Russia, parla Dugin, il guru di Putin: "Isis strumento degli Usa, stiamo andando verso il disastro"
Intervista a cura di Sebastiano Caputo
Già professore all’Università di Mosca, Alexander Dugin è politologo e filosofo russo tra i più vicini al Cremlino. Lo abbiamo intervistato in occasione della presentazione svoltasi ieri a Milano del libro Rinascita di un Impero. La Russia di Vladimir Putin (Circolo Proudhon Edizioni) organizzata dal quotidiano online L’Intellettuale Dissidente e dall’Associazione Culturale Lombardia-Russia presidiata da Gianluca Savoini.
In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo?
«Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare dei mesi o degli anni cosa succederà. È importante perché io sono il primo uomo che è stato sanzionato dagli americani per le sue idee: per i miei pensieri, per le mie dichiarazioni. Io non faccio parte di nessun gruppo terroristico, sono un intellettuale. Questo è emblematico. La democrazia liberale arriva in un momento di contraddizione: nel nome della libertà di espressione si sanzionano le personalità che esprimono opinioni diverse dal Pensiero unico. L’Occidente condanna i totalitarismi, eccetto il terzo totalitarismo, che è quello liberale che censura nel nome della libertà di pensiero e di espressione. La nostra è una realtà orwelliana, o peggio, viviamo nel “migliore dei mondi” di Huxley: il nostro è un totalitarismo soft».
Dall’altra parte, anche Vladimir Putin ha stilato una lista di personalità non gradite. Tra queste vi è anche un intellettuale, se così possiamo chiamarlo: Bernard-Henry Levy…
«Si tratta di una provocazione. Bernard-Henri Levy è un mio nemico diretto. Ha fatto una lezione intera a Kiev contro il mio libro La quarta teoria politica. Ha criticato le mie idee, è a favore del governo golpista ucraino, appoggia il nazionalismo e il liberalismo russofobo. Le sanzioni non sono solo contro di lui, ma anche contro altri personaggi come il leader dei Verdi francesi Daniel Cohn Bendit. Putin ha quindi ricambiato, si tratta di una risposta alle sanzioni. In più i nomi nella lista non sono intellettuali ma vere e proprie spie...».
Vladimir Putin è stato tagliato fuori dall’ultimo G7, ma in compenso Matteo Renzi lo ha accolto festosamente a Milano quando è venuto a visitare l’Expo. Non c’è una schizofrenia in questo atteggiamento?
«La volontà di escludere la Russia dal G7 è stata puramente simbolica. Pensate che il summit divenne G8 dopo il crollo del muro di Berlino con la presa del potere di Boris Elstin, il quale ha tradito allora la Russia. Il suo invito è legato alla perdita di sovranità del nostro Paese. Quando la Russia con Putin ha riacquistato maggiore sovranità è stata tagliata fuori. Per i russi questa non è di un’umiliazione ma un premio».
E riguardo alle sanzioni economiche europee che opinione si è fatto?
«Credo i Paesi europei abbiano tutte le ragioni per continuare a cooperare con la Russia. Per motivi economici, energetici, finanziari, industriali e commerciali, le sanzioni non giovano ai loro interessi. Le società europee non possono comprendere il perché di queste sanzioni, non ci sono basi economiche. Eppure i vertici di Bruxelles, tutti i capi europei, sono schizofrenici. Da una parte hanno interesse a cooperare con i russi, dall’altro invece non sono liberi per colpa della volontà statunitense per cui c’è una situazione di equilibrismo. Il mondo unipolare diretto da Washington ci porta al disastro e Matteo Renzi è ostaggio di queste relazioni internazionali».
Quali sono le conseguenze per noi italiani, un Paese storicamente legato alla Russia?
«È il Nord dell’Italia che paga soprattutto questa politica delle sanzioni. Di meno, invece, la Russia che ha rapporti commerciali anche con il mercato asiatico. Penso all’export italiano legato all’agricoltura, all’artigianato, ai prodotti industriali».
Parliamo di politica internazionale. Lei sembra convinto che ci sia un collegamento tra gli Stati Uniti e l’Isis.
«È evidente che il fondamentalismo islamico è stato manipolato fin dall’inizio dagli americani. Inizialmente è stato lo strumento per la lotta ai movimenti islamici filo-sovietici, poi è stato il pretesto e il nemico perfetto per le battaglie degli Stati Uniti in Medio Oriente, così dalla guerra in Afghanistan in poi. Credo che l’Isis non sia una realtà omogenea, all’interno ci sono diverse correnti, e una di queste è legata a doppio filo con gli Stati Uniti, ci sono documenti che lo dimostrano tra questi anche quelli di Edward Snowden. La politica estera americana tradizionalmente governa attraverso il caos e l’Isis fomenta questo caos».
Il fondamentalismo islamico è stato affrontato dal governo russo negli anni della guerra in Cecenia. In che modo? Come possiamo noi europei sconfiggere l’Isis?
«La Russia ha utilizzato una strategia delle divisioni tra un Islam tradizionale, euroasiatico, un islam politico, artificiale e antitradizionale, antisufista. Facendo questa divisione noi siamo riusciti a separare due rappresentazioni appoggiando l’islam tradizionale, garantendo molte libertà ai capi tradizionali. Detto ciò, i musulmani tradizionali hanno ricevuto più di quello che immaginassero. Anche il potere, la libertà di introdurre le leggi islamiche nella società, come nella Cecenia; ma il prezzo era quello di lasciare l’islam radicale, politico, atlantista. Questa è la doppia anima dell’islam, esistono correnti tradizionalisti e correnti pro-americane e pro-saudite che sono pericolose».
Nel Caucaso fa presa l’Isis sui musulmani?
«Al Nord del Caucaso ci sono piccoli gruppi legati all’Isis, ma non i numero tale da mettere in pericolo la nostra sicurezza. L’Islam tradizionale riconosciuto in Russia fa la guerra a queste frange».
Recentemente nei Paesi Baltici c’è un dispiegamento delle forze militari della Nato. Sempre al Nord dell’Europa, nei Paesi Scandinavi, la Russia ha ammonito il governo svedese qualora dovesse entrare nella Nato. Cosa sta succedendo da quelle parti?
«Gli americani spingono l’Europa alla guerra con la Russia. Giocano sui rancori e i risentimenti storici tra il nostro Paese e i Paesi dell’Est europeo. La Russia non ha interesse in questo conflitto e vuole evitarlo a tutti i costi».