Grecia umiliata in Europa, monito per l'Italia: perché rischiamo di essere la prossima Atene
La parola fine all'intricato caso-Grecia sembra non arrivare mai. Di sicuro, oggi, con l'intesa raggiunta a Bruxelles, si è arrivati a un importante punto di svolta: ora, la ratifica dell'accordo-capestro, spetta al Parlamento ellenico. Il "sì", se arriverà, sarà sofferto. Il punto è che dopo il referendum e nonostante il referendum voluto da Alexis Tsipras in cui ha vinto il "no" all'Europa, nelle sedi continentali è stato siglato un accordo che, nei fatti, ricalca quasi in toto le richieste dei creditori. Un accordo durissimo, per la Grecia, chiamata ad approvare riforme epocali nell'arco di tre giorni, costretta a (ri)accettare il commissariamento della Troika (che tornerà a muovere le leve del comando ad Atene) e costretta soprattutto a "vendere" beni per 50 miliardi di euro, cifre iperboliche, con le quali, nei fatti, il Paese viene ipotecato. La Grecia, dunque (e forse), resta nell'euro. Ma a che prezzo? A un prezzo elevatissimo. Al prezzo di lacrime e sangue. Al prezzo - con assoluta probabilità - della testa del premier Tsipras, pronto alle dimissioni (indotte?) e pronto ad essere espulso dall'Europa come un corpo estraneo. Come detto, la parola fine all'intera vicenda deve ancora essere scritta, ma alcune considerazioni, partendo proprio da come è stata punita e umiliata la Grecia, si possono fare.
E in Italia? - E queste considerazioni, va da sé, riguardano l'Italia, riguardano il nostro orticello. Si dice da tempo, da anni, che la prossima Grecia potrebbe essere l'Italia, oppure la Spagna. L'una vale l'altra, circa. E se così fosse, da oggi abbiamo ben chiaro a cosa andremmo incontro, roba che il massacro sociale firmato dalla "premiata ditta" Mario Monti ed Elsa Fornero sembrerebbe un po' di solletico sotto ai piedi. Il punto è che non possiamo dormire sonni tranquilli. Abbiamo un premier, Matteo Renzi, che promette mille riforme e ne conduce in porto cinque, per giunta pasticciate (o irricevibili). L'obiettivo deve essere scongiurare la possibilità che in prima linea contro la speculazione ci possa finire il Belpaese. Ma il rischio non e stato ancora scongiurato, affatto. E ora più che mai è il momento di tirare fuori l'Italia dalle secche di una crescita economica che procede col ritmo della lumaca (e sul fatto che da queste secche possa condurci fuori proprio Renzi è più che lecito nutrire dei dubbi).
Draghi e spread - Il fatto che l'Italia abbia davanti a sé un solo anno di protezione sicura - si parla del Quantitative easing della Bce di Mario Draghi - complica ulteriormente il quadro e riduce i tempi per dare la scossa al Paese. Quando Draghi non potrà più sparare col suo bazooka, quando non potrà più comprare titoli di Stato per calmierare lo spread, potrebbero essere guai. Grossi guai. Si pensi soltanto a cosa è successo negli ultimi giorni, con lo spread delle nostre cedole tornato a schizzare verso l'alto non appena l'accordo sulla Grecia sembrava naufragare. Non si tratta di una coincidenza, ma del consueto - e sinistro - messaggio: l'Italia non gode della fiducia dei mercati e, ad oggi, da sola non può farcela (a contenere i rialzi del differenziale è stata, ancora una volta, soltanto la manina di Draghi, senza la quale ci troveremmo già oggi a pagare parecchi miliardi in più sugli interessi dei titoli di Stato).
Borsa e banche - Come poi sottolinea Paolo Panerai su Milano Finanza, vi è un altro grave campanello d'allarme: ciò che è accaduto in Borsa alle banche italiane nei due lunedì che hanno preceduto oggi, 13 luglio. I nostri istituti, a causa della crisi ellenica, in due sessioni hanno perso fino al 7% della loro capitalizzazione. Un vero e proprio crollo, che non ha escluso neppure Intesa Sanpaolo, quella che con oltre 15 miliardi di eccesso di capitale è considerata la banca più solida d'Europa. Queste oscillazioni rendono chiara la minaccia: non appena ci sono turbamenti sui mercati, la speculazione vede nell'Italia un obiettivo abbordabile, abbattibile e succulento (tutti ricordano cosa accadde nel 2011). Ed è alla luce di tutto ciò, e soprattutto alla luce del prezzo che l'Europa sta imponendo di pagare alla Grecia, che l'Italia, ora, deve muoversi. Una volta finito il Qe made in Draghi, se non sarà stato fatto un serio intervento sul debito, l'Italia potrebbe davvero trasformarsi una nuova Grecia. Quanto accaduto ad Atene deve essere un monito, per l'Italia. Un monito da ascoltare e trasformare in opportunità. E il tempo sta scadendo.