Matteo Renzi, addio a Europa e Unità: si fa un suo giornale con il figlioccio di Giuliano Ferrara e altre firme vip
di Francesco Specchia
L’idea è suggestiva, un lampo nella notte dell’editoria. Matteo Renzi si fa un settimanale (il quotidiano costicchia, e di ’sti tempi porta un po’ sfiga) tutto suo. Meglio: il premier lavora a un giornale che lasci il Pd per strada, e onori l’indicibile «Patto del Nazareno». Tambureggiata dal quotidiano online Stati generali e confermata da ambienti finanziari milanesi, si fa sempre più strada la notizia che il «giglio magico» stia lavorando ad una rivista cartacea. Si giocherebbe tutto sulla triangolazione Luca Lotti e Marco Carrai (l’uno plenipotenziario sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l’altro sodale di sempre nonchè found raiser) e Christian Rocca. Quest’ultimo, ex giornalista del Foglio e attuale direttore di IL, il mensile del Sole 24Ore, rientra tra i sostenitori della prim’ora di Renzi. Molti, di Rocca, ricordano i recenti tweet che paragonavano la potenza eversiva del Jobs Act al divorzio (roba inosabile, finora, nemmeno dal più duro e puro dei renziani); e una copertina di IL, appunto, che descriveva il favoloso mondo di Renzi con illustrazioni belle ma di un buonismo da far innalzare il colesterolo. Potrebbero essere della partita «anche Giuseppe De Bellis (vice del Giornale), Stefano Menichini e Luca Sofri. Più una serie di firme della rivista diretta da Federico Sarica, Rivista Studio», scrive Stati Generali.
In tutto questo il recupero del brand storico dell’Unità non viene mai citato: «anche perché l’Unità sarebbe comunque andata a un dalemiano...», chiosa un collega dell’Unità. Né si parla di Europa, quotidiano autorevole e organo del Pd oramai pubblicato solo in versione online e considerato costoso. Non per nulla il suo direttore, Menichini, parrebbe nella lista degli arruolandi. Le indiscrezioni, inoltre, non accennano ad alcun tipo di finanziamento pubblico (anche se, volendo, il finanziamento è roba di Lotti). «Ma non c’è problema. Ci sarebbe già pronta la coda, per un’operazione del genere...», ci risponde uno dei colleghi «allertati». E uno subito pensa al mitico Carrai e alla Fondazione Big Bang, la storica raccoglitrice di fondi del premier i cui primi sostenitori sono il finanziere Davide Serra, oltre ai patron della chimica Mossi e Ghisolfi, a Paolo Fresco, a Franzo Grande Stevens, ecc.. E, in effetti , l’idea della «coda» per supportare un giornale del premier non è affatto peregrina. Secondo un’inchiesta di Pagina 99, infatti, il 66,12% dei finanziatori individuali - tra i 40 e 50 anni - di Renzi ha ricevuto incarichi pubblici di prima nomina, la maggior parte in Parlamento con le elezioni del 2013. Altri, invece, in società partecipate dello Stato. Nulla di male, per carità. La cosa è ciclica: trattasi un fenomeno di mercato prodottosi anche con Silvio Berlusconi presidente del Consiglio. E a proposito di Berlusconi. Un foglio esclusivamente renziano ma, in fondo, striato di flebile berlusconismo (Rocca viene dal Foglio, è un figlioccio di Giuliano Ferrara, come Claudio Cerasa, un altro dei cronisti di riferimento del premier), potrebbe davvero puntellare la strategia riformista del Patto del Nazareno, dicono. A Renzi potrebbe andare anche bene, se il buon Dio, il calo petrolio e la tenuta del dollaro gli dessero un aiutino. Ovviamente i colleghi coinvolti, in pubblico, smentiscono il tutto. E il Pd di governo tace, anche perché se parlasse ora, prima del voto per il Quirinale, sarebbe un suicidio di massa. Si tratta di aspettare, anche l’addio di Gubitosi alla Rai, preludio ad un probabile assalto governativo ai Tg (specie al Tg3 si candiderebbero colleghi/e embedded del Corrierone). Todos renzianos...