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giovedì 30 marzo 2017

L'orrore: "Andiamo, questo è morto" Poi lo sfregio sul corpo di Emanuele 

L'ORRORE SENZA PRECEDENTI Emanuele ammazzato, l'amico: Palmisani ha detto "Andiamo, è morto" e la sua fidanzata ha sputato


di Daniele Dell'Orco



È scosso Gianmarco Ceccani, si isola, prova a sfogarsi assieme agli amici più stretti che, nel bar di sua mamma, il bar Angels, si ritrovano da sempre per trascorrere insieme i momenti più intimi e spensierati. Eppure, lui che in tutti i modi ha provato a difendere Emanuele Morganti dalla furia degli assalitori, non si dà pace. «Era a due metri da me, sarebbe potuta finire in modo diverso, sarebbe potuto essere qui a bere insieme a noi», sussurra. Proprio dal bar che sta di fronte alla Grancia di Tecchiena, il "Castello" com'è conosciuto nella frazione alatrense, venerdì scorso sono partiti per la serata Riccardo Milani, Marco Morganti, lo stesso Gianmarco e diversi altri amici di Emanuele, ma in due macchine separate, perché il gruppo di ragazzi non aveva posto per Emanuele e Ketty: il ventenne allora aveva preso la macchina del papà dando appuntamento agli altri al centro di Alatri.

Da sabato, e per tutta la giornata di ieri, il bar è un via vai di conoscenti, vicini di casa e giornalisti. Riccardo, con tutto il coraggio e la sensibilità possibile, racconta a Libero la sua versione dei fatti. Lui è l'unico del gruppetto di amici che era presente all'interno del Mirò assieme a Emanuele e alla sua fidanzata. «Il battibecco è cominciato al bancone per qualche spallata di troppo - dice -. Poi i buttafuori hanno preso Emanuele e l'hanno portato all'esterno del locale già con violenza». Una volta fuori, secondo Riccardo, c'era così tanta gente che lui e Marco riuscivano a muoversi a fatica tra le persone per andare ad aiutare Emanuele, mentre in pochi minuti si consumava la carneficina.

Oltre allo shock, il giovane è pieno di rabbia, e si concentra su alcuni dettagli davvero agghiaccianti. «Mentre Emanuele era a terra inerme e perdeva conoscenza ho provato ad estrargli la lingua dalla gola per evitare che soffocasse - rivela -. Prima da solo, poi con un infermiere del 118. Paolo Palmisani nel frattempo sogghignava, è andato dalla sua ragazza e le ha detto "Andiamo, dammi le chiavi che tanto questo è morto", e lei, sputando a terra, ha aggiunto "Così impara a mettersi contro la mia famiglia"». Prende fiato un secondo, e poi ricomincia: «Appena arrivati sul posto i tre carabinieri hanno preso in custodia Gianmarco perché aveva dei graffi sul viso e hanno pensato fosse responsabile. Uno di loro, riferendosi a Emanuele, mi ha detto: "Il tuo amico è inciampato e ha battuto la testa addosso alla macchina". In tutto questo, approfittando dell'equivoco, Paolo e Mario continuavano ad aggirarsi attorno a piazza Regina Margherita prendendosi quasi gioco dei protagonisti.

Man mano che altri testimoni oculari danno manforte a Riccardo, un altro ragazzo, Luca Castagnacci (in alcun modo parente dei carnefici), si sfoga: «Perché si parla ancora di omertà? Quasi tutti quelli che stavano fuori dal Mirò e tutti quelli che conoscevano Emanuele hanno da subito fatto nomi e cognomi alle forze dell' ordine. Non c'è bisogno di testimonianze, le hanno avute da subito».
Nel piazzale del bar la tensione si taglia a fette. Sono tutti increduli e impotenti. Nel tardo pomeriggio si crea un parapiglia dettato dalla frustrazione tra alcuni conoscenti di Emanuele. Non sarebbe corretto definirla una rissa, piuttosto una diversità di vedute parecchio animata. A Tecchiena le persone sono pure e semplici, vecchia maniera: discutono tra di loro, volano parole grosse e qualche strattone, ma hanno tutti in comune la voglia di ricordare la memoria di Emanuele. E i più anziani presenti, lasciano persino che i giovani si sfoghino nei modi che gli vengono più automatici: anche rompendo qualche specchietto di un'auto.

Ad Alatri una vicenda del genere non si era mai consumata, e le reazioni sono delle più disparate. Anche per questo il clima si fa sempre più teso. Le famiglie degli indagati e dei due arrestati hanno dovuto lasciare la cittadina per timore di ritorsioni. Gli avvocati locali si rifiutano di prendere le difese dei protagonisti per rispetto alla memoria di Emanuele. Persino sul luogo di svolgimento della fiaccolata, nella serata di ieri, il paese si è diviso: un corteo si è svolto nel centro storico di Alatri, mentre la fiaccolata e la veglia di amici e parenti si è tenuta Tecchiena, proprio intorno alla Grancia, tra le strade dove il giovane ventenne è nato e cresciuto. Di lacrime da versare, nella frazione Ciociara, nessuno ne ha più.

Rapporti sessuali con l'alunna 15enne: la prof condannata a 2 anni a Grosseto

Grosseto, rapporti sessuali con l'alunna 15enne: prof. condannata a due anni



Rapporti sessuali con una studentessa di 15 anni: condannata a due anni una professoressa 36enne di Grosseto. La richiesta di condanna è stata di 6 anni, ma il giudice ha mitigato la volontà della procura. L'avvocato difensore Dario Carmine Procentese, ha descritto il rapporto tra le due come un rapporto di amicizia molto saldo, con grandi manifestazioni d'affetto che sarebbe stato frainteso: la difesa ha anche riportato relazioni delle assistenti sociali che evidenziano due episodi di autolesionismo dell'allieva. I genitori della ragazzina si erano rivolti un anno fa alla preside chiedendo aiuto nel tentativo di mettere un punto alla relazione con la professoressa. A quel punto la direttrice ha avvertito i carabinieri, che tramite fotografie e indagini sono riusciti a scoprire la relazione incriminata.

Benzina, birra, sigarette, ecco il siluro Da questa data vi svuotano le tasche

Tasse, la manovrina del governo: fa cassa con alcolici, carburanti e gioco



Al governo servono subito 3,4 miliardi di euro, imposti dalla Commissione europea per riportare il deficit a livelli più accettabili, dopo la fase bulimica del governo Renzi. E naturalmente quei soldi il governo non potrà che andarli a prendere direttamente dalle tasche degli italiani. Per edulcorare la pillola, il decreto che sta per varare il Consiglio dei ministri, non oltre il 15 aprile, viene chiamato manovrina, di piccolo però c'è ben poco a guardare l'insieme di imposte indirette che stanno per piombare sulla testa di tutti i consumatori.

Uno degli obiettivi del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è aumentare le già vessate sigarette. Rincarando i pacchetti delle bionde, il governo conta di ricavare almeno 500 milioni di euro, confermando così il trend che vede un aumento di accise all'anno da quando è iniziata la crisi. La controindicazione è il calo degli acquisti da parte dei fumatori, che potrebbero darsi una regolata e ridurre i consumi.


Un orto più rigoglioso



I consigli per una coltivazione domestica 
Come riporta il Tempo, arriverà di certo l'estensione dello split payment dell'Iva, quel meccanismo che obbliga la pubblica amministrazione a trattenere e versare direttamente all'erario l'Iva sulle fatture emesse dai fornitori. I tecnici sarebbero a lavoro per scogliere il nodo dei tempi di rimborso alle imprese, con le Pmi già sul piede di guerra.

Potrebbero aumentare anche le accise sugli alcolici, con buona pace di tutto l'indotto tra ristoranti, pizzerie e locali notturni. Tra gli addetti ai lavori sono ancora visibili le cicatrici dell'ultimo aumento, nel 2015 che ha fatto crollare di 29 milioni il gettito fiscale e del 13% il consumo totale di birra e vino.

Quando il governo vuol far cassa, non possono mancare gli aumenti alle accise sulla benzina e i vari carburanti. Al momento sarebbe l'ipotesi meno probabile, ma la minaccia incombe essendo una delle mosse più facili e dall'effetto assicurato. Le mani del Fisco si allungheranno quasi per certo sul mondo del gioco di Stato. La prima mossa potrebbe essere l'aumento dal 6% al 10% sulle vincite superiori ai 500 euro, la seconda toccherà le slot machine.

Rivolta anti-Islam alle porte d'Italia:  così l'Austria "vieta" burqa e Corano

Rivolta anti-islam alle porte dell'Italia L'Austria contro la minaccia islamista: vieta il burqa e la circolazione del Corano in pubblico


di Caterina Maniaci




A Vienna fanno sul serio. La coalizione arrivata al governo, che è riuscita a sconfiggere l'ultradestra, deve però mantenere quel che ha promesso: una stretta sull' immigrazione e una stretta anche sulle eventuali "derive" fondamentaliste che possono attecchire nel Paese. Ecco allora che il governo austriaco si avvia a vietare il velo integrale nei luoghi pubblici. Il provvedimento fa parte di un pacchetto, già presentato, di emendamenti alla legge sull' immigrazione che è stato approvato dal Consiglio dei ministri. Oltre al bando del burqa e di ogni altro velo che copra il volto delle donne, il pacchetto comprende anche il divieto per i gruppi salafiti di distribuire in pubblico copie del Corano, come deterrente alla diffusione di ideologie estremiste. Inoltre i richiedenti asilo dovranno partecipare a corsi di tedesco e cultura austriaca, pena la riduzione dell'assistenza sociale. «Solo così queste persone potranno ottenere il rispetto della maggioranza della popolazione», ha voluto sottolineare il ministro degli Esteri e dell' Integrazione, Sebastian Kurz.
Messaggio chiaro. Oltre al burqa, dunque, finiscono nel mirino i distributori in pubblico del Corano con propositi di evidente propaganda islamica radicale. Il problema è concreto e non è circoscritto solo all' Austria. Solo per ricordare, nel novembre scorso il ministro dell' Interno tedesco, Thomas de Maiziere, ha confermato il bando dell' associazione salafita "La Vera Religione". In una conferenza stampa sulla mega operazione di polizia ha dichiarato che l'organizzazione ha reclutato circa 140 giovani jihadisti andati a combattere in Siria e Iraq. Il bando di novembre è stata «la seconda grande interdizione» di questo tipo dal 2001 ed è stato «un segnale» agli ambienti islamici radicali, ha voluto sottolineare de Maiziere. Infatti, con la copertura di una «innocua distribuzione di traduzioni del Corano» in campagne denominate "Leggi" e condotte in zone pedonali, «vengono diffuse ideologie contrarie alla Costituzione e i giovani vengono radicalizzati con teorie complottiste», aveva spiegato allora il ministro, aggiungendo che «finora, dopo aver partecipato ad azioni di "Leggi", circa 140 giovani sono andati in Siria e Iraq per unirsi ai combattimenti di gruppi terroristi».

Il divieto di questa associazione non è stata la prima di iniziative di questo genere, ma è stata comunque la più grande procedura di divieto del ministero federale dell' Interno, ha spiegato lo stesso de Maiziere e l'intento era quello di lanciare «un chiaro messaggio» agli «ambienti islamici»: «Procediamo in maniera decisa ed estesa contro tutti gli sforzi diretti contro la nostra libertà e i nostri valori», aveva infatti avvertito il ministro.

L'iniziativa di Vienna, quindi, si inserisce in un quadro comune nordeuropeo, ma al tempo stesso appare come un «rafforzamento» del messaggio non solo ad alcuni ambienti islamici. Inviato proprio a Bruxelles. Così come lo è l'annuncio, proprio all' indomani dei festeggiamenti a Roma per i Trattati dell' Unione, di voler chiedere una deroga dal piano europeo sui ricollocamenti di migranti.

Ancora la questione immigrati, dunque, in primo piano, una questione più che sensibile. E come da programma la risposta da Bruxelles non si è fatta attendere. «L'Austria deve rispettare gli impegni, nessun Paese si può ritirare in modo unilatelare da una decisione che è vincolante, può scegliere di agire al di fuori della legge, cosa che troveremmo deplorevole, ma sarebbe un comportamento che non resterebbe senza conseguenze», ha dichiarato la portavoce della Commissione europea, Natascha Bertaud.

Ma da Vienna si insiste sul punto. «Crediamo che un' eccezione sia necessaria per l'Austria, per aver già adempiuto al suo dovere. Ne discuteremo con la Commissione europea» e «invieremo al più presto una lettera, poi inizieremo le discussioni», ha rilanciato il cancelliere austriaco, Christian Kern, facendo riferimento al fatto che Vienna vuole questa deroga dal piano europeo sul ricollocamento proprio perché ritiene di aver già fatto la sua parte. Meno di 14.500 richiedenti asilo sono stati ricollocati dalla Grecia e dall' Italia, Paesi europei sul podio, per così dire, visto che qui arriva la maggior parte dei migranti dal Medioriente e dall' Africa, secondo il piano biennale che prevede il ricollocamento di 160mila rifugiati entro settembre di quest' anno. L'Austria ha accolto circa 90mila richiedenti asilo nel 2015, pari a più dell' 1 per cento della sua popolazione.

Ecco le sette conseguenze della Brexit Cosa succederà adesso ai nostri soldi

Regno Unito, la Brexit è cominciata: tutte le conseguenze che si verificheranno



La procedura per la Brexit è cominciata e il suo termine è previsto per il 29 marzo 2019: l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrà conseguenze irreversibili e ad oggi se ne possono contare almeno sette.

1 - Cosa succederà ai cittadini europei che vivono nel Regno Unito

I 3 milioni di cittadini Ue che risiedono nel Regno Unito dovranno ottenere la residenza permanente, “residence permit”, e a tal proposito, sono già cominciate le trafile burocratiche con moduli di 85 pagine da compilare. Londra non vuole punire chi è già nel Regno Unito e assicura che le persone non perderanno i diritti acquisiti, ma chiede che lo stesso trattamento venga riservato ai propri cittadini residenti negli altri Paesi Europei.

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2 - Cosa succederà ai turisti italiani che vogliono viaggiare nel Regno Unito

I turisti italiani non potranno più viaggiare nel Regno Unito con la carta d’identità, ma dovranno premunirsi di passaporto, così come non sarà più valida la copertura garantita dalla Tessera sanitaria europea, ma sarà obbligatorio stipulare un’assicurazione. Sono previsti anche un aumento del prezzo del biglietto aereo e delle tariffe della telefonia. Si è ipotizzata la possibilità di far pagare una tassa d’ingresso e anche di creare un sistema di registrazione preventivo sul modello dell’Esta, necessario per viaggiare negli Stati Uniti. La sola nota positiva è che la sterlina, dopo il referendum, ha cominciato a svalutarsi e secondo gli analisti, è un fenomeno che potrà solo accentuarsi.

3 - Cosa succederà a chi vorrà andare a vivere nel Regno Unito

Per le persone che vogliono andare a vivere a Londra, non sarà così semplice: dovranno dimostrare di avere un lavoro, ma non uno qualsiasi. Si sta valutando di imporre delle quote all’immigrazione e di decidere in quali settori ci sia la necessità di assumere dall’estero e in quali no.

4 - Cosa succederà a chi vorrà andare a studiare nel Regno Unito

Per gli studenti che vogliono vivere un'esperienza di studio nel Regno Unito, i costi non saranno più come quelli attuali. Infatti, sono a rischio i benefici garantiti dalla comune appartenenza all’Ue, tra cui l’esenzione del pagamento delle tasse e l’accesso ai finanziamenti bancari per pagarle. Gli studenti europei fino adesso pagavano la stessa rata dei britannici (circa 11 mila euro l’anno), ma in futuro potrebbero pagare le tasse che oggi sono destinate agli studenti extraeuropei.

5 - Come sarà la circolazione delle merci tra il Regno Unito e gli altri Paesi Ue

Il Regno Unito, pur di riguadagnare il controllo sull’immigrazione, è disposto a porre fine alla libera circolazione delle merci. Se questo si verificherà o meno, dipenderà esclusivamente dall’esito delle trattative con Bruxelles. Nella migliore delle ipotesi, in cambio di una contribuzione al bilancio di Bruxelles, potrà mantenere l’accesso ad alcuni settori del mercato comune, come il settore automobilistico. Nella peggiore delle ipotesi, invece, bisognerà tornare alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, che prevede l’imposizione di dazi: questa scelta provocherebbe una grande crisi alle filiere produttive altamente internazionalizzate.

6 - Dove finiranno tutti quelli che si allontaneranno dalla City 

Il mondo dei lavoratori che ruota attorno alla City di Londra potrebbe subire le conseguenze più gravi. Londra, con la Brexit, perderà i "diritti di passaporto", cioè non esisterà più nessuna equivalenza tra i servizi finanziari britannici e quelli europei e quindi, non potrà più avere il ruolo di trampolino verso il resto dell’Europa. C’è un risvolto positivo però: Londra non sarà più la principale piazza finanziaria europea e Milano può sperare di prendere il suo posto.

7 - Quale sarà la scelta rispetto al bilancio comunitario   

Per compensare la mancata entrata del Regno Unito al bilancio comunitario, che attualmente ammonta a 20 miliardi e 522 milioni di euro su un totale di oltre 152 miliardi, ci sono due possibili soluzioni: diminuire il bilancio e quindi i fondi Ue per i Paesi membri o aumentare proporzionalmente i contributi per i Paesi rimasti. L’Italia, in entrambi i casi, si troverebbe svantaggiata essendo il terzo più grande Paese dell’Ue.

L'uomo che lo conosce meglio di tutti: "Putin? C'è un complotto contro di lui"

L'uomo he lo conosce meglio di tutti Sangiuliano: "Su Putin resoconti superficiali. Lui sa che per governare la Russia serve mano ferma"



"La Russia va inquadrata nel suo specifico contesto storico. Putin si inserisce all'interno di esso: sa che per governare occorre mano ferma". Così Gennaro Sangiuliano commenta per Il Tempo la Russia di Vladimir Putin e le scelte politiche del primo ministro russo. Vicedirettore del Tg1 e docente universitario, Sangiuliano è uno dei maggiori esperti in Italia sulla storia e la cultura della Russia, uno dei principali critici all'immagine di dittatore che viene dipinta di Putin. "Sul leader russo la narrazione giornalistica ha spesso fatto ricorso a stereotipi, valutazioni superficiali, prive di riscontri sul piano storiografico".

Sotto l'occhio del ciclone c'è l'arresto del blogger  Alexsey Navalny, condannato da Putin a quindici giorni di detenzione per manifestazione non autorizzata. "La Russia non ha gli standard della democrazia occidentale. Nel 1860 vigeva la servitù della gleba, e poi ha conosciuto il passaggio dallo zarismo autoritario al bolscevismo. Se Navalny fosse stato ai tempi di Stalin lo avrebbero giustiziato in uno scantinato con una pallottola in testa. Ai tempi di Breznev lo avrebbero spedito in un gulag siberiano dove sarebbe di sicuro morto di stenti. Ora si farà solo quindici giorni di carcere e twitta dal tribunale. Mi pare che siamo di fronte a un progresso in senso democratico".


mercoledì 29 marzo 2017

Valeria Fedeli, ministra da cacciare Scuole a pezzi? Come spende i soldi

Fedeli, una ministra da cacciare: scuole a pezzi, lei fa assumere 25mila prof


di Fausto Carioti



Prima di dire che i sindacati sono morti e non contano più nulla, è meglio fare un supplemento di riflessione sul caso di Valeria Fedeli. Sessantasette anni, quasi tutti dedicati alla Cgil, paracadutata in Parlamento da Pier Luigi Bersani e quindi al governo grazie a un provvidenziale salto della quaglia che l'ha portata alla corte di Matteo Renzi, la ministra dell'Istruzione senza laurea continua a fare quello che ha sempre fatto: la sindacalista. Per una vita ha chiesto più assunzioni e più soldi in busta paga agli imprenditori tessili, oggi fa la stessa cosa con il datore di lavoro degli insegnanti. Ovvero con Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, dal quale in queste ore pretende l'assunzione di 25mila docenti. E siccome la campagna elettorale è già iniziata, i voti degli insegnanti e l'appoggio dei sindacati servono alla causa dei democratici e i soldi ce li mette il solito contribuente, non ci sono dubbi che Valeria la rossa la spunterà.

«Non c'è alcuna polemica, ma è vero che ho chiesto al ministro Padoan, anche per iscritto, questa cosa importante» ha detto ieri la ministra, confermando le indiscrezioni uscite sul Corriere della sera. Quello che non ha detto è che la sua iniziativa rottama definitivamente la «Buona Scuola» di Renzi.

L'idea dell'ex premier di spostare gli insegnanti dal Sud, dove sono in eccesso, verso le regioni del Nord, dove scarseggiano, non ha funzionato. Gli espedienti adottati da tanti docenti sono stati più forti del vincolo di permanenza triennale previsto dalla legge e al resto ha provveduto la stessa Fedeli, a gennaio, introducendo la deroga che cancella l' obbligo di restare tre anni nella stessa sede. Una concessione, anche questa, alle richieste dei suoi ex colleghi appartenenti alla Cgil e alle altre sigle sindacali.

Morta e sepolta l'idea di spostare gli insegnanti là dove servono, si torna al vecchio sistema di aumentare le assunzioni: le 25mila che la Fedeli chiede per il prossimo anno, in aggiunta alle 55mila già previste dalla legge di bilancio, comporteranno un esborso non previsto di 400milioni. Padoan, già costretto a inventarsi numeri da circo per impedire che scattino le clausole di salvaguardia che stabiliscono l'aumento dell' Iva dal primo gennaio del 2018, dovrà trovare la copertura anche per questa operazione. Al momento tace e non risponde alle lettere della Fedeli, per nulla contento che la collega ne abbia divulgato il contenuto ai giornali.

Ma presto si vota, Padoan di fatto è già stato commissariato dal Pd ed è chiaro che quei soldi salteranno fuori.

Il primo posto in cui li si andrà a cercare sono gli stanziamenti già previsti per la scuola, aggravando così il grande male dell'istruzione italiana. Che non è la bassa quota di spesa pubblica a essa destinata, in parte spiegata dal fatto che il nostro è il Paese con meno giovani d'Europa. Il problema è che quei soldi sono spesi in modo sbagliato: grandissima parte se ne va negli stipendi degli insegnanti e del personale non docente e solo una frazione minima è usata per gli investimenti.

La spesa pubblica per ogni alunno delle scuole elementari, ad esempio, è più alta in Italia (8.392 euro) che in Francia (7.201) e in Germania (8.103). E non è vero che abbiamo pochi insegnanti: nelle nostre scuole medie ce n'è uno ogni 12 alunni, negli equivalenti istituti francesi uno ogni 15 e in quelli tedeschi uno ogni 13.

Falso anche che le nostre classi siano più affollate di quelle degli altri Paesi: le medie italiane hanno 20 alunni per classe, quelle francesi 26 e le tedesche 24. Ma proprio l' alto numero di insegnanti, che adesso la Fedeli vuole incrementare, riduce le risorse disponibili per la tecnologia: in Italia ci sono 9 computer ogni cento studenti, contro una media europea di 24, e una lavagna interattiva ogni 250 studenti, di fronte a una media continentale di 167; in Europa il 96% degli studenti ha a disposizione un collegamento internet a scuola, in Italia solo l' 82%.

Anche tra gli stessi insegnanti i soldi sono spesi male. La gran parte dei contratti integrativi - il 55% - serve infatti per garantire la retribuzione extra a quelli che tra loro svolgono l' attività di sindacalista; solo il 4% premia invece chi lavora nelle scuole «ad alto rischio educativo», cioè i docenti impiegati nelle aree più povere e dove più alto è l'abbandono scolastico. Ulteriore conferma che la priorità del sistema è soddisfare le richieste dei sindacati, non diffondere l' istruzione dove ce ne è più bisogno. E almeno da questo punto di vista si può dire che la Fedeli è la donna giusta al posto giusto.