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martedì 13 gennaio 2015

Sfuma il sogno del portierone Neuer A Ronaldo il terzo Pallone d'oro

Sfuma il sogno di Neur, a Ronaldo il pallone d'oro 2015





Va al portoghese Cristiano Ronaldo il Pallone d’Oro Fifa 2014. L’attaccante del Real Madrid, protagonista di una straordinaria stagione culminata con la conquista della decima coppa dei Campioni delle merengues, ha battuto la concorrenza dell’eterno rivale Lionel Messi e del portierone della Germania campione del mondo Manuel Neuer. Per Ronaldo è il terzo Pallone d’Oro, il secondo consecutivo.

Il discorso - Quando Thierry Henry ha pronunciato il suo nome, la maggior parte dei presenti, lo stesso calciatore ed anche il pubblico da casa non ci ha creduto. La maggior parte degli appassionati e addetti al settore, si aspettava la vittoria del portiere tedesco. Invece alla fine a salire su quel palco è proprio CR7. Il giocatore esprime la sua emozione, ringraziando tutta la famiglia con tanto di dedica alla compagna, alla madre al figlio, al padre deceduto e al fratello. Poi ringrazia anche tutti quelli che lo hanno invitato, il suo allenatore Carlo Ancelotti, il presidente e la squadra del Real Madrid suoi compagni di mille sfide. "Questo trofeo è unico - dichiara l'attaccante portoghese - è il mio terzo ma spero di poter eguagliare Messi già l'anno prossimo". Attestato di stima per il collega eterno rivale o forse guanto di sfida, non si può dire con certezza. Ciò che è sicuro è che Ronaldo è molto contento e alla fine del discorso lancia un urlo distensivo.

Gli allenatori - Tutti aspettavano la proclamazione del migliore giocatore del mondo, ma nell'attesa alla stessa cerimonia è stato incoronato anche il miglior allenatore. Anche in questo caso i candidati erano tre e alla fine su Carlo Ancelotti e Simeone la spunta il ct della nazionale tedesca Joachim Löw. La motivazione è semplice ed avrebbe giustificato anche l'eventuale vittoria di Manuel Neuer; quest'anno ci sono stati i Mondiali e loro lo hanno conquistato. Quando a vincere è solo uno, ovviamente c'è sempre qualcuno che resta dispiaciuto e forse Ancelotti, ci aveva creduto fosse possibile una sua vittoria, d'altronde nessuno ha fatto come lui in Champions Legue, ma il suo nome su quel palco viene fatto solo dal suo pupillo Ronaldo.

Fifa Puskas Award - Quest'anno ad incuriosire gli spettatori c'era anche l'esito della premiazione per il miglior gol. Avrebbe potuto infatti, scrivere una bella pagina di storia del calcio la calciatrice Stephanie Roche, la prima donna candidata alla vittoria di un premio di cui il monopolio è sempre stato maschile. La 25enne irlandese ha insidiato James Rodriguez e Van Persie; il premio però va al colombiano Rodriguez per la rete contro l'Uruguay al Mondiale.

lunedì 12 gennaio 2015

Regalo di Renzi: stipendio tagliato per 100mila lavoratori ecco perché arriva quest'altra mazzata sui dipendenti

Contratti di solidarietà, per 100mila lavoratori stipendio tagliato

di Antonio Castro 



Quasi 100mila lavoratori che hanno accettato il contratto di solidarietà (o che ne firmeranno uno quest’anno), nella busta paga di gennaio 2015 scarteranno il “regalino” del governo Renzi: un taglio ulteriore della retribuzione del 10%. Insomma, porteranno a casa non il 70% dello stipendio (come nel 2014), ma solo il 60%. In sostanza: né con la legge di Stabilità 2015, né con il decreto Milleproroghe il governo ha messo a bilancio le risorse per integrare i tagli di stipendio dei lavoratori che navigano (con ansia) nel mare magno dei contratti di solidarietà. Sarebbero serviti oltre un centinaio di milioni per garantire l’integrazione (al 70%) degli stipendi decurtati. Al ministero del Lavoro, tutti presi dal parto (incompleto) del Jobs Act hanno fatto finta di dimenticarsene. Cosa volete che sia: sempre meglio che starsene a spasso. Il problema è che la decurtazione del 10% si accompagna già con un taglio del 30% dello stipendio. Morale nel 2015 - salvo rinsavimento di Palazzo Chigi - oltre 100mila lavoratori che pagano la crisi in busta paga vedranno sparire l’integrazione al reddito del 10% garantita nel 2014. E non è la prima volta. Nel 2013 l’integrazione al reddito copriva per le aziende (oltre 2mila quelle che l’hanno richiesta e attivata presso il ministero del Lavoro), l’80% dello stipendio perso.

La procedura dei Cds - semplice e meno burocratica della mobilità o della cassintegrazione - prevede che azienda e sindacati si mettano d’accordo per ridurre lo stipendio. Di conseguenza al lavoratore vengono assicurati un certo numero di giornate libere in base alla percentuale di riduzione del compenso. Il lavoratore resta “agganciato” all’azienda, l’impresa ottiene uno sconto sui contributi, e nessuno (almeno per i 48/60 mesi che può durare la Cds), viene licenziato. La solidarietà è tra i lavoratori che accettano tutti di ridursi lo stipendio per evitare licenziamenti. Peccato che dal 2009 ad oggi il ricorso alla solidarietà sia letteralmente esploso. Secondo calcoli del ministero del Lavoro le aziende che hanno attivato la procedura sarebbero oltre 2mila. Però ci sono grandi gruppi (come Telecom che ha messo in Cds oltre 32mila dipendenti). Morale se le statistiche dell’attuario dell’Inps parlano di 31.156 lavoratori in Cds al 31 dicembre 2013, c’è da notare un boom delle richieste. «Nell’ambito degli interventi straordinari», spiega un monitoraggio 2013 realizzato proprio dal dicastero di Poletti, «stanno assumendo sempre maggior rilievo i contratti di solidarietà, come strumento di difesa del livello occupazionale aziendale attuato attraverso una riduzione dell’orario di lavoro degli addetti. Ai contratti di solidarietà si applicano, in linea di massima, le disposizioni normative che regolano le integrazioni salariali straordinarie. I beneficiari di contratti di solidarietà, espressi in Ula (Unità lavorative anno, ndr), sono in crescita in tutto il periodo 2011-2013; si passa dai 16.710 beneficiari del 2011 a 31.156 del 2013, con variazioni annue del 27,1% nel 2012 e 46,7% nel 2013».

Peccato che il ministero di Poletti - che tanto punta con il Jobs Act proprio sul maggiore utilizzo della Solidarietà invece della costosa (per l’Inps) Cassintegrazione - trascuri il censimento mensile dei lavoratori in Cds. Anzi si preferisce adottare un calcolo Ula che falsa e mischia con altri ammortizzatori il fenomeno crescente della Cds. In soldoni i lavoratori in Solidarietà invece di finire in Cig (a carico dello Stato), si autotassano per conservare la speranza di avere ancora un posto di lavoro. «Nel 2015», chiarisce l’Ufficio Studi Consulenti del Lavoro, «non è stata stanziata in alcun modo la somma di 40 milioni di euro e dunque dal 2015 le aziende che hanno in corso un contratto di solidarietà, oppure stipulino a partire dal 1 gennaio 2015 un contratto simile, avranno una integrazione del 60% e non del 70%». Resta da vedere se si tratti di una dimenticanza o di un intento premeditato per risparmiare. C’è da chiedersi poi se è questo il modello di welfare solidale che ha in mente Renzi. Lavorare meno, per guadagnare meno. Peccato che così, di certo, il Pil non decollerà.

Immigrati in Italia sui barconi per un attentato in Vaticano

Immigrati in Italia sui barconi per un attentato in Vaticano

di Michael Sfaradi 



Nel 2010, a seguito dell’omicidio a Dubai del terrorista di Hamas Mahmud al-Mabhuh, l’allora Segretario agli Esteri inglese David Miliband decise, come ritorsione nei confronti di Gerusalemme, di dichiarare «persona non grata» uno dei funzionari israeliani a Londra: questo perché voci, mai confermate, davano per certo che i killer del Mossad avessero usato falsi passaporti inglesi per entrare nell’Emirato. Chi si oppose a questa mossa, soprattutto considerando che il funzionario era l’uomo del Mossad in Inghilterra, fu proprio l’MI5, i servizi segreti inglesi, che rimase momentaneamente senza contatti con il più informato servizio di intelligence al mondo nelle questioni di antiterrorismo.

Segnali ignorati - Che la sezione analisi e informazioni del Mossad sia in continuo contatto, direttamente o indirettamente, con i servizi segreti della quasi totalità del mondo occidentale non è un mistero e molti degli attentati che vengono sventati lo sono grazie alle informative che proprio il Mossad passa ai governi alleati. Per chi frequenta certi ambienti quello che sta accadendo in Francia in queste ore non è una sorpresa, infatti la domanda che girava non era «se», ma «quando» sarebbe scoppiato il bubbone: i segnali, anche se passati in sordina, c’erano tutti.  Dopo l’eccidio nella redazione di Charlie Hebdo e nel supermercato kosher, che sono solo gli ultimi attentati di una serie che si trascina da alcuni anni, cosa aspettarci? E dove? Secondo voci fatte trapelare nelle ultime ore, e che dietro le quinte sono date per precise e ben informate, sono decine le informative partite nelle ultime settimane oltre che per Parigi anche verso Londra, Berlino, Bruxelles e Roma (in un video dell'isis i jihadisti minacciano il Vaticano).

Per quanto riguarda l’Italia l’attenzione è focalizzata sull’immigrazione di massa in corso dal Nord Africa: i barconi che partono dalla Libia sono per la maggior parte pieni di gente in cerca di un futuro migliore, ma fra loro, e questo viene dato per scontato, si nasconde una percentuale di guerriglieri addestrati provenienti sia dal Mali, che è solo la punta dell’iceberg, sia nelle numerosissime scuole di guerra islamiche nate dopo le “primavere arabe”. Nelle informative in possesso delle autorità ci sono anche diversi nomi e fotografie di queste persone, ma il flusso è talmente alto che solo una piccola percentuale può essere identificata prima del passaggio nel Mediterraneo. Per questo molti di loro, protetti dall’anonimato, una volta entrati in Italia fanno perdere le tracce e diventano cellule dormienti in attesa di ordini.

"Ventre molle" - L’Italia è considerata il “ventre molle” d’Europa, una porta di passaggio che permette sia l’entrata incontrollata nel vecchio continente di personaggi pericolosi e addestrati che il ritorno di coloro che hanno passato periodi più o meno lunghi con i combattenti siriani, con l’Isis, con Al Nusra o con una qualsiasi delle organizzazioni terroristiche legate all’Islam radicale e che usando la “via dei disperati” evitano di dover spiegare i loro viaggi ai controlli doganali. Persone che, una volta rientrate, possono mettere a frutto l’addestramento ricevuto per colpire dall’interno. Se la Francia, che è una delle più importanti potenze mondiali, si è rivelata impreparata, cosa accadrà nel resto d’Europa nel momento in cui dovessero esserci attentati a catena come quelli che hanno caratterizzato gli ultimi giorni? Impossibile rispondere a questa domanda visto che gli eventi si susseguono e sovrappongono in continuazione. L’Italia, per assurdo e il condizionale è d’obbligo, proprio per questa sua funzione di ponte tibetano potrebbe essere, almeno inizialmente, risparmiata da attacchi terroristici di matrice islamica, ma farsi illusioni sarebbe un tragico errore: nel Paese ci sono troppi obiettivi sensibili agli occhi di chi vuole stravolgere il mondo e Roma non è solo la capitale dello Stato, ma anche il centro della cristianità mondiale.

Voci sul maxi-affare Gelli-Berlusconi L'intreccio: che cosa bolle in pentola...

Licio Gelli vuole vendere Villa Wanda: la vorrebbe acquistare Silvio Berlusconi





Una voce, rilanciata dal Fatto Quotidiano. Si parla di Villa Wanda, la storica e splendida dimora di Licio Gelli sul colle aretino di Santa Maria. Si tratta di una "casetta" con 32 stanze, piscina, sauna e un grande parco, di cui l'ex Venerabile Maestro della P2 entrò in possesso nel 1974, quando la acquistò dall'industriale Mario Lebole. Ma oggi, Gelli, ha bisogno di liquidità. E dunque avrebbe deciso di vendere. E ora le indiscrezioni dicono che tra gli acquirenti interessati ci sarebbe niente meno che Silvio Berlusconi. Solo da qualche giorno la villa è stata dissequestrata: il 96enne Gelli, infatti, era stato accusato di frode fiscale, con relativo sequestro dell'immobile. Ma una prescrizione di soli sei giorni ha rimesso tutto in gioco. Sulla villa, inoltre, gravano due ipoteche: la prima del Banco Ambrosiano, la seconda delle Entrate, che contestano a Gelli un debito di 17 milioni di euro. Debito che con la vendita del maxi-immobile potrebbe definitivamente estinguere. Ed è in questo contesto, dunque, che stando ai rumors si sarebbe fatto avanti un interessatissimo Cavaliere...

Meloni-Tosi-Fitto, l'asse anti-Cav: così vogliono sabotare i suoi piani

Meloni, Tosi e Fitto: il progetto per sabotare l'intesa tra Berlusconi e Renzi

di Enrico Paoli 



«Sia chiaro, non voglio morire renziana», dice con il solito impeto passionale Giorgia Meloni dal palco del cinema Adriano a Roma, dove è stata battezzata l’iniziativa «Sveglia centrodestra!», promossa dalla fondazione «Fare Futuro» presieduta dall’ex ministro Adolfo Urso. Per carità, a vedere la sala dell’Adriano sono in molti a condividere l’idea della Meloni. A partire da Francesco Storace che segue con attenzione ma senza troppa partecipazione i lavori. Da uomo d’azione quale è vorrebbe più entusiasmo e meno tatticismo: «Spero che il dibattito cresca di livello, i protagonisti sono comunque all’altezza della sfida». E proprio per questa ragione i giovani della Fondazione, provati e prostrati dalla batosta delle ultime europee, hanno invitato la leader di Fratelli d’Italia, il «ribelle» azzurro Raffaele Fitto e il leghista ma non troppo sindaco di Verona, Flavio Tosi (che ieri ha debuttato ufficialmente su Twitter), a tracciare una linea per riunire il centrodestra. O almeno quel che ne resta, essendo troppo frammentato e disorientato.

Non a caso la diagnosi è pressochè unanime. «Il centrodestra, così come lo abbiamo conosciuto fino a ora, è morto, bisogna ricominciare da capo» e costruire un’alternativa «forte e credibile al rottamatore». Il rischio, avverte Tosi, è di cadere sotto i «ricatti» del Patto del Nazareno, che «serve al premier solo per mantenerci divisi e farci scomparire». Una via d’uscita ci sarebbe pure, assicurano i quattro promotori della manifestazione, e passa attraverso le primarie. Il problema è che fra la teoria e la pratica c’è di mezzo un mare di soldi. Tanti, pure troppi, nonostante lo sforzo titanico nel dimostrare che si possono fare a costo zero. Ma se Tosi e la Meloni possono concedersi il lusso di guardare in prospettiva alle prossime regionali, Fitto è assediato dal presente. «Non hanno ancora capito gli amici del mio partito che errore hanno fatto», dice l’europarlamentare di Forza Italia, «a non invitarmi all’iniziativa organizzata in Abruzzo (Neve Azzurra, ndr). Non pensi nessuno di non ascoltare che cosa pensano in tanti nel partito, noi abbiamo a cuore il futuro del centrodestra e ci interroghiamo sui contenuti e sugli strumenti. I contenuti sono una politica economica alternativa al governo Renzi e gli strumenti», ricorda Fitto, «sono le primarie che legittimano la classe dirigente dal territorio». L’ex governatore della Puglia parla di primarie, in realtà dietro alle sue parole c’è l’ombra del Quirinale.

Perché la partita vera riguarda la scelta del nuovo capo dello Stato. Fitto, assieme al deputato Daniele Capezzone e alla senatrice Cinzia Bonfrisco entrambe presenti alla manifestazione, può contare su 38 parlamentari sicuri, pronti a deviare dal percorso che indicherà Silvio Berlusconi. Non solo. Nel segreto dell’urna la componente dei franchi tiratori potrebbe crescere e moltiplicarsi complicando i giochi tanto a Renzi quanto al Cavaliere. Il quale, consapevole di tutto ciò, delega a Giovanni Toti e Renato Brunetta il compito di smussare i toni con Fitto, preferendo occuparsi della Francia e del fenomeno del terrorismo internazionale. «Mi sembra una polemica sul nulla», dice il consigliere politico di Forza Italia in relazione al mancato invito di Fitto a «Neve Azzurra 2015». Be, se 38 ribelli vi sembran pochi...

Saltano sgravi e detrazioni fiscali per una famiglia su cinque: ecco a chi

Nuovo Isee, manca l'accordo: per una famiglia su 5 addio sgravi fiscali

di Francesco De Dominicis 



Una spending review mascherata che, invece di aggredire direttamente le casse della pubblica amministrazione, va a colpire (tanto per cambiare) le tasche dei contribuenti. Un’altra stangata, su quelli meno abbienti e dunque più bisognosi. È l’ennesima tagliola del governo di Matteo Renzi, passata in sordina e ora più chiara. Stiamo parlando del nuovo Isee, vale a dire quel pezzo di carta che certifica reddito e patrimonio di una famiglia, indispensabile per accedere ad alcuni servizi pubblici: sconti su mense e tasse universitarie, agevolazioni per gli affitti, sgravi per le bollette delle utenze domestiche, rateizzazione delle cartelle esattoriali, iscrizione agli asili nido (e relativa definizione della retta mensile).

Sta di fatto che il riccometro 2.0 (conterrà più dati rispetto al vecchio) doveva debuttare l’1 gennaio, ma è in ritardo perché i centri di assistenza fiscale, come denunciato ieri dalla Consulta dei Caf e da Unimpresa, non hanno ancora raggiunto un accordo con l’Inps per la convenzione (cioè la cifra che i Caf devono ricevere per ogni Isee stampato ai cittadini). Un ritardo che, peraltro, corre il rischio di pregiudicare l’accesso ad alcuni servizi. Ma la tabella di marcia è forse il problema minore. Secondo i Caf, infatti, la platea di coloro che usufruiscono di servizi e prestazioni legati alla situazione economica potrebbe ridursi del 20%. In teoria (cioè nelle intenzioni e negli annunci del governo) la riforma dovrebbe permettere di identificare meglio le condizioni di bisogno della popolazione, consentendo allo stesso tempo di contrastare le tante pratiche elusive ed evasive che caratterizzano le prestazioni sociali. In pratica - dicono i Caf - le famiglie avranno un salasso. Il nuovo documento restringerbbe il numero dei soggetti «abilitati» a usufruire di prestazioni sociali, sconti e agevolazioni varie: stando alle indicazoni delle organizzazioni del settore una famiglia su cinque subirà un giro di vite. Nel nuovo Isee saranno inserite più informazioni, specie quelle finanziarie (bot, titoli, conti correnti). Ragion per cui emergerà patrimonio finora non «denunciato»; e proprio questi dati in più rappresentano la tagliola.

Lo scorso anno sono state circa sei milioni le persone che hanno avuto accesso ai servizi e alle prestazioni garantite dal vecchio Isee e al momento sarebbero solo poche migliaia quelle che hanno inviato la richiesta per il nuovo indicatore andato in vigore dal primo gennaio (appena un centinaio attraverso i Caf che invece generalmente veicolano oltre il 90% delle richieste).

La falsa partenza, dicevamo. Lunedì è prevista una rinione tra l’Inps e i Caf. Che hanno posto un problema economico: hanno chiesto per le nuove pratiche un aumento di circa il 50% rispetto a quelle dell’anno scorso (circa 15 euro a pratica a fronte dei 10/11 del 2014). «Non abbiamo l’autorizzazione - ha spiegato ieri Valeriano Canepari, presidente della Consulta dei Caf - a fornire questa attività. Senza convenzione si fa fatica a garantire il servizio». Se quindi la platea non cambierà rispetto al 2014 (circa sei milioni di persone) la spesa prevista nel 2015 per la convenzione con l’Inps sarà di circa 100 milioni di euro rispetto ai 70 milioni del 2014. C’è comunque il rischio di allungamento dei tempi dato che l’Inps al momento ha un direttore per il quale è scaduto il mandato (ma ci si aspetta il rinnovo di un anno), un presidente designato che attende il parere delle commissioni parlamentari per entrare in carica e un commissario in scadenza. La firma è attesa a breve, ma non è affatto scontata. E la mazzata per le famiglie resta.

Travaglio di bile: record d'insulti a Facci Poi la fesseria con cui si auto-smentisce

Marco Travaglio, travaso di bile: insulta Filippo Facci (e si auto-smentisce)





Filippo Facci attacca la "macchietta rinsecchita" Marco Travaglio, e la "macchietta rinsecchita" perde la testa. La firma di Facci ha accusato il vicedirettore del Fatto Quotidiano per l'improvvido paragone tra "editto islamico" in riferimento alle stragi parigine e l'editto "bulgaro" di berlusconiana memoria, ricordandogli che i redattori di Charlie Hebdo si guadagnavano da vivere rischiando (davvero) la vita, mentre Travaglio si guadagna da vivere recitando lo stesso copione, trito e ritrito e stratrito, ormai da vent'anni. Apriti cielo, Marco Manetta ha dato di matto. La livorosa risposta è arrivata sulla prima pagina del Fatto Quotidiano, in cui dà a Facci del "poveretto con le mèches" per poi aggiungere: "Se ogni tanto capisse ciò che legge e ascolta, il tapino scoprirebbe che non ho fatto alcun paragone". Peccato che il paragone lo ricordi proprio Travaglio nella riga successiva, in cui in preda all'abitudinario travaso di bile ricorda che lui ha scritto: "Quella di Parigi è una tragedia, in Italia siamo sempre alla farsa". Dunque, continua, "ho semplicemente sbeffeggiato l'ipocrisia di una classe politica e giornalistica", e dunque, aggiungiamo noi, ha fatto quel paragone insensato che sta cercando di negare.

"RISULTATO FALSATO" Cofferati battuto svela i brogli del Pd In Liguria cinesi e rom alle primarie

Cinesi, rom e nordafricani ai seggi Le primarie del Pd sono una barzelletta





Centinaia di rom e di cinesi. E il voto per le primarie del Pd da cui Raffaella Paita, assessore regionale alle Infrastrutture e Protezione Civile,è uscita come candidata del Pd alle regionali in Liguria, si trasforma in barzelletta. E' lo stesso sconfitto, Sergio Cofferati, ex leader della Cgil ed ex sindaco di Bologna, a denunciare l'inquinamento e l'irregolarità del voto: "L'inquinamento delle Primarie si sta purtroppo realizzando in misura più consistente di quella prevista e temuta" scrive in una nota. Ce l'ha, Cofferati, coi gruppi di stranieri, in qualche caso contestati per aver fotografato il voto, come a La Spezia - dove si è registrata una massiccia presenza di cinesi - o ad Albenga, dove le contestazioni sul voto hanno riguardato nordafricani. La sua avversaria Paita ha ottenuto vittorie schiaccianti ottenute nelle province di Imperia, Savona e La Spezia.

Sergio Cofferati non ci sta e annuncia ricorso alla commissione di garanzia. L’europarlamentare, sconfitto daRaffaella Paita, ha detto: "Non riconosco questo risultato e aspetto il pronunciamento della Commissione di garanzia su tutti gli elementi di irregolarità che sono stati segnalati. So anche che sono stati valutati, da parte di altri e non da me, eventuali esposti alla Procura della Repubblica: sono materie sensibili, dal voto di scambio all’uso di strumenti lesivi della privacy. Io non sono a conoscenza degli elementi specifici".

domenica 11 gennaio 2015

Un milione in piazza a Parigi "Oggi siamo la capitale del mondo"

Parigi, un milione in piazza. Hollande: "Oggi siamo la capitale del mondo"





Per Parigi, ferita dal terrorismo islamico, è il giorno della grande marcia contro la paura. Il primo a parlare è stato Francois Hollande: "Oggi Parigi è la capitale del mondo". Al corteo atteso almeno un milione di persone, oltre ai capi di Stato e di governo e di tutto il mondo. Un corteo di tre chilometri, che parte da una place de la Republique già gremita da ore prima dell'inizio del corteo. Hollande ha ricevuto i capi di Stato di tutto il mondo all'Eliseo, attendendoli sulle scale all'aperto, uno per uno, per poi abbracciarli e scambiare i saluti. In ordine sparso sono arrivati Mariano Rajoy, Angela Merkel, Matteo Renzi e anche Nicolas Sarkozy, che ha scattato parecchie foto al fianco del presidente francese. In tutto, 45 fra capi di Stato e governo sono presenti. Altissime le misure di sicurezza, per il timore di nuovi attentati proprio contro il corteo, in testa al quale sfileranno i rappresentanti istituzionali arrivati da tutto il mondo insieme ai familiari delle vittime.

Pansa: "In guerra, deboli e disarmati Ricordate cosa accadde con le Br?"

Giampaolo Pansa: siamo in guerra, ma senza armi per combatterla

di Giampaolo Pansa 



Non ci sono dubbi. Quanto è accaduto in questi giorni a Parigi si ripeterà. Forse in Francia o in un altro paese europeo. E dovunque accada, a cominciare dall’Italia, riscopriremo una verità: non sapremo difenderci e il terrorismo islamico farà di noi quello che vorrà. Dopo daremo la caccia ai killer, forse li uccideremo o si potrà catturarli. Ma intanto il danno sarà fatto. E altri terroristi al servizio del Califfato nero dell’Isis, di Al Qaeda, o di qualche gruppo di tagliagole senza nome, si preparerà a fare di noi le nuove vittime di questa nuova guerra mondiale.

Sono abbastanza anziano per essere vissuto nel ricordo di almeno quattro conflitti armati. Mio padre Ernesto, classe 1898, si era fatto tutta la prima guerra mondiale come soldato del Genio. Un paio di cugini il fascismo li aveva mandati a combattere in Grecia e in Africa settentrionale. Un altro cugino era stato partigiano nella guerra civile. Il quarto conflitto l’ho visto e raccontato da giornalista: la lunga guerriglia delle Brigate rosse, un’altra storia coperta di sangue.

In questi giorni dominati dalle dirette televisive sul massacro di Parigi, ho ripensato più volte all’interminabile guerra dichiarata dalle Br, da Prima linea e da una fungaia di bande minori. Di quell’epoca piena di morti accoppati, di gente gambizzata e resa invalida, di drammi politici e di amicizie finite, che cosa rammentiamo oggi? Poco o niente. Eppure la memoria può aiutarci a non essere impreparati di fronte a quanto rischiamo.

Molti si domandano se la guerra islamica contro l’Occidente durerà a lungo. È un interrogativo inutile. Durerà sino a quando non avranno vinto loro o noi. Siamo entrati in un percorso senza altri sbocchi. Dunque l’unica risposta razionale è che dobbiamo prepararci a vivere in una condizione sconosciuta a tanti italiani. Dove la sicurezza sarà più importante della libertà.

Le Brigate rosse apparvero sulla scena nei primissimi anni Settanta. Si pensò a un incendio che si sarebbe spento quasi subito. Una previsione sbagliata. I due primi delitti dei brigatisti arrivarono nel 1974 a Padova e da allora il terrorismo rosso non smise di uccidere. Nell’aprile 1988 a Forlì venne assassinato un senatore democristiano, Roberto Ruffilli. E tutti pensammo che fosse l’ultimo delitto delle Br. Non era così. Nel maggio 1999 le nuove Br uccisero Massimo D’Antona, consulente del governo. E nel marzo 2002 fu assassinato il professor Marco Biagi.

A conti fatti, il terrorismo brigatista è rimasto sulla scena per un trentennio. Se applicassimo lo stesso metro alla guerra islamica, collocandone l’inizio nel 2014, arriveremmo al 2044! Con quale esito? Nessuno può dirlo. Anche le guerre che sembrano perdute per uno dei due fronti in lotta, possono riservare sorprese. Non è escluso che il vincitore risulti l’Occidente, sia a pure a costo di mutamenti profondi nel suo modo di vivere.

Perché l’Italia riuscì a battere le Brigate rosse? Le ragioni sono tante. Per cominciare, i grandi partiti, la Dc e il Pci, non persero la testa. Il dissenso con il Psi durante il sequestro Moro, non arrivò mai a una rottura drammatica. Tennero anche i sindacati e gli operai delle grandi fabbriche. La sinistra si gingillò con la teoria dei «compagni che sbagliano». Poi cambiò opinione, anche a prezzo di vedere che non tutti i suoi militanti si schieravano contro il terrorismo brigatista.

Fu decisiva la figura di un militare: il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. A sinistra molti lo consideravano un potenziale golpista. Furono costretti a ricredersi. Il suo prestigio e i risultati ottenuti nella guerra contro le Br affermarono l’importanza di quella che oggi si chiama l’intelligence. Un’arma indispensabile per entrare nella testa e nei programmi del terrorismo, prevenirne le azioni e catturarne i capi.

Risultò essenziale anche la legge che prevedeva sconti di pena per i pentiti disposti ad aiutare gli inquirenti. In totale furono più di sessanta. Molti di loro, benché ritenuti colpevoli di una serie di omicidi, scontarono soltanto pochissimi anni di carcere. Un beneficio che a gran parte dell’opinione pubblica sembrò eccessivo. Ma la casta politica di allora non arretrò. Insieme alla carota, si continuò a usare il bastone. Ossia la mano dura nelle indagini e negli interrogatori.

Anche in questo caso si confermò l’importanza del nucleo speciale di Dalla Chiesa. Non più di sessanta o settanta uomini, fra carabinieri e agenti di polizia, selezionati con cura. Il generale rispondeva soltanto al ministro dell’Interno. Non fu un affare da poco ottenere il consenso delle forze politiche. I dibattiti in Parlamento furono molto accesi, ma venne trovata un'intesa.

In questo 2015 i nostri partiti sono in grado di ripetere l’esperienza positiva del ceto politico di quel tempo? Ho molti dubbi in proposito. Oggi la politica ha le ossa rotte. Sa di essere screditata nei confronti dell’opinione pubblica. È frantumata e divisa come non mai. Di certo non possiede l’energia necessaria ad affrontare un’emergenza simile a quella che ha incendiato Parigi. La debolezza anche morale si manifesta in ogni occasione. Venerdì il ministro dell’Interno che illustrava a Montecitorio i provvedimenti decisi per stoppare i combattenti islamici residenti o in transito in Italia, ha parlato davanti a una distesa di scranni vuoti.

Anche il presidente del Consiglio non sembra l’uomo adatto per questi tempi di ferro. Sempre venerdì sera, a Otto e mezzo di Lilli Gruber sulla Sette, si è prodotto in un monologo torrenziale, recitato a velocità supersonica. Parlava, strillava, scherzava e rideva senza offrire nessuna proposta seria per affrontare la tempesta che può investire anche l’Italia e mandare a ramengo il suo governo.

Mentre lo ascoltavo, mi sono domandato se Renzi sia in grado di essere il leader di una nazione che, da un giorno all’altro, potrebbe trovarsi sotto il fuoco del terrorismo islamico. Non voglio sembrare un critico ingeneroso. Ma esiste un dato di fatto: Renzi ha conquistato Palazzo Chigi in un’epoca ormai da considerare al tramonto. Tutti i suoi infiniti programmi erano immaginati per un paese in pace e non in guerra. L’infantile parola d’ordine per il 2015, «Ritmo», ha un suono ridicolo se la pronunciamo nel frastuono delle raffiche di kalashnikov sparate a Parigi. E davanti al sangue che scorre dagli assalti di questi giorni, di fronte ai giornalisti morti nel primo assalto, ai poliziotti uccisi, agli ostaggi ebrei giustiziati.

La storia del mondo procede senza tener conto delle beghe italiane sulla riforma del Senato, sull’Italicum e le sue trappole, sulla pubblica amministrazione da mettere in riga, sui codicilli fiscali a vantaggio di Tizio o di Caio, sui Patti del Nazareno e la riabilitazione di Berlusconi. E soprattutto sull’ottimismo forzato che il premier continua a predicare e le promesse che seguita a ripetere con la petulanza del ragazzino presuntuoso.

Il sangue di Parigi non si ferma alla frontiera tra la Francia e l’Italia. Arriva anche in casa nostra. Ci fa aprire gli occhi su un paese debilitato dalla crisi economica, alle prese con il nuovo mostro della deflazione. E in pratica indifeso contro un attacco sferrato da qualche altra coppia di fratelli pronti a uccidere e a morire per l’Islam. Siamo alle corde, amici di Libero. Auguriamoci di non essere costretti a rinchiudere papa Francesco in un bunker segreto nel sottosuolo di Roma.

Facci: "Travaglio, ti spiego la differenza tra chi rischia la vita e chi vive come te"

Filippo Facci contro Travaglio e Luttazzi: che c'entra l'editto islamico con quello bulgaro?

di Filippo Facci 



Bene, ora spiegaci che c’entra l’editto islamico con l’editto bulgaro, spiegaci che cosa c’entra - caro Marco-senza-vergogna-Travaglio - la vostra industrietta macinasoldi con la satira vera, quella degli ammazzati di Parigi che graffiavano nella carne viva del pianeta: la religione, l’islam, l’ebraismo, l’Occidente, la crisi. Spiegaci che cosa cazzo c’entra (scusa la parola cazzo, ma fa sempre satira) con le vostre cazzate dove il rischio massimo era una reprimenda di Sandro Bondi; che cosa c’entra cioè il martirio vero (inteso come pericolo di vita) con il martirio finto (inteso come requisito di carriera).

La rivista Charlie Hebdo rischiava la pelle ogni giorno senza guadagnarci granché, si faceva il mazzo per sopravvivere sul mercato: non pretendeva d’essere inserita d’ufficio nella tv di Stato con programmi scadenti, roba che poi moriva da sola anche nella tv privata (come a La7) perché semplicemente non faceva ascolti: vero Luttazzi?, vero Guzzanti?, vero Dandini?, eccetera. Le vignette danesi riprese dai francesi giocavano in un altro campionato, non erano le mutande di Anna Falchi o le cacche di Daniele Luttazzi o il Papa sodomizzato all’Inferno che tanto piaceva a Sabina Guzzanti, non erano le barzellette sporche per le quali voi presunti satiri scomodavate Senofonte e l’articolo 21 della Costituzione, ergendovi a oppressi. Gli ammazzati di Hebdo non facevano comizi a manifestazioni di capi-partito come Grillo o Di Pietro, non andavano in vacanza con fonti univoche e poi politiche come Ingroia, non facevano spettacolini teatrali e libri e dvd e pseudo-lezioni universitarie e monologhi in prima serata da Santoro: facevano satira per davvero e li ricorderemo come esempio coraggioso di libertà di opinione, non li ricorderemo per “l’odore dei soldi” di cui non è rimasto nulla se non i soldi (tuoi) e l’odore (vostro).

Gli ammazzati di Hebdo non pretendevano immunità giudiziarie e civili per autoproclamazione, non pretendevano di poter dire tutto quello che volevano su chi volevano e come volevano: senza mai pagarne un prezzo, perché “la satira non si processa”. Non evocavano di continuo il regime e la censura, non pretendevano di essere intoccabili persino da una magistratura peraltro acclamata, insomma: non avevano bisogno di pararsi il sedere col diritto di satira ogni volta che gli scappava una cazzata. Perché loro, la satira, non la facevano su Ruby e sulla Carfagna, non la facevano dicendo nano e ciccione o piegandosi su cartacce giudiziarie d’accatto: loro la facevano sulle libertà individuali e collettive sin dagli anni Sessanta, mica su Berlusconi per vent’anni di fila. E ora tu, macchietta rinsecchita e senza sorriso, a sangue caldo torni a romperci le palle coi tuoi ciclostile sul regime, e a pagina 22 del Fatto Quotidiano ospiti pure l’equilibrato Luttazzi che si paragona ai francesi e scrive testualmente che «non c’è bisogno di trasferirsi nei Paesi arabi per trovare resistenze alla satira sulla religione», rivelandoci di aver ricevuto minacce di morte e d’esser stato costretto a mesi sotto scorta.

Ma certo, è un paragone calzante, dietro casa di Luttazzi erano pronti Ferrara e la Santanché coi kalashnikov, c’era anche un piano per prendere ostaggi nel fortino clandestino della Raidue targata Freccero. O forse no, Travaglio e Luttazzi non dicevano sul serio. Forse era satira anche quella, dev’essere così. Comunque occhio: i tre terroristi francesi li hanno seccati, Ferrara e la Santanchè e Berlusconi sono ancora in giro.

Vietato fumare (quasi) da tutte le parti: sigarette, l'ultima (tostissima) stretta

Sigarette, la nuova stretta: vietate nei film, nei parchi e in auto se c'è un minore





A dieci anni dalla legge Sirchia, c'è in vista una nuova tostissima stretta sul fumo: niente sigarette nei parchi pubblici, negli stadi, nelle spiagge attrezzate ma anche nelle macchine, se a bordo c'è un bimbo. Il bando alle "bionde", inoltre, riguarderà i film e le serie tv nazionali, almeno se vengono accese in un numero eccessivo di scene. "Si tratta di possibili iniziative, il cui successo in altri Paesi è documentato", sottolineano al ministero della Salute. E Beatrice Lorenzin, titolare del dicastero, conferma il progetto "estremista": "Sì - esordisce -, ci sarà una stretta ulteriore. Partiamo da film e auto con minori e poi studieremo eventuali nuove misure. E' una materia da approfondire su cui eventualmente aprire un confronto". E ancora: "Il fumo uccide, dobbiamo essere tutti consapevoli di questo. Sono convinta che sia fondamentale agire sui giovani in via prioritaria per evitare che entrino nella spirale di questo vizio". Per inciso, l'Italia tra il 2007 e il 2013 è scesa dall'ottavo al quindicesimo posto nella classifica dei Paesi europei più impegnati nella lotta al tabagismo: Lorenzin, dunque, vorrebbe invertire la rotta (forse calcando un po' troppo la mano?).

sabato 10 gennaio 2015

Fitto e Forza Italia separati in casa Tutti i big sulle nevi, mentre lui va con...

Fitto escluso dalla kermesse di Forza Italia





Separati in casa. E' ormai ridotta a questo la presenza di Raffaele Fitto all'interno di Forza Italia. L'ennesima prova è di questi giorni. Nel fine settimana, i vertici del partito azzurro sono a Roccaraso in Abruzzo per la kermesse di "Neveazzurra" che domenica verrà chbiusa da Silvio Berlusconi. Ci sono Giovanni Toti, Mariarosaria Rossi, Paolo Romani, Maurizio Gasparri, Renato Brunetta, Mariastella Gelmini. Insomma, tutti i big. Ma non Raffaele Fitto. L'ex ministro e governatore della Puglia non è stato invitato a parlare del futuro del centrodestra, argomento centrale dell'evento di Roccaraso. Sarà invece a Roma, al cinema Adriano, Per un incontro con Giorgia Meloni, Flavio Tosi e Adolfo Urso, accomunati dal sostegno alla proposta di primarie per dare un nuovo leader al centrodestra.

Renzi si accorge di averci riempito di islamici e adesso corre ai ripari: il piano anti-terroristi

Procura unica contro i terroristi. E partire per il Jihad sarà reato penale

di Enrico Paoli 



Per colpire e prevenire il terrorismo non servono fughe in avanti, basta la riproposizione di strumenti vincenti già adottati nel passato. L’obiettivo del governo è l’istituzione di una Procura nazionale antiterrorismo, sulla scorta dell’esperienza maturata con la versione dedicata alla mafia. L’ipotesi è già allo studio dell’esecutivo e la strada per la sua istituzione potrebbe essere la creazione di una struttura ad hoc. Le opzioni sono una nuova «superprocura» o l’estensione della Procura nazionale antimafia. L’importante, però, è fare presto.

Se dovesse prevalere questo secondo orientamento, la scelta sarebbe quella della Direzione unica, che si occuperebbe contemporaneamente di antimafia e antiterrorismo. Magistrati particolarmente esperti come Franco Roberti, Otello Lupacchini e Gian Carlo Caselli, confermano la necessità di costituire questo strumento. A studiare la questione saranno i tecnici dei dicasteri di Interni e Giustizia mentre sul tema è previsto un incontro tra i ministri Angelino Alfano e Andrea Orlando. Di una procura nazionale antiterrorismo, in realtà, si discute da tempo. Il riferimento è al disegno di legge presentato dal parlamentare di Scelta civica, Stefano Dambruoso, magistrato esperto di antiterrorismo, che estende le competenze della Dna alle indagini relative ai reati di associazione per delinquere con finalità di terrorismo, anche internazionale, e istituisce le Direzioni distrettuali antiterrorismo, mutuandone la struttura dalle direzioni distrettuali antimafia.

Ma nei piani del ministro dell’Interno e del governo non c’è solo la Procura antiterrorismo. Per farla funzionare servono gli «utensili» giusti. Le nuove norme che l’esecutivo vuole portare rapidamente all’esame delle Camere guardano alla figura del terrorista molecolare, cosiddetto «home made», capace di trasformarsi in un’impresa individuale terroristica nel senso che si autoradicalizza e si autoaddestra anche ricorrendo al web, si procura le armi e le istruzioni per l’uso, progetta da solo o comunque senza appartenenza a reti strutturate azioni terroristiche. In particolare il questore potrà ritirare il passaporto ai sospettati, proponendolo per le misure della sorveglianza speciale o dell’obbligo di soggiorno in modo da restringerne capacità di movimento e campo di azione.

Il provvedimento, poi, incide anche sull’organizzazione e sul finanziamento dei trasferimenti nei teatri di guerra con l’introduzione di una specifica figura di reato che, colmando un’oggettiva carenza, colpisce i combattenti stranieri ma anche chi agisce dietro le quinte tirando le fila degli spostamenti verso l’estero. Infine un controllo più stringente della rete potrebbe limitare la propagazione delle informazioni sensibili.

Islam, Berlusconi e gli sci... Il sondaggio che fa tremare Matteo

Sondaggio Swg: crolla la fiducia nel governo, Forza Italia primo partito centrodestra





Il nodo "salva-Silvio", i voli di Stato per andare in vacanza e le deboli politiche anti-Islam affossano nei sondaggi il governo di Matteo Renzi. Il premier comincia a perdere quello slancio che aveva avuto nei suoi primi mesi a palazzo Chigi e inizia a soffrire sul fronte dei numeri. Secondo i sondaggisti la caduta del consenso sarebbe fisiologica, ma comunque i dati allarmano e non poco il Nazareno e palazzo Chigi. La fiducia nel governo è scesa al 50 per cento contro una media del 52 nel 2014. Brunetta già gode: "Governo in caduta libera! Per Swg perdita consenso progressiva e inarrestabile". Infatti secondo l'ultima rilevazione il Pd è a 38,1 per cento ben sotto il 40 delle ultime europee. Tiene Ncd al 3,2 per cento mentre Forza Italia resta primo partito del centrodestra al 14,1 per cento seguita poi dalla Lega Nord all'11,5 per cento. Fratelli d'Italia scende sotto il 3 per cento e si ferma al 2,7. In crescita Sel che è al 3 per cento. Scompare un partito: Scelta Civica che è allo 0,8 per cento. Infine il Movimento 5 Stelle al 20,6 per cento. 

Ercolano - On. ANTONIO AMATO (Presidente commissione regionale bonifiche) : La questione ambientale del Parco nazionale del Vesuvio è un’emergenza nazionale

ANTONIO AMATO (Presidente commissione regionale bonifiche) : La questione ambientale del Parco nazionale del Vesuvio è un’emergenza nazionale


A cura di Gaetano Daniele




 «La situazione ambientale dell’area vesuviana, all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio da Ercolano a Boscoreale, la messa in sicurezza e la bonifica delle ex discariche oggi abbandonate e delle aree recentemente sottoposte a sequestro per il ritrovamento di fusti tossici e amianto, la salvaguardia di zone dove si verificano sversamenti e combustione di rifiuti, tutto questo rappresenta un’emergenza nazionale con ripercussioni dirette sulla salute dei cittadini. Oltre al Prefetto di Napoli contatteremo urgentemente il ministro all’ambiente chiedendo che venga a verificare personalmente la vicenda ci sia un intervento fattivo e non differibile del Governo. 

Quanto verificato ancora oggi non è più tollerabile» lo afferma il Presidente della Commissione Regionale Bonifiche al termine del sopralluogo presso Cava Montone, l’area di Ercolano oggi sequestrata dopo il ritrovamento di fusti bituminosi e amianto, l’ex discarica Amendola Formisano e la zona a valle della stessa, in particolare via Filaro. Al sopralluogo, accompagnati dai carabinieri del NOE e dalla polizia municipale, con Amato e la consigliera regionale Anita Sala, hanno preso parte il sindaco di Ercolano Vincenzo  Strazzullo,  Antonio Gallozzi e Pasquale Raia di “Legambiente Campania”, Franco Matrone per la “Rete dei Comitati Vesuviani”, Antonio D’Amore di “Libera”, Ciro Teodonno di “Cittadini per il Parco” e rappresentanti di altre associazioni e comitati dell’area vesuviana. «Sull’area di Cava Montone, sottoposta a sequestro giudiziario, si attendono i risultati della caratterizzazione e delle analisi di falda. Chiediamo la massima trasparenza perché bisogna dare risposte chiare ai cittadini e i risultati devono essere pubblici. 

Ci sono controversie giudiziarie in corso, a noi interessa che la messa in sicurezza dell’amianto sia realizzata quanto prima e che sia completato l’esame dell’intera area sì da predisporre tutte le azioni di messa in sicurezza previste dalle normative europee. Purtroppo, sono stati ritrovati rifiuti di ogni sorta, oltre all’amianto speciali e industriali giunti da ogni parte d’Italia. Speriamo che le indagini portino quanto prima anche all’accertamento dei responsabili, e che, soprattutto, non intervengano assurde prescrizioni». Nell’ex discarica Amendola Formisano a destare maggiore sconcerto la permanente presenza di rifiuti stoccati temporaneamente nel corso dell’emergenza del 2008 «Oltre alla storica discarica, qui sono state portate ecoballe nel 2004, poi rimosse, e tal quale nel 2008. Dovevano rimanere pochi mesi e invece sono ancora qui. Il comune, tra fitto, manutenzione, rimozione del percolato e custodia, paga oltre 50 mila euro al mese» dice ancora Amato «Poi ci sono gli interventi eccezionali come quello che servirà nei prossimi giorni per riparare il telo che si è strappato la scorsa settimana per il maltempo. E i cittadini denunciano una continua tracimazione del percolato raccolto in una piccola ed evidentemente insufficiente cisterna. 

E la domanda di fondo resta: perché quei rifiuti sono ancora lì dimenticati da tutti?». A via Filaro, sempre in questa zona di Ercolano,  poi, le scene che si ripetono quotidianamente nella terra dei fuochi: «Amianto, scarti edili e tessili, pneumatici posti a formare letti di combustione, un inferno, un’indecenza sulla quale è necessario intervenire d’urgenza, oltre che per la rimozione con azioni serie di contrasto, a partire da pattugliamento e sorveglianza oggi del tutto assenti» afferma il Presidente della Commissione Regionale «Il comune, la regione, sotto la regia del Prefetto, insieme alle forze dell’ordine, devono mettere in atto tutte le azioni necessarie perché si ponga fine a questo scempio. L’area del Parco nazionale del Vesuvio per produzioni agroalimentari e ricchezze storico naturali rappresenta un patrimonio unico al mondo» conclude Amato «Quanto abbiamo visto a dicembre nell’area Pozzelle tra le discariche Sari, quanto constato oggi, quanto verificheremo alla discarica Porcilaia a Torre del Greco e alla “Fungaia” di Somma vesuviana dove ci recheremo presto, tutto questo è la rappresentazione di uno scempio aberrante di cui ha diretta responsabilità lo Stato. Lo ribadisco: il risanamento ambientale del Vesuvio è un’emergenza nazionale, soprattutto per le conseguenze dirette che questa devastazione ha sulla salute dei cittadini. Ora basta scaricabarile e omissioni, ognuno si assuma le proprie responsabilità e si intervenga con tempestività».

M15: "Il prossimo obiettivo dei terroristi è Londra"

M15: "Il prossimo obiettivo dei terroristi è Londra"





Dopo il blitz delle teste di cuoio francesi che ha procurato la morte degli attentatori, ma anche la fuga di Hayat Boumeddiene, la moglie di  Amedy Coulibaly, l'allerta terrorismo è ai massimi livelli in tutta Europa. Dopo Parigi potrebbe essere Londra la prossima città nel mirino dei terroristi di Al Qaeda. E' questo il timore di Andrew Parker, capo dell'M15, i servizi segreti interni britannici. La minaccia al Regno Unito arriva dalla Siria. Un gruppo di terroristi legati ad Al Qaeda sta preparando un commando, arruolando jihadisti europei che combattono nei paesi del Medio Oriente per realizzare "complessi e ambiziosi attacchi per causare vittime su larga scala colpendo sistemi di trasporto e luoghi simbolo", afferma Parker. 

La minaccia - Il capo dell'M15 ha rivelato che il controterrorismo britannico ha già sventato alcuni attacchi ma "non può fermare ogni minaccia contro il Paese". L'M15 stima che i cittadini britannici che sono partiti per unirsi all jihad in Siria sono circa 600. Insomma a quanto pare un altro attacco sarebbe imminente. Intanto l'Isis e Al Qaeda alzano il tiro con nuovi video di minacce contro l'Italia e soprattutto contro la Francia a cui chiedono di "sospendere gli attacchi contro i Paesi arabi di fede isalmica, altrimenti ci saranno nuovi attacchi". La morsa del terrore dunque continua a stringere l'Europa senza lasciare spazio ad una tregua. La speranza è che i servizi di intelligence sappiano prevedere in anticipo gli attacchi sventandoli e non contando i morti come hanno fatto quelli francesi. 

Calderoli, il diabolico scherzo marrone: cosa fa mangiare al sottosegretario...

Senato, lo scherzo del leghista Calderoli al sottosegretario Pizzetti: gli fa mangiare del carbone





Fosse fiorentino, Roberto Calderoli si sarebbe già guadagnato un posto nella combriccola di Amici Miei. Non è un caso che su Twitter NonLeggerlo presenti il mirabolante scherzo del senatore leghista alla voce Cos'è il genio...


Nonleggerlo @nonleggerlo

#cosèilgenio, il vicepresidente del Senato Calderoli, con i suoi scherzoni. E poi grasse risate.

#nonrassegna #cds 
15:49 - 9 Gen 2015

Succede che durante una pausa dei lavori a Palazzo Madama il diabolico Calderoli si sia sollazzato con uno scherzo all'ignaro sottosegretario alle riforme Luciano Pizzetti, che si è visto omaggiare al proprio banco con un piattino di succulenti pezzettini di carbone, in pieno clima post-Epifania. Pensiero gentile, anche se malizioso: evidentemente a Calderoli l'operato di Pizzetti non dev'essere piaciuto granché nel 2014... Il sottosegretario fa comunque buon viso a cattivo gioco, sorride e assaggia un po' sospettoso i dolcetti. Cioccolato? No. Zucchero? Nemmeno. Al povero Pizzetti sono capitati pezzi di vero carbone, mentre Calderoli tornato al proprio scranno se la ride di gusto con un collega. Con il ministro Maria Elena Boschi però è stato più galante: anche alla bella renziana ha regalato carbone, sì, ma di zucchero. 

La segretariessa generale della Boldrini: Camera, una nomina senza precedenti

Lucia Pagano, è lei segretario generale della Camera. L'ha voluta la Boldrini e ha spaccato la Presidenza





Per la prima volta nella storia la Camera dei Deputati ha un segretario generale donna. Si tratta di Lucia Pagano che, su proposta del presidente della Camera Laura Boldrini,  sostituisce Ugo Zampetti, che ha lasciato a fine dicembre per raggiunti limiti di età. Pagano, però, all'interno dell'Ufficio di Presidenza non ha ottenuto l’unanimità dei consensi: contro la sua nomina si sono espressi il vice presidente Luigi di Maio e gli altri due rappresentanti M5S Claudia Mannino e Riccardo Fraccaro. Contro anche Fratelli d’Italia, con il no espresso da Edmondo Cirielli. Per stigmatizzare il metodo adottato, si sono chiamati fuori sia Roberto Giachetti (Pd) che Stefano Dambruoso (Sc). Proprio quest’ultimo, uscendo dalla riunione, pur facendo gli auguri di buon lavoro alla neo eletta, non ha nascosto il disappunto per come sono andate le cose. "Faccio gli auguri a Lucia Pagano perché ha davanti a sé dei compiti difficili ma l’amministrazione -ha commentato il questore della Camera-esce lacerata dalla gestione di questa nomina". "Non ho condiviso il metodo adottato e c’è stata un’ingerenza eccessiva dei partiti nella scelta del segretario generale tanto che la presidente Boldrini ne è rimasta imprigionata. Rispetto alle altre professionalità di cui si era parlato mi sembra una scelta al ribasso -ha concluso Dambruoso- e per questa ragione non ho partecipato alla votazione".

Chi è ? -  Di Maio, membro del direttorio M5S, pochi minuti dopo la nomina ha scritto su Fb. "Oggi l’ufficio di presidenza della Camera dei deputati, di cui facciamo parte come membri del M5S - spiega il grillino - doveva eleggere il nuovo segretario generale di Montecitorio, colui che sostituirà Ugo Zampetti, nominato da Violante ben 15 anni fa. Sapete chi hanno scelto i partiti su proposta della Boldrini? La dottoressa Lucia Pagano: figlia di un ex capo servizio della Camera (Rodolfo Pagano); moglie del capo servizio informatica al Senato Mauro Fioroni (cugino di Giuseppe Fioroni deputato del Pd - fonte dagospia.com)". "Il Movimento 5 Stelle poteva mai votare a favore di questo teatrino? - chiede Di Maio - Lega, Pd e gli altri si riempiono la bocca con la lotta ai burocrati, ma alla fine nominano sempre le stesse dinastie per proteggere i propri interessi. Un altro schiaffo all’autonomia delle istituzioni", conclude Di Maio, che firma il suo sfogo con gli altri componenti 5 Stelle dell’ufficio di presidenza della Camera, Claudia Mannino e Riccardo Fraccaro.

blogger saudita "offende" l'islam: mille frustate (in "rate" da cinquanta)

Arabia Saudita, il blogger offende l'Islam: condannato a 1.000 frustate in "rate" da 50





Frustato in pubblico a Gedda, dopo la preghiera del venerdì. A nulla sono servite le richieste degli Usa e le 14mila firme che online sono arrivate per chiedere la grazia di Raif Badawi blogger saudita. Oggi ha infatti, ricevuto le sue prime 50 frustate di una pena che ne prevede 1000 dilazionate in 20 giorni. L'uomo fu arrestato nel giugno 2012 e condannato a 10 anni di reclusione, punizioni corporali e un'ammenda di un milione di rial sauditi (circa 200mila euro). L'accusa è di aver insultato l'Islam e violato le leggi sulle comunicazioni elettroniche. La moglie, Ensaf Haidar ed i tre figli, in via del tutto precauzionale è fuggita in Canada, da dove inerme segue le sorti del marito. Sulla vicenda si è formalmente schierato a sfavore il direttore di Reporters sans frontieres Lucie Morillon che afferma: "Anche se l'Arabia Saudita ha condannato l'attacco codardo al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, ora sta impartendo una punizione barbara su un cittadino che ha solo usato la sua libertà di espressione e informazione, la stessa libertà che è costata la vita ai giornalisti francesi".

venerdì 9 gennaio 2015

Orrore a Parigi: "Morti tra gli ostaggi" Lago di sangue nel negozio ebraico

Parigi, blitz alla drogheria: morto il terrorista. Uccisi anche i fratelli Kouachi





E' incorso in questo momento un blitz delle teste di cuoio alla drogheria ebraica di Porte de Vincennes dove un uomo di 32 anni di origine africana Amedy Coulibaly insieme ad una complice di 25 anni, Hayat Boumeddiene ha preso in ostaggio 5 persone. Secondo quanto si apprende dai media francesi alcuni ostaggi sarebbero stati liberati, mentre altri sarebbero stati uccisi. Il sequestratore invece sarebbe stato ucciso dalle teste di cuoio. Durante lo scontro a fuoco sarebbero stati feriti anche 4 agenti della polizia. 

L'attacco - L'attacco dell'uomo era cominciato con sparatoria per le strade di Parigi. L'assassino della poliziotta di Montrouge infatti è tornato in azione, con lui una complice: i due, armati di kalashnikov, hanno preso un negozio di alimentari kosher a Parigi. Nelle loro mani cinque ostaggi. Il tutto è avvenuto dopo che in mattinata i due i fratelli ricercati per la strage di Parigi, Cherif e Said Kouachi, hanno avuto un conflitto a fuoco con le forze di polizia e si sono asserragliate in una tipografia a Dammartin-en-Goele, con un ostaggio. I media francesi avevano diffuso la notizia di due morti e venti feriti, ma il procuratore generale di Parigi ha smentito che vi siano delle vittime; vi sarebbero invece dei feriti. Come detto, alla caccia all'uomo dei responsabili della strage in redazione, si è aggiunta la seconda sparatoria, avvenuta attorno alle 13 a Parigi, nella zona Porte de Vincennes. Come detto, nel supermercato preso d'assalto ci sarebbero cinque ostaggi, secondo alcune indiscrezioni si tratterebbe di una donna con i suoi quattro figli.

Il secondo attacco - L’autore dell’assalto è lo stesso che ieri a Montrouge (sud di Parigi) ha ucciso una poliziotta nel giorno successivo all'attacco a Charlie Hebdo. L’uomo, Amedy Coulibaly , era "associato" alla stessa filiera jihadista, basata nel 19/o arrondissement di Parigi e organizzata per inviare combattenti in Iraq, a cui apparteneva Cherif Kouachi, il più giovane dei due fratelli autori dell’attacco a Charlie Hebdo. Lo riferiscono fonti vicine agli inquirenti, gli stessi che ieri avevano escluso che l’atto fosse in qualche modo collegato alla matrice terroristica (alla luce dei fatti, forse un'operazione per evitare di far crescere l'allarme in città). A fiancheggiare Colulibaly anche una complice, la 26enne Hayat Boumeddiene, che si trova con lui all'interno del negozio.

Chi è l'uomo - L'uomo autore della sparatoria e del sequestro nel supermercato kosher si è fatto riconoscere dalla polizia sul posto come l'assassino della poliziotta di ieri: "Sapete chi sono! sapete chi sono!", ha gridato per due volte ai poliziotti. Nel frattempo fuori dalla drogheria la polizia sta cercando di trattare con l'uomo e la donna dentro la drogheria. La richiesta dei rapitori è una sola: "Lasciate stare i fratelli Kouachi e fateli fuggire". Un vero e proprio ricatto che testimonia come Amedy Coulibaly sia legato alla cellula terrorista che ha attaccato la redazione di Charlie Hebdo. L'uomo, si è appreso, è un 32enne di origine africana, con gravi precedenti per traffico di stupefacenti e atti di violenza contro la moglie.

LE TESTE DI CUOIO IN AZIONE Il blitz contro i fratelli Kouachi

Charlie Hebdo, il blitz in diretta contro i due fratelli Kouachi: spari, fumo, esplosioni





Dopo ore di assedio, pochi minuti prima delle 17, quando la luce cominciava a calare, il blitz delle teste di cuoio francesi contro i due autori della strage a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo. Spari e fumo, poi delle esplosioni. Quindi il silenzio, e ancora altre raffiche di mitra. Ancora incerto l'esito del raid. Nel mirino Said e Cherif Kouachi, i due fratelli che hanno ucciso 12 persone nella redazione del settimanale satirico, braccati sin dal primo mattino dopo una caccia all'uomo che si protraeva da due giorni. I fratelli islamisti, secondo le indiscrezioni, avrebbero tra uno e cinque ostaggi: si sono barricati in una fabbrica a circa 70 chilometri da Parigi, nel paesino di Dammartin-en-Goele, a circa 30 chilometri dalla zona dove si sono svolte le ricerche giovedì.

Terrore a Parigi - I due terroristi, prima di chiudersi in una piccola tipografia, in mattinata avevano avuto un primo conflitto a fuoco con le autorità: si era parlato di due vittime, poi la circostanza era stata smentita. I Kouachi avevano affermato di essere "pronti a morire come dei martiri". Nel corso della lunga ed estenuante giornata le forze dell'ordine avevano stabilito un contatto telefonico con i terroristi. A preoccupare, ora, la situazione parallela al negozio di alimentari kosher occupato a Parigi da un altro terrorista islamico che appartiene alla loro stessa organizzazione: nella capitale l'uomo tiene altri cinque ostaggi, e l'assalitore minacciava di ucciderli nel caso in cui i fratelli Kouachi non fossero stati liberati.

Fuga tra i boschi - Sul luogo del blitz, sin dal mattino, volavano elicotteri e si concentravano forze dell'ordine francesi. Il ministro francese dell'Interno, Bernard Cazeneuve, aveva spiegato che le teste di cuoio avrebbero effettuato il blitz "nei prossimi minuti e ore". I due macellai islamici hanno raggiunto la tipografia dopo la fuga avvenuta nella notte tra i boschi: la ditta dove si sono asserragliati è la piccola Creation Tendance Decouverte, in Rue Clement. La speranza della polizia è quella di catturare vivi i due terroristi. Nel frattempo la cittadina di Dammartin-en-Goele era stata isolata: le persone chiuse in casa, bimbi e ragazzi prima intrappolati e poi scortati fuori dalle scuole. Verso l'ora di pranzo il prefetto della polizia di Parigi aveva previsto che "l'epilogo è vicino".

La rivolta dei pizzardoni contro Marino Ora il derby Roma-Lazio è a rischio

Rivolta pizzardoni, il derby Roma-Lazio è a rischio

di Brunella Bolloli



Solo oggi si saprà se domenica, giorno dell’attesissimo derby di calcio per i romani, la situazione attorno all’Olimpico sarà gestibile o no. Se i cittadini potranno fare ritorno a casa senza intoppi dopo la partita, o se nell’area adiacente allo stadio sarà il delirio, prima e dopo il match, considerato ad alto rischio. Per il vicesindaco Luigi Nieri (Sel), che fino a lunedì deve sostituire Ignazio Marino “impegnato” in una vacanza negli States, non ci saranno problemi: nel corso del vertice in prefettura di ieri si è deciso che in campo ci saranno 1200 uomini delle forze dell’ordine. Ma per i sindacati dei vigili urbani «Nieri ha poco da stare sereno. Se noi non facciamo gli straordinari, dovranno chiamare la polizia stradale per garantire il servizio e assicurare l’ordine pubblico. Comunque decideremo oggi come comportarci in un’assemblea indetta in Campidoglio».

Braccio di ferro - I pizzardoni, dunque, continuano il loro braccio di ferro con l’amministrazione capitolina. Non intendono cedere di fronte a un sindaco che con l’introduzione del nuovo contratto decentrato li priva, di fatto, di aumenti e soldi in più in busta paga, ma soprattutto attaccano la mancata riforma del Corpo e la rotazione voluta dal comandante Raffaele Clemente. Una turnazione che dovrebbe partire lunedì come mossa anti-corruzione. In pratica, l’accusa, neanche troppo velata, è che vigili e funzionari impiegati troppo a lungo nel medesimo territorio abbiano usufruito di favori (leggi mazzette), che soltanto la mobilità ogni tot anni può scongiurare. Gli agenti, dal canto loro, replicano che il vigile lavora meglio quanto più a lungo conosce il municipio di destinazione e che, al pari del Comune di Milano, il Campidoglio dovrebbe favorire il vigile di quartiere e trovare un accordo con i sindacati dei dipendenti comunali anziché fare di tutto per portarli all’esasperazione, alla protesta e perfino alla diserzione di massa come sembra avvenuto nella notte di Capodanno.

L'indagine - L’indagine sui fatti del 31 dicembre sta procedendo su due binari paralleli: da una parte c’è l’inchiesta amministrativa, con 30 provvedimenti disciplinari già inviati alla commissione competente e circa un centinaio di casi sospetti; e dall’altra c’è l’inchiesta aperta dalla procura dopo un esposto del Codacons. In più c’è l’Autorità di garanzia degli scioperi che vuole vedere chiaro sul ruolo dei sindacati dei caschi bianchi, se abbiano cioè fomentato la diserzione di massa del 31 dicembre. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, che dice sì alla rotazione degli agenti: «Se quella dei vigili è stata una forma di protesta», ha detto, «allora è stata fatta con metodi illegittimi perché presentare un certificato medico è un atto pubblico e chi dovesse averlo utilizzato in modo non corretto ha commesso un reato».

Piani ferie sbagliati - Eppure, forse anche a causa di piani ferie sbagliati, per Capodanno il comandante Clemente ha visto oltre 700 pizzardoni assenti dei mille sui quali era convinto di potere contare. È come se malattie, permessi per la donazione del sangue, legge 104 e congedi parentali si fossero concentrati tutti a ridosso del 31, con la città di Roma invasa di turisti per gli eventi di piazza. A quel punto dal Comando sono partiti sms per la reperibilità in taluni casi giunti perfino il giorno successivo, cioè il Primo gennaio con l’ordine di presentarsi in servizio il 31 dicembre alle 19. «Follia». «Noi avevamo già comunicato che non avremmo fatto gli straordinari, che sono su base volontaria», hanno ripetuto Ospol, Ugl, Sulpl, principali organizzazioni di polizia locale. E per questa loro assenza pacchi di multe non sono state consegnate ai romani e giaccioni negli uffici di via Ostiense. «Lo straordinario è d’obbligo se c’è emergenza», è stata la replica del garante degli scioperi. Ma i vigili rispondono al loro regolamento e stanno pensando di non lavorare fuori orario domenica 11, giorno del derby. Lo decideranno oggi in assemblea.

Una voce: "E' morto Fidel Castro" Giallo sulla conferenza stampa

Giornale cubano: "E' morto Fidel Castro"





Il quotidiano americano "Diario Las America" avrebbe rilanciato l'ipotesi della morte di Fidel Castro. La notizia prenderebbe spunto dalla lunga assenza in pubblico dell'ex leader cubano. Inoltre l'ufficio stampa governativo a L'Avana, una fonte ha confermato che per oggi è prevista una conferenza stampa a cui è invitata la stampa nazionale e straniera, ma di cui non è stato precisato l'argomento. Un altro giornale del dissenso, El Diario de Cuba, ha pubblicato un servizio da Santiago de Cuba in cui si sostiene che il governo "ha proibito la circolazione delle persone nella zona del cimitero di Santa Ifigenia dove presumibilmente è stata costruita la futura tomba di Fidel Castro". Nel pomeriggio la notizia della conferenza stampa è stata smentita.

Terrore a Parigi, un altro attacco Spari nel locale ebraico: 5 ostaggi

Parigi, attacco ad una drogheria ebraica: "Ci sono ostaggi"





Ancora una sparatoria per le strade di Parigi. La Francia si trasforma sempre più in un campo di guerra. La capitale resta sotto attacco. Questa mattina i due i fratelli ricercati per la strage di Parigi, Cherif e Said Kouachi, hanno avuto un conflitto a fuoco con le forze di polizia e si sono asserragliate in una tipografia a Dammartin-en-Goele, con un ostaggio. I media francesi avevano diffuso la notizia di due morti e venti feriti, ma il procuratore generale di Parigi ha smentito che vi siano delle vittime; vi sarebbero invece dei feriti. Ma alla caccia all'uomo si aggiunge un'altra sparatoria attorno alle 13 a Parigi, nella zona Porte de Vincennes. Ci sarebbe un sequestro di persone, davanti a un negozio di alimentari kosher, frequentato da ebrei.

Un altro attentatore - Pare che l’autore dell’assalto possa essere lo stesso che ieri a Montrouge (sud di Parigi) ha ucciso una poliziotta. L’uomo, Amedy Coulibaly , era "associato" alla stessa filiera jihadista, basata nel 19/o arrondissement di Parigi e organizzata per inviare combattenti in Iraq, a cui apparteneva Cherif Kouachi, il più giovane dei due fratelli autori dell’attacco a Charlie Hebdo. Lo riferiscono fonti vicine agli inquirenti, gli stessi che ieri avevano escluso che l’atto fosse in qualche modo collegato alla matrice terroristica. L'uomo autore della sparatoria e del sequestro in un supermercato di Parigi si è fatto riconoscere dalla polizia sul posto come l'assassino della poliziotta di ieri: "sapete chi sono! sapete chi sono!", ha gridato per due volte ai poliziotti. Secondo quanto raccontano i media francesi l'uomo sarebbe all'interno del negozio con 4 bambini e una donna. Intanto a quanto pare la polizia sarebbe sulle tracce di una donna, Hayat Boumeddiene, che sarebbe una complice dell'uomo che ha ucciso una poliziotta a Montrouge e in questo momento sarebbe all'interno del negozio ebraico. Intanto fuori dalla drogheria la polizia sta cercando di trattare con l'uomo e la donna dentro la drogheria. La richiesta dei rapitori è una sola: "lasciate stare i fratelli Kouachi e fateli fuggire". Un vero e proprio ricatto che testimonia come Amedy Coulibaly sia legato alla cellula terrorista che ha attaccato la redazione di Charlie Hebdo.