"Atto d'accusa alla Boschi". Di Battista parla a Libero: le bordate contro il ministro
intervista a cura di Pietro Senaldi
«Truffati di tutta Etruria, e delle Marche, e di Ferrara, e di Chieti, unitevi. Domenica si va ad Arezzo, a reclamare la restituzione dei 780 milioni di euro in obbligazioni subordinate (3,6 miliardi se si aggiunge il valore delle azioni perse; ndr) evaporati con il cosiddetto salvataggio delle quattro banche a opera del governo». Ma l'onorevole Di Battista, che ad Arezzo inaugurerà il tour di Cinquestelle nei territori delle quattro Popolari andate gambe all'aria, ha un invito particolare da recapitare. «Al ministro Boschi, che mi dicono da un po' di tempo chissà come mai si fa vedere poco o nulla nella sua città natale. Le organizziamo noi un cordone di sicurezza, non abbia timori, salga sul nostro palco e dia spiegazioni alla sua gente su Etruria e su suo papà, vediamo se avrà la stessa disinvoltura esibita in Parlamento in occasione della mozione di sfiducia e se riceverà gli stessi applausi».
Cosa chiederebbe al ministro se l' avesse sul palco?
«Beh, per esempio se suo padre è andato a piedi anche dal massone Carboni a chiedere un aiutino su Etruria, come andava a piedi a scuola da ragazzo, facendo così tanti chilometri, come la ministra ci ha spiegato nella sua accorata difesa».
È facile presumere che le risponderebbe «e io che ne so?»
«L'ufficio del massone condannato è a poche centinaia di metri da quello del ministro. Non credo che la Boschi ignorasse le puntatine romane di papà».
Il ministro difese il padre sostenendo che «è una brava persona»…
«E io non ne dubito. Ma qui sta il punto: evidentemente né lei né il padre pensano che possa esserci qualcosa di sbagliato nel bussare alla porta di una persona indagata per associazione segreta e già condannata a otto anni per il fallimento del Banco Ambrosiano e a chiedergli consiglio proprio in merito a una banca. Una vicenda incredibile, che secondo me dimostra che c' è totale disinvoltura da parte loro quando si tratta di affari».
Ma perché secondo lei si sono affidati a un massone, pure piuttosto datato, come Flavio Carboni?
«Per cialtroneria di certo. Forse anche per consuetudine. Gliel' ha presentato il vicino di casa, a sua volta massone, di babbo Renzi, questo Mureddu di cui parlate nell' inchiesta di Libero e che avete pure intervistato, che ha fatto affari immobiliari con i Renzi e conosceva anche papà Boschi…».
Il ministro a questo punto dovrebbe dimettersi?
«Per noi avrebbe dovuto dimettersi da subito. Non è una questione di condanne penali o iscrizione nel registro degli indagati, è una questione politica. Oltre che di conflitto d' interessi: la Boschi fa parte di un governo che ha bruciato i risparmi di cittadini ingannati dalla banca di cui suo padre era vicepresidente. E alzandosi dal consiglio dei ministri che decretava sulle banche, ha provato con il suo comportamento il conflitto d' interessi».
Però una figlia che si dimette per supposte responsabilità del padre ancora da accertare completamente non è eccessivo?
«Non si tratta solo di questo, ripeto. Quel che è avvenuto è chiarissimo. Delle banche fallite sono state azzerate a spese dei risparmiatori e affidate a gente di fiducia, che le rivenderà pulite al miglior offerente, sicuramente qualcuno vicino al governo. Non dimentichiamoci poi che quando a essere sfiorato dall' ombra della massoneria fu un sottosegretario di Berlusconi, Giacomo Caliendo, Franceschini e tutto il Pd insorsero chiedendone a gran voce le dimissioni».
Anche oggi una parte del Pd sembra alzare la voce contro la Boschi…
«Non ci credo, è una commedia. Speranza e compagni alzano la voce per reclamare qualche concessione dal premier. Quando l' avranno ottenuta, torneranno a cuccia. Più che altro è interessante osservare come perfino Renzi stia sfruttando le disavventure del clan Boschi, per ridimensionare l' unica persona del suo inner circle che avrebbe potuto fargli ombra e, un domani, insidiarlo».
Perché il Pd ha questo feeling con le banche?
«Di feeling non parlerei, visto che come si muovono fanno danni. Diciamo che dopo decenni di opposizione, dove restavano limitati alle Coop e alla cultura, hanno potuto assaporare il potere e ne sono stati travolti. Al punto che oggi non saprei dire se il Pd si è infiltrato nelle banche, le banche si sono infiltrate nel Pd o addirittura il Pd è diventato una banca…».
Sospetta che Banca Etruria sia servita a fare favori a qualche amico del Giglio Magico?
«Ne sono certo. I magistrati facciano luce sui destinatari dei fidi concessi da Banca Etruria quando già stava per fallire. Non vorrei che si scoprisse che tra di loro ci sono finanziatori delle fondazioni del premier. Insomma, che in parte si tratti di una partita di giro. Saremmo ai limiti dell' associazione a delinquere; forse li avremmo sorpassati».
Un' accusa pesante...
«Sì ma quando c' è di mezzo il Pd ormai non mi stupisco di nulla. Tre anni fa, prima di entrare in Parlamento, non l' avrei mai detto ma poi, avendoci a che fare tutti i giorni, mi sono reso conto che sono i principali responsabili di ogni ingiustizia del Paese».
Non crede di esagerare?
«No, perché sono campioni di disonestà intellettuale. Sono del tutto antitetici a Cinquestelle, altro che le accuse che fanno di inciuciare con loro. Berlusconi faceva meno promesse di Renzi, che ha mentito sul peso dell' Italia in Europa, su dati economici, sulle tasse, sui numeri del Jobs Act, sulla spending review, sul taglio dei vitalizi, delle pensioni d' oro, degli stipendi dei parlamentari, dei finanziamenti ai partiti…».
A proposito di promesse, i truffati rivedranno i loro soldi?
«Avranno un bonus, non credo di più. È la strategia del premier: bonus scuola, bonus cultura, bonus 80 euro. È scaltrissimo, lui non risolve i problemi, compra consenso con i bonus e ha una stampa complice che enfatizza le sue mance e le sue menzogne senza chiederne conto. Dei media così di regime non si erano mai visti. Un errore però lo sta facendo, e grosso…». Quale? «Lo stesso che è stato fatale a Berlusconi. Si circonda di mediocri, persone deboli che può controllare facilmente. Bata vedere in politica estera, fra la Gentiloni e Mogherini è una pena. Prendiamo schiaffi da tutti; anche in Libia, che è a 300 chilometri di distanza, non contiamo nulla. Berlusconi e i suoi rapporti con Putin non erano chiari ma almeno erano efficaci anche per l' Italia».
Nessun commento:
Posta un commento