Visualizzazioni totali

martedì 30 giugno 2015

Caivano (Na): Giuseppe Mellone F.I, smentisce il commissario cittadino Luca Monopoli, fratello del Neo-Sindaco Simone: "Nessun Passo indietro"

Caivano (Na): Giuseppe Mellone F.I, smentisce il commissario cittadino Luca Monopoli, fratello del Neo-Sindaco Simone: "Nessun Passo indietro"



Giuseppe Mellone
Consigliere Comunale (F.I)

Nuova Giunta ancora in alto mare, il Sindaco Monopoli cerca di mediare, ma le onde sono troppo alte. Ci vorrà ancora qualche giorno per vedere la nuova rosa targata Monopoli. Ormai sono passati 15 giorni esatti e, pur avendo un'ampia maggioranza, Monopoli non riesce a presentare la nuova Giunta. Insomma, proprio come un allenatore alla vigilia di una finale importante, il Sindaco sta valutando nomi e possibilità, non si escludono però liti all'interno degli spogliatoi, proprio come nel caso del probabile presidente del consiglio comunale che, sempre secondo indiscrezioni, fu designato direttamente dal Neo Sindaco Monopoli, nella figura del neo eletto consigliere comunale, Giuseppe Mellone, e che a distanza di pochi giorni, lo stesso fratello del Sindaco, Luca Monopoli, ringraziava in una nota Mellone per aver fatto un passo indietro in merito la nomina. Ma arriva, giustamente, il colpo di scena, Mellone smentisce il commissario cittadino di Forza Italia, Luca Monopoli. Nessun passo indietro. Cosi Mellone in un recente comunicato, e nota: 

1) Ritengo che ho tutte le caratteristiche politiche ed istituzionali per ricoprire con professionalità ed imparzialità l’incarico di Presidente del Consiglio Comunale.

2) Se per alto profilo, come scritto nell’articolo, si intende sottolineare la coerenza politica e la capacità personale, ritengo senza ombra di dubbio di avere tali caratteristiche.

3) tutte le altre valutazioni appartengono ad un chiacchiericcio da cortile che non possono assolutamente riguardare la mia persona.

Effettivamente, il consigliere comunale della Frazione di Pascarola, Giuseppe Mellone, ha sempre dimostrato in questi ultimi anni serietà e senso di appartenenza politica, seguendo sempre le linee del partito. Sempre attento ai problemi della frazione, ma soprattutto ai problemi di Caivano. Insomma, si lasci fuori da diatribe politiche chi ha sempre dimostrato serietà e senso di responsabilità verso i cittadini di Caivano. 

La mossa per far collassare le banche Salvini: "Italiani, fate come dico io..."

Matteo Salvini: "Per dare un segnale ritirerei i soldi dalle banche italiane"




Antieuropeista fino al midollo e pronto a tutto nella lotta contro l'euro. Lui è Matteo Salvini, che lancia la sua ultima provocazione a La Zanzara di Radio 24. Il leader della Lega Nord spiega: "Non solo in Grecia, io per dare un segnale ritirerei i soldi anche dalle banche italiane, per dare un segnale all'Europa". Dunque aggiunge: "Non possiamo essere schiavi della Banca Centrale Europea, una multinazionale di qualcuno che non è mai stato eletto da nessuno". Salvini non ha dubbi: "Se fossi il premier uscirei dall'euro domani mattina, avvierei le pratiche". Infine, una battuta sul referendum indetto da Alexis Tsipras: "Fossi in Grecia voterei no, per la sovranità e la libera scelta. Se vince il no potrebbe essere l'inizio di una nuova Europa".

Collassa la Grecia, le "guide anti-panico"

Grexit, la guida: come non perdere i propri soldi




Il crac della Grecia è a un passo: banche chiuse in attesa del referendum di domenica indetto da Alexis Tsipras. La paura del contagio, ora, inonda l'Europa: la bancarotta di Atene, infatti, potrebbe travolgere il Vecchio Continente, potrebbe travolgere gli investitori così come le "semplici" persone (soprattutto in Italia, come ha dimostrato la vigilia in Borsa). Come difendersi, dunque, dal possibile effetto-domino di Grexit? Ecco, in breve, una serie di dritti per cercare di resistere all'onda d'urto del probabile collasso della Grecia.

Default - Si parte da una necessaria premessa. Per Grexit s'intende l'uscita della Grecia dall'unione monetaria europea. Ogni anno migliaia di italiani scelgono le isole elleniche per le proprie vacanze. Esperienza che quest'anno potrebbe trasformarsi in un incubo se non ci si preoccupa prima di partire di seguire pochi e semplici consigli. E il pericolo non è minore per chi negli anni ha investito in titoli di stato italiani, senza dimenticare i contribuenti del Fisco, cioè quasi tutti.

Cash - Il primo vero problema che accade quando un paese dichiara bancarotta è l'impossibilità a trovare denaro in contanti. Le banche, scrive La Stampa, subirebbero un tracollo e chiuderebbero tutti gli sportelli, bancomat compresi, per evitare di rimanere completamente a secco di banconote. Il precedente più recente e vicino all'Italia è accaduto due anni fa a Cipro, dove non è stato possibile prelevare dagli sportelli per almeno 12 ore. La soluzione migliore quindi è partire per le vacanze con contanti al seguito, considerando che fino a 10 mila euro non è obbligatorio dichiararli.

Tour operator - Dichiarato il default e avvenuto l'immediato blocco del contante da parte delle banche, uno dei primi effetti indesiderati per i turisti è il blocco delle pompe di benzina, esattamente come è accaduto a Cipro. I supermercati verrebbero presi d'assalto e si vedrebbero a loro volta ridurre le scorte di prodotti sugli scaffali. A catena gli effetti ci sarebbero anche sui mezzi di trasporto, le compagnie di traghetti e aeree potrebbero ridurre il numero di corse, costrette a gestire il poco carburante a disposizione. La tutela migliore per il turista è organizzare il viaggio con tour operator, perché questo è tenuto a monitorare tutta la filiera della vacanza e a intervenire quando un servizio viene meno.

Borse - Se la Grecia dovesse uscire dall'Euro e non pagare i propri debiti, per l'Euro potrebbe cominciare un'inevitabile catastrofe. Ma tra gli operatori di Borsa, già in fibrillazione in questi giorni per le tensioni nelle principali borse europee - Italia compresa - c'è chi sostiene che con l'uscita della Grecia, potrebbe anche allontanarsi il problema che genera i cali dei titoli azionistici. La certezza condivisa da tutti è che tutte le società quotate soffriranno nei primi giorni, soprattutto i titoli bancari. Gli esperti consigliano quindi di puntare i propri investimenti su titoli detti difensivi, come energetici e utility.

Spread - Sono lontani i tempi del differenziale tra i titoli tedeschi e quelli italiani a quota 500 punti. Ma il pericolo che dai 154 attuali si possa tornare a quote più alte è ancora concreto. Secondo gli operatori, a rischiare di più sarebbero i bond dei Paesi periferici, sui quali la Bce di Mario Draghi intensificherebbe gli acquisti. Lo scenario è del tutto inedito e inesplorato, quindi gli esperti consigliano di investire solo in titoli a scadenze più brevi, accontendandosi di rendimenti minimi, ma che almeno non saranno perdite.

Tasse - Il timore più grande che serpreggia tra gli italiani è che il default greco possa riversarsi sulle casse degli altri Paesi membri, Italia compresa. DOvremo pagare con i nostri soldi i debiti che i greci non vogliono pagare? Confindustria teme che ad essere danneggiata sarà innanzitutto la crescita, già faticosa in questo momento, per l'economia italiana. Unimpresa ha lanciato l'allarme sull'ipotesi che l'Italia non riesca a pareggiare il bilancio. Il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan ha provato a rassicurare dicendo che l'Italia del 2012 è più forte rispetto a quella di quattro o cinque anni fa e con gli strumenti pensati dalla Bce non dovremmo risentire dell'eventuale fuga dall'Euro di Atene.

Attacco kamikaze in Italia, e Renzi... La agghiacciante profezia di Pansa

Giampaolo Pansa: Matteo Renzi il bullo ci rottama la testa


di Giampaolo Pansa 



Tra le tante parole ascoltate venerdì dai politici europei dopo gli assalti del terrorismo islamico, mi hanno colpito quelle pronunciate da Manuel Valls, il primo ministro francese. Ha detto: «Per una società è difficile convivere per anni sotto la minaccia di un attacco. Ma da oggi la domanda non è se ci sarà questo attacco, ma quando avverrà».

Le parole di Valls mi hanno ricordato quelle di papa Francesco. Poco tempo fa, il pontefice aveva rammentato a tutti noi, credenti e non credenti, una verità che nessun leader osava ricordare: «È cominciata una Terza guerra mondiale. Questa volta a pezzi, a singoli blocchi. Ma è certo che siamo di fronte a un altro conflitto globale».

Se la diagnosi di Bergoglio è vera, e il Bestiario ritiene che lo sia, le conseguenze sono inevitabili. In questa guerra non esistono più dei fronti definiti, per il semplice motivo che l’intero pianeta è un terreno di battaglia. Tutti noi, dai bambini ai più anziani, siamo dei soldati anche se non indossiamo una divisa e non imbracciamo un’arma. Chiunque può essere ucciso in qualsiasi momento e in qualunque luogo. Come è accaduto ai tanti turisti europei che se ne stavano a prendere il sole su una delle spiagge più belle della Tunisia.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, l’Italia ha già vissuto l’inferno della guerra in casa. Condotta nelle fabbriche, negli uffici, nei giornali, nelle scuole, nelle sedi politiche, persino negli ospedali. È accaduto negli anni Settanta e Ottanta, con un numero di morti e di feriti che oggi sbalordisce anche il sottoscritto, un cronista obbligato a raccontarla giorno dopo giorno.

Ho visto uccidere amici come Walter Tobagi e Carlo Casalegno, agenti di polizia e magistrati conosciuti sul lavoro, uomini di pace come Vittorio Bachelet, Roberto Ruffilli e Marco Biagi. Ho visto sequestrare e sopprimere un leader come Aldo Moro. Ho visto gambizzare un’infinità di persone, da Indro Montanelli a Carlo Castellano, sino ai tanti studenti di un istituto torinese, fatti sdraiare nella palestra della loro scuola e feriti a rivoltellate uno dopo l’altro.

In quell’epoca, la società italiana ha sofferto l’assalto continuo del terrorismo di sinistra delle Brigate rosse, di Prima linea e di gruppi che volevano imitarle, poi del terrorismo nero, anche questo sceso in campo per uccidere. Eppure l’Italia non si è disgregata e ha evitato di diventare nemica di se stessa. Uno dei motivi è chiaro: nonostante i suoi infiniti difetti, il sistema politico della Prima Repubblica non si è disfatto, ha evitato il collasso, ha mantenuto un minimo di unità e ha aiutato gli italiani a non soccombere. Anche nei lunghi giorni del sequestro Moro, i partiti non sono spariti nella notte della discordia. La Dc, il Pci e il Psi, non da soli, sono stati in grado di mostrare al Paese un minimo di solidarietà. Pure il leader socialista Bettino Craxi, che voleva salvare Moro mettendo in libertà dei brigatisti incarcerati, è sempre stato coerente nella difesa dell’ordine repubblicano.

La domanda di oggi è se l’Italia del Duemila mostrerà la stessa concordia di allora, quando il terrorismo del Califfato nero colpirà anche in casa nostra. Nessuno di noi ha una risposta. Siamo tutti di fronte a un’incognita tra le più terribili. Succede così a un essere umano sicuro di ammalarsi o di essere infettato da qualche virus: saprà di essere in grado di resistere soltanto il giorno che rischierà di morire. Ecco perché, arrivati a questo punto, diventa inevitabile parlare del nostro presidente del Consiglio: Matteo Renzi.

Abbiamo imparato a conoscerlo alla fine del 2013 quando è diventato il leader del Partito democratico e poi nel febbraio del 2014 quando ha sottratto a Enrico Letta l’incarico di capo del governo. Renzi si è presentato agli italiani con un verbo insolito e sprezzante: rottamare. Il significato era chiaro: fare piazza pulita di tutto quello che gli sembrava vecchio, inutile, dannoso. Anticaglia da spedire nel guardaroba dei cani senza esitare e senza rimorsi.

Ma la rottamazione è una parola di guerra, implica uno scontro senza fine, suggerisce un’epurazione priva di pietà. Renzi è stato coerente. Ha messo brutalmente in disparte politici, manager pubblici e una quantità di figure anche interne al suo governo, come Carlo Cottarelli chiamato per tagliare la spesa pubblica. Tutti colpevoli di un solo reato: non essere fedeli al premier e pronti a obbedirgli senza discutere.

Al tempo stesso, il Chiacchierone fiorentino si è dimostrato il più conflittuale tra i tanti capi di governo che abbiamo avuto. Ha inaugurato la tecnica dell’insulto presidenziale: gufi, rosiconi, portatori di iella, uccelli del malaugurio, sabotatori di un’Italia che è anche la loro nazione.

Si è vantato di non avere nessun rapporto con le opposizioni, tanto quelle di sinistra che di destra. Ha sfruttato l’appoggio momentaneo di Forza Italia e poi ha scaricato Silvio Berlusconi. Ha cercato di mettere nell’angolo i sindacati e persino la minoranza del proprio partito. Discrimina persone considerate sgradite perché lo infastidiscono con le loro critiche. Sta accadendo pure a giornalisti schedati come disubbidienti.

Per usare una parola di moda, Renzi non pratica la vicinanza, bensì la lontananza. Ha fatto di Palazzo Chigi un bunker dove soltanto lui e i suoi fedeli possono vivere al sicuro. La politica come conflitto perenne è il suo habitat naturale. Gli garantisce di mostrarsi un premier veloce, audace, rivoluzionario più che riformista. «Andrò avanti nonostante tutto e tutti!» è diventato il suo mantra preferito. Affiancato da inutili spavalderie. Per esempio quella di sostenere che l’Italia «non è un Paese dei balocchi», bensì una nazione che l’Europa dovrebbe imitare.

Ma adesso la retorica renzista inizia a mostrare delle crepe. La crisi economica non è affatto risolta e il Mezzogiorno rischia di non risollevarsi più. L’immigrazione incontrollata è diventata un tragico rebus che il premier non sa risolvere. Genera insicurezza, sconforto, rabbia in gran parte degli italiani. Innesca contrasti tra regioni, comuni e governo. La distribuzione dei migranti in molte località impreparate a riceverli, fatta a tavolino dal ministero dell’Interno, sta creando un marasma mai visto, soprattutto nelle comunità che vivono di turismo.

Come dice il premier, l’Italia non è un Paese dei balocchi. Infatti siamo una nazione a rischio, come tante altre. Sino a oggi il terrorismo islamico ci ha lasciato in pace. Sarà anche merito dei nostri servizi di intelligence, dello stellone che ci protegge, del Padreterno che ha un occhio di riguardo per la nazione che ospita il Pontefice. Ma quanto durerà questa condizione felice? Le parole del primo ministro francese Valls suonano profetiche. La domanda che dobbiamo proporci è quando avverrà l’attacco all’Italia. Dunque Renzi ha l’obbligo di riflettere se il suo cesarismo autoritario sia la strategia giusta per una fase storica che impone di essere solidali di fronte a un pericolo grave.

Il giorno che avremo addosso le truppe del Califfato, il Chiacchierone fiorentino dovrà chiedere aiuto anche ai gufi e ai rosiconi che osteggiano il suo governo. Riduca la boria, azzeri l’arroganza, non tagli i ponti con nessuno degli avversari. Avrà bisogno di tutti, anche del povero autore del Bestiario.

La scheda che fa la storia e che spazzerà via l'euro

Grecia, la scheda del referendum: la domanda da cui dipende il futuro dell'euro e del Vecchio Continente




Eccola, nella fotografia, la scheda dalla quale, nei fatti, dipende il futuro della Grecia e, a cascata, quello dell'euro e di Eurolandia. È la scheda dove viene messo nero su bianco il quesito referendario che Alexis Tsipras rivolgerà alla Grecia domenica, il 5 luglio, il probabile D-Day del Vecchio Continente. Segue il quesito: "Deve essere accettato il piano di compromessi proposto dalla Commissione europea, il Fondo Monetario internazionale e la Bce all'Eurogruppo del 26 maggio 2015, composto da due documenti che costituiscono l'intera offerta? Il primo documento si intitola Riforme per il completamento del programma corrente e oltre, il secondo Analisi preliminare della sostenibilità del debito". Due le possibili risposte: no, "non accetto", oppure sì, "accetto". Nel caso in cui prevalessero i "no", la Grecia sarebbe fuori dall'euro, con tutte le conseguenze (drastiche) che il passo potrebbe comportare (anche per l'Italia). Nel caso prevalesse il "sì", la Grecia accetterebbe l'ultima proposta di austerity, tasse e imposte della autorità di Bruxelles, in cambio dello sblocco del piano di aiuti.

Lo scenario - Nel frattempo, la tensione resta alle stelle. Ad Atene, i greci sono scesi in piazza nella manifestazione per il "no" al referendum promossa da Tsipras. Sui mercati internazionali si è vissuta una giornata tragica, con Milano maglia nera tra le piazze europee e lo spread tornato alle stelle. Angela Merkel ha affermato che "se fallisce la Grecia, fallisce l'euro". Da par suo, Jean-Claude Juncker ha detto di "sentirsi tradito" da Atene. La risposta di Tsipras è stata netta: il premier greco ha parlato di "oneri insostenibili" imposti dell'Europa. Negli ultimissimi minuti, infine, è arrivata la conferma di quanto in realtà già si sapeva: la Grecia domani, martedì 30 giugno, non pagherà gli 1,55 miliardi di euro prestati dal Fondo Monetario internazionale (tanto che il referendum viene considerato alla stregua di un escamotage per prendere tempo, e non è un caso che le banche elleniche resteranno chiuse fino a domenica). Rifiutando il piano di emergenza che scade tra poche ore (e con la Bce che ha rifiutato di aumentare i fondi di emergenza per gli istituti greci), Atene non ha modo di ricostituire i depositi che stanno rapidamente diminuendo. 

Tsipras, la dichiarazione di guerra: "Così la Merkel mi ha minacciato"

Grexit, Alexis Tsipras: "Risponderemo alle minacce. C'è la volontà di cacciare il governo, non di cacciare la Grecia dall'euro"




Al termine di una giornata di passione, la prima con le banche chiuse in Grecia, una giornata in cui sono crollate le Borse dell'Eurozona, il premier ellenico, Alexis Tsipras, ha parlato alla tv di Stato, facendo il punto sulla difficilissima situazione del Paese e, a cascata, del Vecchio Continente. "La grande folla radunata a Syntagma - ha esordito ci dà la forza. Con calma e compostezza affronteremo minacce e ricatti", ha detto il premier riferendosi al referendum di domenica con cui si deciderà se sottostare alla proposta di Bruxelles (in piazza Syntagma si è radunata la folla che voterà "no", bocciando le misure, come chiesto proprio da Tsipras). Il premier ha proseguito: "L'accordo non può colpire i pensionati. Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto per raggiungere un accordo, ma l'obiettivo della controparte Ue era che adottassimo le loro posizioni".

La sfida totale - Il punto, per il premier greco, è che c'è non c'è una volontà da parte dei creditori di cacciare la Grecia dall'Eurozona, bensì ci sarebbe quella delle istituzioni continentali e di Angela Merkel di cacciare il suo governo di sostegno nazionale. E questo, dunque, il ricatto di cui parla Tsipras: "Volevano spazzare via la speranza, ma non credo che ci sia la volontà di cacciare via la Grecia dall'euro, perché un Paese in default ha dei costi altissimi". L'addio all'euro, dunque, sembra ore più vicino. "Se vincerà il no - ha sottolineato - diremo addio all'euro. I cittadini greci - ha proseguito - potranno sopravvivere anche senza il programma di aiuti". Il leader di Syriza ha poi spiegato che "maggiore sarà la percentuale del no al referendum di domenica, e maggiori saranno le armi del governo greco per rilanciare i negoziati". La sfida è totale, dunque. "La gente - ha concluso Tsipras - ha il diritto di scegliere il proprio futuro. Il popolo farà sentire la sua opinione sulle note questioni. La loro voce sarà ascoltata", ha promesso.

Albanese tutto nudo a casa di Salvini: arrestato (non è uno scherzo)

Via Bellerio, arrestato un albanese nudo al quartier generale della Lega Nord




Un albanese nudo nella sede della Lega Nord di via Bellerio. Non è una barzelletta, ma quanto accaduto alle prime luci dell'alba di lunedì 29 giugno nel quartier generale del Carroccio a Milano. L'uomo è stato arrestato da tre militari dell'Esercito, impegnati nell'operazione Strade Sicure. L'albanese - pregiudicato e fuori di sé al momento del fermo -, era ferito, come vedete dalla foto parzialmente denudato e, spiegano, "rifiutava le cure mediche". Durante il fermo, si legge nella nota del Reggimento di Artiglieria a Cavallo a Milano, "l'uomo ha reagito in maniera violenta". Il giovane, si è poi appreso, era già un volto noto alle forze dell'ordine.