Il piano: nuovo Pdl e patto con Salvini per evitare un accordo Berlusconi-Pd
di Salvatore Dama
Formule ce ne sono a dozzine. Ma poi, gira e rigira, il centrodestra torna sempre alle origini. Perché la formazione standard, quella che tiene dentro tutti (dal centro alla destra), è l’unica che ha qualche possibilità di vittoria. Sulla base di questa consapevolezza, dopo anni di macerie, adesso si prova a ricostruire qualcosa. Perché le elezioni sono vicine e nessuno ha voglia di tornarsene a casa. I tentativi di pensionare Silvio Berlusconi sono andati tutti falliti. E capirai che novità: sono vent’anni che tutti ci provano e nessuno ci riesce. I partitini personali, nati dal Big Bang del Popolo delle libertà, non hanno avuto miglior fortuna. Allora rieccoli tutti, azzurri ortodossi ed eretici, sedere di nuovo allo stesso tavolo. Con due obiettivi abbastanza complessi: uno, essere tutti uniti per contare nella stesura della nuova legge elettorale; due, convincere il Cavaliere che, per i suoi interessi, la vittoria elettorale è meglio di un pareggio.
Così è nata l’idea del coordinamento annunciata ieri a Libero dal capogruppo di Fi al Senato Paolo Romani. Dentro ci sono i forzisti, Idea, Cor, Popolari per l’Italia e Gal. In alcuni casi si tratta di acronimi gutturali che sfuggono alla percezione dell’uomo comune, frutto della diaspora di parlamentari lunga una legislatura. Ma ora è tempo di ricucire. «Con tutti, anche con la Lega», spiega Gaetano Quagliariello, perché «un centro forte deve includere e non escludere le forze estreme». Il coordinamento, aggiunge il leader di Idea, «si deve occupare di una strategia comune per superare l’Italicum». E, in prospettiva, «dovremo avviare dei gruppi di discussione per mettere a punto il programma comune del futuro centrodestra». La coalizione deve rivivere nella sua formazione originaria, insiste Quagliariello, proprio per evitare la «tentazione di grandi accordi preventivi con il centrosinistra». Anche l’ex ministro della Difesa Mario Mauro ci sta: «Condivido pienamente la proposta di Romani. E voglio dare uno spunto utile a questo dialogo: perché non ripartire con la legge De Gasperi del ’53?». Il sistema elettorale passato alla storia con il nome di “legge truffa”. Che poi “truffa” non fu affatto, perché la Dc mancò l’obiettivo di agguantare la maggioranza assoluta in Parlamento.
Ripartiamo dal ’53, spiega Mauro all’Adnkronos, «con due piccole correzioni. Serve innanzitutto un meccanismo che assegni il premio di maggioranza alla coalizione, invece che al partito. Ma che obblighi la coalizione a raggiungere comunque il 50% più uno dei consensi per aver diritto al premio». La deriva che occorre evitare, chiarisce il leader di Popolari per l’Italia, è che le elezioni «si trasformino in un terno al lotto, che faccia diventare maggioranza chi è minoranza». Un premio così congegnato «salderebbe l’unità del centrodestra, coinvolgendo anche la Lega». Per Mauro è importante che «sia Forza Italia, tramite i suoi dirigenti, a farsi carico di una ricomposizione dell’area del centrodestra. Se pensiamo che l’ultimo atto politico di Fi è stato il Nazareno, questa proposta è un fatto nuovo che dà senso alle speranze del centrodestra».
I Conservatori riformisti di Raffaele Fitto sono più prudenti. Ok il coordinamento purché sia chiaro il posizionamento di tutti i suoi componenti. Saldamente all’opposizione di questo governo. «L’unità del centrodestra si raggiunge su alcuni presupposti chiari», precisa Maurizio Bianconi. Anzitutto, «le primarie per la scelta del candidato premier» e poi un atteggiamento nei confronti del governo che non dia adito a fraintendimenti. «Non mi piace questa storia dell’opposizione responsabile, non mi garba un accordo con un partito, Forza Italia, che sta con un piede di là». Su un punto, poi, Bianconi vuole essere chiaro: «Noi non rientriamo in Forza Italia, mai! Andammo via da un partito dove l’applauso era obbligatorio e il voto facoltativo. Non ci torneremo». Cor chiede limpidezza anche sulla legge elettorale: «Da subito diciamo no a un sistema prevalentemente proporzionale che serva poi a Berlusconi per fare gli inciuci».
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