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venerdì 30 ottobre 2015

Pansa, strategia d'assalto a Renzi "Vi dico l'unico modo per batterlo"

Pansa intervista Pansa: "Devo tutto alla guerra"


di Giampaolo Pansa



Caro Giampaolo, come ti senti adesso che hai compiuto gli ottant' anni?

«Tutto sommato, mi sento bene, a parte qualche acciacco inevitabile alla mia età. Ma il resto funziona e non posso che ringraziare il Padreterno. La testa è ancora lucida e la voglia di scrivere tanta. Devo confessare che il piacere di scrivere, invece di diminuire, con l' età è cresciuto. La mattina mi alzo presto  e una delle prime cose che faccio è accendere il computer. Poi mi dedico a un articolo, al capitolo di un mio nuovo libro, a una lettera da inviare a un amico. Impegnarmi ogni giorno in questo esercizio mi gratifica molto. E mi ricorda che sono sempre stato un uomo fortunato».

In che cosa consiste la tua fortuna?

«Prima di tutto, nella data di nascita. Sono un ex ragazzo del 1935. L' essere venuto al mondo in quell' anno mi ha regalato molte opportunità. La prima è stata di vedere con i miei occhi il disastro di una guerra mondiale. È iniziata nel 1940 quando avevo cinque anni ed è finita nel 1945 quando mi avviavo a compierne dieci. Quello che ho visto, sia pure con lo sguardo di un bambino, mi ha insegnato che non bisogna mai lamentarsi di quanto ci accade, perché il peggio può sempre arrivare».

Il tuo ricordo più orribile del tempo di guerra?

«I bombardamenti aerei. Casale Monferrato, la mia città, non era un obiettivo strategico, ma aveva due ponti sul Po, uno pedonale e l' altro ferroviario, abbastanza vicini al centro. A partire dall' estate del 1944, gli apparecchi angloamericani tentarono di distruggerli come avevano iniziato a fare con tutti i ponti della Pianura padana. Nella convinzione che, dopo la liberazione di Roma, la guerra stesse per finire e dunque fosse necessario ostacolare la ritirata dei tedeschi. Il ponte pedonale lo colpirono subito, quello ferroviario mai. Per questo i bombardieri alleati ritornavano di continuo all' assalto».

E allora?

«Allora ho nella memoria lo schianto delle bombe. Un rumore da film degli alieni, che si insinuava dentro di te, si impadroniva del tuo corpo e ti faceva temere di morire. Invece l' andare nei rifugi antiaerei durante la notte, per me era divertente. Può sembrare una bestemmia, lo so. Ma da ragazzino precoce mi sentivo attratto dalle donne sempre un po' discinte. Se qualcuno mi chiedesse quando ho cominciato a osservare l' altro sesso, risponderei: nel grande rifugio della marchesa della Valle di Pomaro, situato a cento metri dal nostro appartamento, un palcoscenico straordinario di varia umanità».

Ma non avevi paura?

«Dopo il primo bombardamento sì, ho provato il terrore di essere ucciso. Poi mi sono abituato. Tanti anni dopo, nel leggere quel che era accaduto in Gran Bretagna, ho compreso che l' Italia, soprattutto nelle piccole città, era stata una specie di paradiso. Gli abitanti di Londra e di altri centri inglesi, come Coventry avevano vissuto l' inferno dei continui bombardamenti tedeschi. Gli inglesi stavano assai peggio di noi. Hanno sofferto la fame, da loro il tesseramento è rimasto in vigore sino agli anni Cinquanta. Noi ce la siamo cavata molto meglio».

Che cosa dicevano i tuoi genitori della guerra?

«La consideravano un castigo di Dio e speravano che finisse presto. Ma non hanno mai lasciato trasparire le loro paure con me e a mia sorella Marisa. Mio padre Ernesto, classe 1898, da giovanissimo si era sciroppato gran parte della Prima guerra mondiale, nel Genio radiotelegrafisti della III Armata, quella del Duca d' Aosta. E aveva visto gli orrori di quel conflitto. Gli inutili assalti alla baionetta, i cadaveri straziati dalle cannonate, i tanti feriti, i mutilati, i soldati con la malaria e il colera abbandonati in lazzaretti di fortuna. Era un uomo buono e pessimista, rimasto orfano di padre da bambino, insieme a cinque tra fratelli e sorelle. Mia madre Giovanna, invece, era una donna ottimista. Aveva un negozio di mode in centro, guadagnava tre volte lo stipendio di papà, operaio guardafili delle Poste. Insieme mi hanno insegnato come si deve stare al mondo».

Quando hai scoperto che ti piaceva scrivere?

«Alla conclusione della terza media. Eravamo nell' estate del 1947 e avevo dodici anni e mezzo, poiché nelle elementari avevo fatto insieme la quarta e la quinta. Come premio per un' ottima pagella, papà mi regalò una macchina per scrivere di seconda mano: una Underwood del 1914, fabbricata in America. Ho imparato subito a usarla e mi sono accorto di avere una vocazione: quella di diventare un giornalista. Cominciai presto a collaborare al settimanale della mia città, Il Monferrato. Non mi pagavano, però mi lasciavano fare. Quando sono andato all' università di Torino, a Scienze politiche, ho dedicato tutto il mio tempo alla tesi di laurea. L' argomento era la guerra partigiana tra Genova e il Po. L' avevo iniziata per partecipare a un concorso indetto dalla Provincia di Alessandria. Divenne un malloppo pazzesco, di ottocento pagine».

E che cosa accadde?

«Mi laureai con il massimo dei voti e la dignità di stampa. Era il luglio del 1959 e avevo 23 anni e nove mesi. Nel novembre del 1960 la mia tesi vinse il Premio Einaudi che mi fu consegnato dall' ex capo dello Stato, Luigi Einaudi, nella sua villa di Dogliani, con una cerimonia solenne. Quel premio convinse il direttore della Stampa, Giulio De Benedetti, a convocarmi per capire che tipo ero. Il nostro incontro durò meno di un quarto d' ora. E lui mi assunse, come in seguito fece con altri giovani laureati. Voleva svecchiare la redazione, così mi venne detto».

Un altro colpo di fortuna…

«Sì. Ma anche il risultato di una serie di circostanze che non riguardavano soltanto me. Quando iniziai a lavorare alla Stampa era il gennaio 1961. L' Italia era appena uscita del suo primo boom economico. I grandi quotidiani andavano a gonfie vele. A insidiarli non esisteva la televisione e meno che mai il maledetto web. Vendevano molte copie, raccoglievano tanta pubblicità, avevano la cassa piena di soldi».

Condizioni oggi irripetibili...

«Non c' è dubbio. Gli stipendi erano più che buoni, compresi quelli dei redattori alle prime armi. In compenso bisognava lavorare, o ruscare come diciamo noi piemontesi. Dieci ore di presenza dalle due del pomeriggio a mezzanotte. Nessuna settimana corta. Un rigore assoluto, garantito dai capi servizio, a loro volta onnipotenti. De Benedetti era un dittatore indiscusso. Quando entrava nella grande sala della redazione, tutti ci alzavamo in piedi. Soltanto quando Gidibì ringhiava: "Signori, seduti!", il lavoro riprendeva».

Fammi un esempio del rigore della «Stampa»…

«Eccone uno. Lavoravo da parecchio al notiziario italiano, quando Carlo Casalegno, il giornalista assassinato nel 1977 dalle Brigate rosse, mi chiese una recensione per la terza pagina, quella culturale. Riguardava un libro appena uscito in Italia: Il giorno più lungo di Cornelius Ryan, sullo sbarco alleato in Normandia nel giugno del 1944. La scrissi e la riscrissi con il cuore in gola. La consegnai al direttore e Gidibì la tenne nel cassetto per una settimana. Poi mi convocò e ruggì: "Questa non è una recensione, ma una cattiva cronaca dello sbarco in Normandia". Quindi iniziò a stracciarla in pezzi sempre più piccoli. E li fece nevicare sotto gli occhi».

Poi hai lasciato la «Stampa». Come mai?

«È un altro esempio della fortuna che assisteva un ragazzo del 1935. Negli anni Sessanta, un direttore che apprezzava il tuo lavoro aveva il potere assumerti da un giorno all' altro. Una circostanza irreale se guardiamo ai giorni nostri. Italo Pietra, allora direttore del Giorno, nel 1964 mi offrì un contratto da inviato speciale. Mi chiese: "Dove vuoi essere mandato in servizio: a Voghera o nel Golfo del Tonchino dove sta per cominciare una guerra che si estenderà al Vietnam?". Da monferrino sveglio risposi: "A Voghera, direttore". Pietra sorrise: "Risposta esatta. Ti assumo. Ecco il contratto da firmare. Se dicevi il Tonchino, non ti avrei mai assunto"…».

Quanto sei rimasto al «Giorno»?

«Sino alla fine del 1968. Poi Alberto Ronchey, il successore di Gidibì, mi rivolle alla Stampa, sempre come inviato. La mia base era Milano, una metropoli sconvolta dalla violenza e dagli attentati. Cortei militanti a tutto spiano, l' omicidio dell' agente di polizia Annarumma, la strage di Piazza Fontana, la fine oscura dell' anarchico Pinelli, l' arresto di Valpreda, i primi segni di vita delle Brigate rosse. Ho imparato a conoscere l' Italia, un paese ingovernabile, travolto dall' estremismo politico».

Se non sbaglio, nel 1973 sei passato al «Messagero» dei Perrone…

«Sì, a fare il redattore capo, un mestiere che non era il mio. Ma la fortuna continuò ad assistermi. Piero Ottone mi volle al Corriere della sera. Ci rimasi sino al 1977, poi Eugenio Scalfari mi assunse a Repubblica, nata l' anno precedente. Rimasi con Barbapapà un' infinità di tempo. Quindi andai all' Espresso con Claudio Rinaldi, ero il suo condirettore. Nel 2008 lasciai il gruppone di Scalfari e mi arruolai nel Riformista di Antonio Polito. Di lì sono passato a Libero, dove sto con grande soddisfazione mia e, spero, del direttore Maurizio Belpietro e dell' editore Giampaolo Angelucci».

In tanti anni di professione, immagino che tu sia stato costretto ad affrontare non poche delle emergenze che hanno tormentato l' Italia. Quale di loro ricordi?

«Almeno tre. La prima è il terrorismo, soprattutto quello delle Brigate Rosse. Oggi non ce ne ricordiamo più, ma è stata una seconda guerra civile durata quasi un ventennio. Con un' infinità di morti ammazzati, centinaia di feriti, allora si diceva gambizzati, e un delitto che ricordo come fosse avvenuto ieri: il sequestro e l' assassinio di Aldo Moro. Tuttavia l' aspetto peggiore, e infame, di quel mattatoio fu il comportamento di una parte importante della borghesia di sinistra. Ecellenze della cultura, dell' università, del giornalismo, delle professioni liberali. E della politica comunista e socialista. Per anni negarono l' esistenza del terrorismo rosso. Sostenevano che si trattava di fascisti travestiti da proletari. Soltanto qualcuno ha fatto ammenda di quella farsa tragica. Ma pochi, per non dire pochissimi. Molti pontificano ancora e si considerano la crema dell' Italia».

E la seconda emergenza?

«È la corruzione, un cancro che intacca, con una forza sempre più perfida, partiti, aziende, pubblica amministrazione. È un virus che si estende anno dopo anno. Ha avuto un picco al tempo di Mani Pulite o di Tangentopoli. Era il 1992 e allora sembrò che le indagini del pool giudiziario di Milano avessero la meglio. Invece era soltanto una pausa breve. Infatti tutto è ricominciato alla grande. Devo dire la verità? L' Italia è una repubblica fondata sulla mazzetta. Non può consolarci il fatto che tante nazioni siano uguali a noi».

La terza emergenza?

«È il discredito sempre più devastante che ha mandato al tappeto il sistema politico italiano. Per anni ho seguito da vicino e ho raccontato la crisi dei nostri partiti. Li ho visti ammalarsi, peggiorare, arrivare vicini all' estinzione. Adesso mi sembrano malati terminali. Molte parrocchie politiche sono già morte. E altre moriranno. Alla fine resteranno in piedi soltanto pochi personaggi, i più scaltri, i più demagoghi. È facile prevedere che saranno loro a comandare in Italia».

Stai pensando a Matteo Renzi, il nostro presidente del Consiglio?

«Certo, penso al Fiorentino, ma non soltanto a lui. Renzi oggi comanda e temo che continuerà a comandare per parecchio tempo. Avremmo bisogno di un nuovo De Gasperi, ma l' Italia del 2015 è messa peggio di quella del 1948. Allora eravamo un paese senza pace, alle prese con tutti i guai del dopoguerra. Ma avevamo fiducia in noi stessi, voglia di rinascere, capacità di sacrificio, entusiasmo politico, anche faziosità all' ennesima potenza. Oggi siamo una nazione di morti che camminano, non parlano, non si occupano di quello che un tempo veniva chiamato il bene pubblico. Prevale la paura di diventare sempre più poveri».

Come vedi il futuro dell' Italia?

«Buio e tempestoso. Adesso qualche gregario di Renzi dirà che sono un vecchio gufo menagramo, ma è proprio il personaggio del Fiorentino a indurmi al pessimismo. Non è un leader politico poiché non ha la statura intellettuale e umana per esserlo. È soltanto l' utilizzatore finale di una crisi antica della Casta dei partiti, cominciata molti anni fa. Renzi sta dominando su uno scenario di macerie. A lui interessa soltanto il potere. Non è un generoso come sanno esserlo i veri numero uno. È un piccolo demagogo, egoista, vendicativo, che si è circondato di una squadra di yes man incompetenti, pronti a obbedirgli e a seguirlo fino a quando resterà in sella. Nessuno lo scalzerà dalla poltrona e lui seguiterà a vincere per abbandono di tutte le controparti».

Nemmeno il centrodestra riuscirà a scalzare Renzi?

«Ma non raccontiamoci delle favole! Il centrodestra mi ricorda l' ospizio dei poveri della mia città. Sono convinti, o fingono di esserlo, che soltanto loro abbatteranno il Fiorentino. Ma è un pio desiderio, nient' altro. In realtà tutti i capetti di una volta si combattono per spartirsi il poco che è rimasto dell' impero di Silvio Berlusconi. Giocano con il pallottoliere e, sommando una serie di piccoli numeri, si illudono di sconfiggere Renzi. Il loro futuro è persino più nero di quello italiano. Ce lo conferma la crisi drammatica del Cavaliere. Ha un anno meno di me e nel 2016 taglierà il traguardo degli ottanta. Gli auguro di conservare la villa di Arcore e di non sentire che un giorno, all' alba, bussa alla sua porta qualche scherano di Renzi con un' ordinanza di sfratto».

Sei certo che gli oppositori attuali di Renzi non siano in grado di fermarlo?

«Forse potrebbe farcela un' alleanza che oggi sembra una chimera. Quella fra Grillo, Salvini, la Meloni e quanto resta di Forza Italia. Ma nel caso molto improbabile che questo asse prenda forma, chi può esserne il leader? Viviamo in un' epoca che considera la figura del capo un fattore indispensabile per contendere il potere politico, con la speranza di conquistarlo.
Però dove sta il nuovo leader del centrodestra? Io non lo vedo».

E del centrosinistra che cosa mi dice?

«Che sta peggio del centrodestra. Quando esisteva ancora la Democrazia cristiana, un anziano deputato doroteo di Caltanissetta mi disse: "Il mio partito ricorda la masseria dello curatolo Cicco: il primo che si alza, pretende di comandare". Non rimpiango di certo la scomparsa del Pci, ma la sua fine ha lasciato un vuoto enorme. Si sta realizzando una profezia del vecchio Pietro Nenni: rischiamo di diventare una democrazia senza popolo. È quello che accade in Italia, pensiamo al grande numero di elettori che non vanno più alle urne».

Nella prima e nella seconda Repubblica tu hai votato sempre a sinistra, se non sbaglio…

«Sì, ho votato per il Pci, per il Psi e per i radicali. Poi non sono più andato a votare, da quando ho scoperto la vera natura della sinistra italiana. Me ne sono reso conto del tutto nel 2003, dopo aver pubblicato il mio libro dedicato a quanto era accaduto dopo il 25 aprile 1945: Il sangue dei vinti. Un lavoro minuzioso, che non ha mai ricevuto una smentita o una querela. Posso definirlo una prova di revisionismo storico da sinistra? Eppure la sinistra italiana, in tutti i suoi travestimenti, mi ha maledetto. E non ha smesso di sputarmi addosso nemmeno quando si è resa conto che quel libraccio aveva un successo enorme. A tutt' oggi ha venduto un milione di copie».

Tu fai il giornalista dal 1961, ossia da cinquantaquattro anni. Ha ancora senso questo nostro mestiere?

«Penso di sì, anche se è diventato una professione proibita ai giovani. Nessuno li assume, i compensi per chi vuole iniziare sono minimi. Ma io sono difeso dalla mia età. A ottant' anni mi protegge un antico imperativo del filosofo tedesco Immanuel Kant. Recita: fai quel che devi, avvenga quel che può».

La Merkel denunciata da 400 tedeschi Accusata di "alto tradimento": perché

Merkel denunciata da 400 tedeschi furiosi. L'accusa di "alto tradimento": ecco perché




La cancelliera tedesca Angela Merkel è in grossi guai secondo un'indiscrezione del quotidiano di Berlino Tageszeitung. Contro di lei, infatti, ci sarebbero circa 400 denunce per alto tradimento presentate alla Procura generale, frutto di una campagna organizzata da gruppi di estrema destra che hanno addirittura distribuito dei modelli prestampati per presentare le denunce. L'accusa contro la Merkel è di aver tradito la Germania con l'apertura indiscriminata dei confini agli immigrati siriani. Secondo i gruppi che hanno avanzato le denunce, la cancelliera avrebbe messo in pericolo l'esistenza stessa della nazione tedesca e il suo ordine costituzionale. Le istanze però, chiarisce il quotidiano, hanno pochissime possibilità di superare l'esame preliminare, visto che in Germania l'alto tradimento prevede aver commesso azioni violente o averle minacciate.

Attentato Isis, enorme numero di vittime Panico tra gli 007: "Un piano mai visto"

Inghilterra, il capo dell'MI5 sulle minacce dell'Isis: "Mai allerta simile in 35 anni di carriera"




Lo Stato islamico vuole attaccare il cuore dell'Occidente, e nel suo mirino ora c'è la Gran Bretagna. Secondo gli 007 inglesi, il rischio di attentati dell'Isis nel Paese non è mai stato così alto. Ed è subito allerta. La preoccupazione di Londra è tangibile, soprattutto dopo che il capo dell'MI5, i servizi di sicurezza di sua maestà, Andrew Parker, ha ammesso: "Non ho mai visto un livello di allerta maggiore in 32 anni di carriera". Secondo il Daily Telegrpah, la Gran Bretagna non si sta facendo cogliere impreparata e già 4 mila uomini dell'MI5 sono impegnati a sventare le minacce dei terroristi che si muovono oggi su nuove frontiere. "Lo Stato islamico utilizza un'intera gamma di moderni strumenti di comunicazione per diffondere il proprio messaggio di odio, e per invitare gli estremisti, a volte giovani ragazzi, a condurre attacchi in qualsiasi modo possibile", hanno precisato da Londra.

Bombardieri russi sfiorano portaerei Usa Si alzano gli F-18, parapiglia nei cieli

Bombardieri russi su portaerei Usa: 4 F-18 si alzano in volo




Quattro caccia F-18 della Marina militare Usa sono decollati dalla portaerei Reagan dopo che due giganteschi aerei anti-sommergibile russi TU-142 detti ’Bear’ hanno volato a meno di un miglio nautico dalla nave. Lo riferisce un funzionario della Marina e alcuni media riferiscono che l’incidente è avvenuto in acque internazionali a est della penisola di Corea. I jet hanno scortato i velivoli russi lontano dalla portaerei.

Nuzzi e la "Via Crucis" di Francesco: Papa intercettato, trema il Vaticano

Vaticano, esce "Via Crucis", il nuovo libro di Nuzzi sulla guerra nella Chiesa




Registrazioni e documenti inediti per svelare la (difficile) lotta di Papa Francesco per cambiare la Chiesa. Il nuovo libro di Gianluigi Nuzzi ha un titolo che è tutto un programma, Via Crucis, e promette di far tremare il Vaticano dalle fondamenta come già capitato con il precedente Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI che nel 2012 aveva sollevato l'epocale caso del "Corvo" alla Santa Sede e accelerato, con ogni probabilità, la decisione clamorosa di Papa Ratzinger di dimettersi. 

Le conversazioni intercettate - Nel libro (edizioni Chiarelettere, in uscita il prossimo 9 novembre) trovano posto alcune intercettazioni decisamente forti: "Se non sappiamo custodire i soldi, che si vedono, come custodiamo le anime dei fedeli, che non si vedono?", confessa Papa Francesco in un incontro riservato con gli alti vertici del Vaticano. E ancora: "Abbiamo saputo che sta lavorando a un nuovo libro e ci piacerebbe poter rispondere a eventuali sue domande", recita una mail inviata dallo Ior allo stesso Nuzzi lo scorso 16 luglio, tre mesi prima che la notizia dell'uscita del libro fosse ufficiale. D'altronde, è dai tempi ci Vaticano Spa che le mosse di Nuzzi destano attenzione (e preoccupazione) in Vaticano. E lo stesso giornalista, per la prima volta, in Via Crucis è riuscito ad ascoltare conversazioni assolutamente top secret, come quella in cui il Santo Padre, a tre mesi dalla sua elezioni, sbotta contro i collaboratori: "I costi sono fuori controllo. Ci sono trappole...". La politica di trasparenza di Bergoglio si sarebbe scontrata con i privilegi dei Cardinali, la "fabbrica" dei santi, le offerte dei fedeli sottratte alla beneficenza, i furti e le truffe commerciali, il buco nero delle pensioni, veline e veleni

giovedì 29 ottobre 2015

MARINO RITIRA LE DIMISSIONI La farsa e la sfida (totale) a Renzi

Marino ritira le dimissioni. La farsa e la sfida (totale) a Renzi




Ignazio Marino ha ritirato le dimissioni. Il chirurgo ha intenzione di continuare a fare il sindaco di Roma, ma dovrà affrontare ora la prova dell'aula del Consiglio comunale che potrebbe sfiducirarlo. Pochi minuti dopo la notizia della lettera di Marino, il presidente del Pd Matteo Orfini ha convocato nella sede del partito per pianificare la sfiducia contro il sindaco.

La strategia - Perché Marino sia sfiduciato dal Consiglio comunale, è necessario che si dimettano 25 consiglieri eletti, cioè la metà più uno. Il Pd può contare su 19 consiglieri, ai quali si aggiungerebbe uno di Centro democratico e due della lista civica di Marino. Sarebbero quindi 22 in tutto dalla maggioranza, ne basterebbero appena tre dall'opposizione.

Gli abbandoni - Fuori i consiglieri sul piede di guerra, dentro altri pezzi di giunta comunale fanno le valigie, come programmato ormai da diversi giorni. A dimettersi sono tre assessori di Marino, a partire da Alfonso Sabella, che ha Skytg24 ha garantito che tornerà al suo vecchio lavoro: "Io per lunedì avevo già pagato una ditta di trasloco perché venisse a portare via i miei scatoloni e ora ho speso troppi soldi a causa del Comune di Roma per perdere anche questi". A rimettere il proprio incarico nelle mani di Marino è stato anche il suo vice, Marco Causi, e Rossi Doria, entrambi del Partito democratico.

Caivano (Na): Allagamenti e piene come il Canal Grande Il Sindaco chiude le scuole

Caivano (Na): Allagamenti e piene come il Canal Grande Il Sindaco chiude le scuole 


di Gaetano Daniele


Piazza Russo

Via Necropoli

Via Visone 

Zona Mercato

Caivano come il Canal Grande. Il Paese sommerso dall'acqua: "Ma siamo nel Medioevo?" Ora serve prevenzione. Le previsioni meteorologiche avevano preannunciato piogge, ma nessuno immaginava che si sarebbe arrivati a tanto, difatti in alcune zone l'acqua ha raggiunto anche i 15 centimetri, allagando ingressi di abitazioni. Una situazione incresciosa che ha gettato nel panico l'intera cittadina creando disagi al traffico, ma soprattutto, a chi doveva recarsi a lavoro e ha dovuto fare i conti con l'acqua quasi a raggiungere l'entrata delle proprie abitazioni. "Ma dove siamo nel medioevo" urlava qualche caivanese in preda al panico. "Come possono accadere ancora certi disagi" esclamavano altri. Ad essere finiti sotto accusa, infatti, sono stati anche gli interventi di rifacimento di alcune strade. Per non parlare delle griglie otturate e dei marciapiedi dissestati, un pericolo per tutti già in condizioni normali. Intanto, il primo cittadino Simone Monopoli, non potendo fare altrimenti, con un ordinanza, ha disposto la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole materne e gli asili nido pubblici e privati. Insomma, una risoluzione tampone. I cittadini, auspicano un intervento incisivo in tal senso affinchè questi episodi di scarsa manutenzione non avvengano più!. 

Putin lancia il nuovo super-missile: Allarme Europa e Usa: "Posso colpirvi"

Putin lancia il super-missile anti-scudo spaziale




Vladimir Putin continua a mostrare i muscoli all'Occidente. La Russia ha infatti testato un missile balistico intercontinentale Rs-24 in grado di trasportare testate nucleari. Lo ha riferito il portavoce del ministero della Difesa russo,  Igor Yegorov, all’agenzia di notizie ’Interfax’. Il missile è stato lanciato dal centro spaziale Plessezk, nella parte nord-occidentale della Russia,  finendo a circa 6mila chilometri di distanza, nel campo di addestramento di Kura, nella  Penisola della Kamchatka, nell'estremo oriente russo.

Oltre a precisare che l’obiettivo doveva provare l’affidabilità della tecnica, Yegorov ha affermato che il nuovo missile dovrà aumentare la forza da combattimento militare russa, così come la sicurezza del Paese e dei suoi alleati. Il missile, ha aggiunto, è stato anche pensato per evitare lo scudo antimissili in Europa progettato dagli Stati Uniti.

Ora è ufficiale, sta esplodendo il Pd: un altro super-big ha mollato Renzi

Pd, Corradino Mineo lascia il gruppo al Senato




Corradino Mineo lascia il gruppo del Pd al Senato. "Da oggi lascio il gruppo, auguro buon lavoro ai senatori Democratici e continuerò la mia battaglia in Senato, cominciando dalla legge di Stabilità che, come dice Bersani, sta isolando il Pd". Queste le parole del senatore dem dissidente. Mineo, da tempo, in rotta di collisione con la maggioranza, spiega che "ieri Luigi Zanda mi ha dedicato, senza avvertire né me né altri di quale fosse l’ordine del giorno, una intera assemblea, cercando di ridurre le mie posizioni politiche a una semplice questione disciplinare, stilando la lista dei dissidenti buoni, Amati, Casson e Tocci e del cattivo, Mineo. Il Pd non espelle nessuno, ha detto Zanda, ma nelle conclusioni ha parlato di incompatibilità tra me e il lavoro del gruppo. Non espulsione, dunque, ma dimissioni fortemente raccomandate".

Il dissidente - Mineo, da tempo, era molto critico con gran parte dei provvedimenti presi dalla maggioranza: in primis la riforma costituzionale del Senato. Critico anche su Jobs act, Rai e Italicum. Il senatore era uno dei principali rappresentanti del gruppo di dissidenti democratici a Palazzo Madama, e il rapporto col premier, Matteo Renzi, si è rivelato ostico sin dal principio.

Il percorso - L'ex direttore di Rainews24 ha anche ripercorso le tappe della sua esperienza a Palazzo Madama. "Perché lascio il gruppo del Pd? Nel 2013 ho accettato la candidatura come capolista in Sicilia e sono stato eletto in Senato con il Pd, partito che allora parlava di una Italia Bene Comune. Non amo i salta fossi e quando il segretario-premier ha modificato geneticamente quel partito, provocando una scissione silenziosa, aprendo a potentati locali e comitati d'affare e usando la direzione come una sorta di ufficio stampa di Palazzo Chigi, ho continuato a condurre la mia battaglia nel gruppo con il quale ero stato eletto".

Volkswagen in rosso dopo 15 anni E nel 2016 arriveranno altri guai

Volkswagen, primo rosso in 15 anni. Nel terzo trimestre 1,67 miliardi di perdite nette




Dopo una storia di successi, Volkswagen paga lo scandalo Dieselgate con il primo rosso in 15 anni: sono 1,67 i miliardi di perdite nette che la casa automobilistica tedesca ha registrato nell'ultimo trimestre. In rosso anche il risultato operativo che si è attestato a -3,48 miliardi. E lo scenario si aggrava ancor di più se si considerano le dichiarazioni rilasciate dai vertici di Volkswagen, che hanno stimato che anche gli utili di fine anno "saranno significativamente inferiori" rispetto a quelli del 2014. L'unica nota positiva è rappresentata dall'incremento delle vendite, con un +5% che corrisponde a 51,5 miliardi di euro. 

Coinvolte anche Audi e Porsche - Matthias Mueller, amministratore delegato di Volkswagen, dovrà faticare molto per riconquistare la fiducia degli investitori. Non solo perché  i costi complessivi legati allo scandalo dei motori truccati, stimati dagli analisti, oscillano tra i 20 e i 78 miliardi di euro. Ma anche perché, sull'azienda, sono piovute centinaia di cause, sia negli Stati Uniti che in Europa. E il gruppo, per risollevarsi, ha fatto sapere che taglierà anche le spese di Audi, che vale circa il 40% del profitto consolidato. Cattive notizie anche da Porsche. La casa automobilistica di Stoccarda ha detto infatti di aspettarsi, per il 2015, utili sensibilmente ridotti rispetto a quanto stimato nei mesi scorsi.

Rassicurazioni - Ma Mueller ha assicurato: "Faremo tutto il possibile per riconquistare la fiducia perduta". E sembra che la Borsa di Francoforte abbia già dato una risposta positiva, anche se sotto le aspettative degli esperti, con un +3% per Volkswagen. Perché, nonostante gli "oneri finanziari considerevoli", le vendite per il 2015 saranno stabili, assicurano i tedeschi. 

Juve a picco, Roma e Napoli dilagano Il Milan centra la seconda vittoria di fila

Serie A: Juventus in ginocchio, il Milan risale, la Roma dilaga




La decima giornata del campionato di calcio di Serie A fornisce tre certezze e una quasi-certezza. Le prime tre sono Roma, Fiorentina e Inter: le squadre che comandano la classifica e che danno l'impressione di poter restare ai piani altissimi del campionato di qui alla fine, rendendo il torneo 2015-2016 uno dei più interessanti degli ultimi anni. I giallorossi, che guidano con 23 punti, hanno regolato all'Olimpico per 3-1 l'Udinese grazie alle reti di Pjanic, Maicon e Gervinho. La Fiorentina ha sbancato Verona con Marquez e kalinic. L'Inter nell'anticipo di martedì ha superato di misura (Icardi) il Bologna. Viola e nerazzurri inseguono la Roma a quota 21 punti (insieme al Napoli).

La quasi-certezza è una nota negativa, anzi negativissima. Come la stagione della Juventus, che è incappata nella quarta sconfitta della sua storta stagione sul campo pur insidioso del Sassuolo, che dall'alto dei suoi 18 punti che gli valgono il sesto posto è una delle squadre da battere: a stangare i bianconeri (che si sono pure visti espellere Chiellini) è stato Sansone. Un ottimo Napoli, passa 2-0 sul Palermo (Mertens e il solito Higuain, capocannoniere del campionato con 8 reti), mentre la Lazio si fa rimontare dall'Atalanta (1-2) perde il treno delle seconde ed è agganciata dal Sassuolo.

A San Siro, il Milan sembra essersi liberato dalla sua scimmia trovando la seconda vittoria consecutiva (1-0 sul Chievo con rete di Antonelli) che lo catapulta in zona Europa League (16 punti). Nelle altre sfide, il Frosinone si aggiudica 2-1 il derby tra matricole col Carpi, mentre il Torino passa sul Genoa 3-2. Sampdoria-Empoli si gioca giovedì. Domenica, per la undicesima giornata, super-sfida Inter e Roma.

Numeri da brividi sulle pensioni: cosa succede nei prossimi 10 anni

Inps, conti in rosso e allarme pensioni: "Perderemo 10 miliardi l'anno fino al 2025"




Una bomba sotto le nostre pensioni. Nei prossimi dieci anni l'Inps rischia di perdere 10 miliardi di euro l'anno. A lanciare l'allarme è stato il presidente del Civ (Consiglio di Indirizzo e vigilanza) dell'Istituto di previdenza, Pietro Iocca, in audizione alla Camera. "Le proiezioni sui bilanci Inps - ha spiegato - non sono rassicuranti. È una situazione che va attenzionata e monitorata. Dalle previsioni effettuate dai bilanci tecnici attuariali al primo gennaio 2014 si vede che l'istituto nei prossimi 10 anni realizzerà sistematicamente dei risultati di esercizio negativo nell'ordine di 10 miliardi l'anno". Oltre al progressivo invecchiamento della popolazione e la difficoltà per i più giovani di trovare un lavoro stabile e, dunque, pagare i contributi, si aggiunge il peso delle vecchie pensioni legate al sistema retributivo e i "debiti" pregressi. Nel 2014, infatti, l'esercizio negativo per 12,8 miliardi è stato causato da un rosso di 5 miliardi del comparto lavoratori dipendenti e e 7,3 miliardi delle altre gestioni previdenziali, mentre la situazione patrimoniale netta attestatasi a 18,4 miliardi risente dell'effetto congiunto del risultato economico negativo e del ripianamento al disavanzo della gestione ex Inpdap per 21,6 miliardi.

Il reato di omicidio stradale ora è legge: alcol e droga al volante, le nuove pene

La Camera approva il reato di omicidio stradale: pene fino a 18 anni di carcere




La Camera dei deputati ha detto sì al disegno di legge che introduce il reato di omicidio stradale. Il testo è stato approvato con 276 voti a favore, 20 contrari e 101 astenuti. Avendo subito delle modifiche a Montecitorio, il testo tornerà ora al Senato. Fi e M5s si sono astenuti, mentre Sel è stato l'unico partito a votare contro il ddl.

Il disegno di legge - L’omicidio stradale colposo diventa un reato a sé, nel caso venga commesso sotto l’effetto di droghe o alcol si ha un inasprimento delle pene. Il reato viene diviso in tre categorie: la prima è già presente oggi e prevede pene da 2 a 7 anni quando la morte viene causata violando il codice della strada. Ma la sanzione penale sale negli altri casi: chi infatti uccide una persona guidando in stato di ebbrezza, con un tasso alcolemico oltre 1,5 grammi per litro, o sotto effetto di droghe, rischia da 8 a 12 anni di carcere. Sanzione che può arrivare fino a 18 anni in caso di omicidio stradale di più persone. Sarà invece punito con la reclusione da 5 a 10 anni l’omicida il cui tasso alcolemico superi 0,8 g/l oppure abbia causato l’incidente per condotte di particolare pericolosità come eccesso di velocità, guida contromano, infrazioni ai semafori, sorpassi e inversioni a rischio. Stretta anche per le lesioni stradali. L'ipotesi di base rimane invariata ma pene al rialzo se chi guida è ubriaco o drogato: da 3 a 5 anni per lesioni gravi e da 4 a 7 per quelle gravissime. 

Aggravanti - Norme specifiche sono previste per i conducenti dei mezzi pesanti. L’ipotesi più grave di omicidio stradale (e di lesioni) si applica ai camionisti e agli autisti di autobus anche in presenza di un tasso alcolemico sopra gli 0,8 g/l. Le sanzioni aumentate anche per l'omissione di soccorso dopo l'incidente. Se il conducente fugge scatta la pena sarà aumentata da un terzo a due terzi e non potrà comunque essere inferiore a 5 anni per l’omicidio e a 3 anni per le lesioni. Altre aggravanti sono previste se vi è la morte o lesioni di più persone oppure se si guida senza patente o senza assicurazione. Non applicabile l'equivalenza o prevalenza delle attenuanti su specifiche circostanze aggravanti. La pena viene invece diminuita fino alla metà quando l’incidente è avvenuto anche per colpa della vittima.

Revoca della patente - In caso di condanna o patteggiamento, anche con la condizionale, per omicidio o lesioni stradali scatta automaticamente la revoca della patente. Una nuova patente sarà conseguibile solo dopo 15 anni per l'omicidio o 5 anni per le lesioni. i tempi sono però superiori nei casi più gravi: se ad esempio il conducente è fuggito dopo l’omicidio stradale, dovranno trascorrere almeno 30 anni dalla revoca. Raddoppiati i termini di prescrizione e l’arresto obbligatorio in flagranza nel caso di tasso alcolemico elevato o droga. Negli altri casi l’arresto è facoltativo. 

Arriva una tassa sul cellulare Costi, tariffe, roaming: stangata

Il roaming va in pensione, ma arriva una tassa sul cellulare




Il Parlamento europeo ha approvato il nuovo pacchetto di norme per il mercato delle telecomunicazioni. Tra le misure, la riduzione dal 30 aprile 2016 dei costi in più per chi usa il cellulare all'estero, in pratica il roaming decade dal giugno 2017.

La norma, però, concede agli operatori che riusciranno a dimostrare di non essere in grado di coprire le minori entrate internazionali, e dunque minacceranno di rivalersi sui clienti domestici, di negoziare con le autorità locali la possibilità di far pagare comunque il traffico transfrontaliero entro limiti da circoscrivere.

Le norme dunque potrebbero costituire un "regalo" agli operatori della telefonia. Secondo il testo adottato a Strasburgo dal 15 giugno 2017 saranno vietate le tariffe roaming nell’Ue per le chiamate, gli sms e per l’utilizzo di Internet. Dal 30 aprile 2016, le maggiorazioni rispetto ai contratti nazionali non dovranno superare 0,05 euro al minuto per le chiamate vocali effettuate; 0,02 per ogni sms; 0,05 per ogni megabyte di navigazione su internet.

Ma c'è la potenziale fregatura. Scatterebbe se una compagnia dimostra di aver perso ricavi e di essere costretta ad aumentare i prezzi interni perché l’autorità del suo paese possa concederle di reintrodurre il roaming, comunque nell’ambito di soglie da definire a Bruxelles. I deputati hanno chiesto che le agenzie abbiano titolo per modificare o respingere le eventuali sovrattasse.

mercoledì 28 ottobre 2015

Frattamaggiore (Na): Il Sindaco Del Prete si dimezza lo stipendio Schiaffo morale ai sindaci meno virtuosi

Frattamaggiore (Na): Il Sindaco Del Prete si dimezza lo stipendio Schiaffo morale ai sindaci meno virtuosi 


di Gaetano Daniele



Non ho mai fatto politica per arricchirmi. La volontà di questa amministrazione è di non lasciare nessuno indietro. Così il Sindaco di Frattamaggiore, Marco Antonio Del Prete. E su chi gli domanda: Perchè gli altri non lo fanno, risponde: ognuno è libero di agire come meglio crede, certo, dare l'esempio non è mai sbagliato!. Insomma, un bell'esempio quello del Sindaco Del Prete che si dimezza lo stipendio e lo mette a disposizione dei contribuenti, dei più disagiati. Uno schiaffo morale a chi si appiglia a cavilli burocratici affinchè papparsi l'intera indennità o gettone di rpesenza, soprattutto, a chi recita che chi spreca del tempo al servizio della comunità ha diritto ad essere retribuito. Certo, perchè chi spreca del tempo per dedicarsi alla salvaguardia del proprio Paese, spreca del tempo prezioso, quindi va pagato. Per dirla in breve, Del Prete c'è, il Paese apprezza e gli da fiducia. Che sia di esempio anche agli altri Comuni limitrofi dell'hinterland a nord e a sud di Napoli.  

Caivano (Na): 41 mila euro in un giorno? Sì, è possibile, ma l'assessore Falco non ci sta e parla di discontinuità

Caivano (Na): 41 mila euro in un giorno? Sì, è possibile, ma l'assessore Falco non ci sta e parla di discontinuità





Somme urgenze? Affidamenti diretti? lavoretti a fratelli di consiglieri comunali? piccoli appaltucci a mogli di assessori? Sì, tutto questo è possibile, ma la colpa è delle passate amministrazioni. Si, avete capito bene. In sintesi, tutto questo è accaduto nell'arco-tempo che va da Maggio ad Ottobre 2015, proprio quando si è insediato il neo Sindaco Simone Monopoli, ma a sentir loro, il Sindaco e la maggioranza, è tutto regolare, anzi, non è niente vero. Sono tutte bufale nonostante le delibere e gli atti. Bufale costruite ad hoc dai giornali, dai blogger, e quindi l'amministrazione comunale cammina sulle proprie gambe, e dunque è anche inutile scrivere di queste cose, perchè tanto ormai basta una semplice riflessione su Facebook, oppure altrove per mettere a tacere la verità. Anche quella incontrovertibile. Tanto i fan che ne sanno, a loro cosa interessa, ai Fan interessa fare solo Olè olè olà da stadio, al resto? e chissenefrega! Insomma, all'improvviso ecco comparire un'altra nota del consigliere comunale di Liberi Cittadini, Francesco Emione, questa volta però, non è olè olè olà, è semplicemente la verità. La riportiamo di seguito: 

41 mila euro spesi solo in un giorno. Ho già detto cosa è accaduto il 14 agosto, ora vediamo cosa hanno fatto tre giorni prima, l'11 agosto. Ecco dimostrato che Forza Italia pensa solo agli incarichi com'è stato ammesso pure dal sindaco stesso. Gli atti non si possono smentire. 

Non lo possono fare né i padri, né i figli, nè gli avi.
E’ stato un agosto infuocato per gli affidamenti senza gara, infatti, mentre tutti erano al mare, o quasi tutti, c'era chi si prodigava…

1) l’11 agosto con determina N. 1436 il settore manutenzioni, gestito dall’assessore di Forza Italia Luigi Falco, stante la necessità contattava, per le vie brevi, la ditta D’Ambr.. Costru. ed impegnava la spesa di € 5.075,20 per interventi riguardanti opere murarie, manutenzione dell’impianto idraulico ed elettrico ed installazione di alcune porte in ferro da eseguire presso la ludoteca del Parco Verde; 

2) Sempre l’11 agosto, sempre il settore manutenzioni, sempre gestito dall’assessore di Forza Italia, con determina n. 1432, stante la necessità di eseguire con urgenza i lavori di manutenzione ordinaria e straordinariacontattava, per le vie brevi, la ditta F.lli Pelu di G & CO. ed impegnava la spesa di € 25.132,00; 

3) Sempre l’11 agosto, sempre il settore manutenzioni, sempre l’assessore di Forza Italia Luigi Falco, con determina n. 1430, approvava l’offerta presentata dalla ditta Ami… per un importo complessivo di € 1.841,35 per lavori di taglio e rimozione di rami di scuola nel P.co Verde. 

4) Non è uno scherzo, sempre l’11 agosto, con determina 1415, sempre il settore manutenzioni, sempre gestito dall’attivissimo assessore di Forza Italia, venivano approvati lavori per un importo complessivo € 3.352,56 ad integrzione di altri lavori fatti a gennaio per € 4.155,70 per i lavori di sistemazione dei locali comunali di Via G. Battista Vico (ex VV.UU.) e veniva incaricata la ditta Am..(la stessa che nello stesso giorno veniva impegnata per i rami nel Parco verde). Naturalmente lavori affidati senza gara. 

Nella stessa giornata, lo stesso settore affidava con due diverse determine, due lavori alla stessa ditta uno addirittura come integrazione di un altro di gennaio. 

5) E mica è finita. L’11 agosto, con determina n. 1413, veniva dato pure un incarico, che non manca mai, dal settore dei lavori pubblici dell’assessore arch. Mascolo, ad un tecnico per la progettazione, il coordinamento della sicurezza e la direzione dei lavori di un fabbricato in via Carioli confiscato alla criminalità organizzata per un totale di 6000 euro (senza bando). 

TOTALE AFFIDAMENTI SENZA GARA DEL 11 AGOSTO: 35 mila 401 euro + 6000 di incarico professionale a consulente. TOTALE SPESE SOLO IL 4 AGOSTO: 41 mila 401 euro.

Insomma, però a sentire uno degli assessori competenti, Luigi Falco, esiste una short list, e quindi si è mantenuto solo il regolare svolgimento dell'affidamento. Ed in più, è stato doveroso farlo, visto che lo stato delle scuole ed altro, era versato in condizioni pietose. Il sottoscritto, continua l'assessore Falco ai nostri microfoni, lavora per il bene comune e dei cittadini caivanesi, rimettendoci anche di tasca propria. Ed è spinto soprattutto da un grande spirito di sacrificio, conclude, per il bene del Paese e della collettività. 

SOLDI NOSTRI PAGA IL COMUNISTA IN TV Più di mille euro al minuto L'ultima vergogna di Fazio

Fabio Fazio, 24mila euro a Yanis Vaorufakis per l'ospitata a "Che tempo che fa"




Più di mille euro al minuto per parlare nel salottino di Fabio Fazio. Soldi nostri, va da sè. Yanis Varoufakis sputtana Che tempo che fa. L'ex ministro greco, nel mirino della polemica poiché (presunto) conferenziere strapagato, per spegnere le accuse ha pubblicato una lunga lista di tutti gli interventi fatti all'estero, con modalità di viaggio e compensi ricevuti. Una lunga lista, in cui l'importo più ricorrente è "zero": neppure un euro, né un dollaro, per dire la sua. Poche, pochissime eccezioni. Tra queste, appunto, l'ospitata da Fabio Fazio: 22 minuti di chiacchierata, per la quale è stato pagato a Varoufakis un cachet di 24mila euro, oltre al viaggio in First Class. Soldi nostri, bene ricordarlo. Un teatrino tra comunisti stra-pagato con soldi pubblici. Per inciso, nella lista pubblicata da Varoufakis, l'altro appuntamento pagato era una conferenza internazionale a Singapore, per la quale ha ricevuto 28mila euro.

Il caso - La vicenda sorge dall'accusa rivolta al fu ministro centauro dal Daily Telegraph, che citando il settimanale ellenico Proto Thema, aveva messo le mani su una email di un'agenzia di Londra specializzata nell'offrire - a pagamento, of course - interventi di ex leader politici. Varoufakis ha smentito, pubblicando la lista che ha finito per smascherare Fazio.

Sondaggio: com'è il politico ideale? Va bene anche incapace, basta che sia...

Il politico dei sogni degli italiani? È un incapace. Ma è onestissimo


di Francesco Borgonovo




Non c' è da sorprendersi troppo di fronte ai risultati del sondaggio realizzato da Arnaldo Ferrari Nasi. Semmai si sente un brivido lungo la schiena quando si legge che il 68 per cento degli italiani intervistati ha come prima preoccupazione quella di avere una classe politica «onesta e trasparente» piuttosto che una «che abbia esperienza e sappia fare le cose, come proteggere gli Italiani dall' immigrazione e da certe leggi europee». Non ci si deve stupire, dicevo, perché da alcuni anni l' insofferenza popolare nei confronti della politica ha raggiunto i massimi storici: lo spirito del tempo è quello dell' ostilità nei confronti dei partiti e in particolare dei loro rappresentanti in Parlamento.

È indicativo che persino alcuni dei dipendenti del Comune di Sanremo saliti alla ribalta in questi giorni ce l' avessero con la Casta. Costoro approfittavano allegramente dei soldi pubblici evitando di presentarsi al lavoro ogni volta che potevano. Hanno ingannato gli italiani (che pagavano i loro stipendi) mostrando totale disprezzo per la cosa pubblica, tanto che in parecchi sono finiti dietro le sbarre.

Eppure, su Facebook o al bar (durante pause caffè a spese dei contribuenti) berciavano improperi all' indirizzo dei politici ladri e corrotti. Questo per dire quanto sia radicato l' astio verso la politica, tanto che persino il travet più negligente si sente in diritto di denigrarla.

Intendiamoci subito: gli italiani hanno innumerevoli e sacrosante ragioni per detestare chi dovrebbe rappresentarli al governo e in Parlamento.

In questi anni i politici hanno dato il peggio di se stessi. Anzi, il dramma è che forse hanno dato il meglio. La classe dirigente che affolla i palazzi è per lo più incompetente e inconsistente, dunque il suo comportamento rispecchia la sua essenza. Basti pensare a Ignaro Marino e allo spettacolo pietoso che ha offerto destreggiandosi fra scontrini di cene a spese nostre, sotterfugi e clamorose balle. Ma allora perché, davanti al sondaggio di Ferrari Nasi, bisogna avvertire un senso di disagio, una ventata di gelo? Perché l' odio diffuso verso i politici ha conseguenze nefaste. In quest' epoca scura bisogna avere il fegato di separare la politica da chi la esercita. E anche fra i politici bisogna sapere distinguere. Non tutti sono ladri e saprofiti. Tanti, specie a livello locale, sono validi e pronti a dare il sangue. Se non ci fossero, tutti noi saremmo più deboli ed esposti a poteri ben più marci e più spietati.

A soffiare sul fuoco dell' antipolitica non ha cominciato Beppe Grillo, bensì il Corriere della Sera, attraverso il bestseller di Stella e Rizzo intitolato appunto la Casta. Un fenomeno editoriale che ha avuto plurime imitazioni e alcuni seguiti. Nulla da dire sul contenuto, ovviamente. Ma da allora in poi, la considerazione della politica non ha fatto altro che peggiorare. E ne hanno guadagnato le forze, come i Cinquestelle, che gridavano «tutti a casa». Già, ma se tutti vanno a casa, che succede? Lo abbiamo visto, purtroppo. Arrivano i tecnici, i commissari, i funzionari. I volti incolori dell' Unione Europea e della Troika. E da questi, chi ci difende?

Il passo è breve: si parte dicendo che la politica va rinnovata nel profondo e si finisce a dire che la politica va eliminata. Siamo partiti con la Casta (Rizzoli) e siamo finiti con il libro di Stefano Feltri del Fatto intitolato La politica non serve a niente. Invece serve eccome. Perché altrimenti ci si trova al governo una disgrazia epocale come Mario Monti. O si finisce a non votare per ben tre volte.

Uno come Feltri, che lavora per il giornale più antipolitico che ci sia, alla fine fa il gioco dei poteri forti (quelli forti davvero) che vorrebbero affidare alle banche la gestione dei Paesi, e chi se ne frega se poi la gente si impicca. C' è persino un giornalista pluripremiato come David van Reybrouck il quale sostiene che le elezioni andrebbero abolite (nel saggio Contro le elezioni, edito da Feltrinelli). Visto che i politici selezionati tramite gli attuali sistemi elettorali sono scadenti - sostiene - meglio affidarsi al sorteggio.

Un po' come fanno i grillini che si affidano per ogni cosa a Internet. E infatti selezionano una marea di onestissimi incapaci. A parte il fatto che l' onestà va misurata nel momento in cui un uomo sfiora il potere, la politica non può essere trasparente. Come non può esserlo la vita delle persone. Gli arcana imperii, una volta svelati, rendono la politica impotente. Maggiore chiarezza, specie sulle spese, e maggiore condivisione delle decisioni sono auspicabili.

Ma la politica ha bisogno degli anfratti, del fango e dell' oscurità oltre che dei vetri e del sole. E noi abbiamo bisogno della politica soprattutto oggi. David Runciman, studioso molto moderato, lo spiega in un bel libro uscito da Bollati Boringhieri e intitolato semplicemente Politica. Mostra l' impatto che hanno sui Paesi le scelte politiche: fanno la differenza nella vita delle persone. Eliminata la politica, appunto, restano tecnici e banchieri. Qualcuno dice che in alcuni casi basta il mercato a fare le veci dei governi. Ma non è vero: il mercato non esiste in natura, è una creazione della politica. Robert Reich, economista liberal pentito, ha scritto un libro proprio per difendere questo assunto e per ribadire che, senza i politici, sono altre forze a dominare il mercato. Forze trasparentissime. Talmente tanto da essere invisibili. Forze che non sono disoneste, sono semplicemente disinteressate alla vostra vita.

Clamorosa retromarcia di Obama Truppe di terra in Siria e in Iraq

Stati Uniti pronti a mandare truppe di terra in Siria e Iraq




La decisione avrebbe del clamoroso, perchè significherebbe un passo indietro rispetto a tutta la politica di ritiro delle truppe che l'amministrazione Obama ha perseguito negli ultimi sette anni. E per il presidente premio Nobel per la pace vorrebbe dire seguire le orme del suo predecessore George W. Bush. Rivelano i media americani che il presidente starebbe per decidere l'impiego di truppe di terra statunitensi sia in Siria sia in Iraq contro la minaccia rappresentata dal califfato islamico. Ma anche per riequilibrare le forze messe in campo proprio in Siria dalla russia, che ha piazzato sul terreno soldati e carri armati. Fino qui, in Siria gli americani erano intervenuti limitandosi ai raid aerei. La decisione, riporta il Washington Post, potrebbe essere presa da Obama già questa settimana ma non è ancora chiaro di quanti uomini si parlerebbe.

L'arma finale di Obama contro Putin Super-bombardiere da 700 milioni / Foto

Obama prepara un super-bombardiere da 700 milioni di dollari


di Claudio Antonelli



Per Lockheed Martin e Boeing potrebbe essere in arrivo una sostanziale novità. Il Pentagono recentemente ha fatto sapere di essere «molto vicino» ad annunciare la società che si è aggiudicata il nuovo progetto del futuro bombardiere strategico a lungo raggio, che progressivamente andrà a sostituire i B2-Spirit (dal costo di 2 miliardi a esemplare) , i B-1 e i vecchi (ma ancora efficaci) B-52. Mai come in questo momento il rafforzamento della strategia di controllo dei cieli, assieme al rafforzamento dei pattugliamenti nell' area del mar cinese, impone agli Stati Uniti nuovi investimenti sul lungo termine. Da un lato c' è infatti il velivolo di quinta generazione F-35 e dall' altro bombardieri in grado di volare due giorni e attraversare i continenti. Diventeranno due lati della stessa medaglia.

A contendersi quest' ultimo programma da poco meno di 80 miliardi di dollari sono Northrop Grumman e il duo formato da Boeing e Lockheed Martin. La competizione lanciata a luglio del 2014 si sarebbe dovuta concludere la scorsa primavera ma la Us Air Force ha rinviato l' annuncio. «Sul nuovo bombardiere strategico», si legge in un' agenzia Agi, «saranno usati componenti già impiegati in altri programmi segreti e sarà facilmente aggiornabile». Si parla di costi che dovrebbero viaggiare tra i 600 e i 700 milioni di dollari per velivolo. Una manna per i bilanci delle società vincitrici.

Lockheed e Boeing arrivano all' evento con due trimestrali positive. L' azienda di Bethesda chiude il terzo trimestre con un utile netto di 865 milioni di dollari, in calo rispetto agli 888 milioni di dollari dello stesso del 2014. L' aumento delle vendite degli F-35 ha però consentito un aumento dei ricavi pari al 3,2%, per un giro d' affari complessivo di 11,46 miliardi di dollari. Dal canto suo, Boeing nel terzo trimestre piazza un segno più e rivede al rialzo le stime per il 2015. I ricavi nel terzo trimestre 2015 ammontano a 25,849 miliardi di dollari, in salita di circa il 9% rispetto ai 23,784 miliardi di dollari registrati nello stesso periodo dello scorso anno e del 14,63% rispetto al consensus di Bloomberg di 24,675 miliardi. L' utile per azione è passato a 2,47 dollari rispetto agli 1,86 dollari del medesimo trimestre 2014. C' è da scommettere che, in caso di vittoria della gara, anche i titoli in Borsa dei due colossi gioirebbero.

La classifica delle migliori città italiane: le quindici dove si vive meglio

Legambiente, ecco le 15 città dove si vive meglio in Italia



Verbania 

Legambiente ha stilato una classifica che parla chiaro: le città più piccole sono quelle che inquinano meno. La migliore di tutte? Verbania. La cittadina del Lago Maggiore è seguita da Trento e Belluno già conosciute per la loro buona organizzazione in fatto di mezzi pubblici, raccolta dei rifiuti e lotta all'inquinamento. Seguono Bolzano e Macerata, altri buoni esempi di città sulla via dell'ecologia, e non deludono neanche Oristano, Sondrio, Venezia e Mantova. Il dossier è stato elaborato prendendo in esame i dati dei 104 capoluoghi di provincia del Paese rispetto a qualità dell’aria, gestione delle acque e dei rifiuti, energia, mobilità e trasporto pubblico.

Nord e Sud - Se si sposta lo sguardo nella parte più bassa della classifica, salta all'occhio il divario tra Nord e Sud. Fra le ultime cinque città, quattro sono siciliane. Le peggiori sono: Vibo Valentia e Catania, Palermo, Agrigento e Messina che è maglia nera. Tra le grandi città i risultati non sono rincuoranti: Firenze è 43esima, Milano 51esima e Roma precipita alla posizione numero 83.

Corona lascia la comunità di Don Mazzi La decisione del giudice: torna a casa

"Fabrizio Corona è un uomo nuovo": clamoroso, l'ex paparazzo torna a casa




"Fabrizio Corona è un uomo nuovo". I giudici, che non hanno mai gradito l'ex paparazzo, hanno cambiato idea. Corona da stasera potrà lasciare la comunità Exodus di Don Mazzi e tornare a casa.  Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Milano. Ai giudici, nel corso dell'udienza della scorsa settimana, l'ex marito di Nina Moric ha promesso: "Fidatevi, sono un uomo nuovo".

Lo scorso giugno, dopo circa due anni e mezzo di detenzione, Corona era uscito dal carcere ottenendo l'affidamento in prova nella comunità Exodus di don Mazzi a Lonate Pozzolo, in provincia di Varese. Il giudice, in quell'occasione, aveva concesso l'affidamento per una serie di ragioni, tra cui l'assenza di pericolosità sociale e il passato di tossicodipendenza dell'ex agente fotografico. Giovedì scorso davanti a un collegio di giudici della Sorveglianza, Corona ha ribadito più volte di essere cambiato.

In tarda serata la decisione. Stando ai legali, i giudici hanno confermato l'affidamento, permettendo che si svolga "sul territorio". Corona dunque non dovrà più stare nella comunità, ma potrà tornare a casa, anche se dovrà attenersi a una serie di disposizioni relative all'affidamento in prova. 

Dite addio a otto Regioni: cancellate Ecco i nuovi confini: quali spariscono

Addio a otto Regioni: il piano del governo. Il progetto che piace anche alla Boschi




Quando il senatore Pd Raffaele Ranucci ne aveva cominciato a parlare, tra i corridoi di palazzo Madama sembrava il solito progetto, neanche il più strampalato, per cambiare la geografia dell'Italia, riformare i confini delle regioni, creandone delle nuove e abolendo le esistenti. Poi l'8 ottobre al Senato si è discusso della riforma Costituzionale, Ranucci ha presentato un ordine del giorno proprio sull'accorpamento delle Regioni. Colpo di scena: il governo lo ha fatto suo, così l'emendamento di Ranucci viene ritirato, perché di fatto il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, scrive l'Unità, avrebbe in mentre un progetto più organico, anche basato sulla proposta del senatore. L'approvazione è sostanzialmente in agenda, se ne discuterà non appena il governo incasserà l'approvazione della riforma costituzionale: la nuova geografia italiana sarà quindi una costola che arriverà in seguito e nelle speranze del governo, avrà lo stesso esito.

I dettagli - Il progetto prevede la cancellazione delle piccole regioni, andando a formare 12 macro-aree. Spariscono il Piemonte, la Liguria e la Val d'Aosta, per formare la regione Alpina. La Lombardia rimane autonoma. Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige saranno accorpate nel Triveneto. Resiste l'Emilia-Romagna almeno nel nome, con l'annessione della provincia di Pesaro-Urbino dalle Marche. Il resto del territorio che oggi fa capo ad Ancona, la Toscana, la provincia di Viterbo, l'Umbria, l'Abruzzo e il Molise farebbero nascere la regione Adriatica. Addio al Lazio, per far posto a un enorme distretto di Roma Capitale. Fuori da quel territorio le province di Frosinone e Latina che con la Campania faranno nascere la regione Tirrenica. Puglia e provincia di Matera si fonderebbero per far nascere la regione Levante. La provincia di Potenza con la Calabria creerebbero la regione di Ponente. Invariate invece le posizioni di Sicilia e Sardegna.

QUATTRO BANCHE IN CRAC Rischiano il fallimento in pericolo i nostri soldi Allarme corsa agli sportelli

Quattro banche sull'orlo del crac: a rischio i soldi dei correntisti


di Francesco De Dominicis



È una corsa contro il tempo e non è detto che si arrivi al traguardo sani e salvi. Perché in mezzo c’è un passaggio a Bruxelles che potrebbe far saltare tutto, con effetti a catena pericolosissimi. Sta di fatto che sono quattro e non più tre (ma la lista nera potrebbe crescere a stretto giro) le banche italiane sull’orlo del crac. Si rischia la “corsa agli sportelli” e la “fuga dai depositi” con i banchieri stanno correndo ai ripari per evitare un botto che avrebbe dimensioni pazzesche, cioè 12,5 miliardi di euro. Una catastrofe che avrebbe effetti a catena su tutto il sistema bancario italiano. Ragion per cui i grandi gruppi del Paese – a cominciare da Intesa e Unicredit – sono pronti a investire 2 miliardi per ricapitalizzare Banca Marche, Banca Etruria e Cassa di risparmio di Ferrara. E poi la Cassa di risparmio di Chieti, ultima entrata nell’elenco delle emergenze. A lanciare l’allarme è stato, oggi pomeriggio alla Camera dei deputati, il presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi, Salvatore Macccarone. Nel corso di un’audizione a Montecitorio sul bail in (il nuovo meccanismo europeo sui salvataggi bancari che prevede in caso di fallimento di un istituto una tosata ad azionisti, obbligazioni e conti correnti oltre 100mila euro), Maccarone ha evocato esplicitamente la “corsa agli sportelli” e di “fuga dai depositi”. E ha pure spiegato che il “fallimento di quattro banche sarebbe un danno per tutto il sistema”. Secondo il banchiere “se viene meno la fiducia ci sarebbe uno s ci sarebbe ragionevolmente uno scenario grave anche perché abbiamo altre banche in difficoltà tenue”. Tradotto: altri istituti sono vicini ad alzare bandiera bianca.

La soluzione - Di qui la soluzione interna e di sistema che, tuttavia, si sovrappone all’esame della Commissione Ue sui decreti attuativi del nuovo meccanismo di risoluzione delle crisi, con l’esito che non è scontato. Anzi. In ogni caso, le banche in salute sono pronte a versare al Fondo 2 miliardi (fino a poche settimane fa si parlava di 1,5 miliardi) per ripianare i buchi nei conti dei quattro istituti in crisi profonda.  "L'arco di tempo è molto ristretto – ha aggiunto Maccarone -  sarebbe una sconfitta se non riuscissimo a farlo avendone la possibilità". La faccenda va risolta entro dicembre: dal primo gennaio 2016, infatti, anche se l’Italia non avrà ancora formalmente recepito la direttiva Ue, le regole di Bruxelles si applicheranno anche dentro i nostri confini. Il numero uno del Fondo ha detto che la situazione è “vissuta con affanno anche delle autorità coinvolte”. Nessun riferimento esplicito alla Banca d’Italia, ma è chiaro che sono ore caldissime anche a via Nazionale.

Tremano i banchieri - Per l’industria bancaria del Paese è una prova di fuoco. Dalla riuscita dei salvataggi di Banca Marche, PopEtruria,  CariFerrara e CariChieti, dipende la tenuta del sistema e la stabilità delle finanze italiane. Del resto i numeri fanno paura: se quelle banche fanno il botto servono 12 miliardi e mezzo per rimborsare i correntisti. La direttiva europea sul bail in prevede un contributo di possessori di azioni e di obbligazioni, poi, in seconda istanza, anche una tosata ai conti correnti con saldo superiore a 100mila euro. Un nuovo rivoluzionario sistema su cui c’è ancora pochissima informazione. Tutto questo proprio mentre l’annuale sondaggio Ipsos-Acri segnala una ripresa della fiducia dei risparmiatori. I banchieri da una parte tremano e dall’altra aspettano la trattativa di palazzo Chigi con l’Unione europea. “Tutto è pronto però non siamo in grado di procedere per difficoltà' esterne che lo impediscono" ha spiegato alla Camera Maccarone sottolineando anche che c’è “qualche nervosismo da parte della Bce” per l’impasse in cui ci si trova. Il numero uno del FOndo ha comunque precisato che “tutti stanno lavorando per portare a casa questo risultato”, ma se anche il varo dei decreti delegati non fosse sufficiente a garantire necessariamente il via libera da parte di Bruxelles, è però certo il fatto che “senza i decreti delegati l’ok della Ue non c’è, non ci fanno fare il salvataggio”. Scenario da evitare a tutti i costi. In ogni caso “ci inventeremmo qualcosa perché non possiamo permetterci che quattro banche falliscano, non siamo pronti”. 

martedì 27 ottobre 2015

È ufficiale: Vittorio Sgarbi si candida Dove e con chi (c'entra Cruciani)

Vittorio Sgarbi: "Mi candido sindaco a Milano con Cruciani e Parenzo"




Potrebbe essere Vittorio Sgarbi a riempire il "vuoto" lasciato nel centrodestra dalla rinuncia di Paolo Del Debbio a correre come sindaco di Milano nel 2016. Il critico d'arte, già deputato e ministro, ha ufficialmente annunciato la sua discesa in campo su facebook, riportando come scrive il quotidiano "Il Tempo" oltre 12mila 'mi piace' in poche ore. Insomma, uno 'zoccolo duro' di sostenitori Sgarbi ce l'ha già anche come politico.

Resta da vedere se correrà per un qualche partito di centrodestra o per una formazione a se stante. Per il momento, dice che si candiderà per il PDR, ovvero il Partito della Rivoluzione. Che suona un po' castrista o cheguevariano, ma contento lui... L'idea, spiega a "Il Tempo", nasce "da un sondaggio per le comunali di Milano di un paio di giorni fa nel quale, tra quelli dei candidati, il mio nome neppure compare. Non capisco perchè, visto che già qualche mese fa avevo annunciato la mia discesa in campo, seppur in modo provocatorio...".

Il suo interlocutore, spiega "non sarà il centrodestra, "ma PDR è un nome provvisorio, potrà anche chiamarsi 'Lista per Sgarbi sindaco', vedremo. Ma la vera 'bomba' sarà la 'Lista della Zanzara' che lanceranno Cruciani e Parenzo per appoggiarmi. Loro non si candideranno di persona, ma sarà tagliata sullo spirito anarchico e provocatore del programma, per fare concorrenza ai 5 Stelle". L'elettore tipo? "Chiunque voglia avere un sindaco che sia privo di retorica, finzioni e malinconie come Pisapia".