Pd, parla il deputato Marco Di Stefano: "Dalle tangenti alle escort, vi racconto tutto"
Intervista a cura di Giacomo Amadori
Al telefono la voce arrochita è da protagonista di un film poliziottesco anni '70. E in fondo l'onorevole del Pd (autosospeso) Marco Di Stefano lo sbirro lo ha fatto per davvero. Sebbene adesso sia accusato di essere un birbante e di aver intascato una tangente milionaria. L'avrebbe pagata il costruttore romano Daniele Pulcini per far affittare due palazzoni dalla regione Lazio, di cui Di Stefano è stato assessore. Ma da quando è indagato al parlamentare pd è stato attribuito di tutto, dai festini a luci rosse all'acquisto della laurea. I suoi grandi accusatori sono l’ex moglie Gilda Renzi e Bruno Guagnelli, fratello di Alfredo, l'amico di Di Stefano scomparso in circostanze misteriose nel 2009. Oggi per quella sparizione la procura di Roma indaga per omicidio. «Che sia chiaro: questa non è un'intervista, è una chiarificazione. Ma se vuoi usare queste parole (Di Stefano è un tipo che passa subito al tu ndr), usale bene. Io in questa vicenda c'entro poco: su di me è stato fatto un film».
La sua vecchia consorte sostiene che lei abbia intascato una mazzetta da 1,6 milioni di euro.
«Durante la separazione quella donna mi ha accusato di cose assurde che ho dimostrato false. Pensa che si è persino candidata con l'Udeur contro di me, senza aver mai fatto politica, pensando di darmi fastidio e ha preso la miseria di 38 voti. La sorella, con lo stesso obiettivo, è diventata presidente dell'Udeur di Roma. La mia ex moglie mi ha giurato vendetta. È pure andata da mia madre ottantenne a dirle che mi avrebbe mandato in galera».
Quindi i soldi della tangente non li troveranno...
«Non esistono e per quello sto tranquillo».
Hanno scritto che lei è andato a Ginevra a nascondere i suoi soldi, scortato dalla polizia...
«Non sono mai stato a Ginevra e non so neanche come arrivarci. Hanno scritto pure che sono legato ai servizi segreti e che preparo dossier. Sono accuse allucinanti».
È vero che si è comprato una laurea?
«Un altro attacco incredibile. Ho fatto un pugno di esami in un’università telematica che se ci va un cerebroleso o un ragazzino di 12 anni si laurea in due anni. Quegli atenei online servono per prendere un pezzo di carta. Un mio amico (il presunto docente corrotto, ndr) mi ha detto: “A te basta il 18, preparati tre o quattro argomenti a piacere, in fondo un po’ di parlantina ce l'hai e i professori sono quello che sono”. Alla fine, in tre anni, dal 2007 al 2010, sono riuscito a dare solo 5 o 6 esami, poi ho lasciato perdere. Altro che laurea comprata».
Nell'inchiesta di Roma è coinvolta anche la sua attuale compagna, Claudia Ariano. Lei la fece assumere nel 2009 da una società controllata dalla Regione.
«Assolutamente no. È stata presa a Lazio service quando io non ero più assessore ed ero in guerra con l'allora governatore Piero Marrazzo. Figurati se assumevano la mia compagna, anche se in quel momento, per essere precisi, non lo era ancora. La stavo corteggiando senza troppa fortuna... Persone per bene come lei ce ne sono poche».
È accusata di aver scritto una relazione sulla base della quale è stato affittato uno dei due palazzi di Pulcini.
«Le hanno chiesto di tracciare il quadro della situazione, ma quell’edifico non l’ha preso lei. L’hanno tirata dentro per coinvolgere me. Poteva una dirigente che stava là da tre mesi indurre ad affittare un palazzo intero una società che ha un cda, un presidente, un direttore generale, un assessore e un governatore di riferimento? Siamo di fronte a un altro film».
I soldi della mazzetta glieli trovano o no?
«Ma che mi trovano? Io spero che stiano setacciando tutto il mondo. Io con quella storia del palazzo di Lazio service non c’entro niente. Sono andato a un’assemblea dei soci con delega di Marrazzo, con un ordine del giorno scritto da Marrazzo e ho soltanto detto che dal 2005 esisteva un problema logistico per centinaia di dipendenti e che la Corte dei conti ci aveva dato 70 milioni di multa perché usavamo il personale di Lazio service in maniera impropria».
Con il senno di poi si rioccuperebbe di una vicenda che riguardava un immobile di un suo amico?
«Non è colpa mia se c'è stata una gara pubblica e lui l'ha vinta. Sono stato dieci anni in commissione urbanistica e per questo chiunque avesse ottenuto l'appalto sarebbe stato mio amico. Conosco pure il tuo editore. Chi non conosco a Roma io?»
Alcuni testimoni dicono che Alfredo Guagnelli, il 28 aprile 2009, avrebbe ritirato a Montecarlo un milione di euro in contanti da suo cognato, Maurizio De Venuti, per un investimento...
«Chi ce li ha i soldi a Montecarlo? E secondo te io facevo investimenti con Alfredo? Che non vedevo quello che combinava negli affari?».
Eppure ci sono tre testimoni.
«E che dicono? Io li querelo».
Dopo gli articoli di «Libero» suo cognato è stato pure sentito in procura e i magistrati hanno mostrato la sua foto a più di un teste per vedere se lo riconoscessero.
«Maurizio sta sempre insieme con me, certo che lo conoscono».
I pm stanno verificando se il 28 aprile di sei anni fa si trovasse a Montecarlo.
«Può darsi che ci fosse. Mio cognato da 20 anni va nel Principato almeno tre volte l'anno. Lo avrà dichiarato anche ai pm. Ma non credo che questo sia un reato».
De Venuti ha incontrato Guagnelli a Montecarlo quel giorno di primavera?
«Non lo escludo. Ma anche questo non è un reato».
C'era pure lei nel Principato?
«Non lo so. Comunque lassù Alfredo aveva molti altri contatti».
Gli inquirenti stanno verificando se suo cognato abbia davvero consegnato un milione di euro.
«Non può essere accaduto».
Ma perché i testimoni hanno parlato di soldi?
«Lo avrà fatto Guagnelli e non so perché. Avrà avuto i suoi motivi. E se quel giorno lui e Maurizio erano entrambi a Montecarlo non significa che mio cognato gli abbia elargito quella somma».
Sui giornali l'hanno accusata di aver preso parte a festini sexy e Bruno Guagnelli dice che il fratello le avrebbe messo a disposizione una ragazza della sua agenzia di modelle...
«I festini sono un’incredibile invenzione».
E la fanciulla di cui parla Bruno?
«Mi trovavo al casale di Alfredo in Toscana e ci stava pure lei».
Ci sono testimoni che dicono di avervi visti consumare un rapporto.
«È entrato un domestico mentre stavo guardando una partita di calcio e questa stava vicino a me. Ero un personaggio in vista e come tutte le ragazze ha provato a fare qualcosa… ma mi chiedo dove sia il reato».
Per Bruno Guagnelli era stata pagata da suo fratello.
«Non penso che fosse una escort. Visto che non ero brutto e contavo qualcosa se un’amica di Alfredo veniva con me potevo immaginare che fosse pagata? Con lui ci siamo divertiti, era un compagnone, ma i ruoli erano chiari e distinti: l’assessore ero io e lui solo un mio amico. Se avessimo commesso qualche illecito insieme il giorno dopo ci avrebbero scoperto. Probabilmente, in certi ambienti lui si è venduto il mio nome, la mia amicizia, questo sì».
L'hanno definita il boss del Pd romano...
«Ma io non conto un cazzo. Quando hanno fatto il rimpasto in Regione sono stato il primo che hanno cacciato perché non avevo coperture nazionali».
Eppure ha ottenuto numerose preferenze...
«Vengo dalla strada, ho sempre sputato sangue e ho gente che mi vuol bene. Se mi candido a Roma arrivo primo o secondo e invece alle primarie sono arrivato ventitreesimo».
Bravo. Parliamo delle primarie. In un'intercettazione lei minacciava sfracelli.
«Ho detto certe cose solo perché avevo il patema d’animo».
Ma è innegabile che le primarie del Pd siano molto chiacchierate.
«Lo dicono tutti. L’ho detto io ed è successa l'iradiddio. Io ho solo presentato un ricorso al mio partito».
Che cosa non le è piaciuto?
«Al secondo turno poteva votare solo chi lo avesse già fatto al primo. Nelle mie sezioni, quelle dove ero più forte, hanno mandato presidenti puntigliosissimi. A Casalotti dove prendo mille preferenze molti miei elettori non hanno potuto votare. Invece nelle altre sezioni hanno votato tutti, dai marocchini ai cinesi, e per dimostrarlo ho mandato dei miei amici in giro. Li hanno accettati anche se non avevano partecipato al primo turno. Io fatto ricorso indicando nomi e cognomi degli amici miei. È evidente che c'è stata disparità. Poi dici che sono incazzato. Sono vent’anni che faccio politica e visto che non sono organico al partito, sono sempre sopravvissuto grazie ai miei consensi. Il mio candidato al Comune di Roma è arrivato quarto. Ti sembra possibile che io possa arrivare ventitreesimo? Non ci crede nessuno».
Però l'hanno fatta entrare in Parlamento da primo dei non eletti...
«Perché tutti avevano capito che forse avevano esagerato. Alle primarie è successo di tutto. A livello nazionale sono stati presentati mille ricorsi e il partito li ha dovuti bocciare in blocco perché erano troppi. In compenso i primi dei non eletti sono stati tutti piazzati da qualche parte. A me m’hanno mandato alla Camera dopo aver messo quella che mi era arrivata davanti a fare l'assessore: era una che avevano inserito in lista alle tre di notte senza farla passare dalla primarie. Se qualcuno ha lavorato a questa soluzione è perché penso che nel partito lo ritenessero giusto. Non mi sembra che sia una cosa tanto grave».
Dicono che lei sia un renziano. È stato uno dei relatori alla Leopolda di Firenze.
«Là sono stati invitati tutti i parlamentari. Hanno chiesto chi volesse tenere un tavolo di discussione: io mi sono offerto e l’ho fatto».
Si è parlato di una trappola per Renzi...
«Perché doveva essere un trappola? Certamente sono successe tante cose strane. Ci sono stati giornali che mi hanno aggredito in maniera particolare. In questi mesi ho capito che la politica nazionale è una cosa troppo grande per me».