enti. Il contribuente sospettato di irregolarità dovrebbe essere avvertito appena partono le indagini finanziarie su di lui.

All'estero - Nel caso di conti correnti all'estero non c'è l'obbligo di fornire i dati da parte dell'istituto di credito. Il Fisco italiano in questo caso rimane condizionato quindi agli eventuali accordi bilaterali con i Paesi "collaborativi", come li definisce il Fisco italiano.

Santoro, il veleno dell'ex collega Rai "Vi racconto cosa faceva Michele..."

Oliviero Beha a Dagospia: "Vi dico cosa ha fatto Santoro in Rai"





Oliviero Beha, giornalista, scrittore, conduttore televisivo e radiofonico (che conosce bene, molto bene, la Rai) interviene nella vicenda ribattezzata editto bulgaro bis” che riguarda il consigliere di amministrazione di Viale Mazzini Antonio Verro. In una lettera a Dagospia Beha si sofferma su Michele Santoro. Questi, nell’ultima puntata di Servizio Pubblico ha detto che la lettera iniviata da Antonio Verro all’allora premier Silvio Berlusconi ricostruita dal Fatto sarebbe la prova che lui fu cacciato dalla Rai.  

La verità su Santoro - Ecco cosa scrive Beha a Dagospia su Santoro: “Ha fatto egregiamente gli affari suoi per un quarto di secolo, ha travestito ottime trasmissioni spesso di parte da impegno politico in realtà vendendo (e benissimo) una merce, in primis se stesso, è entrato e uscito da Rai e Mediaset e Parlamento europeo (non credo esattamente da “intellettuale disorganico”…), ha detto rientrando in Rai dieci anni fa che si sarebbe battuto per gli epurati e non è accaduto, adesso ritira fuori il nome di Luttazzi strumentalizzando anche il bravissimo esiliato.

sabato 21 febbraio 2015

Maxi-regalo a Napolitano: come lo ha "omaggiato" mamma Rai...

Rai, regali ai vip da 2 milioni e mezzo: spunta pure un quadro per Napolitano





Orecchini e orologi, foulard e coperte, spille, agende, stoffe preziose, pen drive e Montblanc: in 8 anni la Rai ha speso qualcosa come due milioni 429mila euro per acquistare oltre 50mila doni da regalare a dirigenti e vip per le più svariate ragioni. Un esborso enorme di denaro pubblico perpetrato nel tempo (2003-2011) che ha visto punire un solo dipendente: Alfonso Greco, 55 anni, responsabile dell' ufficio che gestiva premi e omaggi della Rai. La sua storia la racconta Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano. Greco è stato licenziato il 28 ottobre 2013 dall'azienda per non aver conservato bene, inventariato bene, soprattutto tracciato bene il percorso di tutte quelle regalie; ha presentato domanda di reintegro, ma è stata respinta. "Ho portato al giudice tre faldoni di carte, migliaia di documenti, ogni contratto, tutte le forniture nella speranza di rendere trasparente il mio operato, pulita la mia coscienza", si difende Greco con il Fatto. "Io non potevo sindacare le destinazioni, non sapevo i nomi degli utilizzatori finali. Rispondevo solamente alle necessità che le direzioni avanzavano". I faldoni hanno intasato le già zeppe aule del tribunale di Roma: la loro presenza è risultata inutile per Greco ma stanno facendo luce sulle dimensioni di questo traffico di regali per i quali era stato addirittura creato uno showroom dove le segretarie dei direttori andavano a scegliere tra i trecento articoli messi a disposizione.

Spendi e spandi - La memoria di Greco, pubblicata da Caporale, racconta che nel 2005, la Rai diretta da Flavio Cattaneo spese un milione e 454 mila euro per l'oggettistica. Nel 2006, era direttore Claudio Cappon, la somma si ridusse a a 416 mila euro, tre volte in meno dell'anno precedente ma quaranta volte in più del 2013, quando la crisi sgonfiò il portafogli di tutti e anche i doni ne fanno le spese. Nel 2006 il presidente della Rai è Claudio Petruccioli, parlamentare di lungo corso, riformista e comunista. Il 25 ottobre di quell'anno, racconta Caporale, durante un concerto all' auditorium della Rai di Torino, nell' ambito delle celebrazioni per la Giornata Internazionale dell' Onu Petruccioli decise di regalare al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "Il Quirinale sotto la neve", un dipinto del pittore russo P.J Potchek del 1907. Lo avevano scovato dall'antiquario romano Carlo Eleuteri. La Rai pagòdipinto diciassettemila euro. La tela rappresenta una inconsueta immagine della cosiddetta "Manica Lunga" del Quirinale sotto la neve, e proviene dalla collezione di Maria Beatrice di Savoia e reca il timbro dell'archivio Savoia.

"SCHETTINO SUBITO IN GALERA" Verso la cella: merito de "Le Iene"

Francesco Schettino, la richiesta della procura: "Dovete arrestarlo". Colpa dello scherzo de "Le Iene"





Francesco Schettino deve andare in carcere. Tutta "colpa" de Le Iene. Ma procediamo con ordine: la Procura di Grosseto ha chiesto al Tribunale del Riesame di Firenze l'arresto del comandante della Costa Concordia, condannato in primo grado a 16 anni e un mese per il naufragio avvenuto nel gennaio del 2012. La ragione è il pericolo di fuga, che è stato ravvisato a seguito dello scherzo de Le Iene: un emissario intitolava una (finta) trattativa per una partecipazione di Schettino all'Isola dei famosi, e l'intermediario del capitano chiedeva 2,5 milioni di euro, de depositare su un conto in Brasile. Ed è proprio il fatto che Schettino possa disporre di un conto in Brasile ad aver fatto scattare la procura per la possibile fuga del comandante. Una nuova bufera giudiziaria, dunque, per Schettino. Il sospetto dei pm è che il capitano volesse raccogliere la fuga per poi darsi alla macchia. Ne segue la richiesta d'arresto, già depositata al Tribunale del Riesame (in sede processuale non era stato ravvisato il pericolo di fuga e dunque Schettino non era finito in cella).

Paoli: soldi in nero alle feste dell'Unità Quell'auto carica alla frontiera svizzera

Gino Paoli, i soldi in nero per la Festa dell'Unità (e quel fermo in frontiera in Svizzera)





Ombre (nere) su Gino Paoli, sospetto "furbetto" fiscale, accusato di evasione per aver trasferito un vero e proprio tesoretto in Svizzera. E nel day-after dello scandalo, ecco arrivare altri particolari succulenti sulla vicenda. Tra questi, uno forse lo è più degli altri: il cantautore avrebbe intascato soldi (in nero) per partecipare alle feste dell'Unità, quelle della sinistra per intendersi. E non solo: alla frontiera svizzera è stato fermato mentre cercava di rientrare in Italia con una eccessiva (e sospetta) quantità di contanti, e per questo è stato multato dai doganieri.

"Sono tutte balle" - Gino Paoli, 81 anni, è finito nell'occhio di ciclone. Lui tenta la difesa tramite il suo avvocato, Daria Pesce, che spiega: "E' assurdo che questa vicenda sia finita in pasto al pubblico, e comunque sono tutte balle e lo dimostrerò". Ma tant'è. L'attuale presidente della Siae nonché ex deputato del Partito comunista italiano, secondo la procura di Genova, in Svizzera avrebbe un conto da circa 2 milioni di euro. Mica bruscolini. Come detto, una parte consistente di questo denaro deriverebbe dai compensi ricevuti in nero per concerti svolti in tutta Italia e alle feste dell'Unità.

"Ero costretto..." - Ma sui pagamenti in nero dei "compagni" non ci sono soltanto i sospetti. Già, perché ci sono quelle che assomigliano a granitiche certezze. Lo stesso Paoli, infatti, ha spiegato che all'epoca - tra il 2000 e il 2010 - era stato "costretto" ad accettare dei pagamenti in nero "alle feste dell'Unità, e adesso - aggiunge - quei soldi vorrei riportarli indietro". Parole e musica che emergono da una telefonata intercettata nei primi mesi del 2004. All'epoca il cantautore non era intercettato, ma lo era invece Andrea Vallebuona, commercialista di cui Paoli era cliente, finito in manette a maggio per truffa e riciclaggio di soldi proprio in Svizzera.

Guai alla frontiera - La vicenda-Paoli si arricchisce poi con l'episodio dello scorso dicembre: il cantautore è stato fermato dai finanzieri a uno dei valichi di confine con la Svizzera. Stava tornando in Italia, ed è stato perquisito. Il risultato? Sono state trovate parecchie banconote. Troppe banconote, troppe almeno rispetto a quanto è consentito dalla legge: secondo le indiscrezioni si trattava di diverse migliaia di euro. Così è scattata una segnalazione fiscale e una sanzione pecuniaria.