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venerdì 17 luglio 2015

Del Debbio, la frase che gela il Cav Ma ora "scende in campo" Salvini...

Paolo Del Debbio gela Silvio Berlusconi: "Non mi candido a Milano, nessuna possibilità". Matteo Salvini in pressing sul conduttore


di Fabio Rubini 


Paolo Del Debbio ha detto «no». Non sarà lui il candidato sindaco per il centrodestra alle amministrative milanesi del prossimo anno. Intervistato da Radio 24 il giornalista Mediaset apparentemente non ha lasciato spazi a dubbi e interpretazioni: «Quante possibilità ci sono che mi candidi a sindaco di Milano? Zero. Come direbbe Monti - ha aggiunto Del Debbio - non è nella mia agenda. Non lo voglio fare, perché non è il mio compito, perché faccio un altro mestiere e son contento di farlo. Punto. Più chiaro di così che devo dire?».

Nel centrodestra però non hanno ancora perso tutte le speranze di convincerlo. Il pressing è continuo e l’ultima carta potrebbe essere quella di Berlusconi. Se una richiesta arrivasse direttamente dall’ex premier sarebbe difficile dire di no. Del Debbio, infatti, con le sue mezze uscite di pochi giorni fa, ha solleticato il palato del centrodestra che sul suo nome si è trovato incredibilmente compatto. Tutti lo vogliono, da Forza Italia (che eviterebbe di trattare con la Lega sul nome del candidato) ad Ncd passando per il sì pesantissimo del Carroccio. Proprio Salvini potrebbe giocare un ruolo importante nel convincere Del Debbio a cambiare idea. Il prossimo 15 agosto il leader della Lega terrà il tradizionale comizio a Ponte di Legno (la Pontida estiva del Carroccio) e per l’occasione ad intervistare Salvini ci sarà proprio Paolo Del Debbio. Un invito che sa tanto di investitura.

Certo la riottosità del volto televisivo Mediaset è reale. In un’epoca dove il sindaco è poco più di un amministratore di condominio, la sua visione «alta» dell’amministrazione rischierebbe di essere mortificata tra vincoli di bilancio, tasse e conti da far quadrare a ogni costo. Per contro è altrettanto vero che al momento quelle sulla sua candidatura sono state solo voci. Nessun leader è andato direttamente al sodo. E questo è quello che, come detto, potrebbe fare a breve Silvio Berlusconi che potrebbe replicare con Del Debbio il celebre «non puoi dire di no, mettiti una mano sulla coscienza» che nel 1997 convinse dopo non pochi dinieghi Gabriele Albertini a scendere in campo.

Nel dubbio, comunque, il centrodestra continua a lavorare a un piano B. La novità più dirompente, come riferito ieri, potrebbe essere quella dello scippo alla sinistra del commissario Expo Giuseppe Sala. Per il resto rimangono in pista i nomi di Corrado Passera (a oggi l’unico candidato ufficiale nell’alveo del centrodestra), di Claudio De Albetis presidente della Triennale, fino ad arrivare a quelli più politici di Paolo Romani e del guru economico della Lega Claudio Borghi.

Intanto sul fronte alleanze si devono registrare le parole di apertura nei confronti della Lega pronunciate ieri dal coordinatore regionale di Ncd Alessandro Colucci: «Le ultime dichiarazioni di Salvini dimostrano che i toni da campagna elettorale sono passati». Forza Italia, invece continua a chiedere le dimissioni di Pisapia. «Ormai è chiaro - ha spiegato il consigliere comunale Frabrizio De Pasquale - che Pisapia non è più in grado di decidere. Meglio affidare le urgenze a un commissario e dare la parola ai milanesi».

"FAZIO È UNA MER... PAZZESCA" La verità al veleno della Littizzetto

Luciana Littizzetto: "Fabio Fazio è una merda pazzesca, l'uomo più cinico che conosca"




Fabio Fazio? "Una merda pazzesca". Parole e musica di Luciana Littizzetto. Così la comica in un'intervista all'Huffington Post in cui il due presenta Minions, lo spin off di Cattivissimo me a cui presteranno le loro voci per il doppiaggio. L'intervista, sul sottile filo dell'ironia, è l'occasione buona per una sorta di regolamento di conti tra Lucianina e Fabio. Ad aprire le danze è Fazio, che si lamenta di avere addosso l'etichetta di buonista. Subito, Littizzetto lo gela: "Ma lui è una merda pazzesca! Tutti dicono che è buono ma non è vero! Io, guarda, smentisco nella maniera più totale: è l'uomo più cinico che conoscono". Risponde Fazio a stretto giro di posta: "Non è che sono cinico, sono ligure. E i liguri hanno un senso pratico delle cose, è inutile far finta...". Dunque, Fazio, argomenta contro chi lo accusa di buonismo: "Siccome in televisione le parole hanno un potere gigantesco, penso che bisogna usarle sempre con rispetto per la persona che hai di fronte e per chi ti ascolta. Buonismo - aggiunge - è una definizione stupida, nel senso che è una semplificazione stupida. Il contrario di buonismo cos'è, essere cattivi e cinici? Per poter avere che cosa, un titolo sul giornale il giorno dopo? Per poter costruire la tua carriera avendo fatto del male a qualcuno? Siamo pieni di sedicenti opinionisti che fanno carriera parlando male degli altri. Nella vita si può essere noti o perché costruisci o perché distruggi". A replicare, infine, è ancora la Littizzetto: "Distruggi sono me". E Fazio: "No, da te mi difendo". E Lucianina? Dopo avergli dato della "merda pazzesca" conclude rincarando: "La mammola...".

Nicolas Cage rovinato (e non è un film): perseguitato dal fisco, ha perso tutto

L'attore Nicolas Cage ha 96 milioni di debiti con il Fisco Usa: ora vive in affitto




L'attore Nicolas Cage, uno dei nostri attori preferiti, non ha più un soldo in tasca. Sembra difficile da credere che una star di Hollywood possa rischiare di finire per strada, ma la sfortuna per l'attore premio Oscar è stata crudele e con lei anche la vendetta del Fisco americano. Cage è ormai in bancarotta e ha venduto proprietà per circa 96 milioni di euro per saldare i debiti maturati con il Fisco per aver evaso milioni e milioni di dollari. Già nel 2008 Cage era stato costretto a vendere un castello in Baviera, poco dopo ha salutato case a Las Vegas, New Orleans e sparse per la California per un valore di circa 10 milioni. Aveva speso come un matto in gioielli, aerei e yacht. Ovviamente aveva anche dato sfogo alla sua passione per le auto sportive extralusso, comprando diverse Ferrari e una Lamborghini Miura già appartenuta allo Scià di Persia. Tutto venduto. E a dissanguarlo ci hanno pensato anche tre matrimoni con relativi divorzi. Secondo il quotidiano inglese The Sun ora Cage vivrebbe in affitto in un piccolo appartamento lontano dai quartieri più lussuosi, qualcuno lo avrebbe visto più volte a pranzo in un caffè vicino casa sua.

Province, "ad autunno sarà crac" Strade, scuole, stipendi: il caos

Province in default, in autunno a rischio strade provinciali, scuole superiori, disabili e stipendi




Le Province sulla carta non esistono più. Eppure sono in default e rischiano di creare più di un grattacapo agli italiani, mettendo a rischio la manutenzione di scuole e strade. E' ItaliaOggi a riferire dei conti horror degli enti: 2,145 miliardi di euro di risorse disponibili, 2,360 miliardi di uscite per la spesa corrente nel 2015, mentre dall'anno prossimo ci saranno tagli rispettivamente per 2 miliardi nel 2016 e 3 miliardi nel 2017. 

Scuole e strade a rischio - Secondo l'Upi, senza una nuova iniezione di liquidi da parte del governo in autunno non ci saranno più i soldi per il riscaldamento e la manutenzione di 5.127 scuole superiori, per mettere in sicurezza i 130mila km di strade provinciali, curare i disabili in carico alle Province, pagare gli stipendi ai dipendenti e le fatture ai fornitori. La proposta dell'Unione Province italiane è di mettere a carico dello Stato la spesa per il personale adibito a funzioni non fondamentali (costo complessivo: 1 miliardo di euro). In alternativa, utilizzare almeno la metà dei proventi da alienazioni patrimoniali per la spesa corrente o non versare al fondo di ammortamento dei titoli di stato il 10% dei proventi da alienazioni e destinare la somma risparmiata all'estinzione dei mutui. 

Ecco dove tagliare - In realtà, sottolinea ItaliaOggi, la legge Delrio impone a Stato e Regioni di sopprimere agenzie, consorzi, società in house a cui fossero state attribuite funzioni di organizzazione di servizi pubblici di rilevanza economica in ambito provinciale. Obbligo non rispettato, finora, e così partecipate ed enti inutili in attività hanno ricevuto oltre 3 miliardi mentre se la spending review colpisse le 35mila stazioni appaltanti (che il piano Cottarelli vorrebbe ridurre a 107) si potrebbero risparmiare 2 miliardi nel 2015 e addirittura 7 miliardi nel 2016.

Colpaccio-Salvini: incassa 2 mln di euro Come ci è riuscito (e come rosica Bossi)

Lega Nord, 2 milioni di euro al partito: meglio solo il Pd (ma Umberto Bossi non versa un cent)




La Lega nord di Matteo Salvini ha incassato due milioni di euro dalle donazioni volontarie di parlamentari e privati. Un risultato che piazza il Carroccio al secondo posto tra i partiti preferiti dagli italiani, preceduto solo dal Partito democratico. A guidare la classifica dei donatori leghisti, riporta il Fatto quotidiano, c'è il presidente del Copasir Giacomo Stucchi con 41.900 euro, lo segue il commissario della Lega in Lombardia Paolo Grimoldi con 32.880 euro, Roberto Calderoli con 30.660 euro, solo quarto in donazioni personali il segretario federale Matteo Salvini con 24 mila euro, quanto il capogruppo alla Camera Massimiliano Fedriga. Hanno fatto donazioni al partito anche i governatori di Lombardia e Veneto, Roberto Maroni e Luca Zaia, con 13.200 euro ciascuno, oltre che l'ex presidente della Regione Piemonte Roberto Cota con 10.548. Ma spicca un nome su tutti nell'elenco, più che altro per la sua assenza: Umberto Bossi non compare nella lista.

"ADESSO BASTA CON MARCHIONNE" Terremoto in Ferrari, chi si dimette

Ferrari, Dagospia: "A settembre si dimette l'amministratore delegato Amedeo Felisa"




Nuovo terremoto in Ferrari. Amedeo Felisa, amministratore delegato del Cavallino, lascerà a settembre Maranello. La notizia viene rilanciata dall'informatissimo Dagospia. Felisa è l'ultimo dei fedelissimi di Luca Cordero di Montezemolo, l'ex presidente al cui posto è asceso Sergio Marchionne. E sarebbe proprio Marchionne, secondo Dago, il "motivo" dello strappo di Felisa: l'ad uscente (?) sarebbe stufo del carattere autoritario del presidente del Cavallino e di come gestisce la Ferrari. Per l'ad di Fca queste dimissioni, alla vigilia della quotazione in Borsa, sono una pessima notizia (lo sbarco in Borsa è previsto per ottobre).

SONDAGGIO DA PSICOSI Crollo verticale in 7 giorni, Renzi è all'angolo: le cifre

Sondaggio Istituto Piepoli su effetto Grecia: crolla il Partito Democratico, cresce il Movimento 5 stelle, stabile Matteo Salvini




L'accordo raggiuntro tra Atene e Bruxelles ha spinto il Partito democratico di Matteo Renzi a un nuovo inaspettato record. Un tonfo registrato dall'ultimo sondaggio dell'istituto Piepoli, pubblicato da affaritaliani, nel quale il Pd perde in soli sette giorni dal 33,5% al 32,5%. Un intero punto perso a fronte dell'avanzata del principale concorrente del partito di maggioranza, cioè il Movimento 5 stelle. I grillini non smettono di crescere nelle rilevazioni di diversi istituti. L'ultima rilevazione di Piepoli non fa eccezione e attesta il M5S al 24,5% con un guadagno di mezzo punto percentuale. Nel centrosinistra rimangono stabili o crescono a piccoli passi tutte le altre forze politiche, ad esempio Sinistra ecologia libertà in fase di trasformazione che conferma il 3,5% delle preferenze degli elettori. Stabili anche il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano al 2,5% e Fratelli d'Italia al 4%. Non perde colpi neanche la Lega nord che considerata con i movimenti meridionali di Noi con Salvini raccoglie il 16,5% delle indicazioni di voto. I gruppi intorno a Salvini restano i primi nell'area del centrodestra, per niente minacciati da Forza Italia che rimane all'11%.

giovedì 16 luglio 2015

Caivano (Na): Spazzatura in strada, E' emergenza. Summit al Comune. E si rivede Manganiello.......

Caivano (Na): Spazzatura in strada, E' emergenza. Summit al Comune. E si rivede Manganiello.......


di Francesco Celiento
ilgiornaledicaivano

Spazzatura, con il caldo aumentano puzze e batteri

CAIVANO -  Summit in Comune, la città è sempre piena di spazzatura, tanto per non cambiare (la foto l’abbiamo scattata alle ore 11). Ovviamente il pattume che si è accumulato non fa male a nessuno nonostante il caldo, ma è una questione anche di principio. Perchè l’unica cosa della N.U. che accade puntuale a Caivano è l’arrivo della salata bolletta ai cittadini. Secondo fonti attendibili, gli operai non scesi in strada perchè non è stato corrisposto loro il relativo stipendio, ma c’è pure la questione del sequestro, operato qualche settimana dai vigili urbani del cantiere della ditta perchè non a norma per il parcheggio dei camion, un problema molto banale. Così la ditta appaltatrice, il cui contratto già in proroga scade il 31 Luglio, si arrangia come può.

Intanto, stamane 16 luglio alle ore 11 sotto l’androne del castello si è rivisto Manganiello, l’ex amministratore delle società del Comune Igica ed Ambiente & Energia, entrambe fallite. Proprio a quell’ora è giunto in Comune l’assessore Claudio Castaldo, sembra sia stato convocato un summit (sindaco-assessore-dirigente e ditta: ecco spiegato la presenza di Manganiello) per risolvere l’eterna problematica di Caivano. Daremo gli aggiornamenti più tardi.

Pirelli e amianto, manager condannati: 6 anni anche al fratello di Veronesi

Milano, condannati 11 ex manager della Pirelli per i morti da amianto. Fra loro anche Guido Veronesi, fratello di Umberto




Morti o gravemente malati di cancro, sono una ventina gli operai della Pirelli che oggi hanno ricevuto un briciolo di giustizia. Il tribunale di Milano ha infatti condannato in primo grado undici ex-manager del gruppo per la presenza di amianto nello stabilimento in zona Bicocca a Milano nel quale gli operai in questione lavoravano. Amianto a cui gli impiegati sono stati esposti in maniera prolungata fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, e che ha provocato l'insorgere dell'incurabile male.

Le pene - La sentenza è stata pronunciata dal giudice Raffaele Martorelli, e ha visto la condanna a sei anni e otto mesi di Guido Veronesi, fratello del più conosciuto Umberto, oncologo simbolo della lotta al cancro in Italia. Il giudice si è spinto oltre le richieste dell'accusa nell'assegnazione delle pene, rendendole aspre. Veronesi (Guido) faceva parte del consiglio di amministrazione dell'azienda tra gli anni Settanta e Ottanta insieme a Gabriele Battaglioli (condannato a 3 anni), Piero Giorgio Sierra (6 anni e 8 mesi), Omar Liberati (3 anni e 6 mesi), Gavino Manca (5 anni e 6 mesi), Armando Moroni, Roberto Picco e Carlo Pedone (3 anni ciascuno), e Luciano Isola (7 anni e 8 mesi). Il giudice ha condannato anche Ludovico Grandi e Gianfranco Bellingeri, amministratori delegati della Pirelli negli anni '80, rispettivamente a 4 anni e 8 mesi e a 3 anni e 6 mesi di carcere. Proprio per la severità di queste condanne, nell'aula di tribunale nella quale sono state lette è scoppiato l'entusiasmo dei parenti delle vittime, accompagnati dagli attivisti di Medicina Democratica e dell'Associazione italiana esposti amianto: "questa volta siamo riusciti a far condannare il padrone” dicono. “Per ricordare tutti i lavoratori uccisi in nome del profitto” si legge su uno striscione. 

"Ricorreremo in Appello" - Gli avvocati dei dirigenti Pirelli di contro promettono l'impugnazione in appello della sentenza. Il giudice ha inoltre decretato una provvisionale -una somma di denaro a favore della parte danneggiata in un processo- di 520 mila mila euro per le parti civili e al risarcimento dei danni da quantificare in sede civile. Nello specifico ha disposto che 200mila euro vadano alla moglie e alla figlia di un operaio morto di tumore, 300mila all'Inail e 20mila euro a Medicina Democratica e dell'Associazione italiana esposti amianto. Molte altre famiglie, dilaniate dalla perdita di un affetto caro a causa dell'amianto, avevano già ricevuto un risarcimento fuori dibattimento e si erano ritirate dal processo. Anche se non è ancora finita, i parenti delle vittime possono tirare un piccolo sospiro di sollievo: un briciolo di giustizia, si diceva, oggi è stata fatta.

Renzi e le imbarazzanti intercettazioni Ora parla la Boschi: "Ecco tutta la verità"

Renzi intercettato, Maria Elena Boschi: "Solo illazioni, roba per appassionati di fantasy"




"Supposizioni, ipotesi, illazioni". Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi si presenta alla Camera e non può che difendere il suo premier Matteo Renzi, coinvolto nelle imbarazzanti intercettazioni con il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi. In quelle telefonate, Renzi (qualche giorno prima di diventare premier) si lasciava andare a giudizi poco lusinghieri su Enrico Letta mentre si adombravano possibili pressioni, se non ricatti, addirittura ai danni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "per colpa" di suo figlio Giulio. "E' grave" che "intercettazioni senza alcuna rilevanza penale sono finite a un giornale", attacca la Boschi, rispondendo all'interrogazione del Movimento 5 Stelle. In ogni caso, sono cose che "magari possono appassionare chi apprezza il genere fantasy ma che nulla hanno a che vedere con l'attività del governo". L'esecutivo, assicura il ministro renziano doc, "ha intenzione rispondere sui fatti per rispetto alle istituzioni, al Parlamento in primis, non su supposizioni, ipotesi, forse addirittura illazioni. "Il resto - sottolinea - è legittimo, probabilmente appassionante per gli interessati al genere fantasy ma non ha nulla a che vedere con l'attività del governo".

"Letta? Era tutto sui giornali" - La Boschi rileva che nell'interrogazione si fa riferimento da un lato a un pranzo riguardo al quale "nulla da riferire ha il governo, perché non sono coinvolti esponenti del governo", e da un altro a una telefonata tra l'allora comandante interregionale della Guardia di Finanza Adinolfi e l'allora sindaco di Firenze, Renzi, "in occasione del compleanno del sindaco e durata - sottolinea - una manciata di secondi". "Non si fa riferimento mai - evidenzia - né a possibili sostituzioni o promozioni nella Guardia di Finanza né tanto meno a possibili ricatti esistenti nei confronti dell'allora Presidente della Repubblica, Napolitano. E del resto - osserva ancora Boschi - basta conoscere anche superficialmente il Presidente emerito per sapere che qualsiasi congettura di ricatto è quanto meno fantasiosa e inverosimile". Quanto poi alle ipotesi che l'allora presidente del Consiglio, Letta, sostituisse un ministro o più ministri "non è nulla di più né di meno di quanto si poteva leggere in quei giorni su tutti i giornali, o di cui discutevano tutti i talk show televisivi. Nessuna ipotesi invece nella telefonata di un cambio del presidente del Consiglio, né è citata nemmeno una ipotesi di avvicendamento dell’allora presidente del Consiglio". 

"Perché le hanno pubblicate?" - Secondo la Boschi "non c'è nulla di segreto, nulla di nascosto, nulla di nuovo, soprattutto". "Quello che è grave è che intercettazioni che non hanno alcuna rilevanza penale anziché essere stralciate siano finite ad un giornale e siano state pubblicate. Su questo e cioè sull'ipotesi di stralcio-non stralcio sono in atto delle verifiche per accertare eventuali responsabilità. Il ministro della Giustizia ha disposto dei primi accertamenti chiedendo all'Ispettorato generale di procedere in questo senso e il Procuratore generale presso la Cassazione ha aperto un fascicolo proprio per verificare se ci sono responsabilità. Purtroppo non è la prima volta che succede, speriamo che sia l'ultima".

La Grecia dice sì all'accordo Ue Tsipras forse lascia: lo scenario

Grecia, il Parlamento approva l'accordo con l'Ue. Syriza spaccata, Tsipras a rischio dimissioni


di Claudio Brigliadori
@Piadinamilanese


La Grecia approva il pacchetto di riforme "lacrime e sangue" imposto dall'Ue, ma forse Alexis Tsipras perderà la poltrona. Paradossi (fino a un certo punto) ellenici: il Parlamento di Atene vota sì all'accordo con l'Unione europea che spacca Syriza, con il governo che perde i pezzi. A fronte dei 229 sì, i no sono stati 64 e 6 gli astenuti. Ora il premier, che su quell'accordo si è giocato tutto, faccia compresa, deve far di conto: riuscirà ad avere una maggioranza solida per portare avanti quelle misure? Molto difficile. 

Rischio dimissioni - Possibile, dunque, che Tsipras si dimetta, lasciando il campo a un governo di emergenza nazionale sostenuto dalla parte moderata di Syriza, To Potami, Pasok e Nea Demokratia, proprio come voleva da settimane Angela Merkel e i falchi rigoristi dentro l'Unione europea. Alternativa: lo stesso Tsipras guiderà quella coalizione allargata, per non darla vinta alla sinistra oltranzista e per non lasciare spazio alla "vecchia guardia", quegli esponenti cioè che per almeno 10 anni hanno ridotto la Grecia sul lastrico e che ora si sono riconvertiti come filo-rigoristi più che affidabili (soprattutto per Bruxelles e Berlino). In ogni caso, sarebbe uno Tsipras più addomesticato, giocoforza.

Ore drammatiche - Doveva essere un nuovo referendum sul governo, dopo quello (vinto da Tsipras) contro l'austerity. Il clima è stato ancora più rovente e drammatico di due settimane fa, con il Parlamento spaccato, le minacce del premier ("O votate l'accordo o lascio"), piazza Syntagma in preda agli scontri tra antagonisti anarchici e forze dell'ordine (con 50 arresti). Accordo che, spiegava Tsipras, "non mi piace, ma era l'unico possibile, ho fatto una scelta di responsabilità". Il premier greco, nel suo appello agli onorevoli, aveva spiegato: "Sono orgoglioso perché abbiamo combattuto per il nostro popolo, non solo contro la corruzione e i problemi dentro al nostro paese, ma anche contro il sistema monetario internazionale. Abbiamo dato una lezione di dignità al mondo". Non così la pensano i duri del suo partito, con la presidentessa del Parlamento ellenico Zoi Konstantopoulou categorica: "L'accordo con i creditori potrebbe produrre un genocidio sociale". Lei ha votato no, così come Yanis Varoufakis e tanti altri dentro Syriza. Difficile dire chi ha tradito chi. L'unica cosa certa è che tempi ancora più duri arriveranno per i greci, ma questo lo sapevano già loro per primi.

Non hai soldi per pagare Imu e Tasi? Fai lo spazzino (gratis) per il Comune

Novara, il sindaco permette a chi non può pagare Imu e Tasi di convertire le tasse in lavoro per il Comune





L'Italia che funziona, che si arrovella e che si rimbocca le maniche per far fronte alla crisi, esiste. E il risultato è da prendere a modello. A Invorio, piccolo comune di provincia di Novara, il sindaco Dario Piola ha tradotto in pratica uno dei provvedimenti dello Sblocca Italia del 2014 che prevede misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio. Ovvero dà la possibilità ai cittadini che non riescono a pagare le tasse comunali di commutarle in lavoro utile per il paese.

Il funzionamento - Raccogliere l'immondizia, potare le piante e tinteggiare le aule delle scuole: solo qualche esempio delle innumerevoli esigenze cui i Comuni riescono sempre meno a far fronte per i continui tagli ai fondi e per i blocchi di assunzioni in tempi di austerità. Parallelamente, sempre più diffusa è la difficoltà per il cittadino di corrispondere con puntualità tasse gravose come Imu e Tasi. La soluzione di barattare i soldi dovuti con ore di lavoro premia la volontà dei cittadini morosi (tante volte non per colpa loro) di non rimanere con le mani in mano e fare della dignità la loro bandiera. La proposta ha già avuto successo: i telefoni del comune squillano continuamente, all'altro capo gente che chiede informazioni su come fare per usufruire dello scambio.

Il primo candidato - Un lavoratore c'è già. Si tratta di un moroso senza colpa delle case popolari, un sessantenne che ha perso quattro anni fa il suo lavoro, e che afferma: "Anche mia moglie è disoccupata e non vogliamo pesare sui nostri figli che hanno già famiglia. Vogliamo sentirci a casa nostra e compensare gli affitti che non riusciamo a pagare". Una sua ora di lavoro equivarrà a 7,5 euro; si comincia lunedì, pulendo le strade per 4 ore al giorno per circa due mesi, per un totale di 1200 euro che andranno a coprire i debiti precedentemente contratti col Comune.

Le regole - Possono farsi avanti volontariamente e chiedere il baratto amministrativo i residenti maggiorenni con indicatore Isee non superiore a 8500 euro con tributi comunali non pagati o che hanno ottenuto contributi come inquilini morosi negli ultimi tre anni. Una soluzione che aiuterebbe i Comuni e i cittadini: i primi nel far fronte alle ristrettezze economiche, i secondi nel riconquistare la loro dignità che la crisi ha spazzato via con i suoi tentacoli.

Rapina nel pieno centro di Roma Gioielliere massacrato nel suo negozio

Roma, gioielliere massacrato durante una rapina




Un gioielliere di 70 anni è stato massacrato nel cuore di Roma, in via dei Gracchi, nel bellissimo quartiere Prati, nel corso di una rapina al suo negozio. A dare l'allarme è stato un conoscente della vittima che non vedendolo si è affacciato nella gioielleria e ha scoperto il suo cadavere.

Secondo le prime informazioni la morte è avvenuta dopo una colluttazione. Probabilmente il settantenne ha cercato di difendersi. Le vetrine del negozio sono state svuotate, come anche alcuni cassetti. Si attende ora il primo referto del medico legale che dovrà accertare le cause del decesso. Al momento si sa solo che il gioielliere ha una profonda ferita alla testa.

mercoledì 15 luglio 2015

Adesso il Fisco ti spia pure al bancomat (e se prelevi troppi soldi ti massacra)

Fisco, il bancomat nel mirino: devi dimostrare per cosa hai usato i soldi prelevati




Il Fisco ti spia anche il bancomat. E se al Fisco "non piace" come lo usi, la multa può arrivare al 50% di quanto prelevato. E' quanto prevede un codicillo, il comma 7 Bis che sta per essere varato con una delega fiscale (a meno di improbabili ravvedimenti del governo). Come spiega Il Giornale, tutto nasce dalla Finanziaria varata dal governo Berlusconi nel 2005 (ma la vicenda è complessa). Per restare alla mera cronaca di questi giorni, eccoci ai fatti: a chiunque, dotato di partita Iva, subisca un accertamento fiscale verranno spiati tutti i movimenti bancomat fatti nel periodo di accertamento, circa cinque anni.

Il precedente - In verità il principio era già adottato in passato. L'orrida gabella funzionava così: se qualcuno preleva troppo, lo stesso Fisco presumeva che "l'eccesso di prelievo" alimentasse proprio traffici in nero, e dovesse dunque essere colpito da una tassazione al pari di un ricavo. Parola ai fatti e alle cifre: alcuni professionisti che avevano prelevato in un anno 50mila euro si erano visti abbuonati dall'accertatore 10mila euro, mentre gli altri 40mila erano stati tassati come se fossero un ricavo, e dunque un reddito. Una follia totale: se prelevavi più di quanto il Fisco ti "consente", quel surplus viene tassato come reddito. Una follia totale che fu giudicata incostituzionale dalla Corte nel 2014. Una follia totale che, come detto, ora sta per tornare.

La follia - Per aggirare la sentenza, nella delega fiscale non si parlerà più di presunzione legale sui prelievi, ma si tirano in ballo le sanzioni in caso di mancanza di giustificativo del beneficiario del prelievo stesso. Insomma, in caso di accertamenti bancari chi non indica il beneficiario dei prelievi si può prendere una sanzione dal 10 al 50 per cento dell'importo del prelievo. Cifre da pazzi. Leggi da pazzi. Secondo il Fisco dopo ogni prelievo dovremmo appuntarci come abbiamo speso quei contanti. Anzi, non bastano date e appunti: è necessaria una prova. Ed è qui che si svela la norma per quello che è, una legge-capestro: una legge diabolica ed impossibile da rispettare (gli scontrini non indicano il codice fiscale di chi li riceva, non sono parlanti, e dunque che "prova" si può usare?).

Napolitano, 200 invitati per i 90 anni Indovina chi ha pagato per la festa?

Giorgio Napolitano, la festa di compleanno a spese nostre




Qui Capalbio, teatro della super-festa per i 90 anni di Giorgio Napolitano. Tra i presenti, va da sé, anche il figlio Giulio, che proprio nei giorni delle intercettazioni che scuotono il governo si è presentato al party con la "stangona" misteriosa con cui è stato recentemente paparazzato al mare. Napo-junior, per inciso, ha incontrato anche la sua ex, Marianna Madia, altrettanto presente. Un "report" sul party di Re Giorgio è stato pubblicato da Dagospia, che dà conto di un "vispo, vispissimo" ex capo dello Stato, che "non perde occasione per far vedere al mondo quanto è ancora importante". Per la sua festa, scrive Dago, Giorgio avrebbe personalmente scelto la location, ossia l'appartamento di rappresentanza in dotazione al presidente del Senato, Pietro Grasso, che si trova nello stesso palazzo in cui l'ex presidente della Repubblica occupa col suo staff i duecento metri quadri del quarto piano. Napolitano, inoltre, ha scelto anche menù e bottiglie.

Gli invitati - Tutto bene? Non proprio, perché la festicciola è a spese del Senato, sostiene Dago. In totale duecento invitati. In ordine sparso: Renzi, Boschi, Mario Monti ed Eugenio Scalfari, Macaluso, Zanda, Finocchiaro, Casini, D'Alema, Amato e Sabino Cassese. Come detto, c'erano anche il figlio Giulio e la Madia: "I due - si legge nell'articolo - sono rimasti a chiacchierare a lungo in un angolo. Ma senza la stangona", ossia la compagna del figlio di Napolitano. Chi invece ha dato il proverbiale due di picche a Napo è stato Silvio Berlusconi, invitato ma senza troppo "trasporto". Anche Laura Bottici, questora del M5s, non si è presentata alla fe
sta per i 90 anni di Re Giorgio.

E noi paghiamo - Dunque, ricapitola sempre Dago: "Brindisi, controbrindisi, catering… piatti salati, sfizi assortiti, dolcini e dolcetti...i camerieri a servizio nell’appartamento dei Grasso (a proposito: quanto costa al Senato tutto ‘sto personale, compresi i due cuochi?) messi a disposizione dell’evento...c’è bisogno di dire che la serata, per la felicità di noi contribuenti, è stata davvero un successo?". Infine, nota sempre Dago, tra Clio e Giorgio mancava il primogenito Giovanni: mistero sulle ragioni dell'assenza. Presentissimo, invece, Donato Marra, ex segretario generale del Colle, che da quando Re Giorgio si è dimesso ha mollato l'incarico e, soprattutto, lo splendido alloggio di via della Dataria.

Fisco, valanga di email per partite Iva Rischio multe-salasso: come evitarle

Novità per le partite Iva: l'Agenzia delle entrate invia mail ai contribuenti se riscontra anomalie nelle dichiarazioni




Dall'Agenzia delle entrate stanno per partire migliaia di comunicazioni per i titolari delle partite Iva intenti nella dichiarazione dei redditi. Il Fisco metterà a confronto i dati dei modelli 770 con le rilevazioni dello spesometro e in caso di incongruenze partiranno le email di posta certificata con il primo avviso. Solo un ravvedimento in tempi rapidi potrà sventare il lievitare delle sanzioni, che con il passare del tempo possono arrivare a cifre sempre più alte.

Come funziona - Un incrocio di informazioni che promette di aiutare i contribuenti con partita Iva nella corretta e completa dichiarazione dei loro ricavi. Il provvedimento viene firmato oggi dal direttore dell'Agenzia delle entrate Rossella Orlandi mette a disposizione delle persone le informazioni necessarie per corrispondere esattamente quanto dovuto allo Stato, così da evitare controlli e possibili sanzioni. Vengono infatti messi a confronto i dati comunicati dai contribuenti all'Agenzia o le possibile anomalie riscontrate nella dichiarazione dei redditi, con quanto dichiarato nel sostituto d'imposta nei modelli 770. Questa procedura permetterebbe agli italiani di correggere rapidamente eventuali errori e scansare il problema delle multe. La procedura avviene tramite posta elettronica certificata, ma nel caso in cui il contribuente non disponesse di una Pec, l'Agenzia delle entrate si premurerà di recapitare le dovute informazioni tramite posta elettronica ordinaria. I contribuenti possono chiedere informazioni seguendo le modalità fornite dalle comunicazioni in oggetto. Ed è importante ricordare che in base alla tempestività dell'intervento del contribuente nella correzione del proprio errore, ci sarà una conseguente e corrispondente riduzione delle sanzioni.

Comunisti da barzelletta: Milano e Roma Si dimettono i vice di Marino e Pisapia

In un pomeriggio si dimettono i due vicesindaco di Roma e Milano




Nello stesso pomeriggio si sono dimessi i vicesindaci delle due principali città italiane, entrambe guidate da sindaci di centrosinistra. A Roma ha mollato il vice di Ignazio Marino, Luigi Nieri, a Milano quello di Giuliano Pisapia, Ada Lucia De Cesaris.

Roma - L'ex vicesindaco romano Nieri è stato più volte citato nelle carte di Mafia Capitale, anche se non è mai stato indagato. Il suo nome è poi tornato nei rilievi dei commissari inviati dall'ex prefetto Giuseppe Pecoraro che hanno confermato i suoi legami con l'ex capo della cooperativa sociale 29 giugno, Salvatore Buzzi. "Non posso più tollerare che la mia persona sia usata, in maniera volgare e oscena, come strumento per attaccare Roma e un'amministrazione che ha fatto battaglie di cui la sinistra italiana può andare fiera".

Milano - Per la vice di Pisapia è stato fatale lo scontro di ieri, 13 luglio, in Consiglio comunale a proposito della realizzazione di un'area per cani all'interno del parco Trapezio a Santa Giulia. Niente di trascendentale per la vita amministrativa milanese, ma le tensioni nella maggioranza per la De Cesaris erano diventate insostenibili: "Si tratta di una decisione presa dopo approfondite riflessioni sugli ultimi mesi di lavoro - ha scritto in una nota - che hanno messo in evidenza difficoltà non più sormontabili nella prosecuzione della mia attività aministrativa per il venir meno del rapporto di fiducia da parte della maggioranza del Consiglio comunale".

Renzi intercettato con il generale Attenzione: adesso parte l'inchiesta...

Matteo Renzi intercettato: arriva l’inchiesta


di Enrico Paoli



Il Nuovo Centrodestra, nel solito eccesso di realismo, vorrebbe stralciare il tema delle intercettazioni dal Disegno di legge sulla giustizia penale, in modo da far viaggiare la materia su una corsia preferenziale. Il Pd, pur essendoci di mezzo il presidente del Consiglio, è determinato a restare sulla linea tracciata dal ministro Andrea Orlando: «La delega sulle intercettazioni resta all’interno del Disegno di legge in discussione alla Camera». Insomma, niente fughe in avanti o corsie preferenziali, il Parlamento faccia il suo lavoro, nonostante il caso Renzi.

E la commissione Giustizia della Camera, proprio oggi, riprende l’esame del provvedimento in questione con l’obiettivo di far arrivare il testo all’esame dell’Aula entro la fine del mese. Maggioranza e opposizione sono consapevoli che il nodo delle intercettazioni avrà un peso in più nel dibattito generale rispetto a quanto ne avesse prima della pubblicazione delle conversazioni fra il premier Matteo Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi che tirano in ballo l’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Per questa ragione il Pd non vuole seguire l’Ncd sulla strada della corsia preferenziale. E così sull’onda della coerenza, più che dell’urgenza, l’idea che sembra prendere forma per stoppare le intercettazioni non rilevanti dal punto di vista penale, sarebbe quella di introdurre una sorta di «udienza filtro» nel corso della quale accusa e difesa stabiliscono quali atti, in particolare i brogliacci delle intercettazioni, servono al processo e quali no. Una volta fatta la scelta il materiale scartato, tanto per fare un esempio le intercettazioni che hanno dato il via al caso Renzi-Adinolfi-Napolitano, verrebbe secretato e consegnato al giudice, non al Pubblico ministero, in modo tale da avere un soggetto terzo che faccia da garante e da custode dei documenti. Ovviamente quella dell’«udienza filtro» è un’ipotesi di lavoro, e non una certezza, dato che resta da definire il quadro normativo entro il quale certe conversazioni sono utili all’opinione pubblica, che ha diritto di sapere, e quali devono essere distrutte. «È del tutto evidente che un politico deve essere consapevole del fatto che ha qualche diritto in meno e qualche responsabilità in più rispetto ai cittadini», afferma Walter Verini, capogruppo del Pd in Commissione giustizia alla Camera, «se dalle intercettazioni emergono atteggiamenti e comportamenti in palese contrasto con il mandato parlamentare è giusto che gli elettori sappiamo come stanno le cose. Di Massimo Bossetti e Alberto Stasi sappiamo tutto, è stato pubblicato tutto e nessuno si è indignato. Se capita ad un politico invece parte subito il coro di proteste».

Nel caso «Renzi», però, tanto la Procura della Repubblica di Napoli quanto il Csm ipotizzano una «fuga di notizie». I giudici partenopei hanno aperto un fascicolo per accertare cosa è accaduto al fascicolo e come mai le intercettazioni sono arrivate al Fatto Quotidiano, mentre il Csm attende a gloria la relazione per attivare un eventuale procedimento disciplinare. Una fretta quantomeno sospetta, sia quella delle toghe che dell’organo di autogoverno dei magistrati, visto che solitamente i tempi sono un po’ più lunghi. Ma essendoci di mezzo il premier meglio accelerare. «Per quello che riguarda l’ultima vicenda (quella delle intercettazioni in cui compare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ndr) siamo in attesa che il procuratore della Repubblica riferisca al procuratore generale che ha aperto un fascicolo per accertare cosa sia accaduto», dice il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. Fate presto, se potete, sembra voler dire l’esponente del Pd.

Sullo sfondo della partita politica legata capitolo delle intercettazioni, se va delineando anche una una di carattere economico. Nell’ottica della spending review il decreto di riforma della Pubblica amministrazione prevede il taglio della spese per le intercettazioni fino al 50%. Dove non arriva la politica arriva l’euro.

Il sondaggio del sorpasso M5S è il primo partito Grillo, le cifre del trionfo

Sondaggio: i 5 Stelle unici credibili contro la corruzione




Diversi commentatori hanno visto nello scandalo di Mafia Capitale una situazione che potrebbe portare il governo in una spirale irrecuperabile. Dipenderà, nei prossimi mesi, da quanti a quali altri scandali saranno portati alla luce e se il Comune guidato da Ignazio Marino verrà commissariato o meno. Ma una cosa è già certa: il Pd si è giocato in questi ultimi tempi tutto il vantaggio in termini di "superiorità morale" di cui per anni e anni i vari Veltroni, Rutelli e Prodi erano andati vantandosi come una bandiera.

Gli effetti di questa "perdita" dell'innocenza li ha misurati l'Atlante Politico Demos in un sondaggio che è stato illustrato oggi dal quotidiano "La Repubblica". Si legge in quella consultazione che il "primato morale" spetta ormai al Movimento 5 Stelle, che è l'unico partito credibile nella lotta alla corruzione per il 31% degli intervistati. Il Pd è staccatissimo, addirittura all'11%. Cioè solo uno su 10 lo ritiene a prova di corruzione. Seguono la Lega Nord, che paga ancora gli scandali belsito-famiglia Bossi, con l'8% e quindi Forza Italia al 6%.

IL BOLLO AUTO È ALLE STELLE Paghiamo troppo: di chi è la colpa

In Sicilia il bollo auto non lo paga nessuno: tanto ci pensiamo noi

di Fausto Carioti



Un miliardo, duecentosettantaquattro milioni, centocinquantamila e duecentoventi euro. Che «depurati da sgravi vari, sospensioni e contribuenti deceduti, si riducono a euro 762.262.850». Ovvero 150 euro esatti per ogni siciliano, neonati inclusi. Tu chiamale, se vuoi, evasioni. Innocenti evasioni, dato che le possibilità di essere acciuffati dagli incaricati di Riscossione Sicilia sono bassissime. Quel miliardo e passa, cifra iperbolica, è l’ammontare dei tributi dovuti dai siciliani per il possesso dei loro veicoli e non pagati tra l’anno 2000 e il 2012. Nello stesso periodo, per lo stesso tributo, nella stessa regione, sono state infatti «riscosse somme solo per 169.512.013 euro». Meno del 12% del totale. Numeri e ammissioni che appaiono per la prima volta negli atti della giunta siciliana, grazie alla relazione che accompagna il disegno di legge sulla regionalizzazione della tassa automobilistica. Provvedimento con cui Alessandro Baccei, assessore per l’Economia di Rosario Crocetta, spera di invertire la rotta a partire dal prossimo anno.

In attesa di vedere se la medicina funziona almeno un po’, la diagnosi conferma la estrema originalità della gestione finanziaria della Regione, che a fronte di un debito destinato a raggiungere i 7,9 miliardi a fine 2015 (ma negli angoli bui delle contabilità locali potrebbero nascondersi orrende sorprese), a spese sanitarie pari a 9,2 miliardi l’anno (il 46% delle uscite regionali) e alla incapacità di riscuotere persino un tributo “facile” come quello sull’auto, con sprezzo del ridicolo mette in conto al Servizio sanitario anche quel particolare intervento di chirurgia estetica noto come «sbiancamento anale» (uno dei motivi per cui nei giorni scorsi la procura di Palermo ha fatto arrestare il primario Matteo Tutino, medico personale di Crocetta).

È una buona metafora, questa storia del bollo auto in Sicilia, per spiegare l’incapacità (o l’assenza o la connivenza) delle istituzioni nell’isola. In teoria, evaderlo è impossibile: accanto alla targa di ogni veicolo appaiono il codice fiscale di chi lo possiede e il suo indirizzo di residenza. Ma ci vuole la volontà di andarlo a cercare. E poi in Sicilia tutto sembra fatto apposta per aiutare chi non paga, inclusi i tempi del contenzioso: gli accertamenti per i bolli auto evasi nel 2009 sono stati notificati nel 2012 e iscritti a ruolo solo nel 2015.

È lo stesso Baccei, tecnico di scuola Ernst & Young, messo alle costole di Crocetta da Graziano Delrio, a trovare imbarazzante il confronto con le altre regioni. Col Veneto, ad esempio: il numero di veicoli è simile, anzi in Sicilia ce ne sono di più (4,2 milioni contro 3,9), eppure il gettito che il Veneto ricava dal bollo auto è più che doppio rispetto a quello della Sicilia: 696 milioni di euro contro 345,8 milioni.

Detta altrimenti, se la riscossione del tributo avvenisse con la stessa efficacia con cui è svolta in Veneto, a palazzo d’Orleans, sede della giunta di Crocetta, incasserebbero oltre 300 milioni in più ogni anno e non ci sarebbe stato bisogno di elemosinare una cifra identica presso il governo centrale, come avvenuto nei giorni scorsi. Con grande scandalo dei leghisti, che chiedevano a Matteo Renzi di dare quei soldi proprio al Veneto, colpito dalla tromba d’aria (da conservare, a proposito, le parole di Giovanni Ardizzone, presidente dell’assemblea siciliana e membro dell’Ucd: «I senatori leghisti pensassero al Veneto, regione in cima alla classifica per evasione fiscale»).

Normale, così, che il gettito ricavato in media dal bollo auto di ogni veicolo siciliano (mettendo nel conto anche quelli che non pagano, secondo la regola di Trilussa) sia pari ad appena 81 euro e risulti essere il più basso d’Italia. Il Veneto ne fa 179, il Piemonte 127, la Lombardia 120, l’Emilia-Romagna 134, il Lazio 136 e la Campania 96.

Il confronto con la Campania, che certo non è un modello di efficienza fiscale, è umiliante anche dal punto di vista dei costi: per la gestione delle tasse automobilistiche la Sicilia spende ogni anno 8,5 milioni di euro, mentre la Campania, scrivono i tecnici della giunta, «con un parco veicoli più numeroso, con procedure di aggiudicazione a terzi del servizio, ha costi pari a euro 3.850.000». 

Adesso Crocetta e il suo assessore promettono di cambiare tutto. Claudio Melchiorre, esperto di economia siciliana e decano del movimento dei consumatori, è tra quelli che non ci credono: «Le famiglie siciliane vivono con meno di diecimila euro l’anno e non hanno alternative per spostarsi. La Regione chiede soldi che nessuno potrà pagare».

martedì 14 luglio 2015

CASERTA Arrestato il sindaco Del Gaudio e Polverino. Richiesta d'arresto per Sarro

CASERTA Arrestato il sindaco Del Gaudio e Polverino. Richiesta d'arresto per Sarro






Caserta - Una decina di arresti eccellenti sono stati eseguiti questa notte dai carabinieri del Ros che hanno ammanettato e portato in carcere il sindaco (sfiduciato) di Caserta Pio Del Gaudio, l'ex consigliere regionale Angelo Polverino (riferimento politico di Del Gaudio) ed altri imprenditori. Richiesta d'arresto anche per il deputato di Piedimonte Carlo Sarro, attuale commissario provinciale di Forza Italia. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa alla corruzione, passando per l'intestazione fittizia di beni alla turbata liberta' degli incanti e finanziamenti illeciti a partiti politici. Sono stati sequestrati anche beni per 11 milioni di euro. Le indagini dei Ros hanno svelato una serie di false denunce per estorsioni presentata da imprenditori contro il boss Michele Zagaria per ottenere una rigenerazione degli impresari in odore di camorra; un diffuso sistema di corruzione all'interno degli Enti che gestisco i servizi idrici della Regione Campania: l'elargizione di illeciti finanziamenti ad esponenti politici locali; la dispersione di materiale informativo rivenuto nel bunker di Michele Zagaria il giorno della sua cattura ed il suo successivo passaggio di mano in favore di esponenti del clan. Arrestati anche Luciano Licenza, Piccolo, l'imprenditore Fontana e l'ex parlamentare Tommaso Barbato.

Fonte: NoiCaserta.it

Sgarbi porta Berlusconi al porno-tour Lati B e manette: la faccia del Cav / Foto

Expo, Silvio Berlusconi visita l'esposizione curata da Vittorio Sgarbi al padiglione Eataly




"Qui, con Vittorio, a strabiliarmi di fronte a queste magnificenze che lui, solo lui, sa illustrare magnificamente". Il messaggio entusiasta lo ha firmato Silvio Berlusconi sul libro degli ospiti dopo il tour nell'esposizione curata da Vittorio Sgarbi nel padiglione Eataly di Expo. Prima il bagno di folla per il Cav e poi il giro tra opere d'arte moderna scelte direttamente dal critico d'arte. Un abbuffata d'arte passata anche per la famosa donna carota di Luigi Serafini, davanti alla quale - come mostra lo scatto diffuso dal blogger Nonleggerlo - un divertito Silvio Berlusconi ha ascoltato la descrizione dell'amico Sgarbi.

Ricarica lo smartphone a bordo del treno L'incubo, lo arrestano: il motivo assurdo

Inghilterra, lo arrestano perché ricarica lo smartphone in treno




Si può essere arrestati per aver messo lo smartphone in carica? A quanto pare si. L'utilizzo ossessivo dell'Iphone e la batteria che si scarica in continuazione, terrorizza tutti gli 'smartphone addicted' che si portano sempre nella borsa il carica batteria. Ma la ricarica è costata la libertà ad un giovane artista inglese. Robin Lee si trovava sul treno a nord di Londra quando ha attaccato l'Iphone nella presa di una corrente. Malauguratamente è stato sorpreso da un ufficiale proprio nel momento in cui lo stava ricaricando. L'addetto ha subito intimato al ragazzo di sospendere l'operazione perché stava "rubando elettricità da un treno" tramite una presa che può essere usata esclusivamente dal personale addetto alle pulizie. Il quotidiano inglese London Evening Standard, ricostruisce la vicenda e scrive che il ragazzo avrebbe opposto resistenza non volendo staccare il telefono dalla presa.

L'arresto - Arrivati alla stazione una pattuglia di agenti, precedentemente avvisati dal suo arrivo, lo ha arrestato. Gli ufficiali però sono stati comprensivi e hanno ritirato l'accusa. Robin quindi è stato rilasciato. È stato comunque avviato un procedimento aperto per 'comportamento inaccettabile'. Il ragazzo si è lamentato dichiarando: "Non avrebbero mai dovuto arrestarmi. L’intera faccenda è semplicemente ridicola. È stato un ufficiale di supporto troppo zelante. Ha detto che stavo sottraendo elettricità. Continuava a dire che è un crimine". La polizia ferroviaria si è giustificata affermando che in ogni vagone è presente un cartello che avvisa i passeggeri di non usare le prese della corrente perché a disposizione esclusiva del personale delle pulizie.

Luce e gas, rivolta sulle bollette gonfiate Il sospetto "truffa" sui consumi rilevati

L'Antitrust mette sotto controllo l'Enel, l'Eni, l'Acea ed Edison




Alcune bollette sospette di luce e gas hanno fatto muovere l'Antitrust in risposta alle segnalazioni e ai richiami degli utenti che si sono lamentati delle cifre incerte presenti nelle fatture. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, presieduta da Giovanni Pitruzzella, ha avviato quattro procedimenti istruttori verso le Spa Acea Energia, Edison Energia, Enel Servizio Elettrico ed Eni. Il motivo degli accertamenti è dovuto alle lamentele ricevute anche da diverse associazioni dei consumatori per accertare se ci siano state effettivamente delle violazioni del Codice del Consumo da parte delle società oppure degli operatori delle aziende.

Fatturazioni e Rimborsi mancanti - Tra i comportamenti sospetti saranno analizzate la fatturazione basata su consumi presunti, la mancata considerazione delle autoletture, la fatturazione a conguaglio di importi significativi, la mancata registrazione dei pagamenti effettuati con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco e il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori. I funzionari dell'Antitrust con l'ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate a Roma, Milano e San Donato Milanese.

Matteo Renzi e la lista dei "traditori": quelli che si "prende" da Forza Italia

Matteo Renzi, la sua lista per accogliere i fuoriusciti da Forza Italia




Da una parte c'è Verdini, che giovedì presenterà simbolo e programma del gruppo parlamentare col quale intende sostenere apertamente l'azione del governo Renzi. L'ex braccio destro del Cavaliere punta ad avere con sè dodici-tredici parlamentari coi quali puntellare una maggioranza che, specie al Senato, appare sempre più minata dai voti contrari o dal non voto della minoranza dem. Un precedente c'è gia stato, quando quattro verdiniani (D'Alessandro, Faenzi, Mottola e Parisi) hanno votato con il governo "salvando" la riforma della scuola. Dall'altra c'è Angelino Alfano, sempre più succube della linea di Renzi e ormai sulla via del non ritorno in quel centrodestra con cui ormai condivide poco o nulla e che lo vede come il fumo negli occhi.

E allora, ecco il piano. Rivela il quotidiano "Il Tempo" che il premier starebbe lavorando  alla possibilità di creare una "Lista Renzi" nella quale far confluire tutti i fuoriusciti da Forza Italia e gli stessi alfaniani. E' chiaro che le scelte di Alfano prima e di Verdini adesso prevedano una "ricompensa elettorale". Ma, scrive ancora "Il Tempo", candidare un Verdini e i suoi fedelissimi nelle liste del Pd quando finirà la legislatura in corso sarebbe un rischio troppo grande anche per Renzi, che probabilmente si vedrebbe rivoltare contro l'intero partito. Ecco, allora, la via d'uscita della "Lista", che tuttavia si scontrerebbe con il funzionamento dell'Italicum che a oggi non prevede più un premio alla coalizione, ma al singolo partito. Cosa che taglierebbe fuori appoggi da liste collegate, che sarebbero importanti per tamponare i voti persi con le scissioni che si stanno compiendo nella sinistra dem. Serve un "ritocco" alla legge elettorale . Renzi di tempo ne ha: potrebbe, di qui al 2018, cambiare solo questo aspetto della legge (con l'appoggio, ovviamente, degli "interessati") e così aprire le porte (e premiare) chi lo ha sostenuto e lo sosterrà in questi anni al di fuori del Pd.

lunedì 13 luglio 2015

IVAN BASSO: HO IL CANCRO, MI RITIRO Terribile scoperta dopo la caduta al Tour

Tour de France, Ivan Basso ha un tumore: si ritira dalla gara




Il ciclista Ivan Basso ha scoperto di avere un tumore e ha quindi deciso di ritararsi dal Tour de France. Il ciclista della Tinkoff-Saxo era alla sua ultima partecipazione in carriera del Tour, dopo una delle carriere più fruttuose per il ciclismo italiano. Basso ha vinto due edizioni del Giro d'Italia, nel 2006 e nel 2010, e ha messo in bacheca per due volte il podio al Tour. A malincuore, Ivan il Terribile ha dovuto lasciare la gara prima del previsto, dopo la scoperta del tutto fortuita del cancro: "Ce ne siamo accorti dopo la mia caduta nella quinta tappa: quel giorno ho battuto un testicolo contro la sella, come tante altre volte. Però ha cominciato a darmi fastidio e allora stamattina siamo andati a Pau dove c'è un famoso urologo per fare una visita. La tac ha evidenziato la presenza di cellule tumorali nel testicolo sinistro. A questo punto devo tornare subito a casa per operarmi".

ADESSO TOCCA ALL'ITALIA Ci tratteranno come Atene: perché rischiamo il default

Grecia umiliata in Europa, monito per l'Italia: perché rischiamo di essere la prossima Atene




La parola fine all'intricato caso-Grecia sembra non arrivare mai. Di sicuro, oggi, con l'intesa raggiunta a Bruxelles, si è arrivati a un importante punto di svolta: ora, la ratifica dell'accordo-capestro, spetta al Parlamento ellenico. Il "sì", se arriverà, sarà sofferto. Il punto è che dopo il referendum e nonostante il referendum voluto da Alexis Tsipras in cui ha vinto il "no" all'Europa, nelle sedi continentali è stato siglato un accordo che, nei fatti, ricalca quasi in toto le richieste dei creditori. Un accordo durissimo, per la Grecia, chiamata ad approvare riforme epocali nell'arco di tre giorni, costretta a (ri)accettare il commissariamento della Troika (che tornerà a muovere le leve del comando ad Atene) e costretta soprattutto a "vendere" beni per 50 miliardi di euro, cifre iperboliche, con le quali, nei fatti, il Paese viene ipotecato. La Grecia, dunque (e forse), resta nell'euro. Ma a che prezzo? A un prezzo elevatissimo. Al prezzo di lacrime e sangue. Al prezzo - con assoluta probabilità - della testa del premier Tsipras, pronto alle dimissioni (indotte?) e pronto ad essere espulso dall'Europa come un corpo estraneo. Come detto, la parola fine all'intera vicenda deve ancora essere scritta, ma alcune considerazioni, partendo proprio da come è stata punita e umiliata la Grecia, si possono fare.

E in Italia? - E queste considerazioni, va da sé, riguardano l'Italia, riguardano il nostro orticello. Si dice da tempo, da anni, che la prossima Grecia potrebbe essere l'Italia, oppure la Spagna. L'una vale l'altra, circa. E se così fosse, da oggi abbiamo ben chiaro a cosa andremmo incontro, roba che il massacro sociale firmato dalla "premiata ditta" Mario Monti ed Elsa Fornero sembrerebbe un po' di solletico sotto ai piedi. Il punto è che non possiamo dormire sonni tranquilli. Abbiamo un premier, Matteo Renzi, che promette mille riforme e ne conduce in porto cinque, per giunta pasticciate (o irricevibili). L'obiettivo deve essere scongiurare la possibilità che in prima linea contro la speculazione ci possa finire il Belpaese. Ma il rischio non e stato ancora scongiurato, affatto. E ora più che mai è il momento di tirare fuori l'Italia dalle secche di una crescita economica che procede col ritmo della lumaca (e sul fatto che da queste secche possa condurci fuori proprio Renzi è più che lecito nutrire dei dubbi).

Draghi e spread - Il fatto che l'Italia abbia davanti a sé un solo anno di protezione sicura - si parla del Quantitative easing della Bce di Mario Draghi - complica ulteriormente il quadro e riduce i tempi per dare la scossa al Paese. Quando Draghi non potrà più sparare col suo bazooka, quando non potrà più comprare titoli di Stato per calmierare lo spread, potrebbero essere guai. Grossi guai. Si pensi soltanto a cosa è successo negli ultimi giorni, con lo spread delle nostre cedole tornato a schizzare verso l'alto non appena l'accordo sulla Grecia sembrava naufragare. Non si tratta di una coincidenza, ma del consueto - e sinistro - messaggio: l'Italia non gode della fiducia dei mercati e, ad oggi, da sola non può farcela (a contenere i rialzi del differenziale è stata, ancora una volta, soltanto la manina di Draghi, senza la quale ci troveremmo già oggi a pagare parecchi miliardi in più sugli interessi dei titoli di Stato).

Borsa e banche - Come poi sottolinea Paolo Panerai su Milano Finanza, vi è un altro grave campanello d'allarme: ciò che è accaduto in Borsa alle banche italiane nei due lunedì che hanno preceduto oggi, 13 luglio. I nostri istituti, a causa della crisi ellenica, in due sessioni hanno perso fino al 7% della loro capitalizzazione. Un vero e proprio crollo, che non ha escluso neppure Intesa Sanpaolo, quella che con oltre 15 miliardi di eccesso di capitale è considerata la banca più solida d'Europa. Queste oscillazioni rendono chiara la minaccia: non appena ci sono turbamenti sui mercati, la speculazione vede nell'Italia un obiettivo abbordabile, abbattibile e succulento (tutti ricordano cosa accadde nel 2011). Ed è alla luce di tutto ciò, e soprattutto alla luce del prezzo che l'Europa sta imponendo di pagare alla Grecia, che l'Italia, ora, deve muoversi. Una volta finito il Qe made in Draghi, se non sarà stato fatto un serio intervento sul debito, l'Italia potrebbe davvero trasformarsi una nuova Grecia. Quanto accaduto ad Atene deve essere un monito, per l'Italia. Un monito da ascoltare e trasformare in opportunità. E il tempo sta scadendo.

DISSE: "IMPICCATE I DUE MARÒ" Per il comunista finisce malissimo

Marò, si dimette il segretario di Rifondazione comunista che disse: "Perché non li impicchiamo?"




"Ho detto una colossale scemenza, rimetto il mio incarico". Inizia così il comunicato in cui il segretario di Rifondazione comunista di Rimini, Paolo Pantaleoni, ha rimesso l'incarico a disposizione della Federazione. Un gesto dovuto, dopo la sua frase della vergogna postata su Facebook: "Non è ora che impicchino i due marò?". Ora, l'uomo, travolto da una vera e propria bufera e da durissime critiche, spiega: "L'ho detto nei giorni scorsi alla stampa locale, lo ripeto oggi: il mio post sui marò è stato una colossale scemenza, di cui mi scuso con tutte le persone che ho urtato, ferito ed infastidito".

"Una battuta" - Pantaleoni prosegue: "La mia voleva essere una battuta a fronte dei tanti politici che usano parole violente contro i profughi e gli stranieri, ma, ribadisco, è stata una battuta sbagliata e altrettanto violenta: una violenza verbale che è esattamente ciò in cui non credo. Perciò sono doppiamente mortificato". E ancora: "Mi scuso anche con il mio partito, Rifondazione Comunista, con la comunità politica di donne e di uomini di cui faccio parte: ciò che ho scritto - sottolinea - è distante anni luce da ciò che pensa e pratica il Prc. Mi scuso sapendo che in questi giorni siamo impegnati a fianco del popolo greco e invece Rifondazione andrà sui giornali per questa mia scemenza. Convinto di tutto questo, rimetto il mio incarico a disposizione della Federazione di Rimini".

Le reazioni - Come detto, le parole pronunciate dal comunista avevano sollevato un polverone. A rispondergli ci aveva pensato anche Massimiliano Latorre, il marò che si trova in Italia per ragioni di salute e il cui permesso per restare in Patria è stato prolungato oggi di sei mesi: "Spero che queste parole siano uscite dalla testa e non dal cuore, ma lo dicesse ai nostri figli. Qui mi blocco - aveva aggiungo - e non voglio far polemica. Quando saprà che siamo innocenti avrà ancora il coraggio di scherzare. A tutto c'è un limite, anche alla sopportazione", aveva concluso. Duro anche il commento di Maurizio Gasparri, che ha dato a Pantaleoni del "cerebroleso". Per Laura Comi "la responsabilità di affermazioni così offensive e macabre non può passare sotto voce e mi auguro pertanto che il partito prenda provvedimenti". Infine Matteo Salvini, che tranchant aveva commentato: "Questo signore ha dei problemi, va aiutato".

Il salasso d'estate solo l'ombrellone Il top in Liguria. E dove si spende meno

Spiaggia, il salasso d'estate sotto l'ombrellone




C'è la crisi, ma non in psiaggia: perchè quaando il maare chiama, chiama. Gli itaaliani corrono e i bagni ne approfittano. Il quotidiano "Il Tempo" ha condotto una indagine sui prezzi di ingresso, ombrellone e lettino lunga tutto lo stivale, scoprendo che la medaglia d'oro in tema lidi high cost va ad Alassio in Liguria. Per un ombrellone, un lettino e un ingresso la spesa varia da 10 a 24 euro. Secondo posto al litorale romano con Ostia: da 8 a 22 euro. Quasi come a Santa Teresa di Gallura in Sardegna, Capo d' Orlando in Sicilia e altre mete ancora più gettonate come Taormina. In Toscana, a Viareggio, si spendono dai da 9 a 22 euro. A Rimini, dove l' ingresso in spiaggia è gratis ovunque, per ombrellone, lettino e servizi si pagano dai 10 a 18 euro, più o meno come a Lignano Sabbiadoro. Dai 10 ai 16 euro a Praia a Mare (in linea con Bibione), dai 12 ai 15 a Civitanova Marche, fino ad un massimo di 15 euro ad Acciaroli nel Cilento, dai 14 ai 16 a Pescara. La palma del low cost va al Salento, a Gallipoli: per le stesse attrezzature si va da 6 euro a massimo 15 euro.

Coltellata della fedelissima Così ha smascherato Renzi "Perché non leverà l'Imu"

La balla di Renzi sull'Imu: ecco perchè non potrà toglierla a settembre




Certo, alle amministrative del 2016, che vedranno andare al voto città-chiave come Milano, Torino, Genova, Bologna e Napoli, mancano ancora dieci mesi. Ma la "sconfitta" subita alle ultime regionali, a Matteo Renzi, brucia ancora. Aver perso una regione a trazione rossa come la Liguria, e per mano del consulente politico di Berlusconi, gli ha fatto male. E anche in Campania e in Umbria ce l'ha fatta per un soffio.

Quindi, non c'è tempo da perdere. A gennaio, in pratica, parte la campagna elettorale e per allora bisogna farsi trovare pronti. Ecco perchè ieri il premier ha annunciato che per il prossimo autunno intende abolire l'Imu, l'odiata tassa sulla casa. Una mossa che fa pensare agli 80 euro che spinsero il Pd al 41% alle Europee 2014. E che Renzi intende completare per tempo, per non ritrovarsi nelle condizioni delle ultime amministrative, quando misure tipo il Jobs Act e la decontribuzione per le imprese sui nuovi assunti sono state approvate troppo tardi per produrre un effetto "elettorale".

Ma anche l'Imu, come altre, rischia di rimanere una promessa urlata al vento. A scriverlo, oggi, è sul Corriere della Sera Maria Teresa Meli, notista politica peraltro di note simpatie renziane. "Gli elettori faticano ancora a vedere la luce fuori dal tunnel. E allora ci vuole un'idea, una mossa che spiazzi e che attragga" scrive la Meli. "Per questa ragione il premier ha messo al lavoro i suoi esperti a Palazzo chigi. Ma l'Europa non ci farà mai cancellare l'Imu". La tassa, infatti, è considerata a Bruxelles tra quelle "riforme" che sono alla base della fiducia concessaci dall'Europa dal 2012, quando Monti reintrodusse l'odiata gabella sulla casa.