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domenica 8 gennaio 2017

Sondaggio: italiani bocciano (quasi) tutti Si salvano solo in tre. Chi finisce a picco

 Sondaggio: Ecco la fiducia degli italiani a chi va



Il Papa, le forze dell'ordine e, nonostante tutto, la scuola. Sono, secondo un sondaggio Demos presentato dal quotidiano La Repubblica, le uniche tre istituzioni del nostro Paese nei confronti delle quali la maggioranza degli italiani ha fiducia. Ossia, che riscuotono l'approvazione di più del 50% dei nostri connazionali. Tutto il resto è sotto quella soglia, in alcuni casi in un vero abisso rispetto a quel 50%.

Se si presentasse alle elezioni, papa Bergoglio le vincerebbe a mani basse, visto che l'82% degli italiani ha fiducia in lui. Rispetto al 2010 (quando c'era Ratzinger), la fiducia del Pontefice ha guadagnato 31 punti di gradimento. Poi ci sono le divise: il 71% degli italiani ha fiducia nelle forze dell'ordine. Sopra il 50% (54) anche la scuola. In entrambi i casi, rispetto al 2010 non è cambiato molto.

Appena sotto il 50% c'è il Presidente della Repubblica, la cui figura ha visto un crollo di ben 22 punti di gradimento rispetto al 2010, quando al Quirinale c'era giorgio Napolitano. Parrebbe tutto demerito di Mattarella, ma la verità è che tra il 2015 e il 2016 l'indice di gradimento del Capo dello Stato è rimasto stabile al 49%. Segno che i 22 punti percentuali li ha persi tutti Napolitano nel corso del suo terzo mandato.

Seguono la Chiesa (44%, -3% rispetto al 2010), il Comune (39%, -2% rispetto al 2010), la magistratura (38%, -12% rispetto al 2010), l'Unione europea (29%, -21% rispetto a sei anni prima) e giù a scendere fino alle banche (14%, -9% rispetto al 2010), il parlamento (11%, -3% rispetto al 2010) e sul fondo i partiti, nei quali ha fiducia solo il 6% degli italiani (che siano gli iscritti?), con un calo del 2% rispetto al 2010.

Il Napoli in rimonta aggancia la Roma al 95'. L'Empoli affossa il Palermo

Il Napoli in rimonta aggancia la Roma al 95'. L'Empoli affossa il Palermo



Riesce per un soffio l'aggancio in classifica del Napoli alla Roma. I partenopei, sotto di un gol con la Sampdoria al San Paolo al termine del primo tempo per un'autorete di Hysaj al 30', riescono a raddrizzare la partita e ad arraffare i tre punti solo nell'ultimo quarto d'ora grazie prima a Gabbiadini che al 32' insacca al volo da due passi un cross dal fondo di Callejon e poi a Tonelli che al 50' infila sotto la traversa dal dischetto del rigore un pallone servitogli dal fondo da Trinic. Napoli a quota 38 punti in classifica, Samp ferma a 23.

Nell'altro anticipo della 19esima giornata di Serie A, l'Empoli ha battuto per 1-0 il Palermo in una sfida-chiave per la salvezza grazie a una rete di Maccarone al 78'. I toscani agganciano il Sassuolo a quota 17 punti, Palermo bloccato a 10.

Sul paesino piovono 5 milioni di euro Ecco tutti i biglietti vincenti: dove sono

Sul paesino piovono 5 milioni di euro. Tutti i biglietti vincenti: dove sono



Il biglietto del primo premio della Lotteria Italia da 5 milioni di euro è stato venduto a Ranica, in provincia di Bergamo: Q 425840. Il secondo premio da 2,5 milioni, riferisce Agipronews, è andato al possessore del biglietto T 116627 venduto a Tarsia, in provincia di Cosenza, rendendo ancora una volta la Calabria protagonista dopo il 6 centrato a fine ottobre al Superenalotto a Vibo Valentia con la vincita del super jackpot da 163 milioni di euro e alla vigilia di Natale, invece, il bottino da 624 mila euro centrato con una cinquina al Lotto da un giocatore di Reggio Calabria. E infine sempre per la Befana e sempre a Cosenza è stato centrato anche un 5+1 nell’estrazione dell’Eurojackpot, per un bottino di 596 mila euro.

Il terzo premio della Lotteria Italia, è andato al biglietto R 053568, venduto a Milano: 1,5 milioni di euro. Il biglietto con serie e numero C 045521 venduto a Livorno vince un milione di euro. Il biglietto che vince 500mila euro è il tagliando N 337298, venduto a Milano. Non ci sono solo i tre premi di prima categoria a far ricca la Lombardia per l’edizione 2016 della Lotteria Italia: la lista dei fortunati, aggiunge Agipronews, si allunga grazie ad altri 6 biglietti vincenti da 50 mila euro ciascuno. In questa tipologia di premio, solo il Lazio, con 12 premi, riesce a fare meglio per questa edizione.

Ed è proprio il Lazio la regione con il maggior numero di premi di terza categoria centrati nell’edizione 2016 della Lotteria Italia: sono 33 i tagliandi che si aggiudicano 25mila euro ciascuno, a cui si aggiungono altri 12 biglietti da 50mila euro, per un totale di 45 ticket fortunati e un montepremi regionale da oltre 1,4 milioni di euro a fronte di circa 1,6 milioni di tagliandi venduti (-2,6%). La Lombardia, precisa Agipronews, si piazza subito dietro nella speciale classifica del maggior numero di tagliandi vincenti per la terza categoria, sono stati 28 a cui si aggiungono sei premi da 50 mila euro e soprattutto il primo premio centrato a Ranica (Bergamo) e la doppietta di Milano con i premi da 1,5 milioni e mezzo milione di euro. In pratica con 37 biglietti vincenti complessivi, in regione sono finiti premi per 8 milioni di euro a fronte di 1,4 milioni di tagliandi venduti (+0,1%).

Con «solo» tre premi complessivi la Calabria è però una delle regioni più vincenti dell’ultima edizione: al tagliando da 2,5 milioni di Tarsia (Cosenza) si aggiungono un premio da 50mila e uno da 25mila. Toscana ben piazzata grazie al milione di euro vinto a Livorno, a cui si aggiungono un premio da 50mila euro e ben 11 da 25mila, per un totale regionale da 1.325.000 euro. Buono il bilancio per il Veneto: 4 premi di seconda categoria e 15 di terza per un montepremi regionale da 575mila euro. In Emilia Romagna vincite per 500mila euro arrivate con 4 premi da 50mila euro e 12 da 25mila.

In Piemonte sono 5 i premi da 50mila euro, altrettanti da 25mila per un montepremi da 375mila euro, stesso importo totale in Sicilia grazie a un premio da 50mila euro e ben 13 da 25mila euro. Due le regioni rimaste totalmente a secco: il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige, mentre lo scorso anno lo zero in casella toccò a Molise, Sardegna e Val D’Aosta.

Lo sfregio del vescovo di Palermo: "Stragi islamiche? Di chi è la colpa"

Lo sfegio del Vescovo. Stragi islamiche in Europa: "Vi dico io di chi è la colpa"



"Sulle nostre coste arriva chi scappa dalla fame e dalla guerra». A dirlo all’AdnKronos è l’arcivescovo di Palermo, don Corrado Lorefice, parlando della stretta del governo sui migranti irregolari e sulle espulsioni. Né basta a giustificare una posizione securitaria la paura di attentati. «Il terrorismo l’abbiamo fomentato per altri motivi - dice -, per come noi europei siamo stati in alcune parti del mondo. Forse questa è la conseguenza". Allora secondo l’arcivescovo di Palermo "l’Europa deve rivedere i suoi stili di vita. Non dobbiamo dimenticare - conclude - che noi siamo andati verso il Sud del mondo a volte per depredarlo. Non lo dobbiamo dimenticare".

Terrorismo, il capo della polizia: "Cosa so", frase da brividi sull'Italia

Attentati in Italia, cosa rischiamo ora. La frase da brividi del capo della polizia



"Il rischio attentati c’è. E anche l’Italia avrà il suo prezzo da pagare". Lo dice, in un’intervista a Il Giornale, il capo della Polizia, prefetto Franco Gabrielli. "Le indagini, spesso successive ai rimpatri - spiega - hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro paese perchè considerate vicine all’Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti. Questo però non deve toglierci la nostra libertà". Il prefetto, annuncia l’assunzione di mille uomini, sottolinea che esiste una propaganda tra i terroristi che individua obiettivi in Italia come il Vaticano e il Colosseo e chiarisce: "Non c’è una ricetta, però sottovalutare la minaccia, oggi, è un errore gravissimo. Lo dico in maniera molto cruda: anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile. Noi dentro quella minaccia ci siamo. La cittadinanza di contro deve comprendere che deve continuare a vivere normalmente, altrimenti i terroristi avrebbero già vinto togliendoci la libertà. Per quanto ci riguarda non si devono sottovalutare eventuali segnali ma nemmeno amplificarli in maniera abnorme. Intelligence e controlli del territorio sono i due pilastri con i quali si costruisce il sistema della sicurezza nel nostro Paese. I cittadini devono pretendere comunque che gli apparati di sicurezza facciano il loro lavoro".

Paura a Roma, folle entra in chiesa Feriti due sacerdoti, uno è grave

Paura a Roma, folle entra in chiesa Feriti due sacerdoti, uno è grave



Un uomo di 42 anni, originario del frusinate, è stato fermato dai carabinieri a Roma dopo aver aggredito due preti con un coccio di vetro all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore. Uno dei due sacerdoti ha riportato una grave ferita al volto ed è stato ricoverato in codice rosso al policlinico Umberto I.  Più lievi le ferite riportate dall’altro sacerdote che pure è stato ricoverato nello stesso ospedale. L’uomo è stato fermato pochi istanti dopo l’aggressione da una pattuglia dei carabinieri della stazione Roma Piazza Dante e accompagnato in caserma.

Renzo Cerro, 41enne pregiudicato originario di Roccasecca ha spiegato: "Non ce l’avevo con loro due, ma sono un incompreso, la Chiesa non mi ha capito. Cerro, con un precedente per droga, presenterebbe disturbi di natura psichica. Il ferito più grave è padre Angelo Gaeta, addetto alla sagrestia della chiesa, mentre miglior sorte ha avuto padre Adolfo Ralph.

Sergio Marchionne, choc mondiale: Fiat? Ecco che cosa ne vuole fare

Fiat, il piano-choc di Sergio Marchionne: zero debiti


di Ugo Bertone



Che Befana ricca per casa Agnelli, sempre più internazionale e sempre meno esposta agli appetiti del fisco. Ieri i titoli del gruppo hanno illuminato le Borse, Milano ma anche Wall Street, anticipando le novità di un anno che promette non pochi colpi di scena a partire dai possibili annunci che Sergio Marchionne si accinge a fare la prossima settimana, quando potrà spiegare (appuntamento previsto per mercoledì 11) ad analisti e giornalisti come pensa di poter centrare l’ultima sua missione all’apparenza “impossibile”: azzerare il debito di Fiat Chrysler, che a fine 2016 si aggira sui 6,5 miliardi.

Nell’attesa John Philip Elkann non sta con le mani in mano. L'altro ieri, meno di un mese dopo il trasloco definitivo di Exor oltre i confini italiani, la capofila del gruppo ha annunciato il varo in Lussemburgo di Exor financial investments sicav-sif, un fondo di investimenti specializzato che godrà del regime di tassazione leggero del Granducato con l’obiettivo di fare affari a 360 gradi investendo in valori mobiliari di tutti i generi e in altre attività autorizzate dalle leggi in vigore con l’obiettivo di suddividere i rischi di investimento e far trarre vantaggio agli azionisti dei risultati della gestione del portafoglio. Ma il rialzo di ieri del titolo non è legato alla redditività futura di un tesoretto che vale 13 miliardi (a tanto ammonta il patrimonio di Esxor) ma ai fuochi di artificio in Borsa di Fca, all’improvviso al centro delle attenzioni delle grandi case di investimento.

I broker, spesso scettici in passato di fronte alle promesse del manager, stavolta pendono dalle sue labbra, a giudicare dal boom del titolo Fiat Chrysler, ieri volato a 9,91 euro con un guadagno del 6,8%, che completa una settimana d’oro (+13%). Ancor più significativo è il balzo dall’8 novembre, dato dell’elezione di Donald Trump. Da quel giorno Fiat Chrysler è salita, a Piazza Affari ed a Wall Street, di oltre il 50%, più degli altri titoli automotive. Una performance all’apparenza inspiegabile, visto che non solo le vendite del gruppo sul mercato americano sono da tre mesi in calo (a doppia cifra).

Eppure Goldman Sachs ieri ha promosso Fca nella lista dei titoli preferiti, alzando la previsione da 9,9 a 16,5 euro.

Il giorno prima era stato Massimo Vecchio di Mediobanca, uno degli analisti più stimati, ad alzare l’asticella a 12 euro. «Siamo pazzi a fidarci di quest’uomo?», ha scritto un mese fa un’altra firma autorevole del mondo a quattro ruote, George Galliers di Evercore Isi inaugurando la tendenza positiva. «Forse sì», era stato risposto aggiungendo che «lo spostamento negli Stati Uniti dell’interesse dei consumatori dalle berline ai Suv è enorme». Perciò c’è una buona probabilità che Fiat Chrysler possa giungere al pareggio alla fine del 2018.

L’arrivo del nuovo presidente Usa Donald Trump, aggiunge Mediobanca, potrebbe riaprire scenari di alleanze e fusioni che sembravano ormai sfumati anche perché «il settore è sull’orlo di un cambio epocale da un punto di vista tecnologico», elemento che «potrebbe portare a una separazione tra i brand indirizzati al mercato di massa e quelli premium nel portafoglio». Ovvero si profila lo scorporo dei gioielli di Fca, Alfa Romeo e Maserati, sul modello di quanti già avvenuto per Ferrari.

Goldman Sachs confida nella rivoluzione dell’offerta; meno utilitarie, più modelli premium che consentiranno di passare da un indebitamento di 4,7 miliardi ad un attivo di 3,2 miliardi nel 2018.

Un piccolo miracolo che dipenderà dal successo del Suv e degli altri modelli Alfa che verranno assemblati a Mirafiori, risorta a nuova vita, e negli stabilimenti del gruppo.

sabato 7 gennaio 2017

Piano di Forza Italia: Silvio demolito Come lo fanno fuori (con Salvini...)

Il piano: nuovo Pdl e patto con Salvini per evitare un accordo Berlusconi-Pd


di Salvatore Dama



Formule ce ne sono a dozzine. Ma poi, gira e rigira, il centrodestra torna sempre alle origini. Perché la formazione standard, quella che tiene dentro tutti (dal centro alla destra), è l’unica che ha qualche possibilità di vittoria. Sulla base di questa consapevolezza, dopo anni di macerie, adesso si prova a ricostruire qualcosa. Perché le elezioni sono vicine e nessuno ha voglia di tornarsene a casa. I tentativi di pensionare Silvio Berlusconi sono andati tutti falliti. E capirai che novità: sono vent’anni che tutti ci provano e nessuno ci riesce. I partitini personali, nati dal Big Bang del Popolo delle libertà, non hanno avuto miglior fortuna. Allora rieccoli tutti, azzurri ortodossi ed eretici, sedere di nuovo allo stesso tavolo. Con due obiettivi abbastanza complessi: uno, essere tutti uniti per contare nella stesura della nuova legge elettorale; due, convincere il Cavaliere che, per i suoi interessi, la vittoria elettorale è meglio di un pareggio.

Così è nata l’idea del coordinamento annunciata ieri a Libero dal capogruppo di Fi al Senato Paolo Romani. Dentro ci sono i forzisti, Idea, Cor, Popolari per l’Italia e Gal. In alcuni casi si tratta di acronimi gutturali che sfuggono alla percezione dell’uomo comune, frutto della diaspora di parlamentari lunga una legislatura. Ma ora è tempo di ricucire. «Con tutti, anche con la Lega», spiega Gaetano Quagliariello, perché «un centro forte deve includere e non escludere le forze estreme». Il coordinamento, aggiunge il leader di Idea, «si deve occupare di una strategia comune per superare l’Italicum». E, in prospettiva, «dovremo avviare dei gruppi di discussione per mettere a punto il programma comune del futuro centrodestra». La coalizione deve rivivere nella sua formazione originaria, insiste Quagliariello, proprio per evitare la «tentazione di grandi accordi preventivi con il centrosinistra». Anche l’ex ministro della Difesa Mario Mauro ci sta: «Condivido pienamente la proposta di Romani. E voglio dare uno spunto utile a questo dialogo: perché non ripartire con la legge De Gasperi del ’53?». Il sistema elettorale passato alla storia con il nome di “legge truffa”. Che poi “truffa” non fu affatto, perché la Dc mancò l’obiettivo di agguantare la maggioranza assoluta in Parlamento.

Ripartiamo dal ’53, spiega Mauro all’Adnkronos, «con due piccole correzioni. Serve innanzitutto un meccanismo che assegni il premio di maggioranza alla coalizione, invece che al partito. Ma che obblighi la coalizione a raggiungere comunque il 50% più uno dei consensi per aver diritto al premio». La deriva che occorre evitare, chiarisce il leader di Popolari per l’Italia, è che le elezioni «si trasformino in un terno al lotto, che faccia diventare maggioranza chi è minoranza». Un premio così congegnato «salderebbe l’unità del centrodestra, coinvolgendo anche la Lega». Per Mauro è importante che «sia Forza Italia, tramite i suoi dirigenti, a farsi carico di una ricomposizione dell’area del centrodestra. Se pensiamo che l’ultimo atto politico di Fi è stato il Nazareno, questa proposta è un fatto nuovo che dà senso alle speranze del centrodestra».

I Conservatori riformisti di Raffaele Fitto sono più prudenti. Ok il coordinamento purché sia chiaro il posizionamento di tutti i suoi componenti. Saldamente all’opposizione di questo governo. «L’unità del centrodestra si raggiunge su alcuni presupposti chiari», precisa Maurizio Bianconi. Anzitutto, «le primarie per la scelta del candidato premier» e poi un atteggiamento nei confronti del governo che non dia adito a fraintendimenti. «Non mi piace questa storia dell’opposizione responsabile, non mi garba un accordo con un partito, Forza Italia, che sta con un piede di là». Su un punto, poi, Bianconi vuole essere chiaro: «Noi non rientriamo in Forza Italia, mai! Andammo via da un partito dove l’applauso era obbligatorio e il voto facoltativo. Non ci torneremo». Cor chiede limpidezza anche sulla legge elettorale: «Da subito diciamo no a un sistema prevalentemente proporzionale che serva poi a Berlusconi per fare gli inciuci».

Garlasco, parla il fratello di Chiara: "Che faceva Sempio in camera sua"

"Cosa faceva in camera di Chiara". Sempio, inguaiato dall'amico storico



Si aggiungono nuovi e inquietanti dettagli su Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, che potrebbe essere indagato per l'omicidio della ragazza di Garlasco dopo la scoperta del Dna sotto le unghie della vittima compatibile con quello di Sempio.

E sono proprio le frequentazioni del ragazzo con casa Poggi a interessare negli ultimi giorni gli inquirenti di Pavia. Pur essendo molto amico di Marco Poggi, Sempio non sarebbe mai entrato nella casa dove è stata trovata morta Chiara, almeno stando alle dichiarazioni sia di suo padre che della stessa madre della ragazza.

Una posizione però smentita da quanto avrebbe dichiarato Marco Poggi in un colloquio con gli investigatori. Secondo il fratello di Chiara: "Andrea si portava nella mia abitazione" sia durante la primavera che nell'estate del 2007. Quando i due si vedevano, passavano un po' di tempo: "nella saletta della televisione ubicata al piano terra oppure - ha aggiunto Marco - salivamo al primo piano all'interno della camera da letto di Chiara per utilizzare il suo computer".

Un dettaglio che potrebbe stringere ulteriormente il cerchio attorno al ragazzo. Nelle mani degli investigatori, oltre al Dna compatibile, ci sono anche le coincidenze con il numero di scarpe di Sempio (42 - 42,5) e le dimensioni delle impronte trovate in casa di Chiara Poggi dopo il delitto, oltre a due testimoni che hanno sostenuto di aver visto la sua bici parcheggiata davanti quella villetta la mattina dell'omicidio.

La Camusso protesta e intanto sfrutta... Beccata: così la Cgil paga con i voucher

Camusso beccata. Protestano e intanto sfruttano: così la Cgil paga con i voucher


di Nino Sunseri



I voucher sono un esempio di sfruttamento indegno quando a usarli sono le imprese private. Diventano un insostituibile strumento di flessibilità e di contrasto al lavoro nero se a utilizzarli è il sindacato per i propri collaboratori occasionali. La solita doppia morale cui la Cgil non si sottrae mai. Per Susanna Camusso i voucher sono dei volgari "pizzini" segno di sfruttamento dei lavoratori al punto da meritare un referendum per abolirli. La Camera del Lavoro, invece li impiega senza problemi. Com' è questa storia?

A sollevare lo scandalo è il Corriere di Bologna, edizione locale del Corriere della Sera, dove però decidono che la notizia non merita di essere rilanciata a livello nazionale. Chissà perché? Colpevole distrazione o tardivo riflesso dei tempi in cui sul palazzo di via Solferino sventolavano bandiere rosse?

Non si capisce. Tanto più che la scoperta è veramente ghiotta: lo Spi-Cgil, il potente sindacato dei pensionati, a Bologna e in tutta l' Emilia-Romagna paga i collaboratori occasionali (quelli che lavorano meno di tre giorni alla settimana) con i voucher. Siamo nel cuore rosso del Pd e i protagonisti sono i rappresentanti dei pensionati che ormai costituiscono la componente più importante del sindacalismo italiano. Ma non importa. I custodi dell' ortodossia sindacale non si fanno scrupoli di utilizzare i tagliandi Inps. Al punto tale che la Cgil ha raccolto ben tre milioni di firme per abolirli insieme al jobs act. E che importa se l' alternativa ai voucher è il lavoro nero e che il ripristino dell' articolo 18 (addirittura esteso alle imprese con appena cinque dipendenti) diventa il gesso nel quale imbalsamare il mercato del lavoro? Quello che conta per una certa sinistra è l' ideologia. La realtà è un' altra cosa e se non si adegua ai sacri principi è la realtà a sbagliare. Mai l' ideologia.

Una contraddizione pesante per chi sta conducendo una battaglia senza quartiere per la cancellazione dei buoni lavoro di cui il Corriere di Bologna ha chiesto spiegazioni a Bruno Pizzica segretario Spi-Cgil dell' Emilia-Romagna. La risposta che ricevono in redazione è surreale: Abbiamo l' indicazione dai livelli nazionali di non usare i voucher, i volontari che lavorano per noi poche ore al giorno al limite li paghiamo con i buoni pasto.

Un riconoscimento implicito che le collaborazioni saltuarie sono onorate in nero. Inammissibile per i difensori dei diritti dei lavoratori. Così poco dopo il sindacalista chiama in redazione a Bologna per correggere il tiro: Mi scuso, non mi occupo degli aspetti organizzativi e non ero bene informato: quella dei ticket-restaurant è una stupidaggine, è vero invece che utilizziamo anche noi i voucher, anche se continuano a non piacerci. Lo facciamo perché non abbiamo alternative.

Né a quanto pare il sindacato sembra veramente interessato a costruirle preferendo il lavoro nero. La stessa logica che ha portato Cgil-Cisl e Uil a non applicare l' articolo 18. Vietato licenziare per tutti tranne che per il sindacato. Una via di fuga legata al fatto che i rappresentanti dei lavoratori sono sempre riusciti a evitare la regolarizzazione imposta dalla Costituzione (naturalmente la più bella del mondo). In questo modo non sono mai stati costretti a presentare bilanci trasparenti e nemmeno a rispettare le regole sul lavoro Né importa che la lotta ai voucher appare come un altro esempio degli scontri di potere che stanno dilaniando l' eredità del Pci. Perché se è che i ticket Inps vengono introdotti nel 2003 con la Legge Biagi e altrettanto vero che la liberalizzazione più forte arriva con il governo Monti appoggiato dal Pd di Pierluigi Bersani. Lo stesso ex segretario che oggi definisce i voucher mostruosi. Il resto è storia recente, il governo Renzi ha alzato la soglia annua entro i quali possono essere usati, portandola da 5 a 7 mila euro.

Nei giorni scorsi il segretario della Cgil di Bologna, Maurizio Lunghi ha denunciato l' abuso dei buoni anche nel cuore delle provincie rosse. I dati - ha detto - sono chiari: in Emilia-Romagna sono state attivate più di 18 milioni di ore con i voucher e il 30% solo a Bologna. Numeri imponenti cui, si scopre ora, ha dato un contributo anche la Camera del lavoro.

Napoli, l’onorevole De Pascale sulla sparatoria di Forcella: “I criminali si credono invincibili”

De Pascale sulla sparatoria di Forcella:  “I criminali si credono invincibili”



di Antonio Parrella



Gen. Carmine De Pascale
Consigliere Regionale


NAPOLI - Ancora un episodio di criminalità. Già. Ancora momenti di paura. Stavolta nel rione di Forcella. Nel cuore della città partenopea. Nei giorni scorsi si è assistito ad una mattinata di mera follia. Quella follia che sembra non conoscere mai parola fine. Da queste parti. E le forze dell’ordine, immediatamente intervenute, stanno chiarendo la dinamica dell’accaduto, ma dalle prime rivelazioni pare che una banda del racket abbia sparato. Nonostante la folla presente, perché, sembra, alcuni extracomunitari si siano ribellati al pizzo. Non hanno voluto pagarlo. Ma il fatto ancora più grave è quello che, nel grande caos, una bambina di circa 10 anni di età è stata colpita dai proiettili, esplosi senza alcuna preoccupazione di colpire vittime innocenti. Ma, per fortuna, la bambina è stata ferita in modo che non desta timori per la sua vita. Sul grave episodio criminoso interviene l’onorevole e generale di Corpo d’Armata, Carmine De Pascale. “Tutto ciò- non rappresenta un caso isolato - commenta con amarezza l’onorevole e alto ufficiale De Pascale - mi chiedo come oggi sia possibile assistere ancora a certi fatti. Purtroppo nonostante il forte impegno sul territorio da parte delle forze dell’ordine, militari e magistratura, sono del parere che sia ampiamente diffusa la percezione dell’impunità. Una impunità che dà linfa ed anima i gruppi criminali e tutti coloro che operano al di fuori del rispetto delle leggi.  Tali personaggi criminali, perché è di queste persone che stiamo parlando, si sentono, forse, invincibili! Dunque - prosegue il capogruppo regionale di “De Luca Presidente” - si rende davvero necessario colmare i vuoti normativi e rivedere le procedure processuali per assicurare alla giustizia in tempi ragionevoli chi osa violare le leggi. Naturalmente anche con la certezza della pena! Non si può pensare di risolvere sempre i problemi legati al crimine ricorrendo esclusivamente all'aumento del numero degli agenti di polizia. A mio avviso bisogna combattere soprattutto questa percezione dell'impunità! Certamente non sarà solo questo il problema, ma é fondamentale far comprendere a tutti che chi ruba, chi uccide, chi usa la violenza, chi non rispetta le norme, dovrà essere assicurato alla giustizia. Senza scampo. Se oggi il nostro codice prevede tempi lunghi di giudizio, scappatoie varie giudiziarie e non, ebbene queste devono essere eliminate al più presto. I cittadini devono avere il sacrosanto diritto di vivere senza rischi e senza preoccupazioni. Non si può continuare su questa strada. Urge un cambiamento di rotta. Deciso. Non dobbiamo e non possiamo arrenderci al fatto che troppo spesso ci sentiamo dire che le cose “vanno così”- aggiunge De Pascale -  dobbiamo avere la forza ed il coraggio di cambiarle. Ed io mi impegnerò per questo. Senza soluzione di continuità”.

De Magistris e Saviano, rissa napoletana: "Sei diventato ricco così", "Occhio, ti..."

Luigi De Magistris contro Roberto Saviano, insulti e schiaffi: "Il tuo impero sulla pelle di Napoli", "Ti pugnaleranno i tuoi"



"Vuoi vedere, caro Saviano, che ti stai costruendo un impero sulla pelle di Napoli e dei napoletani? Stai facendo ricchezza sulle nostre fatiche, sulle nostre sofferenze, sulle nostre lotte. Che tristezza". Così in un post su Facebook il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. attacca direttamente Roberto Saviano. L'autore di Gomorra ha criticato De Magistris e la sua narrazione della "nuova Napoli", puntando il dito contro l'alto tasso di illegalità e criminalità che domina nelle strade, nei vicoli e nelle piazze di Napoli. "Non voglio crederci - è la replica del sindaco ex pm -. Voglio ancora pensare che, in fondo, non conosci Napoli, forse non l'hai mai conosciuta, mi sembra evidente che non la ami. La giudichi, la detesti tanto, ma davvero non la conosci. Un intellettuale vero ed onesto conosce, apprende, studia, prima di parlare e di scrivere. Ed allora, caro Saviano, vivila una volta per tutte Napoli, non avere paura. Abbi coraggio. Mescolati nei vicoli insieme alla gente, come cantava Pino Daniele. Nella mia vita mi sono ispirato al magistrato Paolo Borsellino al quale chiesero perché fosse rimasto a Palermo, ed egli pur sapendo di essere in pericolo rispose che Palermo non gli piaceva e per questo era rimasto, per cambiarla".

Quello di De Magistris a Saviano è uno schiaffo morale: "Chi davvero, e non a chiacchiere, lotta contro mafie e corruzione viene dal Sistema fatto fuori professionalmente ed in alcuni casi anche fisicamente - aggiunge de Magistris -. Caro Saviano tu sei un caso all'incontrario. Più racconti che la camorra è invincibile e che Napoli è senza speranza e più hai successo e acquisisci ricchezza. Caro Saviano ti devi rassegnare: Napoli è cambiata, fortissimo è l'orgoglio partenopeo. La voglia di riscatto contagia ormai quasi tutti. Caro Saviano non speculare più sulla nostra pelle. Sporcati le mani di fatica vera. Vieni qui, mischiati insieme a noi". 

Durissima la replica dello scrittore: "De Magistris è un populista, per il sindaco di Napoli il problema non sono i killer che sparano, ma io che ne parlo". "Quel che è certo, sindaco De Magistris, è che quando le mistificazioni della sua amministrazione verranno al pettine, a pugnalarla saranno i tanti lacchè, più o meno pagati, dei quali si circonda per edulcorare la realtà, unico modo per evitare di affrontarla".

Un (enorme) mistero sulla Boschi: cosa accadeva un mese fa. E ora...

Maria Elena Boschi, un silenzio tombale dal 5 dicembre in poi



Di lei si è parlato moltissimo. Su Maria Elena Boschi sono stati scritti fiumi d'inchiostro. Già, perché dopo le dimissioni ci si aspettava che sparisse dal governo, ma come è noto così non è stato. Nella squadra di Paolo Gentiloni, pur tra mille polemiche ed altrettanti sospetti, c'è eccome. Ma se la Boschi non è sparita dall'esecutivo, si è volatilizzata su quei social dove era super-attiva. Come nota Il Giornale, l'ultimo "segno di vita" social della Boschi risale allo scorso 5 dicembre, all'indomani del ko al referendum. In quel post la Boschi si sfogò, manifestando rabbia e incredulità per la sconfitta. Il post si chiudeva così: "Decideremo insieme come ripartire, smaltita la delusione".

Da quel momento in poi, un silenzio tombale. Né un post su Facebook, né un cinguettio su Twitter, nessuna dichiarazione e men che meno una traccia su qualche agenzia stampa. Non si ricordano neppure interventi politici, comizi, foto o selfie. Tutto il contrario rispetto a quando era ben salda in sella nel governo Renzi, dove la Boschi era sempre in primissima linea per quel che riguarda la comunicazione. Dal 5 dicembre, come detto, il silenzio. Un lunghissimo silenzio che però non coincide con il ritiro dalla vita pubblica. Un silenzio dietro al quale potrebbe esserci qualche "ordine di scuderia" (improbabile) o il fatto che, in un momento in cui si è finiti così pesantemente nel mirino, non esporsi è la strada più semplice per schivare ulteriori critiche.

Il colpaccio a sorpresa di Matteo Renzi La "bomba": ecco la data delle elezioni

Matteo Renzi, il piano per andare al voto a fine aprile



Dopo il ko al referendum e le dimissioni da premier, Matteo Renzi aveva lasciato intendere senza indugi quale fosse il suo piano: il voto, il prima possibile. Un piano nel quale, ad oggi, pare seguirlo soltanto Matteo Salvini, con il quale avrebbe creato un inedito e inatteso "asse funzionale". E l'ex premier ha lavorato sodo durante queste vacanze natalizie per portare a compimento il suo piano di voto anticipato: secondo La Stampa, Montecitorio sarebbe pronta ad accogliere un blitz sulla legge parlamentare preparato a sorpresa proprio da Renzi. Obiettivo, il voto a fine aprile. L'operazione non è affatto semplice, ma neppure irrealizzabile.

Il primo passo è stato già compiuto, e consisteva nel "liberare" la Camera dai maggiori impegni. Non a caso il governo ha chiesto che il primo esame sul delicatissimo decreto sulle banche fosse affidato al Senato. Stesso destino per il Millepororoghe, che era inizialmente destinato a Montecitorio e che, invece, al termine della riunione dei capigruppo di giovedì 5 gennaio è stato smistato a Palazzo Madama. Insomma, la Camera ora è stata sgravata da due decreti di grande peso ed è pronta ad accogliere provvedimenti sui quali il Parlamento vuole accelerare. Come la nuova legge elettorale, appunto, nonostante l'attesa per la pronuncia della Corte Costituzionale sull'Italicum prevista per il 24 gennaio.

Già, perché tra quattro giorni, all'Ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali, il Pd (e forse anche Lega e M5s) chiederanno di non attendere la Consulta per avviare l'iter che porterà a scrivere la riforma, il cui primo passo sono le "consultazioni" di esperti e costituzionalisti. Renzi ha in mente una tabella serratissima, che prevede l'arrivo del testo in Parlamento entrò metà marzo e, come detto, elezioni anticipate al termine di aprile. Rocco Palese, capogruppo di Conservatori e riformisti e tra i più autorevoli in tema di provvedimenti parlamentari, spiega che "dal punto di vista dei tempi l'operazione è fattibile (...). I tempi ci sono, molto più complicato il discorso sulla fattibilità".

Il problema di più difficile risoluzione è quello dell'accordo con chi - Lega e grillini - vuole altrettanto andare al voto il prima possibile: quale modello scegliere? Il Mattarellum, che Carroccio e pentastellati accetterebbero di buon grado, è per esempio osteggiato dal Pd. Insomma, la strada è tutt'altro che spianata e le possibilità di successo del piano di Renzi sono tutt'altro che assolute. Ma la prima mossa è stata fatta. Per il voto prima dell'estate, ora, c'è una piccola speranza in più.

venerdì 6 gennaio 2017

Dopo Salvini si scatena la Meloni: Saviano umiliato con tre parole / Guarda

Dopo Salvini si scatena la Meloni: Saviano umiliato con tre parole



Esilarante sfottò di Giorgia Meloni su Twitter. La leader di Fratelli d'Italia prende in giro Roberto Saviano che dice di "sognare dei sindaci africani per salvare il mio Sud martoriato". "Vada a vivere in Africa allora", cinguetta la Meloni: "Così esaudisce il suo sogno e quello di diversi italiani".

Ma la risposta dell'autore di Gomorra non si è fatta attendere, così sempre su Twitter, ribatte: "In Africa con Salvini a recuperare i fondi pubblici della Lega finiti in Tanzania e con Meloni a scusarsi per le atrocità nelle ex colonie". A Giorgia l'ultima parola: "Saviano purtroppo quando non copi cose scritte da altri, spari idiozie ciclopiche. Non hai un amico che possa aiutarti coi social?".

Feltri le suona a Berlusconi: "Occhio, così distruggerai tutto"

Vittorio Feltri le suona a Berlusconi: "Occhio, così distruggerai tutto"


di Vittorio Feltri



Mettiamo che Silvio Berlusconi abbia ragione nel reclamare una legge elettorale di tipo proporzionale, quella che vigeva ai tempi del Caf, cioè Craxi, Andreotti e Forlani. Si tratterebbe però di tornare indietro di vent'anni e già questo sarebbe abbastanza ridicolo. Ma fingiamo che l'idea del Cavaliere sia buona e giusta. Si andrà a votare tra qualche mese, dopo che sarà maturato il diritto dei parlamentari a percepire il vitalizio, ossia oltre settembre.

Stando agli attuali sondaggi il primo partito dovrebbe essere il Pd e il secondo il Movimento 5 stelle. I quali non si alleeranno subito per costituire una maggioranza perché non vanno d'accordo su nulla. Per ora. Berlusconi suppone che Renzi si rivolgerà più tardi a lui per un patto di legislatura. Pd e Forza Italia, data la loro attuale consistenza, non avrebbero però - assommati - il 51 per cento necessario allo scopo di governare. Bisognerebbe imbarcare i centristi di Alfano, quelli di Verdini e qualche altro spezzone smarrito. In tal modo si riuscirebbe a formare una maggioranza decente? Forse sì, forse no. Con le cifre non si scherza. Per avere la sicurezza di poter contare su numeri sufficienti a sostenere un esecutivo, occorrerebbe l'appoggio della Lega e dei Fratelli di Italia. In tal modo si darebbe vita a una ammucchiata eterogenea capace di tutto e buona a nulla, con elementi incompatibili e probabilmente litigiosi come già in passato si è potuto sperimentare.

Tra l'altro Salvini e la Meloni presumiamo non brucino dal desiderio di associarsi a Berlusconi, Renzi e frattaglie varie. L'esperienza insegna che le grandi aggregazioni in Italia non funzionano bene e non durano a lungo, visto che vale il vecchio principio: Più siamo e peggio stiamo. 

Lo stesso Silvio dovrebbe ricordare i guai cui andò incontro allorché la sua Casa delle libertà, in cui convivevano Casini, Follini, Bossi, Fini eccetera, provò invano a governare tra liti e ribellioni interne che crearono le premesse della sconfitta elettorale del 2006. Ripetere una esperienza analoga significherebbe correre verso un altro fallimento. Ecco perché la soluzione proporzionale suggerita dal Cavaliere ci lascia perplessi. Essa non è neppure una soluzione ma una retromarcia che ci ricondurrebbe all'epoca nella quale la Dc era considerata una diga anticomunista consolidata dal sostegno di partiti minori, che pur di non cedere il potere ai marxisti erano disposti a svolgere il ruolo di ruote di scorta.

Ora sarebbe opportuno inventarsi qualcosa di nuovo per scongiurare l'avvento dei grillini, ma aspettarsi criteri politici freschi da gente decrepita è una pia illusione. Cosicché andremo alla deriva. Tutti sono persuasi che il voto anticipato sia il mezzo per fare chiarezza e consentire al Paese di risorgere e, invece, sarà la tomba di ogni speranza.

CHI TROPPO VUOLE La vendetta di Berlusconi Il suo nemico... guai seri

Bollorè paga cara la "campagna d'Italia": Vivendì è al verde



E' costata cara la "campagna d'Italia" condotta negli ultimi mesi da Vincent Bollorè, patron di Vivendi. Come riporta il quotidiano La Repubblica, a dicembre 2015 i francesi stavano seduti su 6,4 miliardi di euro di cassa. A settembre 2016 erano rimasti con 2,5 miliardi e poi, tra arrotondamenti in Telecom e Ubisoft (600 milioni) e scalata Mediaset (1,5 miliardi), sono rimasti praticamente al verde e hanno già avvertito che taglieranno la cedola agli azionisti a circa 0,40 euro. Certo, Vivendi può sempre indebitarsi, ma miliardi per scalate ostili su Mediaset e Mediaset Espana non ce ne sono, salvo vendere pezzi pregiati a rischio di incassare minusvalenze.

L'ultimatum di Salvini a Berlusconi Ancora 3 mesi, poi... I suoi 10 diktat

Le condizioni di Salvini per allearsi col Cav: 10 punti contro la Ue


di Matteo Pandini



La Lega s'è scocciata del tira e molla con Berlusconi (e viceversa): per mettere un punto fermo, Salvini ha deciso di accelerare sulle primarie. Nella testa dei lumbard, il Cavaliere sarà costretto a scegliere: se non partecipa, si chiama fuori. Ma se decide di sedersi al tavolo, non potrà più tubare col Pd.

Gli Azzeccagarbugli del Carroccio sono già al lavoro. Studiano un percorso da sottoporre ai potenziali alleati. Con Giorgia Meloni c'è già un'intesa di massima: consultazione a marzo e sfida aperta a tutti coloro che sottoscriveranno un decalogo di valori. Al primo punto, la guerra senza quartiere all'Unione europea. Ora. Il Cavaliere è già allergico alle primarie in sé, figuriamoci come prenderà il manifesto anti-euro. Ecco perché gli azzurri hanno già preparato il piano B, che prevede il sostegno a un sistema di voto proporzionale che rende inutili le coalizioni e quindi le primarie (sulla scheda elettorale ci sarà un tutti contro tutti, con alleanze da decidere a urne chiuse). Per non sbagliare, il Cavaliere frena anche sulle Politiche anticipate: in questo senso va interpretata l'opposizione responsabile al governo Gentiloni.

Noi dobbiamo accelerare, Berlusconi ci dica cosa vuol fare ringhia invece Lorenzo Fontana, vice di Salvini e tra gli Azzeccagarbugli che stanno maneggiando il dossier-primarie. A proposito. L'idea iniziale dei lumbard era di organizzarle su scala regionale. Una settimana, la Lombardia. Il week end successivo il Veneto. E così via. In modo da creare una competizione sul modello americano. A rovinare i piani, s'è messo Salvini in persona. Che insiste nel vedere un pertugio per infilare le Politiche tra maggio e giugno. Così fosse, calendario alla mano, il tempo sarebbe troppo poco e obbliga il centrodestra a immaginare un' unica data per fare le primarie su scala nazionale.

Giovedì 5 gennaio, pochissimi parlamentari - anche tra i leghisti - scommettono sul voto entro il primo semestre del 2017. Ma dato che la politica italiana è imprevedibile, i lumbard corrono per non essere impreparati. Il progetto salviniano è nelle mani di Renzi: le Politiche in primavera saranno possibili solo se l'ex premier riuscirà ad affondare l'esecutivo in tempi brevi, obbligando il capo dello Stato (che peraltro non lo ama) a sciogliere le Camere.

Ma contro il Rottamatore remano in troppi, indipendente dalla bontà di un esecutivo in cui sta emergendo un ministro apprezzato anche tra le fila dell' opposizione più feroce. Marco Minniti. I suoi annunci contro l'immigrazione clandestina e per i rimpatri, per esempio, magari resteranno lettera morta ma certificano un cambio di rotta rispetto al passato. Anche per questo, per il futuro Salvini intende battere altri tasti, senza insistere ossessivamente solo con l'immigrazione. Parlerà di tasse e lavoro, per esempio. Lunedì, ha convocato in sede i colonnelli.

Febbre alta, paura per la Lollobrigida Ricoverata in ospedale: cos'ha

Gina Lollobrigida ricoverata in ospedale: sospetta polmonite



Paura per uno dei miti del cinema italiano. Gina Lollobrigida, che compirà quest'anno 90 anni, è stata ricoverata per una sospetta polmonite al Campus bio medico di Roma. Alla clinica, l'ex attrice è arrivata con febbere alta e molto debilitata e viene tenuta sotto stretta osservazione. Nonostante le pessime condizioni, la Lollo non avrebbe perso la consueta disinvoltura, commentando secondo chi era con lei quanto le è capitato con un molto romanesco "Mannaggia, questa proprio nun ce voleva!".

Incidente a Linate, aereo fuori pista Scalo chiuso per ore, caos nei cieli del Nord

Incidente a Linate, aereo fuori pista. Terrore in volo, chiuso per ore lo scalo 



Un aereo da turismo è finito fuori pista a Linate durante un atterraggio di emergenza senza carrello. L'aeroporto è rimasto chiuso al traffico per tre ore, fino alle 22 di ieri sera, e tutti i voli in arrivo sono stati dirottati su Malpensa. Fortunatamente, il Piper non ha preso fuoco. E i due passeggeri a bordo sono rimasti illesi e hanno pure rifiutato di essere portati al pronto soccorso. 

La ricerca scientifica che non dà scampo Abiti a 50 metri da lì? Cosa ti succede

Danni cerebrali più frequenti per chi abita a 50 metri da una strada trafficata



Abitare a pochi metri da una autostrada o da un'arteria urbana molto trafficata non solo provoca gravi danni al sistema respiratorio e ai polmoni, ma aumenta di molto il rischio di demenza precoce, a causa dei danni che particelle e sostanze inquinanti provocano alle cellule cerebrali. A dirlo è una ricerca epidemiologica canadese pubblicata sull'ultimo numero della rivista "Lancet", considerata la "bibbia" della comunità medico-scientifica mondiale. Secondo la ricerca, "chi vive nel raggio di 55 yards (50 metri) da strade altamente trafficate ha dal 7% al 12% di possibilità in più di sviluppare la demenza, rispetto a chi risiede a oltre 300 metri dalle auto in coda".

giovedì 5 gennaio 2017

Poggiomarino. Giuseppe Palmieri diventa il presidente dell’Intergruppo melanoma italiano

Giuseppe Palmieri diventa il presidente dell’Intergruppo melanoma italiano


di Alessandra Carati (O.N)



Dal 1 gennaio 2017 e per i prossimi tre anni, fino al 31 dicembre 2019, il poggiomarinese  Giuseppe Palmieri, dirigente di ricerca dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Sassari sarà il presidente dell’Intergruppo melanoma italiano (Imi). Da circa vent’anni, l’Imi rappresenta un reale gruppo multidisciplinare nazionale che riunisce tutte le competenze italiane impegnate nella diagnosi e cura del melanoma maligno (dalla ricerca di base alla dermatologia, dalla chirurgia al trattamento medico e combinato sia in adiuvante che nelle forme avanzate). Come si legge dal sito del CNR, questa rappresenta la neoplasia maligna con il più elevato aumento di incidenza negli ultimi decenni nella popolazione bianca occidentale, che colpisce soprattutto i giovani ed ha, pertanto, un elevato impatto sociale. L’elezione di un presidente Imi, che viene dal mondo della ricerca nell’ambito Cnr, va a sottolineare l’importanza della genetica e della diagnostica molecolare, campo di competenza di Giuseppe Palmieri, nello studio e gestione dei pazienti con melanoma. Palmieri presiederà un Consiglio Direttivo composto da: l’anatomopatologo Gerardo Botti, Istituto Nazionale Tumori di Napoli, i dermatologi Pietro Quaglino, Università di Torino e Ignazio Stanganelli, Istituto tumori Romagna di Meldola, il chirurgo Corrado Caracò, Istituto nazionale tumori di Napoli, gli oncologi medici Vanna Chiarion Sileni, Istituto oncologico Veneto di Padova, Anna Maria Di Giacomo, Azienda ospedaliero universitaria di Siena, Mario Mandalà, Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Paola Queirolo, Azienda ospedaliero universitaria-IST San Martino di Genova.

Pino Daniele, due anni dopo la morte Figlia distrutta, frase straziante

Pino Daniele, due anni dopo è ancora dramma. La figlia Sara: "Un incubo"



Due anni fa moriva Pino Daniele, un grandissimo della musica italiana che ha lasciato un vuoto incolmabile nella sua Napoli, nei fan ma soprattutto nel cuore dei suoi famigliari. La figlia Sara Daniele ha scelto Instagram, con una commovente foto che la ritrae bambina con suo papà, per ricordarlo. "Ancora spero di entrare in casa e sentire la chitarra suonare", scrive la ragazza. "Sono due anni ormai che l'unica cosa che cerco guardando il cielo sei tu", continua citando la canzone Sara non piangere che Daniele ha scritto per lei. "A me in realtà sembra un incubo da cui non riesco a risvegliarmi, ancora spero di entrare in casa e sentire la chitarra suonare, oppure aprire la porta e vedere te che sorridendo mi dici che era solo un brutto scherzo". Le ultime righe però sono di speranza: "Penso sia arrivato il momento di spegnere l'immaginazione e realizzare che non torni più. Proverò a cantare assieme agli altri, camminare per il lungomare che tanto adoravi, e vederti in giro per i vicoli. Sarai sempre per noi, l'ultima nota di una canzone che non doveva finire ma suonare in eterno. Ti amo infinitamente, Sara".

Lapo irriconoscibile dopo lo scandalo Choc: ecco com'è ridotto / Guarda

Lapo choc dopo lo scandalo col trans. Le prime foto, com'è ridotto



Solo, l'espressione triste, il viso coperto di lividi e cerotti, i capelli bianchi. Appare così Lapo Elkann nelle immagini pubblicate da Diva e Donna, le prime dopo lo scandalo del trans e del sequestro simulato a New York per ottenere denaro dalla famiglia: irriconoscibile. Il rampollo Agnelli è stato immortalato così, elegantissimo in doppio petto nonostante l'aria disperata, a Portofino.

Di lui non si era più saputo nulla dopo la brutta vicenda che lo ha visto protagonista a Manhattan, si diceva che fosse stato portato in un centro di riabilitazione, o di disintossicazione, negli Stati Uniti. Invece eccolo qui, in Italia. Per il funerale dell'amica Franca Sozzani, la direttrice di Vogue morta poco prima di Natale. Ha partecipato alla messa nella chiesa di San Giorgio. Ha distribuito i foglietti delle letture tenendo lo sguardo cupo, sempre solo e pensieroso. Il 25 gennaio ci sarà l'udienza in cui dovrà rispondere di falsa denuncia.

Stasi, clamoroso colpo di scena Nuovi documenti in Procura

Alberto Stasi, colpo di scena. Nuovi documenti in Procura



Appare dimagrito ma tutto sommato sereno Andrea Sempio mentre esce dalla villetta di famiglia (a un centinaio di metri da quella dei Poggi) sulla sua Suzuki con la madre. "Sto benissimo", dice al Giorno, "Se dovrò nominare un avvocato lo farò. Tutto si risolverà". Il ragazzo, 28 anni, è diverso da come sembrava nelle foto sul suo profilo Facebook, ora oscurato. La Procura lo ha iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario. Atto dovuto dopo l'esposto firmato da Elisabetta Ligabò, madre di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara condannato definitivamente a 16 anni per il suo omicidio.

Nelle denuncia della mamma di Stasi c'è pure la relazione del biologo forense Pasquale Linarello che ha riscontrato la perfetta compatibilità del profilo del cromosoma Y trovato sulle unghie del quinto dito della mano destra e del primo dito della mano sinistra di Chiara con il profilo genetico del cromosoma Y estratto da un cucchiaino e da una bottiglietta d'acqua e che dovrebbe appartenere proprio a Sempio, amico del fratello della vittima, Marco Poggi. 

Ma c'è di più. I legali di Stasi, Enrico Giarda e Giada Bocellari, hanno depositato in Procura a Pavia alcuni atti processuali al procuratore aggiunto Mario Venditti, titolare dell'inchiesta. Ora la Procura di Brescia deciderà se accettare o respingere l'istanza della difesa. Se dovesse ammetterla si terrà quindi una nuova udienza con tutte le parti processuali dove si discuterà la richiesta di un nuovo processo per Stasi.

Il giallo di Garlasco sembra non avere fine. Ma Sempio ha un alibi di ferro. Viene ascoltato per la prima volta dai carabinieri 5 giorni dopo il delitto. Dice di essere stato a Vigevano, la mattina dell'omicidio, in una libreria. E qualche tempo dopo esibisce lo scontrino del parcheggio: alle 10 e 18 ha parcheggiato la sua Daewoo bianca in piazza Sant'Ambrogio. Nei giorni 7 e 8 agosto poco prima dell'uccisione di Chiara dal cellulare di Sempio partono due telefonate verso casa Poggi. La prima di 4, la seconda di 21 secondi. Perché chiamare a casa dei Poggi se Marco è partito? Lui si giustifica così: "Ho memorizzato i numeri del mio amico uno sopra l'altro. Due volte ho chiamato casa per sbaglio. Ed una delle due volte, mi ha risposto la sorella." 

Immigrati, il ministro vuol cacciarli Ma il Pd sbrocca, vuole l'invasione

Il ministro vuol cacciare gli immigrati. Il piano del Pd per far saltare tutto


di Tommaso Montesano



Come ai vecchi tempi dell'Unione: il centrosinistra di governo da una parte; i gruppi parlamentari dall'altra. La rivolta nel centro per migranti di Cona lacera il Pd. Di qua Marco Minniti, ministro dell'Interno, di là deputati e senatori, che per l'occasione trovano l' appoggio di Sinistra Italiana in una sorta di riedizione della vecchia alleanza prodiana. Il nodo è la stretta sull'immigrazione annunciata dal Viminale. Un cambio di rotta dettato dall' emergenza terrorismo e reso ancora più impellente, dal punto di vista del ministro, dai fatti veneti.

Minniti si sta muovendo in più direzioni. La prima: accelerare i rimpatri. Il ministro dell'Interno è da ieri in missione: prima la Tunisia, poi Malta. Obiettivo: rafforzare la cooperazione sul fronte del contrasto all'immigrazione clandestina. Allo studio c'è anche la possibile modifica del reato di clandestinità al fine di agevolare le espulsioni di chi non possiede i requisiti per essere accolto in Italia.

Il secondo pilastro prevede il ripristino dei Centri di identificazione ed espulsione, oggi ridotti a cinque (Torino, Roma, Bari, Trapani e Caltanissetta) per un totale di appena 720 posti, dove spostare gli irregolari. Il piano del Viminale prevede la costituzione di un Cie, pure utilizzando le caserme dismesse della Difesa, in ogni Regione (in Liguria, ad esempio, la scelta è tra Genova e Albenga). Un giro di vite in cui la circolare diretta alle questure emessa qualche giorno fa dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, per intensificare la caccia agli irregolari sparsi sul territorio nazionale (circa 100mila), costituisce un naturale prologo.

In Parlamento, però, il Pd, che poi è anche il partito di Minniti, non ci sta e si prepara alle barricate. Il ministro ha già ricevuto il preannuncio di un'interrogazione parlamentare - da parte della deputata Sara Moretto - sui fatti di Cona e una richiesta di audizione da parte di Federico Gelli, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, a proposito della richiesta di ripristinare i Cie. L'interrogazione a Minniti per verificare se ci siano stati eventuali ritardi dei soccorsi nel centro di Cona nonché per accertare le dinamiche del decesso della 25enne ivoriana è stata sottoscritta da molti deputati veneti del Pd. Mentre Gelli è già da un paio di giorni che vuole vederci chiaro sul possibile ritorno dei Cie: Appena possibile ascolteremo il ministro. Vogliamo capire se predisporre i Cie, che lo stesso Gelli definisce ghetti di difficile gestione già noti per loro inadeguatezza, sia realmente la risposta giusta all' emergenza immigrazione. L'attacco più deciso a Minniti l'ha sferrato la prodiana Sandra Zampa, deputato nonché vicepresidente dell' assemblea nazionale del Pd. Il Cie era un posto disumano. Ha lottato in Parlamento per far chiudere il Centro di identificazione ed espulsione dei migranti di Bologna. Il clima è incandescente. La galassia a sinistra del Pd è già in azione. Stamattina una delegazione di Sinistra Italiana composta da Nicola Fratoianni e Giovanni Paglia sarà davanti ai cancelli della struttura di Cona per verificare direttamente la situazione e per confrontarsi con ospiti e operatori del centro e con le autorità locali. Strutture come quella di Cona, attacca Paglia, sono una bomba a orologeria.

Sul fronte opposto, alza la voce la Lega. Per il governatore del Veneto Luca Zaia i centri di accoglienza come Cona devono chiudere. Zaia ha ricordato che bisogna espellere i facinorosi e a seguire tutti quelli che non sono profughi. Da fatti come quello di lunedì, ha aggiunto, emergono tutte le debolezze di questo sistema di accoglienza. A oggi in Veneto sono arrivati 30mila immigrati, di cui 13mila ancora ospitati. Il resto sono spariti. Le parole più dure sono comunque quelle che arrivano da Matteo Salvini, che invoca espulsioni di massa.

Immigrati, è Far west a Napoli Spari in centro: ferita una bambina

Napoli, spari in centro: ferita una bambina



Nel quartiere di Focella, in via Annunziata, in pieno centro storico, sono stati feriti da colpi d'arma da fuoco una bambina di dieci anni e tre extracomunitari. La dinamica dei fatti e soprattutto il colpevole rimangono ancora da determinare. L'ipotesi vagliata dagli investigatori è che nel mirino del colpevole ci fossero gli immigrati, dato che è massiccia la presenza di commercianti neri nel mercato della Maddalena, dove si è scatenato il far west. Alcune testimonianze, riportate dal Corriere, indicano come obiettivo papabile un commerciante di colore che gestisce la bancarella di borse e pellame. La bambina, colpita accidentalmente, è stata colpita al piede e subito portata all'ospedale Santobono dove le è stato estratto il proiettile. Per ora le sue condizione non destano preoccupazioni.

Uscire dall'Europa? Fa benissimo Lezione inglese: pioggia di soldi

Con la super Brexit l'Inghilterra intasca 24 miliardi di euro


di Gabriele Carrer



Riprendere il controllo del paese e delle frontiere porterebbe alla creazione di 400 mila nuovi posti di lavoro. Uscendo dall’unione doganale europea, il Regno Unito diventerebbe inoltre un punto di riferimento globale per il libero scambio. È quanto sostiene il gruppo di pressione Change Britain, nato dalle ceneri della gloriosa macchina da guerra referendaria Vote Leave, la campagna ufficiale del fronte per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea uscito vincitore dalla battaglia referendaria dello scorso 23 giugno.

Lasciando l’unione doganale, sottolinea l’organizzazione, il Regno Unito sarebbe pronto ad affacciarsi nell'era del superamento delle organizzazioni sovranazionali per lanciarsi in accordi bilaterali, sulla scia della politica estera e commerciale annunciata dal presidente statunitense eletto Donald Trump. Secondo Change Britain, in caso di Brexit “dura”, con l’addio al mercato comune ed il ritorno del controllo sull’immigrazione, l’economia britannica guadagnerebbe almeno 24 miliardi di sterline all’anno, risparmiando quasi 10,4 miliardi di contributi al bilancio comunitario, 1,2 miliardi di oneri regolamentari e concludendo nuovi accordi commerciali per 12,3 miliardi.

Ma contro le stime ottimistiche di Change Britain si sono espressi oppositori politici della Brexit ed economisti che sottolineano come le statistiche siano fondate sull’esatta replica degli accordi vigenti grazie quell’Unione Europea di cui il Regno Unito non farà più parte. Gli europeisti, in buona sostanza, dicono che le previsioni di Change Britain sono fondate sugli accordi garantiti dall’Ue, i migliori possibili per il paese. Quasi a negare ogni possibilità che i negoziati bilaterali possano essere più vantaggiosi per il Regno Unito. Jonathan Portes, professore di economia presso il King’s College di Londra che pur ha criticato i dati, ha sostenuto alla Bbc che «ci possono essere vantaggi nel lungo termine lasciando l’unione doganale, ma nel breve termine significa un sacco di burocrazia in più», con riferimento ai maggiori controlli alle frontiere per le merci.

A difesa delle cifre è invece intervenuto Digby Jones, ex capo della CBI (la confindustria britannica) e sostenitore di Change Britain, sottolineando il fatto che Stati Uniti, India, Cina, Canada, Corea del Sud ed il Mercosur (il mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) hanno già pubblicamente espresso interesse per accordi commerciali post-Brexit che potrebbe generare oltre 240 mila posti di lavoro. Ed è «ragionevole pensare», ha aggiunto, che Giappone e l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico siano interessati a fare lo stesso.

Festeggiano gli euroscettici d’oltremanica anche per un’altra notizia giunta nel pomeriggio di ieri: Sir Ivan Rogers, ambasciatore britannico presso l’Unione europea, si è dimesso lasciando Bruxelles quasi un anno prima rispetto alla scadenza del suo mandato a novembre prossimo. Rogers avrebbe dovuto giocare un ruolo di primo piano nei negoziati sulla Brexit che il premier Theresa May ha promesso di avviare entro fine marzo. Una notizia, confermata dal ministero degli Esteri, che ha sorpreso molti: l’esperienza e gli ottimi rapporti istituzionali dell’ambasciatore dimissionario erano apprezzati a Downing Street, dove il governo punta forte su di lui per guidare la procedura di addio all’Unione Europea.

Ma Rogers, molto vicino all’ex primo ministro David Cameron, era anche visto dai sostenitori della Brexit “dura” come un impedimento in quanto lo hanno sempre ritenuto un pessimista. A piangere il suo addio sono infatti in larga maggioranza i conservatori più tiepidi verso l’uscita del paese dall’Ue ed i politici di tutto l’arco parlamentare di Westminster che continuano a sperare in un’uscita morbida, o addirittura di scongiurare la Brexit.

Feltri e il "miracolo" di Salvini: "Ecco cosa devi fare adesso"

Feltri: "Salvini ha fatto un miracolo. Adesso deve andare avanti da solo"


di Vittorio Feltri



Caro Gianluigi, è un errore pensare che Matteo Salvini possa guadagnare ancora molti voti e puntare a governare il Paese. Quasi tutti i consensi disponibili egli li ha già incamerati tanto è vero che la Lega in pochi anni, sotto la direzione del giovane leader, è salita al 12-14 per cento, percentuale mai raggiunta ai tempi in cui menava il torrone Umberto Bossi. Salvini ha raschiato il fondo del barile nordico e ora cerca di raccattare qualche suffragio al Sud. Ma è una operazione difficile.

Mentre in Emilia e in Toscana vi è qualche possibilità per il Carroccio di caricare un po’ di fieno, in Meridione non c’è foraggio per motivi storici. Bossi per anni ha sacramentato contro i terroni, accusandoli di impedire con la loro condotta la crescita economica e civile dell’Italia.Ovvio che costoro non abbiano dimenticato gli insulti e siano restii a dare fiducia a chi glieli ha lanciati.

Il problema è tutto qui. Matteo ha provato in ogni modo a convincerli che Alberto da Giussano non è più vincolato alla Padania e tenta di diventare un partito nazionale, tipo quello della signora Le Pen, ma il progetto non si è per adesso realizzato. Grillo non c’entra. Non ha certo pescato nell’elettorato della Lega che si avvale di un profondo affetto dei valligiani di varie province, ma nelle grandi città fatica a sfondare. Il Movimento 5 stelle non avendo mai avuto connotazioni localistiche si è invece espanso su tutta la penisola in opposizione alle formazioni politiche tradizionali. Teoricamente, a prescindere dal sistema elettorale di cui ci doteremo, grillini e leghisti avrebbero facoltà di allearsi. Ma c’è un ma.

I primi sono sempre stati coerenti sulle questioni euro, Europa e immigrazione, i secondi viceversa hanno spesso cambiato idea ostacolando un accordo organico tra i due blocchi. I quali per accordarsi avrebbero bisogno di smussare troppi angoli. La vedo dura, ma non si sa mai. Salvini si è talvolta proposto come capo del centrodestra, ma il centrodestra a trazione leghista non è tollerato da Berlusconi forte del fatto che gli azzurri, per quanto crollati, vantano ancora un pacchetto di voti che consente al Cavaliere di tenere alta la cresta. D’altronde Matteo è consapevole, qualora si accodasse a Silvio, che i suoi fedeli non gradirebbero di ripristinare uno schema già fallito in passato. Un Carroccio trainato da Forza Italia darebbe vita a qualcosa di già sperimentato con esiti per nulla esaltanti.

Non è questa la soluzione. Ecco perché Salvini non ha alcuna voglia né alcun interesse a trattare con Arcore e la tira per le lunghe. Al suo posto farei lo stesso e preferirei continuare la battaglia in solitudine contro l’immigrazione selvaggia e contro lo strapotere dei padrini della rovinosa moneta unica. Esattamente come ha fatto madame Le Pen per lustri e lustri, senza mai demordere. E la tenacia la sta premiando anche se temo che non vincerà nemmeno alle prossime elezioni. Al segretario dei nordisti non va rimproverato un bel niente né gli vanno dati consigli. Numeri alla mano è stato più bravo lui di Bossi che si fece fagocitare da Berlusconi senza ricavare un solo beneficio politico.