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domenica 22 giugno 2014

Disfida comunista, tutti contro Vendola: infierisce pure la direttrice del manifesto "Nichi, vai a casa. Magari ci fosse uno..."

Norma Rangeri: "Nichi Vendola deve fare un passo indietro. Magari ci fosse Tsipras"



Nella disfida comunista entra a gamba tesa Norma Rangeri, la direttrice de il manifesto, che in verità, sulla possibile auto-disintegrazione di Sel, si era dimostrata piuttosto profetica. Affermò infatti che il balletto europeo di Barbara Spinelli ("Rinuncio al seggio e mando in Europa un giovane", "Anzi no") avrebbe "prodotto un forte contraccolpo sul partito e si rischia l'effetto domino". Che sia colpa della Spinelli o che sia "merito" di Matteo Renzi, di sicuro c'è che questo contraccolpo con tanto di effetto domino si è fatto sentire, eccome. Sinistra e Libertà si è liquefatta, ed un gruppo capeggiato da Fava e Migliore abbandona il partito, direzione Pd.

"Contropartite?" - Secondo la Rangeri, intervistata dal Corriere della Sera, "chiaramente quel 40 e passa per cento di Renzi (alle Europee, ndr) ha un'enorme forza di attrazione. E' un richiamo di sirena, non soltanto per Scelta civica, ma anche per la sinistra. E soprattutto per il partito di Sel, che si è sempre posto come sinistra di governo". La direttrice de il manifesto sospetta che i vari Migliore e Fava possano anche aver agito in base a qualche promessa, a qualche garanzia. "Immagino che ci sarà una contropartita - spiega -. L'anno prossimo ci saranno Regionali, Amministrative e sembra di capire che la rappresentanza ministeriale del Ncd potrebbe essere ridotta. E se si è sulla scia del vincitore...".

Passi indietro - Poi però - dopo una battuta sulla lista Tsipras, il cui risultato "non è poco", e una sul Pd di Renzi che "mi ricorda un po' l'idea di Veltroni" - la Rangeri punta il mirino su Nichi Vendola. "Ha fondato Sel, ha sempre avuto un ruolo importantissimo. Però, indubbiamente, la sua immagine è usurata. La sinistra deve guardare alle nuove generazioni, penso che Vendola ne sia consapevole". La direttrice comunista, dunque, chiede al comunista Nichi di farsi da parte. E gli ricorda: "Il vero Tsipras, cioè Alexis, ha vinto in Grecia perché sono anni che il suo partito si muove nei quartieri, tra la gente. In Italia non lo fa più nessuno. Ecco, la sinistra deve abbandonare le operazioni a tavolino e tornare lì dove c'è bisogno di noi, fare attività sociale vera, essere riconosciuti".

Canone anche per chi ha solo un pc Ecco quanto chiede la Rai

Rai, cartelle per il canone a chi ha un pc



Hai un pc? Allora devi pagare il canone. E' questa l'ultima mossa della Rai per fare cassa. L'importo richiesto è di 407,35 euro. La Rai infatti sta spedendo le lettere per chiedere quella cifra, il cosiddetto "canone speciale", a proprietari di bar, ristoranti, alberghi, negozi, insomma chi ha un locale pubblico e - presume la Rai - anche un televisore al suo interno. Ma le cartelle sono arrivate anche a chi ha solo un pc come racconta a il Giornale Alessandro Cuti, collaboratore di un'agenzia assicurativa: "Non ho un locale pubblico e nemmeno un ufficio aperto al pubblico, lavoro presso un'agenzia di assicurazioni come collaboratore - spiega Ciuti -. Casa mia è la sede legale di Alessandro Ciuti come ditta individuale, ma non ricevo a casa mia i clienti, ci vivo! Il mio dubbio è vogliano farmi pagare il canone speciale per il fatto che ho un computer portatile. Ma non spiegano perché, mi dicono solo che devo pagarlo!". 

Le cartelle - Anche Massimo Mazzucchelli, titolare di un'azienda che si occupa di packaging in provincia di Varese ha ricevuto il bollettino e nemmeno a lui non è chiaro per quale motivo la Rai gli chieda 203 euro di canone speciale: "In azienda ho solo dei pc, telecamere per la sicurezza ma non ho assolutamente nessuno strumento per ricevere la tv. Ho sentito altri amici, con piccole imprese, uno con una tipografia, hanno ricevuto anche loro i bollettini". Insomma il servizio pubblico vuole fare cassa su chi guarda la Rai online. Da viale Mazzini, dopo la rivolta degli utenti spiegano: "Il presupposto impositivo sorge a fronte della detenzione fuori dell'ambito familiare di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di programmi televisivi. Non sono in questione dunque soltanto gli esercizi pubblici o le strutture ricettive, ma tutti i casi in cui la detenzione dell'apparecchio si realizza fuori dell'ambito familiare in senso stretto".


Sparata del prefetto: "Figlio si droga e la madre non s'accorge? Si suicidi" Furia Renzi: lo fa cacciare da Alfano

Il prefetto: "Madre non sa che il figlio si droga? Si suicidi". Alfano: "Lo rimuovo"



Parole forti, durissime e discutibili, quelle pronunciate dal prefetto di Perugia, Antonio Reppucci. In una conferenza stampa in cui si parla di tossicodipendenze punta il dito contro le mamme: "Se una madre non si accorge che il figlio si droga ha fallito, si deve solo suicidare". Proprio così. Alla poco pacata riflessione aggiunge: "Se io avessi un figlio e lo vedessi per strada con la bottiglia in mano lo prenderei a schiaffi". Quindi la difesa delle forze dell'ordine: "Non possono fare da badanti e tutori alle famiglie".

Furia Renzi - In serata è arrivata la dura reazione del premier, Matteo Renzi, alle parole del prefetto. Prima si vociferava di un premier "furente". E dopo le indiscrezioni la conferma dalle sue parole: "Le frasi del Prefetto di Perugia sono inaccettabili, specie per un servitore dello Stato. Sono grato al ministro Alfano per l'intervento", ha cinguettato sul premier. Renzi avrebbe fatto subito pressioni sul titolare del Viminale, che è passato subito ai fatti. "Ho sentito le dichiarazioni del prefetto di Perugia. Sono gravi e inaccettabili. Non può restare lì né altrove. Assumerò immediati provvedimenti", ha spiegato Alfano, annunciando la rimozione del prefetto. La sparata, dunque, gli è costata la poltrona.

Mezza smentita - Le frasi del prefetto hanno scatenato anche la durissima reazione del procuratore distrettuale Antimafia di Perugia, Antonella Duchini: "Mi dissocio da Reppucci. Le famiglie non devono sentirsi isolate, ma supportate e coinvolte". Dunque la parziale retromarcia del prefetto, arrivata prima della sue rimozione de facto: "La mia è stata una provocazione. Volevo dire che la famiglia deve fare di più". Nel frattempo anche il coordinatore nazionale di Sel, Nicola Fratoianni, aveva chiesto a Renzi ed Alfano "l'immediata rimozione del prefetto", che ha ulteriormente cercato di rettificare: "E' stato un gigantesco fraintendimento del senso che volevo dare alle parole. Nessuno vule il suidicio di nessuno. Volevo solo scuotere, era un invito a fare sistema".

sabato 21 giugno 2014

MATTEO RENZI, LO SCENDILETTO DI ANGELA MERKEL Tradisce i suoi: molla il kapò Schulz e dice "sì" a Juncker Il premier come Monti: un soldato al servizio di Berlino

Pse, Renzi incontra Hollande: "Sì a Juncker presidente della Commissione Ue"



Zerbino di Angela Merkel. Matteo Renzi indossa i panni di Mario Monti ed esegue (ancora una volta) gli ordini della Merkel. Dopo la vittoria del Pd alle ultime europee, si è acceso lo scontro in Europa per decidere a chi affidare lo scranno della presidenza della Commissione europea. Il blocco dei popolari europei vuole Juncker, ma i socialisti spingono per Schulz. Matteo Renzi, pur essendo col suo Pd la forza più pesante nel partito socialista europeo, sembra che abbia tutta la voglia di assecondare la richiesta della Merkel che vuole Juncker alla presidenza della Commissione. 

Missione in Francia - Il premier è andato in Francia per incontrare Francoise Hollande e ha di fatto convinto l'inquilino dell'Eliseo ad accettare la candidatura di Juncker. Lo stesso Hollande infatti al termine del vertice con gli altri leader europei del Pse ha affermato: "Italia e Francia sono unite e hanno "gli stessi obiettivi": puntare sulla "crescita" e gli "investimenti" e "utilizzare tutta la flessibilità del patto di stabilità del vertice, aggiungendo che i socialisti europei riuniti a Parigi "rispettano l'indicazione di Juncker" alla presidenza della Commissione Ue in quanto candidato del Ppe, primo partito dell'Europarlamento, ma puntano ad avere persone alla guida dell'Europa anche "di ispirazione socialdemocratica". 

La mossa - Insomma Renzi ha portato a termine la sua missione. Hollande ha detto sì per Juncker e da bravo scolaro, il premier, può tornare da Frau Merkel con la bisaccia piena. Alla riunione hanno partecipato, oltre al padrone di casa, il presidente francese Francois Hollande anche i capi di governo austriaco, belga, danese, maltese, rumeno, slovacco, ceco, e lo stesso Schulz, tornato a essere capogruppo socialista dell'assemblea di Strasburgo. Renzi dunque ha fermato la corsa del socialista verso la Commisione. I giochi, quelli veri, li dirige la Merkel (con l'aiuto di Matteo...). 

venerdì 20 giugno 2014

"Il puzzle è quasi completo, ma..." Caso Yara, parlano gli inquirenti: "Abbiamo scavato fino al 1815". La madre di Bossetti: "Innocente Vi spiego perché è mio figlio"

"Il puzzle è quasi completo, ma..." Caso Yara, parlano gli inquirenti: "Abbiamo scavato fino al 1815". La madre di Bossetti: "Innocente Vi spiego perché è mio figlio"


Yara, gli inquirenti: "Il puzzle è quasi completo"


Occhi puntati sulla procura di Bergamo, dove gli inquirenti fanno il punto sul caso di Yara Gambirasio e sul fermo di Giuseppe Massimo Bossetti, il presunto assassino che però insiste sulla sua innocenza. Il caso è spinoso, più complesso di quello che poteva apparire dopo la cattura di Bossetti, ma Letizia Ruggeri, la pm titolare delle indagini sul caso della ragazza di Brembate Sopra uccisa nel febbraio 2010, spiega che "il puzzle è quasi completato", anche "se l'inchiesta è stata faticosissima, lunga. La vicenda - aggiunge - è stata contraddittoria e sorprendente. L'inchiesta è stata condotta da tutte le forze di polizia, coinvolte fin dall'inizio". Quindi il procuratore di Bergamo, Francesco Dettori, ha spiegato che sono stati raggiunti "risultati insperati e insperabili perché si era partiti totalmente dal nulla".

La ricostruzione - Sul fermo di Bossetti, la Ruggeri spiega che è stato chiesto poiché "avrebbe potuto fuggire". Il fermo, però, non è stato convalidato, "ma soltanto per ragioni formali". Quindi i dettagli sulle indagini. La Ruggeri ribadisce che il padre di Bossetti, Damiano Guerinoni, "aveva il tratto y che coincideva col dna trovato sulle mutandine della bambina. Scorrendo l'albero genealogico della famiglia non riuscivamo a trovare a chi appartenesse. Abbiamo ripercorso l'albero genealogico fino al 1815. Mario Parente, comandante del Ros, racconta poi il "senso di frustrazione quando si è capito che si trattava di un figlio illegittimo". Il percorso per individuare il sospetto è stato "certosino", lungo e tortuoso. Parte dal luogo del ritrovamento del cadavere di Yara, "il centro sportivo di Brembate". Quindi le analisi su "amici e parenti di Yara e i 33mila soci del locale le Sabbie Mobili", vicini al campo di Chignolo d'Isola dove fu trovata la vittima.


Yara Gambirasio, la madre di Bossetti: "La scienza ha sbagliato, non è un killer"


Dopo la sorella, parla anche la madre di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino finito in carcere con l'accusa di avere ucciso Yara Gambirasio. La donna, Ester Arzuffi, 67 anni, parla in un'intervista al Corriere della Sera. "Se mio figlio confessasse? Non ci credo. Dovrei guardarlo in faccia per capire se dice la verità. Ma non può accadere, perché non è vero". Difende il figlio da ogni accusa, la signora Ester, insiste, non cede un millimetro. E il caso, non certo per le sue dichiarazioni, in parallelo si complica.

Il passato - La Arzuffi ricorda quando le hanno dato la notizia del fermo del figlio. "Ero in clinica da mio marito. Non sta bene. Alle 19.15 mi hanno chiamato e hanno detto che io, mia figlia e suo marito dovevamo correre in questura. (...) Uno shock. Siamo rimasti in questura fino alle 5 del mattino". Ad incastrare Bossetti c'è la prova del Dna. "Lo so, lo so. Che cosa vuole che le dica, che menta? A meno che il mio cervello non abbia resettato tutto, questa è la verità", ossia suo figlio non è colpevole. Le domande poi si spostano su Guerinoni, il padre biologico di Bossetti, che dunque dovrebbe aver avuto una relazione clandestina con la donna. "Sì - spiega la Arzuffi -, vivevo a Ponte Selva come lui. Non lo nascondo. Ma era solo una conoscenza". Mio marito aveva chiesto a lui e a Vincenzo Bigoni di portarmi al lavoro, in auto, alla Festi Rasini, perché già andavo in zona. Poi la sera tornavo in autobus. Ma tra conoscere una persona e avere intmità con lei ce ne passa".

"Non sono figli suoi" - Qualcuno sussurra che la Arzuffi e suo marito si siano trasferiti a Brembate Sopra per fuggire a qualche scandalo. Lei nega, secca. "Mio marito voleva cambiare lavoro, quindi ci siamo messi in macchina e siamo andati alla ricerca di un altro posto. L'abbiamo trovato alla Flico di Brembate Sopra. Nel giro di una settimana abbiamo cambiato casa". L'intervistatore chiede se era incinta di due gemelli. La donna risponde: "Ma no. Ci siamo trasferiti nel 1969, sarà stato marzo o aprile, e loro sono nati a ottobre del 1970, per altro con un mese di anticipo. Mi dice come possono essere figli di Guerinoni? Vede che le date e altre cose non tornano". Quindi la Arzuffi aggiunge di aver interrotto tutti i rapporti che aveva a Ponte Selva.

I nomi - Ostinatamente, la madre, difende l'onore di suo figlio e ne proclama l'innocenza, a dispetto delle prove scientifiche. "Con il carattere che ho, se lo avessi visto lì fisso a guardare i servizi sulla bambina e avessi dubitato di lui, gli avrei detto: Vai dai carabinieri. Lo avrei trascinato". Infine una battuta sul nome dato al figlio, proprio come quello di Guerinoni, Giuseppe, un'altra circostanza che insospettisce gli inquirenti: "Macché. E' stato mio padre a dirmi: Chiamalo come me. Volevo chiamare la gemella Nadia, invece mi è uscito di getto Laura e Letizia come mia zia".

Berlusconi, rabbia contro la toga in aula Il magistrato lo attacca, lui lo fulmina: "Siete incontrollabili e impuniti"

Processo Lavitola, Berlusconi: "La magistratura in Italia gode dell'immunità"

Il Cav torna in tribunale. Silvio Berlusconi è stato sentito come testimone puro a Napoli durante il processo a Valter Lavitola per la questione degli appalti nella Repubblica di Panama per cui è accusato di estorsione ai danni di Impregilo. Su richiesta del pm, è stata fatta ascoltare la telefonata intercorsa il 2 agosto del 2011 tra Silvio Berlusconi e Massimo Ponzellini, ex amministratore di Impregilo. Rispondendo a una domanda del pm Vincenzo Piscitelli, Berlusconi ha affermato di essere stato contattato da Panama da Lavitola, che si diceva preoccupato per la mancata costruzione dell'ospedale promesso al governo di Panama. Il giornalista, ha detto Berlusconi, "gli aveva chiesto di riferire ai vertici di Impregilo che, se l'impegno non fosse stato mantenuto, il governo panamense avrebbe revocato alle imprese italiane l'appalto per il raddoppio della costruzione del canale". L'ex premier si è detto "orgoglioso" di avere fatto la telefonata. Lavitola, ha detto Berlusconi "era legato molto al presidente Ricardo Martinelli, era considerato un amico di Panama. Non so come sia diventato amico. Aveva una grande capacità di relazione, come ho verificato di persona anche in Brasile. Lui era molto amico di Lula; a un pranzo ufficiale, io ero a sinistra di Lula e accanto a me c'era Lavitola". A suo giudizio, l'ex direttore dell'Avanti, "era il protagonista dell'informazione politica, ottimo giornalista e particolarmente informato su cosa si nascondeva dietro le apparenze della politica. Aveva amicizie con la mia compagine politica, come con Coluzzi, Cicchitto, Frattini e Pomicioli".

Botta e risposta col giudice - Terminata la testimonianza, Silvio ha parlato in Aula anche del ruolo dei giudici: "La magistratura è incontrollabile, irresponsabile e gode di immunità". L'esternazione del Cav arriva dopo una provocazione del giudice Giovanna Ceppaluni che gli aveva rivolto delle domande il Cav aveva chiesto spiegazioni in merito. La risposta del giudice però è stata piccata: "Lei non deve capire il senso delle domande". Il diverbio lo ha chiuso il magistrato affermando che "la magistratura è ancora tutelata dal codice penale".

giovedì 19 giugno 2014

Mancano sette giorni, Floris non firma: addio alla Rai? Lotta a due per prendere Giovanni: ecco chi "duella"

Rai, Giovanni Floris non firma: l'addio sempre più vicino


Tra una settimana la Rai presenterà i palinsesti per la prossima stagione. E a sette giorni dalla deadline non c'è ancora la firma di Giovanni Floris, il conduttore di Ballarò che appare sempre più lontano da Viale Mazzini. Con tutta probabilità il giallo si risolverà entro il 25 giugno. Dopo dodici stagioni su Rai3 Floris sta davvero per andarsene? Possibile, probabile. Mister Ballarò, infatti, sarebbe in cerca di maggiore visibilità, e soprattutto dopo le polemiche con Matteo Renzi e i tagli imposti dal governo a Viale Mazzini sarebbe sempre più tentato dal non siglare un nuovo accordo treinnale con la rete.

Le indiscrezioni - Alla finestra restano sia Mediaset sia La7. Il Biscione, nonostante il continuo rincorrersi di voci, ad oggi non ha mai confermato la trattativa per accaparrarsi il conduttore, mentre il canale di Urbano Cairo (che ha blindato Maurizio Crozza per la prossima stagione) smentisce ogni contatto. Eppure il futuro di Floris potrebbe essere proprio su una delle due emittenti. I contatti proseguono, e non può essere esclusa alcuna ipotesi. Il Fatto Quotidiano aggiunge poi un "tassello" al quadro: Bruno Vespa, mister Porta a Porta. Secondo il quotidiano diretto da Antonio Padellaro la "variabile Vespa" non smette di condizionare le strategie poiché Bruno manterrà il suo "feudo", ossia l'informazione in seconda serata su Rai1. Proprio una finestra che, secondo il Fatto, farebbe molta gola a Floris, che sarebbe dunque sempre più vicino all'addio a Viale Mazzini.