Visualizzazioni totali

sabato 4 luglio 2015

Da Napoli alla Jihad peggio di Totò Il bestiario delle sciroccate convertite

Le intercettazioni di lady Jihad con la famiglia




La lavatrice, il trasloco, le mutande e i debiti. Ecco le intercettazioni delle telefonate, pubblicate sul Fatto, di Maria Giulia Sergio, lady Jihad, con la sorella, la mamma e il papà in cui si parla del trasferimento in Siria di tutta la famiglia. Dei dialoghi deliranti in cui i genitori esprimono qualche perplessità sull'andare alla guerra. 

M. Giulia: Mia suocera dice vi aspetta a braccia aperte.
Marianna (l'altra figlia): Inshallah.
Assunta: Digli però mia mamma è preoccupata che vuole portarsi tutte le cose che ha di là, come dobbiamo fare?
M. Giulia: Ma per questo mamma non c'è problema, poi adesso parlo io con Said (il marito albanese di Maria Giulia, Aldo Kobuzi, ndr).
Assunta: Pure i mobili mi porterei.
M. Giulia: No mamma, i mobili no.
Assunta: La corrente c'è lì?
M. Giulia: C'è tutto.
Marianna: C'è anche la lavatrice però a mamma la lavatrice gliela danno lo stesso? Perché è anziana?
M. Giulia: A mamma gli danno tutto io scrivo una lettera a Dawla Islamia, non preoccuparti.
Assunta: Allora facciamo i bagagli e andiamocene.
Marianna: Perché sai che mamma deve mettere sette otto lavatrici al giorno, come sempre no?

Marianna: Mamma è preoccupata per la biancheria, come fa? Io dico va beh partiamo solo con le mutande così mettiamo dentro tutte le lenzuola, tutte le cose, non lo so.
M. Giulia: Sì così, così sì.
Marianna: Partiamo solo con le mutande.

Assunta: La roba che ho qua, poi là devo fare l'eremita che non ho niente, neanche un asciugamano.
Sergio: Scusa come te li porti là, prima cosa, tieni un autotreno?
Assunta: E se io non mi trovo bene là? Io non posso fare marcia indietro.
Marianna: Ma che cosa non ti trovi bene?
Assunta: Che ne so io, qualsiasi cosa.
Marianna: Cosa... non ti piace il mangiare, non c'è il caffè? Devi avere un po ' di spirito di iniziativa, dai.
Assunta: Ehhh di iniziativa voglio vedere voi perché lei diceva mi mancano le mie esigenze quando era lì?
Marianna: Sì, perché tu hai detto a mamma mi mancano le mie abitudini ma io ho detto a mamma sicuramente le tue coccole.
Assunta: Pure a me mi mancheranno le mie abitudini, cosa faccio?
Marianna: Ma tu hai due figlie lì, lei era lì da sola.
Assunta: Non mi sento sicura di fare questo viaggio.
Marianna: Comunque, questa è opera di Satana e basta.
Assunta: È opera di Satana, non lo so di chi è l'opera.

Maria Giulia: Quando ti ho detto c'è il califfo la Hijra (l'emigrazione) è un obbligo... è obbligatorio. Coloro che non fanno Hijra nella (per) la terra dell'Islam pagheranno tutto nel giorno del giudizio con il fuoco dell'inferno, e con l'ira di Allah l'Altissimo... che Dio mi salvi... che Allah l'Altissimo ci preservi da questo destino infelice, speriamo nella preghiera. Non fare come gli ipocriti. Come quelli che dicono noi siamo musulmani ma non hanno l'islam nel cuore... fanno soltanto esercizio fisico... 5 preghiere al giorno e basta, ok? Ricordati mamma che quando sarai morta nessuno ti aiuterà, nessuno. Quando sarai morta il destino è già scritto, hai capito? Nessuno potrà aiutarti e non ci sarà perdono alcuno per coloro che hanno disobbedito a Allah l'Altissimo.
Assunta: Io se non mi trovo bene dopo con te me la prenderò perché tu mi hai costretta a venire.

M. Giulia: Ah ! Ascolta papà, parliamo di una cosa seria, pà ascolta pà, perché tu vai di nuovo, cos'hai deciso di andare a lavorare.
Sergio: Sì.
M. Giulia: Ma perché? Perché?
Sergio: Perché? Perché papà già cinque anni sono stato così, quattro anni e mezzo.
M. Giulia: Ma cosa devi fare, ma Subhana Allah (Lode ad Allah), cosa devi fare a lavorare per questi maledetti kuffar (miscredenti)?
Assunta in sottofondo: Digli che devi togliere i debiti che abbiamo.
Sì, sì, ho capito M. Giulia: Noi non possiamo stare in mezzo ai miscredenti maledetti.
Sergio : Sì, sì.
Maria Giulia: Noi dobbiamo venire qui, nella terra della Siria.
Sergio: Nella terra della Siria, sì...
M. Giulia: Dove c' è il califfo.
Sergio: Esatto, esatto.

NIENTE CARNE, BEVANDE, MEDICINE Isole greche al collasso, turisti in fuga

Allarme nelle isole greche: carne e medicine cominciano a scarseggiare




Carne e medicine cominciano a scarseggiare nelle isole greche perché i locali non hanno più soldi per pagare i fornitori stranieri; e dunque cominciano i primi problemi per i turisti che, sfidando il rischio default, hanno deciso di avventurarsi comunque nei mari ellenici.

Secondo il sito del quotidiano greco Kathimirini, in diverse isole delle Cicladi i turisti stanno già avendo i primi problemi. La Camera di Commercio locale ha chiesto al governo di prendere prov
vedimenti contro l'aggravarsi della situazione. Gli albergatori temono infatti di trovarsi presto a corto di determinati cibi e bevande e di dover addirittura chiudere i battenti. Il che vuol dire che, dopo il 2014 - anno record per affluenza turistica - il turismo quest'anno potrebbe subire una brusca battuta d'arresto.

E già si vedono i primi segnali: l'associazione delle aziende turistiche greche ha riferito che negli ultimi giorni le prenotazioni sono crollate del 30-40 per cento, ovvero, almeno 240mila turisti non si sono materializzati. 

ITALIA (QUASI) FUORI DALL'EURO Le cifre che terrorizzano l'Europa

Sondaggio, cosa voterebbero gli italiani al posto dei greci




Mentre la Grecia si prepara a votare al referendum promosso dal premier Alexis Tsipras l'Europa si spacca fra chi voterebbe no in accordo con il governo di Atene e chi invece direbbe sì all'Europa.

Ma come voterebbero gli italiani se fossero al posto dei greci? Secondo un sondaggio realizzato da Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera, la maggioranza (51%) voterebbe a favore delle misure imposte dall'Europa, pur di evitare il fallimento dell'Italia e l'uscita dall'euro, il 30% voterebbe no, col rischio di ritornare alla lira. Gli elettori del Pd (83%) e quelli centristi (67%) sono nettamente a favore del sì, mentre a favore del no sono gli elettori di Forza Italia (48%), del Movimento 5 Stelle (48%) e i leghisti (56%). Insomma, dal sondaggio emerge che solo una strettissima maggioranza degli italiani voterebbe per le misure imposte dall'Europa: cifre che preoccupano le istituzioni continentale e il fronte rigorista capeggiato da Angela Merkel. Inoltre, si evince che quasi un terzo del Belpaese vorrebbe subito tornare alla lira: un dato più che significativo.

Detto questo, la maggioranza degli italiani (53%) prevede che, al di là del referendum, la Grecia troverà un accordo con l'Ue mentre un italiano su tre (31%) è pessimista e ritiene che la Grecia alla fine fallirà e uscirà dalla moneta unica.

Gli italiani sono poi preoccupati dell'effetto domino che la crisi greca potrebbe avere sull'Italia (55%) mentre il 16% è preoccupato per i crediti che l'Italia vanta sulla Grecia, che potrebbero non essere onorati causando un buco nei nostri bilanci pubblici. Solo il 15% si dice sicuro che l'Italia non corre rischi perché è un Paese più solido della Grecia. Di sicuro gli intervistati credono che, comunque vada, questa vicenda indebolisce l'Europa (72%) mentre solo il 14% è di parere opposto perché ritiene che così si rafforzi il concetto che con l'unificazione tutti i Paesi devono cedere una parte della propria sovranità.

Ci sono 142 milioni di debiti dell'Unità Indovinate un po' chi dovrà pagarli

Lo Stato dovrà pagare i debiti della vecchia Unità




Lo Stato deve restituire alle banche il vecchio debito de l'Unità. Secondo il Messaggero, lunedì 22 giugno, sarebbe divenuto esecutivo il decreto ingiuntivo presentato a maggio 2004 dagli istituti, relativo a un'esposizione di 176 milioni circa, accollatasi dall'ex Ds per conto del giornale ma sul quale c'è una garanzia primaria e solidale dello Stato. Per entrare in possesso dei crediti, però, le banche dovranno depositare un precetto e, comunque, Palazzo Chigi avrebbe fatto sapere al legale dei creditori (Girolamo Bongiorno) la disponibilità a sedersi attorno al tavolo.

La nuova Unità è tornata in edicola solo da pochi giorni, ma a quanto pare dovrà pagare per i "peccati" del passato. Il debito, nel frattempo, si è ridotto a 142 milioni a seguito di pignoramenti effettuati nel 2010 per un totale di circa 32 milioni su somme reperite alla Camera (25 milioni) e al Senato (7 milioni). Palazzo Chigi ha fatto opposizione, discussa nelle udienze del 16 dicembre 2014, poi in quella del 17 febbraio 2015 che ha prodotto la provvisoria esecutività dell'azione maturata nei giorni scorsi. Va detto che a latere dei tre pool c' è una posizione di 8 milioni del Banco Popolare (ex Efibanca). E comunque un pool è guidato da Intesa Sanpaolo (1988), due da Bnl (1993-94) e, nei tre, partecipano Intesa Sanpaolo (anche per conto di Carisbo e Cassa Firenze) Unicredit (per conto di Mcc), Bnl, Sga (il veicolo al quale il Banco di Napoli trasferì del 1997 le sofferenze). I finanziamenti beneficiavano di contributo pubblico in conto interessi (incassato per intero). Tra gli istituti più determinati ci sarebbe Unicredit.

Spiati e pedinati dal capo: terrore in Rai Chi e perché rischia il licenziamento

Rai, il sistema di controllo del direttore generale Luigi Gubitosi: licenzia i fannulloni o con le buone o con le cattive




Tira un'aria pessima nei corridoi di viale Mazzini alla sede della Rai. Eppure questi dovevano essere giorni di liberazione, visto che l'attuale direttore generale, Luigi Gubitosi, doveva andare via a fine maggio. Il governo gli ha prorogato l'incarico a fine giugno, ma nessuno sarà sorpreso che rimarrà al suo posto fino al prossimo autunno. Abbastanza comunque per continuare a segare tutti quei dipendenti bollati come fannulloni. Non è chiaro se Gubitosi si sia ispirato al fortunato programma di Raiuno la Ghigliottina, ma è certo che finora ha cacciato una ventina di dipendenti, a cominciare dagli indagati per corruzione.

Il metodo - In un clima fantozziano di leggende e spifferate, racconta il Fatto quotidiano che Gubitosi avrebbe messo in piedi un sistema di investigazione interno che si sarebbe avvalso anche di professionisti specializzati per settacciare le abitudini dei dipendenti che usufruiscono di rimborsi spese, missioni e lunghi periodi di ferie. Un lavoro tutt'altro che semplice in particolare per casi che riguardano i dirigenti, provando a capire quanto lavorano davvero e quanto della propria vita privata si godono a scrocco mettendolo sul conto di mamma Rai. I dirigenti non hanno obbligo di strisciare il tesserino per entrare in azienda, quindi l'analisi dei tabulati delle presenze aiuta poco il giù scafato Gubitosi, che usava questa strada già quando tagliava teste a capo del ramo italiano di Bank of America - Merill Lynch. Così sembra siano scattati pedinamenti e osservazioni a distanza. Per tutti la conclusione è l'obbligo di scelta tra due strade: lasciare l'azienda con le buone o con le cattive. Nel primo caso l'azienda risparmia il procedimento disciplinare e la cacciata per scarso rendimento, così da evitare imbarazzi; nel secondo si apre il baratro del contenzioso legale dopo il licenziamento per raccomandata.

Il boomerang - La scelta più indolore sarebbe quella che evita il contenzioso. Ma non tutti l'hanno preferita, a cominciare da un dirigente molto importante, promosso dallo stesso Gubitosi a quel ruolo, che ha preferito prendere la faccenda di petto. Licenziato e poi reintegrato dal giudice, il dirigente si è fatto rimborsare dall'azienda anche 50 mila euro in cure mediche, per i gravi danni subiti. L'azienda gli contestava di lavorare solo nei festivi, compresa Pasqua e Natale e cioè quando la giornata in busta paga viene pagata molto meglio, e di aver preso un periodo enorme di ferie. Il tribunale invece gli ha dato ragione perché la "scarsa attitudine all'impiego" era riferita al pregresso e non al periodo attuale. Gubitosi furioso ha fatto ricorso. Nel frattempo ha messo in ferie il dirigente in attesa che maturi i requisiti minimi per la pensione. E l'irritazione non è certo calata quando il dg Rai ha scoperto che nelle 50 mila euro di rimborsi medici c'erano anche delle confezioni di Viagra, visto che l'allontamento da viale Mazzini gli aveva procurato danni talmente gravi da aver bisogno di un sostegno corposo a letto.

ARRIVA IL PRELIEVO FORZOSO C'è l'ok: così ti prosciugano il conto

Bail-in, arriva l'ok della Camera: se la banca fallisce pagano i correntisti, in Italia il prelievo forzoso




Ce lo chiede l'Europa, e noi eseguiamo. O meglio, la politica esegue: dal primo gennaio 2016 se una banca italiana si trovasse sul punto di fallire, a pagare per primi saranno i correntisti. E' quanto stabilito da una direttiva comunitaria che introduce le nuove norme per il cosiddetto bail-in, coinvolgendo creditori e azionisti. L'ok è arrivato da Montecitorio. A pagare, dunque, in caso di crac-bancaria, sarà chi ha un deposito superiore a 100mila euro: lo Stato, in caso di emergenza, si prenderà i vostri soldi (qualcosa che ricorda quanto accadde nel 2013 a Cipro). In Italia, dunque, arriva il prelievo forzoso, anche se il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, prova subito a depotenziare la teoria: "Nessun prelievo forzoso - ha affermato il Tesoro - ma più tutele di prima". Sempre secondo via XX Settembre, la normativa non potrebbe provocare perdite maggiori rispetto all'impianto vigente in caso di liquidazione coatta di un istituto. Per inciso, la nuova legge, esclude dal bail-in anche le passività garantite, le cassette di sicurezza i crediti da lavoro e quelli dei fornitori.

Le posizioni dei partiti - Nel dettaglio, il provvedimento prevede uno specifico ordine di intervento: in breve, i primi a pagare saranno sempre gli azionisti dell'istituto. Il principio-cardine (e sinistro) è comunque chiarissimo: a pagare le perdite delle banche per primi sono i privati, e non gli Stati, come avvenuto agli apici della crisi in Spagna o in Inghilterra (in Italia, ad oggi, a causa della crisi le banche non hanno mai ricevuto titoli di Stato; il caso Mps è una questione differente). Come detto, sullo spaventoso principio del bail-in è arrivato il via libera della Camera: 270 i sì, 133 contrari, 22 astenuti. Contraria Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Duro anche Elio Lannutti, presidente di Adusbef, che spiega come d'ora in avanti i disastri dei banchieri verranno pagati dai privati. Il Pd, da par suo, si difende con Marco Causi, capogruppo in commissione Finanze, che derubrica le polemiche a "pura disinformazione a scopo scandalistico".

PERICOLO GUERRA NUCLEARE Obama minaccia Putin e la Cina

"Minacce da Russia a Cina". L'America è pronta alla guerra


di Glauco Maggi


Siamo sempre i più forti ma il nostro vantaggio è seriamente minacciato. I pericoli hanno nome e cognome, dall'Iran all'Isis, e le accuse a Mosca di barare sugli accordi sono di particolare durezza, certo non tali da calmare i venti di guerra. L' annuale rapporto del Pentagono sulla Strategia Militare Nazionale è un severo allarme sui crescenti pericoli per la sicurezza americana e mondiale.

Nell'introduzione, il chairman dello Staff Congiunto dei Capi dell' Esercito, generale Martin Dempsey, avverte che «stiamo fronteggiando multiple sfide simultanee alla nostra sicurezza da tradizionali attori statali e da networks transregionali di gruppi sub-statali. Ed è probabile che avremo da affrontare campagne prolungate piuttosto che conflitti risolvibili velocemente». La tecnologia dà agli avversari nel mondo globalizzato gli strumenti tecnici militari per contrastare i vantaggi che gli Usa hanno avuto nel passato, e ciò richiede «una maggiore agilità, innovazione e integrazione», e «rafforza la necessità per l' esercito Usa di restare impegnato sul piano mondiale per definire il quadro della sicurezza e preservare la rete di alleanze», avverte Dempsey. Nel documento non si parla di budget, ma suona pressante il suggerimento delle gerarchie militari di non andare troppo oltre nei tagli in uomini e mezzi, la politica tradizionalmente cara ai democratici e che Obama ha imposto per propugnare il welfare domestico durante gli anni di ristrettezze post-crisi.

«Gli Usa restano la nazione più forte del mondo, e godiamo di vantaggi unici in tecnologia, energia, alleanze, partnership e demografia, ma questi vantaggi continuano ad essere minacciati», avvisa il Pentagono. Sul banco degli accusati ci sono Russia, Iran, Nord Corea e le Veo (violent extremist organizations), ossia Isis e Talebani. La strategia esposta per contrastarli, a parole, è perfetta: «Dissuadere, contestare e sconfiggere gli Stati» nemici, e «disgregare e degradare le organizzazioni estremiste». Mosca è accusata di aver stracciato di fatto «numerosi accordi con le sue azioni militari», un non velato riferimento non solo alla invasione della Crimea ma anche alle violazioni del Trattato sulle Forze Nucleari di Raggio Intermedio, a cui Obama ha risposto qualche mese fa con i piani di difese missilistiche in Polonia.

Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha reagito duramente: «L' ostilità verso la Russia è la testimonianza di un approccio di sfida privo di obbiettività» che non aiuta a «orientare le nostre relazioni bilaterali verso la normalizzazione». L' Iran e la Corea del Nord sono nel mirino di Washington perché vogliono dotarsi di armi nucleari. Mentre la dittatura stalinista già ne possiede e punta ad arricchire l' arsenale, è stridente che il Pentagono citi Teheran come un pericolo, proprio nei giorni in cui Obama, attraverso il segretario di stato John Kerry, sta accettando di annacquare i termini dell' intesa con l' Ayatollah.

Di fatto, per dare via libera all' armamento atomico del regime islamico, pur di vantarsi di essere il firmatario di un accordo storico. Sulla Cina, che di recente ha saccheggiato i file di milioni di dipendenti del governo federale Usa in una cyber-guerra non dichiarata con l' America, il testo è timido: gli Usa non indicano Pechino come un rivale, ma piuttosto come un partner nel mantenere l' ordine internazionale, anche se di recente i cinesi hanno espanso la presenza militare nel Pacifico, erodendo il peso americano e minacciando le altre potenze regionali, dal Giappone al Vietnam. Il Pentagono, in conclusione, «non crede che alcuna delle nazioni citate persegua un conflitto militare diretto con l' America, ma ciascuna di esse pone serie preoccupazioni per la sicurezza». E sempre il generale Martin Dempsey avverte che c' è «una bassa ma crescente» probabilità che gli Usa possano combattere un conflitto con una maggiore potenza.