"Da Beppe Grillo a Jennifer Lopez: tutti pagati in nero e si dicono di sinistra", un impresario racconta le pretese delle star
Intervista a cura di Giacomo Amadori
Gino Paoli |
Lello Liguori, ottantenne impresario di lungo corso, è stato definito il Grande Gatsby della Riviera ligure. Ha gestito locali da Sanremo a Santa Margherita ed è stato anche il re delle notti milanesi. Ha conosciuto la malavita meneghina molto da vicino e uno dei boss dell’epoca, Angelo Epaminonda, detto il Tebano, lo ha accusato di tutto: «Omicidio, associazione a delinquere, spaccio internazionale di droga», ha ricordato Liguori. Hanno persino tentato di ucciderlo, ma l’ha sempre sfangata. «Ho pagato cara l’amicizia con Bettino Craxi. Sono stato interrogato da undici magistrati, coinvolto in 11 processi e assolto 11 volte» ha dichiarato qualche anno fa al Secolo I. E per difendere Craxi ha litigato anche con Beppe Grillo: «Lo detesto perché va in giro a fare il politico, a sputtanare tutti quanti, ma quando veniva da me, carte alla mano, si faceva dare 70 milioni: dieci in assegno e 60 in nero», ha detto nella stessa intervista al quotidiano genovese. Dichiarazioni che sono state riprese con enfasi dai media solo nel 2014 e Grillo, fuori tempo massimo, ha minacciato querele.
Signor Liguori, ma il leader del Movimento5stelle, alla fine, l’ha denunciata per davvero?
«No, mai, anche perché ho documenti e testimoni. Nei giorni scorsi sono stato contattato dai difensori di Luca Barbareschi. Grillo lo ha querelato perché in televisione ha fatto una dichiarazione sui pagamenti in nero. Sono dovuto andare dal comandante dei carabinieri a confermare che Grillo con me ha evaso più di 300 milioni di lire. È venuto almeno 20 volte nei miei locali. Inizialmente prendeva 70 milioni di cachet: 10 in assegno e 60 in nero. Questo lo ha fatto quattro volte al Covo e una volta allo Studio 54 di Milano, che era mio. Poi ha lavorato altre volte a 20-30 milioni. Comunque sempre con la stessa prassi. Quando è venuto a Milano io avevo con me una persona testimone del pagamento: è andato lui alla cassa a prendere i soldi».
E i documenti?
«Ci sono le mie dichiarazioni alla Siae in cui dicevo quante persone c’erano nel locale. Quello è un documento».
Ha mai ingaggiato Gino Paoli?
«Una decina di volte».
E con lui come veniva retribuito? In modo regolare?
«(Breve pausa) Non ricordo. Paoli è un amico e non ricordo. Riguardo a Grillo mi è stato chiesto da più parti, da destra e da sinistra, di asfaltarlo. Naturalmente sotto elezioni tutti speravano in una débâcle di Grillo. E io ho detto: si può fare. Mi sono messo lì tre giorni e ho parlato con tutti i giornali».
Politica a parte, glielo richiedo: lo stesso sistema di pagamento veniva utilizzato con Gino Paoli?
«Guardi, con tutti. Io ho portato in Italia 300 artisti americani, ho lavorato con spagnoli, francesi, greci e i compensi sono sempre stati versati in quel modo. Se lei li vuole è così, altrimenti non vengono».
Dunque non l’ha stupita che Paoli sia accusato di evasione fiscale?
«Io ho una figlia a Lugano e vedo quelli che stanno riportando indietro i soldi».
Ma il cantautore genovese veniva pagato in nero sì o no?
«Io l’ho ospitato tante volte con Ornella Vanoni, ma anche insieme con Grillo. Perciò lo chieda a Grillo (ride)».
Per loro stessa modalità di remunerazione: me lo può confermare?
«Era la stessa per tutti. Io adesso sto trattando per l’Expo. Hanno preso Andrea Bocelli non da me, da un inglese. Volevano un’altra star. Abbiamo tentato di affiancargli Angelina Jolie, ma Bocelli non ha voluto perché oscurava un po’ il suo nome. Allora abbiamo deciso di puntare su Jennifer Lopez. Ma con gli intermediari è la solita storia: costa 1,8 milioni, però bisogna dargliene "normali" (ufficiali ndr) 1,2. Tanto per dire. Non lo riporti, però, perché non abbiamo ancora firmato i contratti e faremmo brutta figura con la Lopez».
Ritorniamo alla coppia Grillo-Paoli. Mi può ribadire che facevano “nero” insieme?
«Ma sì. Guardi che se lo chiede a Grillo, lo ammette. Tanto dice che è tutto finito in prescrizione. In effetti sono cose di tanti anni fa».
E secondo lei anche Gino Paoli confermerebbe?
«(Liguori cambia all’improvviso registro) Gino Paoli non ricordo neanche... mi sembra di averlo pagato regolarmente. Anche perché il mio direttore, che è mio cognato, ha suonato per vent’anni con Paoli. Era capo orchestra. È stato lui a fare i contratti, non io».
Dunque con l’autore del “Cielo in una stanza” avete fatto tutto a regola d’arte?
«Mah. Io penso. Non sono in grado di dire né sì, né no».
Però quando è venuto con Grillo, l’accordo l’hanno fatto con lei?
«Naturalmente, li ho messi insieme io».
E in quell’occasione stesso pagamento per entrambi?
«Non so, perché Grillo è andato via prima. Paoli si è fermato sino a tardi con mio cognato che aveva accesso alla cassa».
Mi sembra di capire che lei sia troppo amico di Gino Paoli...
«È così».
Ci sono altri personaggi con cui ha avuto brutte esperienze?
«Io ho una causa con Teo Teocoli. Nel 1999 doveva fare una serata per la Confindustria, ma rinunciò per motivi di salute. Ho dovuto sostituirlo a mezzanotte con Giorgio Faletti che ho trovato all’ultimo momento vicino a Portofino; eppure Teocoli ha incassato diversi milioni dalla Confindustria. L’ho scoperto recentemente. Grazie a una vecchia fattura ho visto che in quell’occasione c’erano 1.100 persone per un conto totale di 94-95 milioni. A me ne hanno dati solo 72, perché avevano scalato il cachet di Teocoli. (Il 22 febbraio ndr) il suo avvocato mi ha mandato una lettera in cui diceva che se io avessi divulgato questa notizia mi avrebbero querelato. Io naturalmente sono andato subito a sporgere denuncia per appropriazione indebita e furto».
Altri personaggi con cui ha trattato?
«Io ho lavorato con Ornella Vanoni, Patty Pravo, Vasco Rossi, Claudio Baglioni e sono stati tutti pagati regolarmente. Senza nero».
In ogni caso, con tutto quello che guadagnano gli artisti, non le sembra un po’ scorretto che alcuni cerchino di evadere le tasse?
«E gli sportivi allora? Guardi Valentino Rossi. Mi sembra che abbiano trovato conti all’estero un po’ a tutti. Non dovete andare a toccare il nostro mondo. Compresi noi dei locali notturni. Sono stato al Covo 37 anni e avevo 40 locali contemporaneamente, tra Italia ed estero. Ovviamente, proprio per colmare i disavanzi causati dai pagamenti in “nero” delle “attrazioni”, quando si poteva, cercavamo di fare qualche biglietto in meno per la Siae».
Beh, sta dicendo che eravate costretti a costituire fondi neri per i compensi fuori busta degli artisti. Adesso sembra che abbiano trovato il tesoretto svizzero di Gino Paoli...
«Che è della sinistra estrema...».
Si definisce ancora "comunista".
«Appunto».
Eppure sembra abbia accantonato due milioni Oltralpe... Il suo guaio è che non è riuscito a riportarli indietro.
«Gli do un consiglio: si deve mettere d’accordo con l’Agenzia delle entrate, pagare il 5 per cento e farli rientrare. Così sta più tranquillo».
Forse adesso è troppo tardi. La procura l’ha già indagato per evasione fiscale. In un’intercettazione avrebbe detto di aver ricevuto pagamenti in nero da parte degli organizzatori delle feste dell’Unità. Lo stesso trattamento di riguardo che gli ha riservato lei.
«Io non ho detto di averlo pagato in nero. Anche perché a volte, con i miei locali, guadagnavo un miliardo a sera e non potevo certo controllare tutti i conti. Ma adesso lasciamo perdere l’argomento perché io nel mondo dello spettacolo ci lavoro ancora».
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