Nuovo Isee, manca l'accordo: per una famiglia su 5 addio sgravi fiscali
di Francesco De Dominicis
Una spending review mascherata che, invece di aggredire direttamente le casse della pubblica amministrazione, va a colpire (tanto per cambiare) le tasche dei contribuenti. Un’altra stangata, su quelli meno abbienti e dunque più bisognosi. È l’ennesima tagliola del governo di Matteo Renzi, passata in sordina e ora più chiara. Stiamo parlando del nuovo Isee, vale a dire quel pezzo di carta che certifica reddito e patrimonio di una famiglia, indispensabile per accedere ad alcuni servizi pubblici: sconti su mense e tasse universitarie, agevolazioni per gli affitti, sgravi per le bollette delle utenze domestiche, rateizzazione delle cartelle esattoriali, iscrizione agli asili nido (e relativa definizione della retta mensile).
Sta di fatto che il riccometro 2.0 (conterrà più dati rispetto al vecchio) doveva debuttare l’1 gennaio, ma è in ritardo perché i centri di assistenza fiscale, come denunciato ieri dalla Consulta dei Caf e da Unimpresa, non hanno ancora raggiunto un accordo con l’Inps per la convenzione (cioè la cifra che i Caf devono ricevere per ogni Isee stampato ai cittadini). Un ritardo che, peraltro, corre il rischio di pregiudicare l’accesso ad alcuni servizi. Ma la tabella di marcia è forse il problema minore. Secondo i Caf, infatti, la platea di coloro che usufruiscono di servizi e prestazioni legati alla situazione economica potrebbe ridursi del 20%. In teoria (cioè nelle intenzioni e negli annunci del governo) la riforma dovrebbe permettere di identificare meglio le condizioni di bisogno della popolazione, consentendo allo stesso tempo di contrastare le tante pratiche elusive ed evasive che caratterizzano le prestazioni sociali. In pratica - dicono i Caf - le famiglie avranno un salasso. Il nuovo documento restringerbbe il numero dei soggetti «abilitati» a usufruire di prestazioni sociali, sconti e agevolazioni varie: stando alle indicazoni delle organizzazioni del settore una famiglia su cinque subirà un giro di vite. Nel nuovo Isee saranno inserite più informazioni, specie quelle finanziarie (bot, titoli, conti correnti). Ragion per cui emergerà patrimonio finora non «denunciato»; e proprio questi dati in più rappresentano la tagliola.
Lo scorso anno sono state circa sei milioni le persone che hanno avuto accesso ai servizi e alle prestazioni garantite dal vecchio Isee e al momento sarebbero solo poche migliaia quelle che hanno inviato la richiesta per il nuovo indicatore andato in vigore dal primo gennaio (appena un centinaio attraverso i Caf che invece generalmente veicolano oltre il 90% delle richieste).
La falsa partenza, dicevamo. Lunedì è prevista una rinione tra l’Inps e i Caf. Che hanno posto un problema economico: hanno chiesto per le nuove pratiche un aumento di circa il 50% rispetto a quelle dell’anno scorso (circa 15 euro a pratica a fronte dei 10/11 del 2014). «Non abbiamo l’autorizzazione - ha spiegato ieri Valeriano Canepari, presidente della Consulta dei Caf - a fornire questa attività. Senza convenzione si fa fatica a garantire il servizio». Se quindi la platea non cambierà rispetto al 2014 (circa sei milioni di persone) la spesa prevista nel 2015 per la convenzione con l’Inps sarà di circa 100 milioni di euro rispetto ai 70 milioni del 2014. C’è comunque il rischio di allungamento dei tempi dato che l’Inps al momento ha un direttore per il quale è scaduto il mandato (ma ci si aspetta il rinnovo di un anno), un presidente designato che attende il parere delle commissioni parlamentari per entrare in carica e un commissario in scadenza. La firma è attesa a breve, ma non è affatto scontata. E la mazzata per le famiglie resta.
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