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domenica 24 gennaio 2016

FURBATA A 5 STELLE Grillo, mossa a sorpresa per vincere le elezioni

"Voto a 16 anni": la proposta di Grillo per far vincere le elezioni al Movimento 5 Stelle




"A sedici anni puoi lavorare, puoi pagare le tasse, ma non puoi votare. Un giovane non può determinare il suo futuro attraverso la scelta del governo nazionale del suo Paese. È un controsenso perché il giovane è il primo a doversi esprimere sul futuro, è colui infatti che lo vivrà più di altri, che ha più diritto a esprimersi su scelte realmente sostenibili". Dal suo blog Beppe Grillo lancia la proposta: voto ai 16enni. "Che mondo lo aspetta con le decisioni folli fatte dalle generazioni che lo hanno preceduto? Generazioni che probabilmente maledirà in futuro? Se un sedicenne è immaturo (una vecchia leggenda...) come giudicare maturi o saggi coloro che investono in armi, distruggono l'ambiente, scatenano le guerre, che gli sottraggono il diritto alla pensione e al lavoro?", prosegue Grillo. "Siamo il Paese con le soglie d'età per entrare in Parlamento tra le più alte al mondo: 25 anni per essere eletti alla Camera e 40 per il Senato. Con la popolazione più anziana d’Europa e i giovani con il tasso di disoccupazione più alto d'Europa (40% tra i 18 e i 24 anni)", si legge ancora nel post. 

La mossa per vincere - "Grillo aggiunge: "Il voto a sedici anni esiste già in molti Stati: Austria, Argentina, Brasile, Ecuador, isola di Man, di Jersey e di Guersney, Cuba, in Svizzera nel cantone di Glarona e in Germania in molti Lander e in Scozia per il referendum sull'indipendenza. I 16 e i 17enni in Italia sono circa un milione e centomila, se potessero votare pareggebbero gli elettori cosiddetti anziani sopra i 65 anni. Sarebbe un più corretto equilibrio generazionale". Per Grillo, "il voto è anche uno strumento per arrestare il fenomeno di distacco dalla politica da parte dei giovani cittadini. Il M5S ha votato per l'estensione del voto ai sedicenni nella riforma della legge elettorale europea, nel Parlamento italiano ha presentato una mozione di riforma costituzionale e istituzionale per estendere il voto anche ai referendum popolari sulla modifica di governo e di Stato. Entrambe le proposte sono state bocciate". "La paura dei giovani è l'unico motivo per non dare loro il voto, forse perché sono i più informati e sfuggono ai controllo dei media controllati dal regime e con il loro voto cambierebbero il Paese", conclude Grillo. Che ovviamente omette un particolare fondamentale: tra i giovanissimi il Movimento è di gran lunga il primo partito in Italia. Dar voto ai 16enni per vincere le elezioni?

Sgarbi, insulti e minacce di morte Linciato: un orrore (omosessuale)

Sgarbi, insulti e minacce di morte Linciato: un orrore (omosessuale)




A una settimana dal Family Day e nel giorno delle manifestazioni in tutta Italia a favore delle nozze gay, sul dibattito che infiamma la politica (con il Parlamento che sta per approvare la legge Cirinnà sulle unioni civili), con pacatezza e poche parole, dice la sua Vittorio Sgarbi. Lo fa su Facebook, dove esprime la sua posizione: "La famiglia - spiega - è un padre e una madre. E una madre non può essere uno con la barba o i baffi". Un parere, condivisibile o meno, espresso con delicatezza e garbo. La risposta? Un vero e proprio linciaggio-social.

Nel giro di pochi minuti la pagina Facebook del critico d'arte è stata sommersa di minacce e insulti (gran parte dei quali irriferibili). Tra gli improperi c'è chi gli dice: "Scommetto che tuo figlio avrebbe preferito una madre con la barba anziché avere un padre come te che lo rinnegasse!". E ancora: "Sentire sgarbi che fa la morale sul concetto di famiglia quando il suo ruolo di padre si è fermato all'uscita del seme è un po' come avere a che fare con un vegano che coltiva piante carnivore". Poi altre accuse (solo tra quelle vagamente riferibili): "Vittorio Sgarbi dov'è la sua famiglia? Di chi è Padre lei? E di fianco a quale madre ha cresciuto i suoi figli?". E ancora: "E tu che cazzo ne sai di famiglia? C'hai figli sparsi a destra e a manca, senza padre, ovviamente...parlami di quadri, che qualcosa ne capisci...". "Sgarbi sei la prova vivente che avere una grande cultura non è sinonimo di essere intelligenti". Oppure: "Disse colui che paga le donne per farci sesso e che non si è mai sposato in vita sua!".

Di seguito, il post di Sgarbi su Facebook.


Vittorio Sgarbi  Vittorio Sgarbi

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La famiglia è un padre e una madre. E una madre non può essere uno con la barba o i baffi.

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Sarri, guai senza fine: querelato dalla Democrizia Cristiana. L'ultima bufera

Sarri, guai senza fine: querelato dalla Democrizia Cristiana. L'ultima bufera


(CLA.SAV.)



L’Inter, con una nota ufficiale sul proprio sito, «accetta le scuse presentate da Sarri e dal Napoli». La società nerazzurra «conferma il proprio completo supporto all’allenatore Roberto Mancini ed alla posizione etica da lui assunta» e spera in una conclusione della polemica: «È giunto però adesso il momento di tracciare una linea che possa porre fine alle tante discussioni nate durante gli ultimi minuti di gara». Intanto, Dino Giarrusso, inviato de «Le Iene», ha raggiunto i due allenatori nei rispettivi centri sportivi per sancire la pace. I due tecnici hanno rilasciato dichiarazioni concilianti che andranno in onda nel programma di Italia 1 domenica in prima serata. Intanto la Democrazia Cristiana ha esposto querela nei confronti di Sarri, che nel post-gara aveva dichiarato: «Ho detto l’offesa che mi è venuta in mente, gli avrei potuto dire “sei un democristiano”».

Cento piazze per dire sì ai diritti gay Chi c'era, chi no (e il Pd... "divorzia")

Unioni civili, in 98 piazze italiane manifestazioni arcobaleno




Non solo Family Day. L'altra metà dell'Italia scende in piazza a favore delle unioni civili, del ddl Cirinnà (e contro il Family Day che si terrà a Roma il 30 gennaio). In quaranta città hanno sfilato migliaia di persone insieme alle famiglie arcobaleno per "Sveglia Italia", la giornata organizzata da Arcigay e altre associazioni Lgbt (ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno e Mit) a favore delle Unioni Civili.

Il Pd in due piazze - Le manifestazioni si sono svolte in 98 piazze. A Roma, Parma, Genova, Milano, Firenze.  E poi in Sicilia, Napoli, Udine. "Il nostro simbolo - spiegano gli organizatori a Roma - è un cuore con l'uguale, perché crediamo che ogni amore debba avere gli stessi diritti e gli stessi doveri. Per questo continueremo a lottare fino a quando non raggiungeremo la piena uguaglianza, vale a dire il matrimonio egualitario". "Quella di oggi è una bellissima piazza e ci ricorda che l'Italia è in ritardo, ma il Pd è impegnato in prima persona per colmarlo", dice il presidente del Pd Matteo Orfini. Peccato che una delegazione del Pd, in rappresentanza dei cattolici dem, sarà in piazza anche il 30 gennaio per il Family Day, che al ddl Cirinnà si oppone. Partito schizofrenico, indeciso o semplicemente spaccato a metà? 

Ovazioni per la Cirinnà - È stata accolta da un'ovazione la parlamentare del Pd Monica Cirinnà, quando è salita sul palco della manifestazione in piazza del Pantheon a Roma. In migliaia hanno applaudito le parole della firmataria del ddl sulle unioni civili.  A Milano sono scesi in piazza oltre ai cittadini anche i candidati sindaci alle primarie del centrosinistra, Francesca Balzani, Giuseppe Sala e Pierfrancesco Majorino. E il sindaco Giuliano Pisapia.  

Il ddl Cirinnà - Per quanto riguarda il dibattito politico, per la Chiesa "non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione", ha detto ieri Papa Francesco, aggiungendo che chi vive altre forme di unioni è oggetto della "misericordia" della Chiesa. Matteo Renzi ha ribadito ieri che la legge sulle unioni civili per il Pd "è irrinviabile". Il disegno di legge Cirinnà arriverà in aula al Senato il 28 gennaio e per ora non ha una maggioranza. Centristi e cattolici del Pd sono ancora contrari all'adozione del figlio del partner, nonostante gli emendamenti del senatore Giuseppe Lumia che cercano un compromesso, distinguendo le unioni civili dal matrimonio. Se non si raggiungerà un'intesa, il Pd lascerà libertà di voto.

Panico negli Usa, il nome-bomba: ecco chi sarà presidente / Foto

Usa, l'ex sindaco di New York Bloomberg potrebbe candidarsi alla Casa Bianca da indipendente




In attesa di una conferma o di una smentita, il mondo politico statunitense è nel panico. Tutto per l'indiscrezione del New York Times secondo il quale il popolarissimo ex sindaco della Grande Mela e miliardario Michael Bloomberg sta pensando di candidarsi alla Casa Bianca come indipendente. Il Nyt scrive che il 73enne sta definendo i piani per candidarsi, impresa in cui è pronto ad investire 1 miliardo di dollari del suo patrimonio personale di 35,5 miliardi. 

Quattordicesimo uomo più ricco del pianeta, secondo Forbes (Donald Trump è solo 72esimo con 4,5 miliardi di patrimonio), ex repubblicano non ortodosso quando venne eletto la prima volta sindaco a New York nel 2002 (dove, primo assoluto nella storia, rimase per tre mandati consecutivi, 12 anni in totale) si è poi allontanato sempre più dal Grand Old Party fino a diventarne del tutto autonomo. La sua discesa in campo rischia di danneggiare più Hillary Clinton che lo stesso Trump, sostenuto dalla "pancia" degli elettori repubblicani e avversato da tutti gli altri.

Le sue posizioni indipendenti - è tra i più convinti sostenitori della campagna contro l'eccessiva diffusione delle armi - e le posizioni moderate in tema di immigrazione ed economia (lo dimostra il suo impero creato dal nulla dell'agenzia specializzata nell'informazione finanziaria) potrebbero attrarre molti elettori della Clinton. Gli stessi che lo hanno eletto tre volte sindaco di New York. 

Bloomberg ha posto come scadenza i primi di marzo, scrive il Nyt, limite che gli darebbe tempo sufficiente per presentare la sua candidatura. Oltre alle posizioni contro le armi, che gli hanno reso ostile la potente lobby National Riffle Association, ha anche sostenuto campagne, spesso non fortunate, a favore della salute, come il divieto di fumo in bar e ristorante, e la limitazione delle dimensioni dei contenitori di bibite zuccherate.

sabato 23 gennaio 2016

Riforma Isee, dal fisco nessuna pietà: arriva la tassa sui disabili, è rivolta

Dal fisco nessuna pietà: arriva la tassa sui disabili, è rivolta


di Antonio Castro



Far pagare le tasse sull’assegno di invalidità e accompagnamento ad un ragazzo di 18 anni affetto da una di quelle malattie che fa paura già dall’acronimo: SMA, l’Atrofia Muscolare Spinale - di tipo 2, una rarissima malattia genetica dalla quale non si guarisce.

A volte non basta un hashtag per cambiare le idiozie burocratiche. Però, forse, questa è #lavoltabuona (Renzi docet), per inculcare un cambiamento nel governo e fare veramente la cosa giusta.

Una mamma italiana - di quelle che Renzi cita a piene mani - stufa di andare a sbattere contro il pressappochismo dei nostri politici si è messa alla tastiera non per chiedere quattrini o suscitare pietà. Solo per denunciare e tentare di capire la ratio dell’ennesima fesseria di governo e burocrazia cantante. 

Avete presente la riforma dell’Isee? Ebbene dal 1 gennaio 2015 gli assegni di accompagnamento, le pensioni di invalidità e tutti gli emolumenti economici ricevuti da uno qualsiasi dei componenti il nucleo familiare per invalidità e/o condizione di disabilità o non autosufficienza, concorrono al reddito familiare. 

Tralasciando il fatto che neppure la somma di tutte le provvidenze pubbliche per invalidi e disabili basta minimamente a pagare i conti di una patologia invalidante (cosa che né Renzi né i suoi del Giglio evidentemente conoscono), viene da chiedersi come mai il governo si sia avventurato su questa strada. Il sospetto è che Tesoro e Lavoro (i ministeri da cui dipende l’Inps ufficiale pagatore degli assegni), a corto di quattrini vogliano far la cresta sulle famiglie con disabili. Come? Costringendole a dissanguarsi finanziariamente per dare assistenza ai propri cari.

Poco importa che il Tar - con tre distinte sentenze - abbia giudicato negli scorsi mesi illegittima questa novità. Ora spetta al Consiglio di Stato deliberare. La sentenza dovrebbe arrivare a giorni. Ma torniamo alla storia di Tommaso Falleni, così si chiama questo ragazzo che compare in foto sorridente e furbetto sul sito: www.change.org, il sito dove è possibile lanciare petizioni pubbliche. La mamma di Tommaso, Maria Letizia Solinas, ha pensato di lanciare questa petizione perché proprio non riesce a digerire «le scelte sulla gestione della spesa per i Disabili».

La SMA è una malattia geneticaprogressiva, degenerativa e ad oggi totalmente incurabile. «Si caratterizza dalle delezione di 2 esoni, il 7 e l’8, nel cromosoma 5, responsabili del mancato funzionamento del gene smn, la cui ridotta espressione causa improduttività della proteina fondamentale per lo sviluppo muscolare, e la degradazione dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale».

Lanciando la sua petizione (che ieri sera aveva raccolto 7.464 sostenitori), la signora Solinas spiega in cosa consiste la vita quotidiana di Tommaso: «La SMA colpisce tutti i muscoli del corpo, anche quelli respiratori, della deglutizione; coinvolgendo gli apparati scheletrici e tendinei. La SMA non si ferma, e ogni piccola cosa che si perde in termini di funzionalità, non si recupera. Mai. Tommi non ha mai camminato; ci siamo accorti della malattia quando aveva 18 mesi... E da quel giorno la nostra vita “normale” si è trasformata in una sfida quotidiana».

Insomma, Tommaso ha già una vita complicata, un menage familiare faticoso. Ma di questo Maria Letizia non si lamenta. La cosa che la fa infuriare è che «per la prima volta nella storia della Repubblica italiana è stato deliberato di inserire le indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità, per i disabili gravi e gravissimi, che necessitano di assistenza H24, nel nuovo Isee? Perché questi già scarsi contributi devono essere parte di un reddito familiare e soggetti a parametri di tassazione quando non sono sufficienti neppure a coprire le spese?». E ancora: «Come pensate che si possa sentire un ragazzo di 18 anni che sa di poter contare ad oggi su 790 euro mensili lordi…».

Grazie a questa trovata di Renzi & Co, Tommaso - secondo le proiezioni finanziarie elaborate della mamma - avrà un reddito dimezzato quando sarà adulto. Da buon livornese possiamo immaginare cosa direbbe Tommaso al fiorentino Renzi. Se solo potesse parlarci.

Parla l'esperto: se Renzi cade... L'incredibile scelta di Mattarella

Luigi Bisignani: "Se Renzi non passa il referendum, governo del presidente in mano a Del Rio"




L'appuntamento decisivo è per l'autunno prossimo, quando gli italiani saranno chiamati a votare il referendum confermativo sulle riforme. Se il premier Matteo Renzi lo vincerà, non avrà più avversari tanto a destra, quanto a sinistra e tra i pentastellati. Con ogni probabilità, a quel punto, deciderà di andare al voto un anno prima della scadenza naturale della legislatura (che è nel 2018) e dall'inizio del 2017 avvierà la campagna elettorale per le politiche del 2017.

Ma se dovesse perdere? Il premier ha addirittura paventato, in quell'ipotesi, un suo ritiro dalla politica, cosa alla quale in pochi (e forse lui stesso in primis) credono davvero. Maria Elena Boschi ha più prevedibilmente azzardato che la bocciatura delle "sue" riforme sarebbe una bocciatura di tutto il governo, che dunque dovrebbe ragionevolmente fare un passo indietro. E poi cosa potrebbe succedere? "Il potere di sciogliere le Camere - ha proseguito la Boschi in quella stessa puntata di 'Otto e mezzo" di qualche settimana fa - è in mano al presidente della Repubblica Sergio Mattarella". E anche nel caso venga meno una maggioranza che sostenga l'esecutivo in Parlamento, potrebbe non farlo.

Chi è convinto di questa ipotesi è un gran conoscitore di cose politiche: Luigi Bisignani. Il faccendiere autore di libri, in una intervista al sito affaritaliani.it, si dice anzi sicuro che lo scioglimento delle Camere, in caso di sconfitta di renzi al referendum, non avverrà subito: "Sergio Mattarella, considerando la legge elettorale diversa per la Camera (Italicum) e per il Senato (Consultellum), non amnderebbe immediatamente il Paese alle urne, ma tenterebbe di far nascere un governo del Presidente che abbia come compito principale quello di approvare una nuova legge elettorale uniforme per i due rami del Parlamento, che con la bocciatura del referendum resterebbero in vigore così come sono". In pole position come successore di Renzi a Palazzo Chigi? Secondo Bisignani, Graziano Del Rio, attuale ministro dei Trasporti.

Bruno Vespa incredibile su Renzi Quelle frasi spericolate su Matteo

Porta a Porta, Bruno Vespa incantato da Renzi




Deve essere rimasto incantato dall'eloquio del Rottamatore, Bruno Vespa. Giovedì sera, a "Porta a Porta" aveva Matteo Renzi ospite. E oggi sul quotidiano "Il Giorno", il conduttore si produce in un editoriale che, fosse lui un politico e non un volto tv e fossimo noi sotto elezioni, sarebbe da considerarsi a tutti gli effetti un "endorsement".

Ora, Vespa non è certo nuovo a infatuazioni per i potenti di turno, soprattutto per quelli che passano dal suo studio televisivo. Ma, certo, dimostra un certo scoraggio e forse un po' di spericolatezza nel difendere il presidente del Consiglio in un momento di grossa difficoltà sua e del suo esecutivo tanto sul fronte interno, quanto su quello europeo. Dice, addirittura, che "guardandolo nei novanta minuti della conversazione a Porta a Porta, di giovedì sera, ho avuto l'impressione netta che Renzi controlli perfettamente la situazione".

E ancora: "E' innegabile che in meno di due anni Renzi abbia fatto molte riforme di cui si aveva grande bisogno: alcune suggerite, ma non attuate dal centrodestra (Jobs Act, eutanasia dell' articolo 18), altre avviate da Berlusconi,ma non completate (pubblica amministrazione, scuola). Altre del tutto nuove: il Senato non è un gran che, ma finisce il rimpallo con la Camera. I poteri delle regioni sono stati ridotti meno del dovuto. L' abolizione delle province va completata, perché così è assurdamente mutila
ta. Ma è difficile non riconoscere che il bilancio complessivo è positivo.

Un litro di benzina a 44 cent Ecco in che modo e quando

Benzina: al netto delle tasse la pagheremmo 44 cent al litro





Del crollo del prezzo del petrolio si parla un giorno sì e l'altro pure. Certo, il picco minimo di 9 dollari e 55 centesimi al baarile toccato dal Brent nel 1998 è ancora lontanissimo. Ma i 29 dollari toccati ieri restano una delle quotazioni più basse di sempre. Eppure, come risulta da una indagine di Confartigianato, se anche arabi, norvegesi, venezuelani, e quant'altro ci regalassero il loro oro nero, noi continueremmo comunque a pagare il carburante alla pompa circa 1 euro. Tale e tanto è, infatti, l'ammontare complessivo di tasse e accise che gravano oggi si diesel e benzina. Tolte le quali, appare evidente come oggi al netto di tutto il ciarpame del Fisco dovremmo pagare il gasolio poco meno di 20 centesimi al litro e la benzina intorno ai 44 centesimi.

"Danni neurologici ai bimbi italiani" Allarme a scuola: cosa rovina tuo figlio

"Danni neurologici ai bimbi italiani". Allarme a scuola: che cosa li rovina




I tablet a scuola? Provocano "demenza digitale" e gravi danni neurologici ai bambini, incapaci di scrivere a mano, specialmente in corsivo, e soggetti più facilmente a cali di attenzione e di autostima.

Posizioni - Tra i tecno-diffidenti c'è il regista Michael Moore, secondo cui il corsivo è uno stimolo alla creatività: "Non ci togliete l'unica cosa che tutti siamo in grado di fare ed è unica per ciascuno di noi. Il corsivo è l'impronta digitale della nostra creatività". Anche uno dei riferimenti accademici italiani, il professor Benedetto Vertecchi, difende a spada tratta la scrittura a mano. L'ha scritto in un recente dossier Alfabeto aperto. A proposito dei cosiddetti "nativi digitali", ovvero quelli nati dopo il '95 in poi, il neuroscienziato Manfred Spitzer coniò l'espressione "demenza digitale": "Quando si dichiara che a scuola si studia meglio grazie ai media digitali, non bisogna dimenticarsi che non esistono dimostrazioni di questa tesi. Anzi. Ci sono molte più ricerche che affermano quanto l'apporto della tecnologia informatica abbia un effetto negativo sull'istruzione". Il Giorno, che si è occupato della questione, ha sottolineato come il tema della scrittura a mano è delicatissimo e non si tratta di fare crociate contro i supporti digitali, ma di preservare le abilità e le competenze legate all'esplorazione fisica e mentale del mondo.

Scrivere a mano - Migliora la capacità di leggere e contare, potenzia l'attenzione e la facoltà di apprendimento. Stimola il pensiero critico, aiuta a costruire buone relazioni, incoraggia ad uscire dall'anonimato, migliora le capacità motorie e tante altri sono gli effetti positivi che la scrittura a mano si porta dietro. La diagnosi diventa difficile ma "l'uso dei mezzi digitali comporta l'attenuazione e talvolta la perdita delle capacità di coordinare il pensiero con l'attività necessaria per tracciare i segni", aggiunge Il Giorno.

Usa - Ma l'allarme "spaventoso" arriva dagli Usa. I bimbi non sanno più leggere il corsivo, viene insegnato solo in prima elementare. In seguito a questa ricerca che ha rilevato segnali negativi dopo l'introduzione dei tablet nelle scuole è stata creata una campagna per il corsivo proprio contro la linea federale in corso negli Usa. Sheila Lowe - scrittrice, grafologa e portavoce della Campagna per il corsivo - ha rilasciato un'intervista a Il Giorno sulla tragica questione: "La direttiva federale è stata adottata da molti stati. Alcuni, consapevoli del "danno" stanno indietreggiando e noi stiamo cercando di incoraggiarli a non smettere di insegnare il corsivo". "La scuola l'ha rifiutato perché a sua volta anche gli insegnanti hanno difficoltà con la scrittura e così si rifiutano di insegnarlo" - dice la portavoce - "Gli insegnanti non conoscono i rischi. Negli ultimi anni c'è stato un enorme aumento dei disturbi di apprendimento nei bambini". Alla domanda se esistono prove scientifiche di quanto si sta dicendo, la scrittrice menziona gli studi di Virginia Berninger e Karin James: hanno dimostrato che il cervello si "illumina" in più aree quando si scrive in corsivo, al contrario di quando si scrive con la tastiera. Sheila non esclude lo zampino dell'industria informatica, rispetto alla questione: "Mi risulta che Bill Gates abbia fatta pressione sul sistema educativo per spingerlo a utilizzare maggiormente il computer". La questione è tenere - per la portavoce - un posto per la scrittura a mano e un posto per i dispositivi elettronici". 

Nuova tegola sul papà della Boschi Ora rischia un'accusa pesantissima

Banca Etruria, Pier Luigi Boschi rischia un'accusa per bancarotta fraudolenta




Già indagato (e poi archiviato) per estorsione turbativa d'asta nel 2010, il papà del ministro delle riforme Pier Luigi Boschi rischia ora una accusa gravissima in merito alla vicenda di Banca Etruria, che lo vede coinvolto in qualità di ex vicepresidente dell'istituto di credito: bancarotta fraudolenta. Per sapere se sarà così, scrive il quotidiano "Il Giornale", bisognerà attendere il prossimo 6 febbraio, quando il collegio fallimentare si riunirà e certificherà lo stato di insolvenza della banca. Allora si saprà se Pier Luigi Boschi sarà o no iscritto nel registro degli indagati. Dopo quella data le carte finiranno in procura e Rossi dovrà aprire un fascicolo contro gli ex vertici dell' istituto, compreso Boschi.

Cosa devono fare a Fabio Fazio" Filippo Facci azzanna il "giornalista"

"Cosa devono fare a Fabio Fazio": Filippo Facci azzanna il "giornalista"


di Filippo Facci
@Filippo Facci1



Su un piano logico, Fabio Fazio tra qualche giorno non dovrebbe più condurre Che tempo che fa, o perlomeno non dovrebbe più fare interviste. Sì, perché Fabio Fazio è un giornalista (benché pubblicista) ma ha deciso di lasciare l’Ordine dei giornalisti per fare da testimonial pubblicitario di Tim, ciò che l’Ordine proibisce. Pare che la paga sia buona e dunque saluta. E siccome l’Ordine dei giornalisti ha più volte tuonato contro Barbara D’Urso (per esempio) proprio perché non è una giornalista, lei che pure faceva svariate interviste televisive, beh, i due, Fazio e la D’Urso, ora sarebbero pari: entrambi indegni di esercitare la sacra facoltà di porre delle domande suggerite da alcuni autori. Succederà questo? Su un piano logico e formale sì, dovrebbe.

Fazio non è stato cacciato dall’Ordine, e neppure invitato ad andarsene: si è proprio dimesso lui, segno che continua a ritenere incompatibile un cachet pubblicitario e la professione giornalistica: che dunque non eserciterà più. Fazio non ha polemizzato: è stato coerente. Lo ha fatto a suo tempo, semmai, contro la non-giornalista Barbara D’Urso che si ostinava a fare interviste che il giornalista Fazio riteneva illegittime: per tutto il 2012, sul suo profilo twitter, Fazio rilanciò pesanti ironie sugli ospiti di Domenica live (tra questi un certo Berlusconi) aggiungendo peraltro che il suo Che tempo che fa faceva invece uno spettacolo di qualità senza la presenza di ospiti chiacchierati come Berlusconi, Michele Misseri ed Eva Henger. Niente sensazionalismi e nazional-popolare sulla Raitre di Fabio Fazio: il quale, del resto, stava soltanto per condurre l’elitario Festival di Sanremo 2013.

Peccato, per Fazio: come intervistatore - pardon, giornalista - nel suo genere era anche bravo. Ma forse ha ragione lui: occorre aver passato un esame di Stato, bisogna aver studiato per porre delle domande preparate che risultino palatabili al pubblico popolare della tv generalista del weekend. Ecco perché l’Ordine giunse a promuovere una legge che punisse addirittura con la galera (più confische e multe fino a 50mila euro) chi esercitasse abusivamente la professione come faceva la D’Urso e come farebbe d’ora in poi anche Fazio, se osasse.

«La signora», spiegava uno dei tanti esposti dell’Ordine dei giornalisti, «pur non essendo iscritta all’Albo, compie sistematicamente un’attività (l’intervista) individuata come specifica della professione giornalistica... Si chiede di avviare ogni accertamento di competenza, ivi compreso quello per esercizio abusivo di una professione ai sensi dell’articolo 348 del Codice». Una denuncia penale: non è un rischio che Fabio Fazio vorrà certamente correre.

A meno che, ecco, Fazio decida di accompagnarsi con un giornalista di sostegno: nel maggio scorso, infatti, l’ennesimo esposto faceva riferimento a un’intervista che era «stata effettuata dalla signora D’Urso senza la presenza di alcun giornalista», scriveva l’Ordine, lasciando intendere che la presenza di un professionista avrebbe potuto quantomeno mitigare l’atmosfera dilettantesca dell’intervista. Chissà, magari la presenza di Checco Zalone, pardon: di Massimo Gramellini potrebbe bastare.

Non certo quella di un Fabio Volo, che pure tre anni orsono faceva reportage da tutta Europa proprio perché «inviato» dal pubblicista Fabio Fazio. E neppure quella di una Ilaria Cucchi, che pure tempo fa fu annunciata come «inviata» dalla pensosa Raitre: nonostante risultasse amministratrice di condominio.

Chissà, forse il destino incrociato di Fabio Fazio e di Barbara D’Urso potrà sciogliere una matassa che cominciò a intricarsi quando le interviste le faceva ancora Mara Venier, o le proseguì Paola Perego, o ancora Eleonora Daniele: tutte non giornaliste, aiuto, ma l’elenco è ben più lungo.

Senza contare il più complicato mondo della carta stampata, laddove tutto è più sommerso: a una prorompente intervistatrice del Fatto Quotidiano, neanche un me se fa, scappò addirittura di dire: «Quando cito nomi di aziende per colorire un pezzo, le aziende, nel giro di mezza giornata, mi riempiono di regali per ringraziarmi della citazione. Ecco, lì più che delirio di onnipotenza realizzo di avere un gran culo, perché so di essere viziata».

Radiatela subito. Tutti fuori: come la D’Urso, Fazio, Giampiero Mughini, la Venier, la Perego. Tutti fuori: compreso l’Ordine. Dalla realtà.

giovedì 21 gennaio 2016

Caso Mancini-Sarri Quel "finocchio" al Mancio, parla il Cav Le sue parole a sorpresa sul rosso Sarri

La sentenza del Cav sul "frocio" a Mancini. Le parole a sorpresa: che ha detto




Al suo Milan Silvio Berlusconi non aveva voluto Maurizio Sarri sin dalla scorsa estate. Il tecnico toscano era troppo lontano dallo stile rossonero tanto caro al Cavaliere, lui sempre in tuta che fosse un allenamento o una partita ufficiale. E poi Sarri non aveva mai fatto segreto del suo essere di sinistra, un difetto non proprio trascurabile per Berlusconi. Ma nella polemica sugli insulti "frocio" e "finocchio" partiti dal tecnico del Napoli contro quello dell'Inter Roberto Mancini, Berlusconi non ha avuto dubbi su chi difendere. Durante la presentazione del libro della giornalista Myrta Merlino, il Cav ha detto: "Sono cose che nel campo possono accadere, ma è sbagliato metterle sui giornali e renderle pubbliche". La linea di Berlusconi è la stessa espressa da Sarri subito dopo la denuncia a Raisport di Mancini. Quindi il tecnico interista secondo Berlusconi ha sbagliato: "Penso proprio di sì" ha tagliato corto e chissà che ora le porte del Milan per Sarri possano essere un po' meno chiuse.

Fino a 100 euro non è corruzione Come e perché è legale la mazzetta

Fino a 100 euro non è corruzione. Come e quando puoi pagare un agente




Non si commette reato se si offre a un pubblico ufficiale una banconota da 100 euro. Non può bastare una cifra così bassa perché si possa parlare di corruzione, almeno secondo i giudici della Cassazione. In una sentenza del 19 gennaio (la n.1935), un automobilista è stato assolto dall'accusa proprio di corruzione perché, dopo essere stato trovato alla guida in stato di ebbrezza, aveva provato a evitare la multa offrendo all'agente del posto di blocco un biglietto da 100 euro. Niente carcere per l'automobilista, perché secondo i giudici quella cifra non può provocare nel pubblico ufficiale un concreto ed effettivo turbamento e spingerlo a chiudere un occhio. Secondo la sentenza quindi, il valore di una cifra in denaro non può essere considerata in relazione alla capacità di reddito. Resta un mistero però quale debba essere la quantità di denaro necessaria perché si possa parlare di corruzione davanti a un pubblico ufficiale. E secondo l'originale sentenza della Cassazione, oltre alla taccagneria, anche lo stato di ebbrezza potrebbe salvare l'aspirante corruttore dalla galera. L'automobilista assolto, infatti, è stato ritenuto incapace di intendere e volere quando è stato fermato dal posto di blocco. Quel suo gesto di accompagnare ai documenti anche una banconota da 100 euro potrebbe essere stato involontario e irrazionale.

L'interista - L'imprenditore Starace a Libero: "Vi spiego come Flavio Carboni lavorava per papà Boschi"

L'imprenditore Starace a Libero: "Vi spiego come Flavio Carboni lavorava per papà Boschi"


intervista a cura di Giacomo Amadori



Da ragazzo spaccava ossa giocando a rugby nelle Fiamme oro della Polizia di Stato, oggi le aggiusta nei centri di riabilitazione di cui è proprietario. La voce è gioviale: «Premetto: non sono massone. Io non c’entro nulla». Inizia così la conversazione con il quarantaduenne romano Riccardo Starace, l’uomo che avrebbe dovuto trovare un direttore generale e un fondo arabo per salvare la Banca dell’Etruria. 

Lei conosce Valeriano Mureddu, il «grembiulino» indagato a Perugia per associazione segreta e amico di Flavio Carboni?  

«Non l’ho mai visto. Carboni invece lo avevo conosciuto, due settimane prima degli incontri dell’estate del 2014 di cui voi di Libero state scrivendo in questi giorni, al Piccolo mondo antico, un ristorante vicino al suo ufficio romano di via Ludovisi. Il proprietario del locale mi presentò questo signore anziano... era con la figliola». 

Lei sapeva chi fosse Carboni? 

«All’inizio no, ammetto la mia ignoranza (ride ndr). Il mio amico mi disse: “Guarda Riccardo è una persona con una grande esperienza, ti può essere utile conoscerlo”. Ho detto: “Va bene”. È cominciata così questa storia». 
Perché è rimasto in contatto con Carboni?  

«Chiacchierando gli dissi che avevo rapporti con un fondo impegnato nel settore della sanità, l’Enterprises di Sheikh Bin Ahmed Al Hamed. Allora mi parlò subito di un suo progetto, il grafene, un materiale rivoluzionario che dovrebbe servire a pulire e rendere potabile l’acqua, risolvendo il problema della sete in Africa, e mi disse di andare a trovarlo in ufficio. Il suo fu in pratica un monologo. Però prima di andare controllai su Internet chi fosse e vidi che era una persona di un certo peso per la storia dell’Italia, nel bene e nel male». 

Ha una condanna di tipo definitivo per il crac del Banco Ambrosiano ed è imputato per la P3... 

«Ecco... appunto. Si trattava di cose abbastanza delicate e visto che io ho lavorato sette anni nella Polizia di Stato, ci andai cauto. In ufficio mi coinvolse subito riparlandomi di questa storia del grafene e chiedendomi informazioni sul fondo di Abu Dhabi. Poi mi disse che c’era una banca in difficoltà finanziaria e io gli risposi: “M’informo con gli arabi”».  

Non doveva andarci cauto? 

«La verità è che io non ho avuto nemmeno il coraggio di parlare di questa cosa a Sheik Alamed, ma con Carboni non potevo essere scortese. Con me fu subito gentilissimo, avvolgente, non avevo motivo per essere scortese con lui. L’avevo visto dieci minuti al tavolo e improvvisamente mi chiedeva di salvare una banca. Le sembrerò un ballista, ma è andata così».  

Però lei non parlò solo del fondo con Carboni, ma anche del nuovo direttore generale... 

«A un certo punto, in quella chiacchierata di mezz’ora, Carboni mi accennò a una nomina da fare per la banca. Quindi mi chiese il numero di telefono e io a una persona tanto gentile come potevo negarlo? Pensavo che avrei saputo difendermi dalla sue avances... Invece iniziò a bombardarmi di telefonate, anche la domenica: mi chiedeva di questo fondo e poi di ritornare nel suo ufficio. Mia moglie in quel periodo non mi telefonava così tante volte. Poi un giorno ci siamo rivisti, casualmente, in via Ludovisi, subito dopo pranzo. Mi acchiappò sul marciapiede e mi disse: “Come stai carissimo, sali un attimo con me, ti devo parlare della posizione della banca”. E io salii con lui...». 

In ufficio c’era anche lo scienziato russo, il presunto coinquilino di Carboni? 

«Non ho mai incontrato russi in quello studio. Quando entrammo mi disse: ho delle persone che mi attendono, vieni che te le presento. Io ero nell’imbarazzo più totale».  

Chi c’era insieme a Carboni in ufficio? 

«Tutti quelli che ha raccontato nell’articolo, così facciamo prima».  

L’ex presidente Lorenzo Rosi, il suo vice Pier Luigi Boschi e l’imprenditore Mauro Cervini? 

«Sì c’erano loro tre».  

E Gianmario Ferramonti, l’imprenditore amico di Licio Gelli? 

«Non in quell’occasione, forse in altre...» 

Dove erano Boschi e Rosi? 

«Erano seduti amabilmente in una grande sala riunioni e Carboni mi ha presentato come un amico imprenditore con ottimi contatti con un fondo arabo». 

I due banchieri che persone le sembrarono? 

«Timidi e taciturni. Ricordo che erano vestiti elegantemente, con l’abito. Sembravano stupiti, quasi imbarazzati per la mia età. Probabilmente non si immaginavano un “salvatore” così giovane. Quando Boschi mi ha detto il suo cognome, visto che la figlia era appena stata nominata ministro, ho fatto due più due e ho intuito chi fosse».  

Che cosa vi siete detti? 

«Ci siamo solo salutati. Anche in quell’occasione ci fu quasi un monologo di Carboni».  

Perché hanno chiesto a lei il nome del direttore generale? 

«Non ne ho idea, ma la cosa mi lasciò incredulo. Era come se mi dicessero: tu ci trovi il fondo che porta i soldi e noi facciamo un favore a un tuo amico». 

Lei propose il vicedirettore generale della Popolare del Frusinate Gaetano Sannolo... 

«L’ho conosciuto quando era direttore della filiale della Cassa di risparmio di Firenze di cui ero cliente. Con me è sempre stato carino e corretto. Io feci il suo nome così, in modo quasi goliardico, anche se pensavo che fosse una persona giovane e dinamica. Inizialmente non avevo dato peso a quella richiesta».  

Neanche quando le presentarono Pier Luigi Boschi? 

«In quel caso rimasi veramente stupito. Dentro di me pensai: “Andiamo bene”, perché non aveva senso tutto quello che stava accadendo. Capisco che le possa sembrare assurdo, ma andò così».  

Che spiegazione si è dato? 

«Forse venni presentato a Rosi e Boschi come una persona più importante di quella che in realtà fossi. A Carboni, invece, devo essere entrato in simpatia e per questo fatto del fondo mi si era pure un po’ attaccato, questo sì».  

Quanto durò l’incontro con Boschi e Rosi? 

«Pochi minuti, meno di una decina. Poi andai via». 

Avete discusso anche del direttore generale? 

«Sulla questione venne fatto un accenno, ma non ne parlammo approfonditamente in quell’occasione». 

E quando lo avete fatto? 

«In un terzo incontro, in cui presentai il mio amico Gaetano al dottor Carboni. Sorridendo gli dissi: “Dai andiamo a sentire”. Ma successivamente Sannolo fu chiamato davvero a fare il colloquio ad Arezzo. Non ci potevamo credere. In quei giorni ci sentivamo in continuazione per scherzare. Gli suggerii di chiedere un super stipendio, pensavamo che il mondo si fosse capovolto. Il suo nome è uscito pure sul Sole24ore».  

Quella mi risulta sia stata una fuga di notizie orchestrata all’interno della banca per bruciare il nome del suo amico... 

«Lo immaginavo. In ogni caso Carboni improvvisamente cambiò atteggiamento». 

Forse perché lei gli aveva detto che il fondo non era disponibile... 

«Infatti. Da quel momento iniziò a diradare le chiamate, quindi ha proprio smesso. Non lo vedo e non lo sento più dalla fine di quell’estate».  

Non la stupì che Rosi e Boschi si fossero messi nelle mani di Carboni?  

«Molto. Mi sembrò una situazione surreale».  

Quando capì che il padre della ministra era lì a farsi consigliare il direttore generale della sua banca da lei che cosa pensò? 

«“Non è possibile”. Non ci volevo credere, era inverosimile...». 

Ha conosciuto Ferramonti l’uomo che consigliò il nome dell’altro candidato alla direzione generale, il banchiere Fabio Arpe? 

«Sì, nel 2014, a Roma, mentre ero impegnato nel lancio di un neonato movimento politico. Si presentò lui, mostrandosi interessato a quella mia iniziativa. L’ho rivisto qualche volta nella Capitale. In una di quelle occasioni incontrammo casualmente Carboni nel solito ristorante. Sembrava che i due non si vedessero da tempo e si scambiarono il numero di telefono davanti a me. Parlarono anche di questa cosa della banca».  

In pratica la Popolare dell’Etruria era una delle ossessioni di Carboni? 

«Con me ha discusso solo di quella e del grafene». 

E per salvarla si è affidato a due che aveva incontrato al ristorante? 

«Lei ride, ma all’epoca ho riso di più io. Certo non vorrei apparire come una persona incapace di intendere e di volere, ma è andata proprio così».

L'intervista - Bordate Di Battista, il grillino a Libero: l'atto d'accusa contro Boschi e premier

"Atto d'accusa alla Boschi". Di Battista parla a Libero: le bordate contro il ministro


intervista a cura di Pietro Senaldi



«Truffati di tutta Etruria, e delle Marche, e di Ferrara, e di Chieti, unitevi. Domenica si va ad Arezzo, a reclamare la restituzione dei 780 milioni di euro in obbligazioni subordinate (3,6 miliardi se si aggiunge il valore delle azioni perse; ndr) evaporati con il cosiddetto salvataggio delle quattro banche a opera del governo». Ma l'onorevole Di Battista, che ad Arezzo inaugurerà il tour di Cinquestelle nei territori delle quattro Popolari andate gambe all'aria, ha un invito particolare da recapitare. «Al ministro Boschi, che mi dicono da un po' di tempo chissà come mai si fa vedere poco o nulla nella sua città natale. Le organizziamo noi un cordone di sicurezza, non abbia timori, salga sul nostro palco e dia spiegazioni alla sua gente su Etruria e su suo papà, vediamo se avrà la stessa disinvoltura esibita in Parlamento in occasione della mozione di sfiducia e se riceverà gli stessi applausi».

Cosa chiederebbe al ministro se l' avesse sul palco?

«Beh, per esempio se suo padre è andato a piedi anche dal massone Carboni a chiedere un aiutino su Etruria, come andava a piedi a scuola da ragazzo, facendo così tanti chilometri, come la ministra ci ha spiegato nella sua accorata difesa».

È facile presumere che le risponderebbe «e io che ne so?»

«L'ufficio del massone condannato è a poche centinaia di metri da quello del ministro. Non credo che la Boschi ignorasse le puntatine romane di papà».

Il ministro difese il padre sostenendo che «è una brava persona»…

«E io non ne dubito. Ma qui sta il punto: evidentemente né lei né il padre pensano che possa esserci qualcosa di sbagliato nel bussare alla porta di una persona indagata per associazione segreta e già condannata a otto anni per il fallimento del Banco Ambrosiano e a chiedergli consiglio proprio in merito a una banca. Una vicenda incredibile, che secondo me dimostra che c' è totale disinvoltura da parte loro quando si tratta di affari».

Ma perché secondo lei si sono affidati a un massone, pure piuttosto datato, come Flavio Carboni?

«Per cialtroneria di certo. Forse anche per consuetudine. Gliel' ha presentato il vicino di casa, a sua volta massone, di babbo Renzi, questo Mureddu di cui parlate nell' inchiesta di Libero e che avete pure intervistato, che ha fatto affari immobiliari con i Renzi e conosceva anche papà Boschi…».

Il ministro a questo punto dovrebbe dimettersi?

«Per noi avrebbe dovuto dimettersi da subito. Non è una questione di condanne penali o iscrizione nel registro degli indagati, è una questione politica. Oltre che di conflitto d' interessi: la Boschi fa parte di un governo che ha bruciato i risparmi di cittadini ingannati dalla banca di cui suo padre era vicepresidente. E alzandosi dal consiglio dei ministri che decretava sulle banche, ha provato con il suo comportamento il conflitto d' interessi».

Però una figlia che si dimette per supposte responsabilità del padre ancora da accertare completamente non è eccessivo?

«Non si tratta solo di questo, ripeto. Quel che è avvenuto è chiarissimo. Delle banche fallite sono state azzerate a spese dei risparmiatori e affidate a gente di fiducia, che le rivenderà pulite al miglior offerente, sicuramente qualcuno vicino al governo. Non dimentichiamoci poi che quando a essere sfiorato dall' ombra della massoneria fu un sottosegretario di Berlusconi, Giacomo Caliendo, Franceschini e tutto il Pd insorsero chiedendone a gran voce le dimissioni».

Anche oggi una parte del Pd sembra alzare la voce contro la Boschi…

«Non ci credo, è una commedia. Speranza e compagni alzano la voce per reclamare qualche concessione dal premier. Quando l' avranno ottenuta, torneranno a cuccia. Più che altro è interessante osservare come perfino Renzi stia sfruttando le disavventure del clan Boschi, per ridimensionare l' unica persona del suo inner circle che avrebbe potuto fargli ombra e, un domani, insidiarlo».

Perché il Pd ha questo feeling con le banche?

«Di feeling non parlerei, visto che come si muovono fanno danni. Diciamo che dopo decenni di opposizione, dove restavano limitati alle Coop e alla cultura, hanno potuto assaporare il potere e ne sono stati travolti. Al punto che oggi non saprei dire se il Pd si è infiltrato nelle banche, le banche si sono infiltrate nel Pd o addirittura il Pd è diventato una banca…».

Sospetta che Banca Etruria sia servita a fare favori a qualche amico del Giglio Magico?

«Ne sono certo. I magistrati facciano luce sui destinatari dei fidi concessi da Banca Etruria quando già stava per fallire. Non vorrei che si scoprisse che tra di loro ci sono finanziatori delle fondazioni del premier. Insomma, che in parte si tratti di una partita di giro. Saremmo ai limiti dell' associazione a delinquere; forse li avremmo sorpassati».

Un' accusa pesante...

«Sì ma quando c' è di mezzo il Pd ormai non mi stupisco di nulla. Tre anni fa, prima di entrare in Parlamento, non l' avrei mai detto ma poi, avendoci a che fare tutti i giorni, mi sono reso conto che sono i principali responsabili di ogni ingiustizia del Paese».

Non crede di esagerare?

«No, perché sono campioni di disonestà intellettuale. Sono del tutto antitetici a Cinquestelle, altro che le accuse che fanno di inciuciare con loro. Berlusconi faceva meno promesse di Renzi, che ha mentito sul peso dell' Italia in Europa, su dati economici, sulle tasse, sui numeri del Jobs Act, sulla spending review, sul taglio dei vitalizi, delle pensioni d' oro, degli stipendi dei parlamentari, dei finanziamenti ai partiti…».

A proposito di promesse, i truffati rivedranno i loro soldi?

«Avranno un bonus, non credo di più. È la strategia del premier: bonus scuola, bonus cultura, bonus 80 euro. È scaltrissimo, lui non risolve i problemi, compra consenso con i bonus e ha una stampa complice che enfatizza le sue mance e le sue menzogne senza chiederne conto. Dei media così di regime non si erano mai visti. Un errore però lo sta facendo, e grosso…». Quale? «Lo stesso che è stato fatale a Berlusconi. Si circonda di mediocri, persone deboli che può controllare facilmente. Bata vedere in politica estera, fra la Gentiloni e Mogherini è una pena. Prendiamo schiaffi da tutti; anche in Libia, che è a 300 chilometri di distanza, non contiamo nulla. Berlusconi e i suoi rapporti con Putin non erano chiari ma almeno erano efficaci anche per l' Italia».

Renzi regala una speranza all'Italia: "Cosa dovete fare per mandarmi via"

Renzi regala una speranza all'Italia: "Cosa dovete fare per mandarmi a casa"




"Andiamo a vedere da che parte sta il popolo su questa riforma, se i cittadini la pensano come coloro che urlano per il fallimento o per chi scommette sul futuro dell'Italia. Sono gli italiani il nostro punto di riferimento". Il premier Matteo Renzi lancia nuovamente la sfida all'opposizione, dentro e fuori il Parlamento, prendendo la parola al Senato prima del voto sulle riforme costituzionali. Il ddl Boschi è approvato a Palazzo Madama con 180 voti favorevoli, 112 contrari e un astenuto, e ora dovrà tornare alla Camera per il sigillo formale. Ma Renzi guarda già oltre e la promessa è sempre la stessa: "In caso di sconfitta al referendum trarremo le conseguenze". Vale a dire: lascerà la politica. Occasione più che ghiotta per chi (a destra e a sinistra) non lo vorrebbe più in campo. 

"Non tocchiamo pesi e contrappesi" - "Questo è il giorno in cui nessuno credeva", esulta Renzi, decisamente agguerrito e non senza una vena polemica. "Noi non tocchiamo il sistema di pesi e contrappesi della Carta costituzionale - afferma il premier -. Questa riforma non incide sul ruolo della presidenza della Repubblica e degli organismi di contrappeso, questa riforma cerca di rendere meno ingessato il sistema parlamentare con delle procedure farraginose da cambiare". Da qui alla fine della legislatura, assicura, "sfrutteremo ogni minuto per fare il nostro meglio per tornare con l'Italia alla guida dell'Europa. Ci diranno che è impossibile ma noi andremo avanti". "I professionisti del fallimento ci dicono che tutto è impossibile, rifiutano lo stupore. Ma alla guida del Paese c'è una generazione che vuole cancellare la parola impossibile, noi accettiamo la sfida".

Grazie a Boschi e Napolitano - "Abbiamo restituito all'Italia il diritto al futuro", continua con enfasi il premier, secondo cui "oggi si chiude un percorso straordinario che ha segnato il cammino degli ultimi due anni che ha visto l'Italia fare cose che prima erano rimaste nella palude". Due i ringraziamenti particolari: "Al ministro Boschi per la sua straordinaria tenacia e determinazione" con cui si è impegnata "durante tutto questo lungo iter parlamentare" delle riforme costituzionali, e al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano: "Se non ci fosse stato il suo discorso nell'aprile del 2013 non ci sarebbe questa riforma e non sarebbe in piedi questa legislatura".

mercoledì 20 gennaio 2016

Caivano (Na): Intervista all'Avv. Domenico Acerra "Liberi Cittadini"

Caivano (Na): Intervista all'Avv. Domenico Acerra "Lista Civica Liberi Cittadini"


di Gaetano Daniele



Avv. Domenico Acerra
Segretario "Liberi Cittadini"

Avv. Acerra, inizio 2014, lavori al Castello Medioevale sospesi,  le discordanze tra quanto contabilizzato e quanto realizzato e tra le lavorazioni realizzate e quelle autorizzate, da indiscrezioni, non combaciano. Che fuori dal linguaggio tecnico appunto, significa che probabilmente, da verifiche ancora da accertare, sono stati pagati lavori mai realizzati, per un importo che dovrebbe variare dai 200.000 ai  400.000 euro. Cosa ne pensa.

Non conosco la vicenda, e per questo mi attengo alla affermazione contenuta nella sua domanda, che se fosse vera sarebbe gravissima. Se davvero come lei dice si sono verificati Ammaniti di questo genere la giunta deve inviare tutti i documenti alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti per gli accertamenti del caso.

Avv. Acerra, il Sindaco Monopoli ha avviato le consultazioni, e, nel momento in cui lo fa, consiglieri eletti in una lista, lasciano e fanno il cosiddetto salto della quaglia, pur restando in maggioranza, come spiega tutto questo?

Il Sindaco Monopoli non sa quello che fa e la verifica politica si sta formando per sua insipienza in un brutto rimpasticciaccio. Ormai si fa parte della giunta sulla base di affiliazioni e parentele a discapito di competenze e cultura politica. Il trasformismo è ormai un dato accertato degli amministratori caivanesi che fanno le loro scelte sulla base delle convenienze personali e di carriera e tralasciamo il bene pubblico e la coerenza.

Avv. Acerra, il Partito Democratico apre una questione seria, importante, sulla videosorveglianza. Monopoli pare politicamente dormire e, stando all'ultimo comunicato del Pd, abbia addirittura fatto scadere i termini per poter ricavare fondi necessari appunto, per la videosorveglianza. Avv. Acerra, non le pare che il Sindaco Monopoli, dorma politicamente sugli allori?

Monopoli dorme senza allori perché finora non se ne è guadagnato alcuno. Lui è la sua giunta stanno combinando guai difficilmente riparabili al Paese. Il mancato approvigionamento dei fondi per la videosorveglianza è solo l'ultimo caso della superficialità amministrativa dimostrata da Monopoli e dalla sua compagine.

Avv. Acerra, come vede questa fase 2, soprannominata dal Sindaco Monopoli?

Non esiste una fase due della finta Monopli, perché finora, al netto dei disastri combinati, nessuno nel Paese si è accorto che c'è una giunta insediatasi nel mese di giugno scorso. Monopoli prenda atto del suo fallimento e ridia la parola ai cittadini!

IN ARRIVO LA TEMPESTA Bisignani, suona la campana: "Renzi, occhio a quella lì..."

Bisignani, suona la campana a Renzi; "Quella donna che tu hai scelto..."




In una lettera al quotidiano Il Tempo  Luigi Bisignani avverte Renzi sull'arrivo di una "una tempesta perfetta" che sta per arrivare sul suo governo. Bisignani spiega che nonostante il premier, a differenza di Berlusconi, abbia Mattarella dalla sua parte (a differenza di Napolitano con Silvio), tutto è in pericoloso movimento. "Quando giornali di destra e di sinistra cominciano a riesumare i fantasmi delle varie P2 o P3 significa che la partita a mandare tutto a rotoli è iniziata". Renzi ha sbagliato secondo Bisignani a mettere il suo amico a capo della sicurezza. " Cominci quindi ad essere meno altezzoso, convochi tutto lo stato maggiore e non soltanto il suo triangolo magico, e si lasci consigliare anche, soprattutto in politica estera, da qualche ammiraglio, magari in pensione, che più di lei ha girato il mondo". E poi un consiglio sulla Mogherini:  "In questo momento, poi, non rinneghi gli ufficiali del tutto inadeguati che ha imposto, come Federica Mogherini, perché sta creando ancora più sconcerto nelle capitanerie occidentali che ancora non glielo perdonano. Ed infine lasci perdere almeno per un momento le nuove nomine nei servizi e nelle forze di polizia, di cui si sta appassionando, o quelle in Rai. Sta creando solo scompiglio e intossicando le cabine della sua nave in tempesta"

APOCALITTICO RENATO Brunetta: "Renzi come Silvio Ma c'è una differenza..."

Brunetta: "Renzi cadrà come Berlusconi Ma Matteo come un pugile Silvio invece..."




"La realtà è che Matteo Renzi è incapace di governare". Lo dice Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, a proposito degli attacchi della Ue al premier. In un'intervista al Tempo l'azzurro spiega che se Juncker, venerdì, ha fatto quelle dichiarazioni così aspre "vuol dire che aveva il consenso della Merkel e di Hollande. È una persona accorta, non farebbe mai uscite così forti a titolo individuale. Tutto ciò vuol dire che l' Italia è all'angolo, e dobbiamo dire grazie solo a Renzi". La grande colpa di Renzi, secondo Brunetta, è quella che si è "trastullato tra l'Italicum  la riforma costituzionale, gli 80 euro, il finto jobs act, e non ha realizzato le cose fondamentali, come la ricapitalizzazione delle banche, che la Germania e altri Paesi hanno fatto. Ora è troppo tardi, e dopo l' entrata in vigore del bail in le nostre banche sono fragili e contendibili. A ciò si aggiunga la situazione politica, con i partner europei che non fanno più toccar palla al nostro premier". Le previsioni di Brunetta sono a apocalittiche, parla di baratro e prevede la fine di Renzi che, secondo lui, "cadrà come un pugile suonato. Non serve neanche un pugno visto che ne ha già presi tanti".

La previsione - Inevitabile il paragone con  quanto accadde a Berlusconi nel 2011. "L' attacco speculativo segue la stessa logica. Allora fu messo nel mirino il nostro debito sovrano attraverso lo spread, oggi sono attaccate le banche. Le motivazioni, invece, sono molto diverse. Berlusconi fu attaccato perché autonomo, perché cercava un dialogo sia verso l' Atlantico che verso la federazione russa di Putin, verso la sponda Nord del Mediterraneo tramite il dialogo con Gheddafi elì fece impazzire sia Merkel che Sarkozy. Renzi invece paga la sua arroganza e impreparazione. E poi il governo Berlusconi nasceva da un trionfo elettorale, quello Renzi da una congiura di Palazzo".

Una grave crisi diplomatica L'ultimo disastro della Kyenge

La Kyenge è una calamità: ora ci fa litigare con il Marocco


di Franco Bechis
@FrancoBechis



C' è ancora un rapporto fatto arrivare ai servizi segreti italiani dai colleghi del Marocco che spiega molto sulle infiltrazioni terroristiche islamiche in Italia e soprattutto sulla rete organizzativa che passa dal Kossovo. Raccontava la fabbricazione di green card americane ad hoc e i passaggi «ripuliti» di personaggi dell' eversione, con una filiera che partiva da Trento e attraversava l' Emilia Romagna. Ignorato a lungo dagli investigatori italiani, è stato utilizzato in altri paesi per arrivare a smantellare la rete originaria in Kossovo. Ma l' informazione primigenia era stata data all' Italia. Come una più recente, che ha raccontato la fabbricazione di false identità siriane a molti presunti profughi (che in realtà non lo sono) sbarcati in Italia nell' ultimo anno. Pagando 2 mila euro sono in grado di assumere l' identità siriana e di avere i relativi documenti falsi.

L' organizzazione è assai efficiente, e ha ottimi infiltrati in Siria, in modo che quando le autorità italiane provano a fare la verifica sulla falsa identità, se la vedono confermare: infatti il nome era reale, i documenti pure, appartenuti a cittadini siriani morti durante la guerra, solo che oggi quei documenti e quelle identità sono attribuiti a pagamento a persone che nulla avevano a che fare con la Siria. La rete di questa organizzazione capillare è stata identificata e fornita alle autorità italiane ancora una volta dai servizi segreti marocchini. Il Marocco è infatti il paese al di là del Mediterraneo che possiede l' intelligence più efficace sull' Isis e le organizzazioni terroristiche islamiche che la fiancheggiano in Libia, in Tunisia, in Egitto, in Algeria e perfino in Iraq e in Siria. Siccome non mancano arruolamenti di militanti islamici marocchini, non è difficile per i servizi di Rabat infiltrarsi e poi utilizzare quelle notizie anche a favore dei principali partner occidentali. C' è una lunga tradizione di amicizia e parternariato fra Marocco e Unione Europea, in particolare soprattutto con Francia e Italia. Ma questa ultima relazione sta scricchiolando proprio in queste settimane, come il rapporto stesso da lungo esistente con l' Unione europea.

A mettere in crisi una alleanza che è considerata fondamentale di questi tempi è stata la decisione di prima istanza della Corte di Giustizia europea il 10 dicembre scorso di annullare l' accordo su agricoltura e pesca che era stato rinnovato ancora una volta nel 2012, con una motivazione che in gran parte era stata cavalcata da gruppi trasversali all' interno del Parlamento europeo: il Marocco non avrebbe avuto diritto a ricomprendere in quell' accordo anche i territori del sud del Paese, dominati dal fronte Polisario che ha lì proclamato per autodeterminazione la Repubblica democratica araba dei Saharaui, riconosciuta da 76 stati africani e sudamericani, ma non dall' Onu e dall' Unione europea.

A fare lobbing per il Fronte Polisario nel tentativo di togliere al Marocco gli introiti incassati in base agli accordi con l' Europa anche per i territori del Sud, è stato un gruppo di pressione capitanato soprattutto dagli italiani di Pd e Sel-Lista Tsipras. L' animatrice di questa campagna è stata Cécile Kyenge, che era pure ministro nel governo precedente guidato da Enrico Letta e anche all' epoca dominato dal Pd. La Kyenge da anni per altro combatteva la sua battaglia contro il governo del Marocco e a favore del Fronte Polisario, e ha organizzato una rete anche economica di sostegno e solidarietà agli indipendentisti del Sahraui nella sua Emilia Romagna. Il fatto che siano tutti italiani i protagonisti sta irritando non poco i vertici politici del Marocco. Che da una parte danno la responsabilità di quegli accordi bocciati proprio al governo italiano, vista l' appartenenza della Kyenge al Pd di Matteo Renzi. Dall' altra avvertono come una sostanziale presa in giro la dichiarazione con cui Federica Mogherini aveva provato a dare ragione al Marocco e ai contenuti dell' accordo di cooperazione con l' Europa. Perché il sostanziale ragionamento che si fa è questo: se il governo italiano e i suoi rappresentanti nelle istituzioni europee fanno professione di amicizia e riconoscono valido quell' accordo, perché poi i rappresentanti italiani dello stesso partito di governo al momento buono sono stati decisivi ad affossarlo?

Irritazione che colpisce dunque l' Italia, raffreddando i rapporti e aprendo una crisi acuita anche dal fatto che l' ambasciatore marocchino a Roma, Hassan Abouyoub, da ex ministro dell' Agricoltura del governo di Rabat era stato proprio il padre di quella cooperazione fra Marocco e Ue in tema di agricoltura e pesca. Un raffreddamento diplomatico regalato all' Italia dalla Kyenge proprio nel momento più delicato, quando del Marocco e delle sue preziose informazioni sulla sicurezza Roma ha bisogno più che mai.

La vedete questa donna? È italiana e tra i 62 più ricchi al mondo (32esima)

Tra i 62 più ricchi al mondo anche Del Vecchio e la vedova Ferrero




In 62 detengono il 50% della ricchezza del mondo, calcolata in dollari. Il dato, invero difficilmente verificabile, è stato pubblicato ieri dagli attivisti di Oxfam alla vigilia del forum economico di Davos, e ha fatto rapidamente il giro del mondo. Al vertice di questa doratissima classifica ci sono nomi noti, come quello di Bill Gates che coi suoi 79,2 miliardi di dollari è il paperon de' paperoni del mondo. Lo tallona il messicano Carlos Slim a quota 77,1 miliardi mentre a chiudere il podio c'è il finanziere americano Warren Buffet con 72,7. Nella top ten entrano anche Amancio Ortega, fondatore di Zara con 64,5 miliardi, un paio di fratelli Walton (la loro famiglia, quella dei supermercati Usa Wal Mart è la più ricca del mondo) e la francese Liliane Bettencourt (L'Oreal), prima donna della classifica con 40,1 miliardi.

Tra i 62 figurano anche due italiani: il primo non è una sorpresa, essendo il patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio (con 20,4 miliardi di dollari di patrimonio personale). Il secondo è una donna: Maria Franca Fissolo, che si trova al 32 posto, ben 8 posizioni sopra Del Vecchio. Il suo nome, ai più, dice poco o nulla. Chi

è questa signora di denari, con un patrimonio personale da 23,4 miliardi? Trattasi della vedova di Michele Ferrero, l'ex numero uno dell'omonimo colosso dolciario, scomparso il 14 febbraio 2015.