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lunedì 23 marzo 2015

Caivano (Na), Riceviamo e Pubblichiamo - Sabato 28 marzo RICOMINCIA IL FUTURO….. INSIEME

Caivano (Na), Riceviamo e Pubblichiamo - Sabato 28 marzo RICOMINCIA IL FUTURO…..  INSIEME 







Conferenza programmatica ore 16.00 presso Auditorium Caivano Arte

Tutti i cittadini sono invitati a partecipare ai tavoli di confronto per contribuire alla costruzione del programma elettorale per i prossimi 5 anni con il candidato Sindaco LUIGI SIRICO

I sei tavoli tematici a cui iscriversi sono: 

Tavolo della comunità pubblica amministrazione: cittadini, riqualificazione della spesa, partecipazione civica, semplificazione burocratica e innovazione, coordinatore: Francesco Domenico Moccia - professore ordinario di urbanistica presso la facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Napoli Federico II 

Tavolo della città  pianificazione urbanistica: lavori pubblici; decoro e sicurezza urbana; tutela ambientale; protezione civile; trasporti, coordinatore: Emanuela Coppola - professore iunior di cartografia presso la facoltà di Architettura dell’ Università degli Studi di Napoli Federico II

Tavolo dei saperi  scuola e lavoro: cultura e partecipazione; beni culturali: identità e memoria collettiva, coordinatore: Chiara Guida - storico e saggista

Tavolo della solidarietà soggetti deboli e inclusione sociale: ruolo del terzo settore; sport, coordinatore: Salvatore Esposito - presidente Mediterraneo Sociale

Tavolo del lavoro industria artigianato commercio agricoltura, coordinatore: Marco Musella -professore ordinario di economia politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Napoli Federico  

Precede una presentazione della guida ai fondi europei 2014/2020, coordinatore: On. Massimo Paolucci - Europarlamentare, e la stanza del futuro Caivano del futuro attraverso i disegni dei bambini Coordinatore: la fantasia dei bambini 

E possibile iscriversi:

- Direttamente presso l’auditorium Caivano Arte  di via Necropoli
- Attraverso la pagina facebook: “ricomincia il futuro”
- Inviando una email a: ricominciailfuturo@gmail.com

LA RIVOLUZIONE DELLE PENSIONI Mille euro per tutti quanti: il nuovo assegno

Matteo Salvini, l'idea sulla riforma delle pensioni: assegno minimo per tutti a mille euro





Non soltanto la Flat Tax. Anche mille euro di pensione al mese per 14 mensilità, indipendentemente dal reddito percepito durante la carriera lavorativa. Il programma economico di Matteo Salvini si arricchisce di un nuovo decisivo punto, ideato da Armando Siri, il leader del Partito Italia Nuova nonché fidato consigliere economico del leader leghista e ideatore proprio della Flat Tax. Il progetto prevede una radicale riforma del sistema pensionistico per i lavoratori dipendenti, con una pensione in 14 mensilità di importo variabile in base al periodo contributivo: con 35 anni, come sottolinea Il Tempo, si ha diritto a 800 euro al mese, con 40 anni mille euro. Il datore di lavoro paga 5mila euro fissi di contributi e il lavoratore il 10% l'anno (oggi è il 9,9%).

I calcoli - Il versamento medio annuale previsto, dunque, è parti a 7.500 euro: complessivamente in 40 anni si tratta di 300mila euro. Calcolando 20 anni di erogazione della pensione in base alle aspettative di vita, il quadro si delinea: il valore lordo è di 15mila euro l'anno, ossia 14mila euro netti.  C'è poi il discorso dei lavoratori autonomi, la cui pensione viene così calcolata: 3.500 euro di versamento annuo per 35 anni danno diritto a 500 euro al mese; 3.500 euro l'anno per un periodo di 40 anni dà invece diritto alla cifra tonda, i "mille euro al mese". Nei progetti la riforma si applicherebbe a tutti i lavoratori a prescindere dal reddito e senza vincolo d'età: i soli parametri resterebbero il numero di anni e l'entità effettiva di contribuzione.

La platea - Il nuovo sistema, che coinvolgerebbe tutti i neolavoratori e quelli che hanno fino a 10 anni di età, prevederebbe nel caso di versamenti superiori a 5mila euro l'anno da parte del datore di lavoro l'erogazione una tantum da parte dell'Inps per recuperare la differenza. Chi ha invece fino a 25 anni di anzianità contributiva potrà scegliere il nuovo sistema solo se la aspettativa di pensione è superiore ai mille euro al mese, e in questo caso otterranno un rimborso una tantum rateizzato in tre anni per recuperare la differenza.

La spiegazione - A spiegare il progetto è l'economista Siri in persona: "Il principio - sottolinea - è lo stesso della Flat Tax. Tutti percepiranno la stessa pensione, indipendentemente dal reddito. Resta però fermo il principio di progressività, il differenziale della ricchezza sarà salvaguardato durante l'attività lavorativa". Nello specifico, con l'ipotetica riforma, "ogni lavoratore avrà una busta paga più ricca e il datore di lavoro risparmierà sul costo del lavoro".

L'intervista Formigoni annuncia la vendetta Ncd

Formigoni: "Renzi attento: chi tocca l'Ncd si fa male"


Intervista a cura di Giovanni Miele 



Da politico di vecchia scuola democristiana, Roberto Formigoni continua a navigare anche quando il mare è in burrasca, sapendo che la priorità è quella di tenere la rotta. E allora, dopo l’ondata di accuse infamanti che si è rovesciata sul suo compagno di Comunione e Liberazione, Maurizio Lupi, costretto alle dimissioni da ministro delle Infrastrutture, fa buon viso a cattivo gioco, ma lancia un chiaro avvertimento a Matteo Renzi, che dichiara di escludere conseguenze negative per il Governo. "Non ci saranno conseguenze sul governo" avverte "se il Presidente del Consiglio si comporterà correttamente. Dipende tutto dall’atteggiamento di Renzi. Perché le dimissioni da ministro sono state un gesto di nobiltà da parte di Lupi, che non era neppure indagato, quindi non un gesto dovuto. Il Presidente del Consiglio non ne è responsabile, tuttavia in altri casi si è comportato in maniera profondamente diversa".

In quali casi?

"Per esempio nel caso Poletti o Barracciu, o ancora adesso nel caso dei sottosegretari indagati. Per non parlare del caso Errani quando, pur condannato in secondo grado, Renzi invitò pubblicamente il Presidente dell’Emilia e Romagna a rimanere in carica. Nel caso De Luca poi, ha consentito che, da condannato, partecipasse alle primarie, senza dire niente quando poi le ha vinte. Diciamo che il doppiopesismo è la misura del comportamento del Presidente Renzi su vicende delicate che riguardano le responsabilità dei politici".

Insomma una sorta di garantismo strabico che guarda solo a sinistra.

"In realtà agli esordi Renzi era sembrato realmente un garantista quando aveva detto che la politica non si lascia dettare le regole dalla magistratura: la magistratura faccia il suo mestiere, prosegua con le sue indagini, faccia le sentenze, ma sarà la politica a decidere e fin quando non viene emessa una sentenza di terzo grado un uomo politico, come un cittadino qualunque, è innocente. Invece abbiamo scoperto che questo vale soltanto se uno è iscritto al Partito Democratico. In politica il doppiopesismo è un pericolo mortale. Oggi non accusiamo Renzi per quello che è accaduto. Però Renzi ha questo peccato originale a cui deve rapidamente mettere riparo".

E come può riparare? dopo tutto quello che è accaduto siete ancora disposti a confermagli la vostra fiducia?

«Dipende da come si comporterà. Noi ci aspettiamo che Renzi, di fronte a questa casella che è vuota, si comporti come il capo di un governo che sa di essere espressione di una coalizione bicolore. Il governo non è un monocolore Pd perció Renzi tratti la vicenda con il suo alleato».

Quindi come Ncd rivendicate per voi il posto lasciato libero da Lupi?

«Non sto avanzando la candidatura di un altro uomo del Nuovo Centrodestra al ministero dei trasporti. Per noi vale la regola del bene comune, però bisognerà individuare insieme la persona migliore per quel ministero, su un piano di assoluta parità. Se invece Renzi va avanti da solo e dà la sensazione di essere lui il proprietario del governo, mentre il Nuovo Centrodestra è al governo per accidente, e secondo lui può anche non starci, allora questo fragile equilibrio sarà Renzi stesso a romperlo. Lo ripeto, Renzi si deve mettere in testa che è a capo di un governo di coalizione e che tutti i partiti hanno la stessa dignità e quindi deve discutere delle vicende con noi. Per noi la stella polare è la ricerca del bene comune, quindi della persona migliore possibile, ma tutto va discusso e deciso con noi e non soltanto da lui».

In caso contrario siete pronti a far uscire gli altri ministri e a dare solo l'appoggio estrerno al governo come sostiene Nunzia De Girolamo?

«In questo momento no e non sono quindi d’accordo con la mia collega De Girolamo. Però lo sto dicendo apertamente: Renzi attento. Vogliamo che ti comporti correttamente e se non ti comporti correttamente sarai tu ad aver messo a repentaglio il governo e quindi noi faremo le nostre valutazioni che potrebbero portare benissimo anche all’uscita dal governo. Non lo escludo per nulla, ma parlarne ora mi sembra prematuro. Comunque Renzi deve mettere riparo allo squilibrio sul tema delle responsabilità dei politici e deve farlo in fretta come leader di una coalizione e non come padrone del vapore».

Pisapia molla Milano e l'Expo Ecco perchè

Pisapia: "Nel 2016 non mi ricandiderò sindaco"





Giuliano Pisapia non si ricandiderà come sindaco di Milano nel 2016. Lo ha annunciato lo stesso primo cittadino del capoluogo lombardo nel corso di un incontro nel pomeriggio con la  stampa. Una scelta, spiega Pisapia, dettata "non da stanchezza" ma da  "coerenza". Una decisione attesa da settimane, quella del sindaco. Perché, a poco più di un anno dalla fine del mandato della giunta arancione, sembra passata un'era geologica dal quel 2010-2011, quando il Pd viveva un periodo difficile, tanto che alle primarie per il candidato sindaco l'uomo scelto dai democratici, Stefano Boeri, era stato battuto da Giuliano Pisapia, candidato molto più vicino a Sel. Toppo forte, a livello nazionale, il Pd dopo il 41% alle Europee dello scorso maggio, perchè gli arancioni possano tenere le redini della città. L'ordine di "sgombero" deve aver avuto carattere imperativo, se Pisapia ha dovuto fare l'annuncio addirittura prima dell'inizio di Expo, che per Milano rappresenta l'evento più importante dal dopoguerra a oggi. E poi c'è l'intera area degli arancioni che è andata in crisi, se si considera anche il fallimento di De Magistris a Napoli.

Socci scrive a Guccini: Caro Francesco, ti spiego perchè Dio non è morto e perchè il Papa non è Dio

Socci a Guccini: dici che Dio è morto e poi esalti Papa Francesco

di Antonio Socci 


Antonio Socci 

Caro Francesco Guccini,

già a 16 anni amavo le tue canzoni (e il tuo poetare “di-vino”) e mi fa un po’ ridere scoprire che ti sia messo a parlare di me in tv, perché in fondo mi penso sempre come il figlio di un minatore delle colline senesi. Tu nel ’74 eri già un mito (disgraziatamente di sinistra) quando io imparavo la fede cattolica e il disgusto del comunismo da mio padre, fiero militante democristiano che aveva rischiato grosso prima con i rastrellamenti dei tedeschi poi con le elezioni del 1948, ed era scampato in miniera agli scoppi di grisù (lui ebbe “solo” una mano tranciata).Ed oggi eccoti sulla tv dei vescovi che mi impartisci lezioni di “francescomania” (dove Francesco sta per papa Bergoglio e non per Guccini o per Totti).

Mi fa tenerezza vedere con quanto imbarazzo ti fai vestire da zuavo pontificio, tu che cantavi «Venite gente vuota, facciamola finita,/ voi preti che vendete a tutti un’altra vita;/ se c’è, come voi dite, un Dio nell’infinito,/ guardatevi nel cuore, l’avete già tradito». Proprio nei giorni in cui si scopre la storia tragicomica delle musicassette degli Inti Illimani e di Guccini ascoltate dai brigatisti rossi nei tristi anni Settanta, qualcuno ti vorrebbe - tu, ironico cantastorie d’Appennino - come gentiluomo di Sua Santità. Cito da La Stampa il resoconto di quell’intervista: «Guccini ribadisce a Tv2000 di non essere “mai stato un anticlericale militante”, anche se rivela, a proposito di Francesco, di non avere “simpatie per quelle gerarchie ecclesiastiche che lo stanno contrastando. Non capisco neppure il perché addirittura dell’astio” di alcuni (cita il giornalista e scrittore Antonio Socci) che “hanno una visione diversa della Chiesa e del Papa”. Forse perché “sta rivoluzionando. Dicono che sia una rivoluzione apparente, ma invece credo sia vera e sentita, la sua non è un’operazione furba”».

Intanto le “gerarchie ecclesiastiche” di cui tu parli sono proprio quelle che hanno “vestito di bianco” il cardinal Bergoglio, quelle che oggi lo acclamano, mostrando un duro cipiglio inquisitoriale verso i pochi temerari che osano esprimere qualche perplessità (per me poi c’è già un marchio d’infamia). Mi spiace sentire che pure tu ti unisci alla reprimenda della Corte contro i rarissimi dissidenti. In secondo luogo io non ho affatto una “mia” idea del papa e della Chiesa, ma ho semplicemente ricordato l’ “idea” di Colui che tu chiami “Cristo la tigre”, Colui che ha istituito la Chiesa e il papato: l’idea che si trova espressa in duemila anni di magistero e che nessuno - nemmeno questo papa - ha il potere di “rivoluzionare”. Infine, da giornalista, ho segnalato che le procedure seguite al Conclave del 2013 violano le norme e quindi potrebbero aver prodotto un’elezione nulla.

Nell’intervista tu dici: «Adesso è nata questa polemica su questo libro che Socci ha scritto; non riesco a capire il perché di questo astio nei confronti del papa». Mi piacerebbe sapere se il libro lo hai davvero letto, caro Guccini. Parliamone attorno a un bicchier di vino. Ma sentimenti come l’astio appartengono all’album di famiglia delle ideologie (come sai), non al mio. Io sono semplicemente fedele al cristianesimo che mi è stato insegnato, quello di sempre, quello dei martiri, dei santi, dei nostri avi e dei grandi artisti come il tuo Wiligelmo o Lanfranco o l’Antelami. E per questo ogni giorno, a messa, prego - e offro i pesi che sopporto - per papa Bergoglio.

Questa è un’epoca scristianizzata, ma clericale. Molti credono che essere cattolici significhi praticare una sorta di culto della personalità papale. E molti laici sono ancor più zelanti nella papolatria. Ma in realtà diventando cristiani ci si scopre uomini liberi e si assapora quella libertà dei figli di Dio che il mondo neanche immagina. Anche libertà dalla corte pontificia. Nel Medioevo fior di santi ci hanno testimoniato questa libertà, da san Pier Damiani a san Bernardo di Chiaravalle, da san Bruno a santa Caterina e santa Brigida: si rivolgevano ai papi del loro tempo (e alla loro Corte) con parole che a noi scandalizzerebbero. Dante colloca molti papi nell’Inferno e su quello vivente, Bonifacio VIII, che accusa di simonia, fa dire a san Pietro parole terrificanti: «Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,/ il luogo mio, il luogo mio, che vaca / ne la presenza del Figliuol di Dio,/ fatt’ ha del cimitero mio cloaca /del sangue e de la puzza; onde ’l perverso/ che cadde di qua sù, là giù si placa». I medievali sapevano distinguere l’uomo dall’ufficio e potevano fulminare l’uomo con parole di fuoco, ma rispettando profondamente l’ufficio di Pietro. Io non userei mai quelle tremende espressioni, ma noto che il poema dantesco è stato esaltato dalla Chiesa come scrigno di teologia cattolica. Questa è la libertà dei figli di Dio.

Tu dunque ti dici grande ammiratore di papa Francesco e ciò mi rallegra. Poi aggiungi che sei non credente, agnostico come tanti e non riesco a pensare che il papa possa gioirne. Un cristiano non è felice di essere preferito a Cristo. Noi cristiani siamo tutti come l’asino su cui Gesù fece l’ingresso messianico a Gerusalemme. Nessun ciuchino può credere che gli “osanna” siano rivolti a lui: sono per il “Re umile” di Nazaret. E se qualcuno - come oggi accade - rimanesse affascinato da noi somarelli, anziché da Lui, «il più bello fra i figli dell’uomo», gli chiederemmo di aprire gli occhi, la mente e il cuore perché sta prendendo un abbaglio. Sulla fede hai un’idea sbagliata, quasi che si nascesse credenti o atei, come si nasce alti o bassi per natura. Ma non è così. La fede è un’esperienza per tutti ed è la festa della ragione. Tu affermi: «Io non sono ateo, ma sono agnostico. L’agnostico è più inquieto, non dice “Dio non c’è”, ma piuttosto “boh”». Certo, si può dire “boh” di fronte a una notizia, ma se è una notizia che ci riguarda, che riguarda ciò che abbiamo di più prezioso, è razionale e umano andare a verificarla: perché se è vera cambia tutta la vita.

Una tua canzone dice: «Ma bella più di tutte/ l’isola non trovata…/Il Re di Spagna fece vela/ cercando l’isola incantata,/ però quell’ isola non c’era/ e mai nessuno l’ha trovata:/ svanì di prua dalla galea/ come un’ idea,/ come una splendida utopia,/ è andata via e non tornerà mai più...». Ricevere l’annuncio cristiano è come essere raggiunti dalla notizia della scoperta di quell’isola che è il senso della vita. L’atteggiamento razionale è quello di chi vuol capire e verificare, ascolta i testimoni, guarda le immagini di quel mondo, infine parte e va a vedere quella nuova terra di persona. È esattamente quello che Gesù chiede fin dall’inizio del Vangelo: «Vieni e vedi». Ciò che la Chiesa ha anche tradotto così: «credi per capire», «coinvolgiti in una vita per toccare con mano». Mi pare irrazionale chi, pregiudizialmente, decreta che non è possibile che ci sia quell’isola e si copre gli occhi per non vedere e si tappa le orecchie per non sentire i testimoni e si rifiuta di partire. E dice “boh”, sprofondando in un triste scetticismo. Eppure è la terra che ci era sempre stata promessa, quella che da sempre avevamo desiderato e cercato con tutto il cuore. La nostra barca non può restare in porto con le vele arrotolate come nella poesia di Edgar Lee Masters.

Proprio tu, caro Guccini, con le tue canzoni, così intrise di Leopardi e di Gozzano, ci hai risvegliato la nostalgia di quell’isola, hai fatto innamorare la mia generazione delle vere, grandi domande della vita che urgevano nel cuore, sotto la coltre delle ideologie. Per questo a 18 anni, al liceo, io scrissi il mio primo volantino, firmato “Comunione e liberazione”, tutto con brani delle tue canzoni. Sorridendo dico che sei stato il mio Virgilio: «Facesti come quei che va di notte,/ che porta il lume dietro e sé non giova,/ ma dopo sé fa le persone dotte» (Pg XXII, 67-69). Ecco perché mi stringe il cuore quel tuo “boh”. Non è alla tua altezza. Tu sei di più.

Ora i giudici terrorizzano Ilda la rossa: cosa sta succedendo alla Boccassini...

Ilda Boccassini: "La responsabilità civile dei giudici? Temo la cattiveria dei miei colleghi"





Si parla della responsabilità civile dei giudici. A parlarne è una (terrorizzata) Ilda Boccassini. Già, perché Ilda "la rossa" non si fida. Di chi? Semplice, dei suoi colleghi. La pasionaria anti-Cav del pool di Milano, insomma, teme proprio le toghe. Lo spiega nel corso di un incontro a Bergamo con gli studenti del Liceo scientifico Mascheroni, dove all'ordine del giorno c'è proprio la riforma sulla responsabilità civile che obbligherà le toghe a rispondere in caso di errori. "Sembra che tutto si riduca alla lunghezza delle ferie e alla responsabilità civile dei giudici - spiega la Boccassini -, e non si capisce perché all'improvviso si tiri fuori questo argomento vent'anni dopo il referendum. Certo che chi sbaglia deve pagare, ma chi dovrà giudicare un ricco e potente, che potrà fare causa, contro uno che non lo è, lo farà ancora in modo sereno? Del resto all'interno della magistratura abbiamo già organismi di disciplina". Ma, si diceva, i timori di Ilda. Timori che esprime parlando proprio di un procedimento contro di lei: "Proprio in questi giorni - ha spiegato la pm del processo Ruby - ne è stato aperto uno nei miei confronti sulla base della segnalazione di un avvocato di un processo per mafia. Non mi preoccupa per niente, tanto che sono scoppiata a ridere quando è arrivato. Ma poi ho riflettuto che un altro magistrato ha deciso di dare più credito a questo avvocato piuttosto che a me. E di fronte alla prospettiva della responsabilità civile io tempo soprattutto la cattiveria dei miei colleghi". Boccassini teme insomma invidie e vendette da parte delle toghe...

L'azionista del Fatto: giornale illeggibile Poi la lettera di rettifica tutta da ridere

Gaffe sul "Fatto lettura insopportabile": la rettifica è da ridere





Oggi tanti giornali hanno riportato la sua gaffe. Ma la lettera che scrive per metterci una pezza sa tanto di unghie sugli specchi, da parte dell'azionista del Fatto Quotidiano che aveva definito il giornale diretto da Marco Travaglio una "lettura insopportabile". Bruno Tinti, azionista e fondatore del quotidiano, ha preso carta e penna e scritto una missiva al sito dagospia.com, il primo che aveva scovato la sua imbarazzante e-mail, in cui il magistrato Tinti si rivolgeva a un collega ma avendo sbagliato a digitare il destinatario aveva di fatto inviato la critica al Fatto a una marea di gente.

"Egregio Direttore - scrive oggi - le scrivo con riferimento al vostro articolo “Editoria in allegria”. La mail che avete pubblicato è vera; l’interpretazione che ne avete dato necessita di un chiarimento. Ciò perché Dagospia ne ignora il contesto.  Felice Lima (il destinatario inteso della mail, ndr) e io siamo molto amici; condividiamo idee e principi. E’ avvenuto però che, qualche giorno dopo la pubblicazione su Il Fatto di un articolo di Antonio Massari dal titolo “Milo, il giudice che già salvò Craxi” (12 marzo), ci siamo messi a litigare (amichevolmente). Io sostenevo che si trattava di un pezzo insinuante, ammiccante e malizioso (esattamente in questi termini avevo espresso la mia opinione al Direttore Travaglio); Lima ne condivideva il contenuto. (...). Un paio di giorni dopo Lima ha commentato negativamente una mail di un collega, Carrelli Palombi, apparsa sulla lista dell’ANM; una delle (sue e mie) tante critiche al CSM. Gli ho scritto “Felice, sei grande” e, con l’occasione gli ho scherzosamente ricordato il nostro dissenso di qualche giorno prima: “se vuoi ti mando i miei articoli così non devi comprare il Fatto che io ritengo insopportabile”. Mi riferivo ovviamente all’articolo di Massari e, come ho detto, si trattava di uno scherzo: Lima non compra il Fatto, è abbonato, non avrebbe avuto senso l’invito a non acquistarlo. La mail era privata: io non scrivo più sulle mailing list dei magistrati da quando sono in pensione. Ma ho sbagliato e, invece di cliccare su “rispondi” ho cliccato su “rispondi a tutti”. (...). Dunque la mia non sopportazione del giornale su cui scrivo era un’iperbole scherzosa (...).

La Lazio vola, la Roma risponde Corsa Champions infuocata. Inter ko

Serie A: vincono Roma e Lazio, perde ancora l'Inter





Lo scudetto, quello, è andato. Ma alle della Juventus diventa rovente la sfida tra le inseguitrici per i posti che danno l'accesso alla Champions League. Chi dava la Roma per spacciata e pronosticava per il turno di oggi il sorpasso ai danni dei giallorossi da parte della Lazio, si è dovuto ricredere. I biancazzurri di Pioli, infatti, hanno sì battuto il Verona all'Olimpico grazie alle reti dell'ormai solito Felipe Anderson e di Candreva (4' e 41' del primo tempo). Ma la Roma ha risposto a tono, imponendosi per 1-0 a Cesena grazie alla rete di De Rossi (41' pt). Alle spalle delle due romane perde il quarto posto a vantaggio della Sampdoria il Napoli, che al San Paolo contro l'Atalanta non è andato oltre l'1-1, trovandosi pure a inseguire la rete bergamasca di Pinilla, cui ha messo rimedio Zapata.  Un Parma ormai definitivamente travolto dalle vicende societarie, nella settimana che ha visto decretato ufficialmente il fallimento della società, ha perso in casa col Torino per 2-0 con reti di Lopez e Basha. Pareggio per 2-2 tra Udinese e Fiorentina, grazie alle reti di Wague e Kone per i friulano e la doppietta di Mario Gomez per i viola. Male ancora l'Inter, che sembra avviluppata in una crisi anche pggiore di quella dei cugini del Milan. Mancini è uscito sconfitto anche da Marassi. La rete doriana che vale il quarto posto per i blucerchiati è stata siglata al 20' del secondo tempo da Eder.

La classifica della Serie A: Juventus 67 punti; Roma 53; Lazio 52; Sampdoria 48; Napoli 47; Fiorentina 46; Torino 39; Milan 38; Genoa e Inter 37; Palermo 35; Empoli e Udinese 33; Chievo, Sassuolo e Verona 32; Atalanta 26; Cagliari e Cesena 21; Parma 9.

Una nuova tassa su ogni viaggio Ecco le destinazioni col balzello

Una tassa di 2 euro a passeggero per le città metropolitane





Il presidente dell'Anci, Piero Fassino, sta preparando una sorpresona nell'uovo di Pasqua dei viaggiatori italiani. L'associazione dei Comuni ha inserito nella bozza di decreto enti locali proposta al governo una tassa da far pagare a chi si imbarca su aerei e navi delle principali città italiane. Un balzello da 2 euro per passeggero che servirà a finanziare le costituende città metropolitane, già con i bilanci inguaiati dai debiti ereditati dalle province di cui hanno preso il posto.

Come funziona - Chi viaggia in aereo troverà la tassa applicata nei diritti di imbarco, quindi riscossa dai gestori dei servizi aeroportuali. La sostanza cambia poco per chi si sbarca dalle navi, la differenza sta solo nel fatto che a riscuotere il balzello saranno le compagnie di navigazione. In entrambi i casi il sovraprezzo graverà sui biglietti, quindi a sborsare sarà l'inconsapevole turista che arriva nella grande città. Esclusi per il momento, scive Italia Oggi, i residenti, i lavoratori e i pendolari.

Dove - Rientrano tra le destinazioni tassabili anche le città metropolitane istituite nelle regioni a statuto speciale. All'elenco già nutrito con Roma, Napoli, Milano, Torino, Bari, Firenze, Bologna, Genova, Venezia e Reggio Calabria, si v
anno ad aggiungere Cagliari, Messina, Palermo e Catania.

domenica 22 marzo 2015

Il colpo di scena di Silvio Berlusconi: quattro donne (per far fuori pure Salvini)

Forza Italia, l'idea di Silvio Berlusconi: quattro donne per sfidare Matteo Salvini

di SA.DA



Raffaele Fitto minaccia: «Se dalle liste di Forza Italia saremo esclusi, se si continua con questo gioco suicida, saremo obbligati a difenderci e a fare rapidamente le nostre valutazioni, in tutte le direzioni», valutando anche l’opportunità di candidare se stesso in Puglia. Ma da Arcore nessuno raccoglie il guanto di sfida. Anzi, l’ordine è quello di evitare nuove polemiche: «Sono certo che non ci saranno epurazioni precostituite», dice Giovanni Toti, invitando i fittiani «a non fare i martiri prima di essere perseguitati». Perché questo, assicura il consigliere politico berlusconiano intervenendo alla convention degli ex An, è il «momento dell’unità».

Perlomeno quella interna. Perché, di fronte all’impossibilità di tenere unito il centrodestra, Berlusconi è solleticato dalla tentazione di una corsa solitaria. Mettendo in campo un poker di donne: Deborah Bergamini (Toscana), la giornalista Mediaset Ilaria Cavo (Liguria), Elisabetta Gardini (Veneto), Mara Carfagna (Campania). Il fatto è che Silvio non sopporta più i ricatti di Matteo Salvini, anche se rimane in ballo l’ipotesi che i due oggi o domani possano incontrarsi. «La Lega alza troppo la posta, tra un po’ presenteranno una candidatura anche per la Casa Bianca», ironizza Maurizio Gasparri. Il vice presidente del Senato, insieme con Altero Matteoli, anima un convegno di ex An da cui parte l’invito all’unità del partito e del centrodestra. Se ci si riesce: «È vero», spiega Gasparri, «il nostro obiettivo è unire la coalizione, ma ci dobbiamo credere tutti».

Sempre a Roma si riuniscono i “ricostruttori”. «La logica di un partito», spiega Fitto, «è quella di includere, ma dal Veneto alla Puglia mi sembra che i segnali vadano nella direzione opposta». In Puglia, attacca Fitto, ci sono stati «nuovi commissariamenti» e questo è «un gioco suicida» che «non può continuare». Dal convegno della Fondazione delle Libertà e di Italia Protagonista, replica Toti: «Chi minaccia di andarsene dal partito o di candidarsi in contrasto con questo se non vengono accettate le proprie idee, assomiglia un po’ ai bimbi dell’oratorio che quando non gli viene riconosciuto il ruolo di capitano della squadra se ne vuole andare con il pallone». 

Subito una nuova "poltronissima": dove può finire Lupi dopo le dimissioni

Maria Stella Gelmini: "Maurizio Lupi candidato sindaco a Milano? Perché no"





Sono in tanti ad attendersi una "deflagrazione" del Nuovo centrodestra, dopo le dimissioni di Maurizio Lupi dal ministero dei Trasporti. Il partito è ormai suddito e succube del Pd e di Matteo Renzi, ha ridottissimi margini di manovra all'interno del governo. Ma, soprattutto, elettoralemente conta pochissimo e la vicenda Lupi non farà altro che indebolirlo. Ora, è difficile che nei prossimi mesi si registrino clamorose fughe. Ma è assai probabile che la situazione cambi quando ci si avvicinerà al voto. Non per caso, dopo il caso-Lupi si sono levate più voci a chiedere una uscita dal governo. La volontà di riposizionamento spingerà alcuni verso loa parte moderata del centrodestra, ossia verso Forza Italia. E altri verso il Pd come è stato recentemente per i senatori di Scelta civica, altro partito in disfacimento. E da Forza Italia si guarda con attenzione e interesse a queste spinte centrifughe nel fronte alfaniano. Non a caso, a poche ore dalle sue dimissioni in Parlamento, Maria Stella Gelmini ha lanciato un appello all'ex ministro Maurizio Lupi. L'ex ministro, oggi coordinatrice azzurra in Lombardia, vorrebbe Lupi come "candidato sindaco di Milano per i moderati. E' stato vittima di un linciaggio mediatico, per noi è una persona onesta e perbene. Che possa essere il candidato sindaco del centrodestra moderato è una ipotesi che c'è sempre stata e che non viene meno per queste vicende".

Nell'inchiesta spunta l'amico di D'Alema: la "spintarella" del compagno di regate

Inchiesta Grandi Opere, spunta anche il compagno di regate di Massimo D'Alema






Tra le carte dell'inchiesta Grandi Opere spunta anche l'amico di Massimo D'Alema. Si parla di Roberto De Santis, l'imprenditore salentino da sempre vicino al democratico, il cui nome - non indagato - era comparso nell'indagine barese sulle escort che gravita attorno a Giampi Tarantini. Ma ora i fari sono puntati sull'inchiesta di Firenze. De Santis compare in scena a ottobre 2013, quando presenta all'imprenditore Franco Cavallo mister Luigi Fiorilli (lui indagato), amministratore delle Ferrovie del Sud Est. La ragione, secondo il Ros, sarebbe l'assunzione del nipote di Monsignor Gioia: "De Santis e Franco Cavallo si sono poi effettivamente incontrati due giorni dopo (giovedì 17 ottobre); questo incontro è finalizzato a far assumere un nipote di mons. Gioia, tramite Fiorillo", spiega sempre il Ros. E così, pochi giorni dopo, Cavallo pare volersi sdebitare con De Santis, proponendo di presentargli il sottosegretario Stefano Salvi, indagato.

Il misterioso "quello" - Quindi si passa al 19 marzo 2014, quando come sottolinea Il Giornale Cavallo chiede a De Santis "di fare in modo che all'incontro con il ministro Lupi previsto per la sera partecipi quello di cui hanno parlato in mattinata". E secondo gli inquirenti "quello" sarebbe un tal Nino, che ha un telefono intestato alla società Traforo del Frejus: i due fissano un pranzo per il 25 marzo. Ad aprile è Rocco Girlanda che chiede a Cavallo il nome "dell'amico di Umberto", che sarebbe il sottosegretario Del Basso De Caro, e Cavallo risponde: "Roberto De Santis". E ancora, l'"uomo di Lupi" parla proprio del "compagno di regate" di D'Alema con Perotti, ad aprile 2014, accennando alla costituzione "di un consorzio con tale Vito, cui è interessato anche De Santis". Per ultimo, a settembre scorso, De Santis invita Cavallo a un pranzo a tre con Fiorillo per "focalizzare una cosa che questa estate, diciamo, stando in compagnia (...) ho pensato alcune cose che poi del tutto casualmente anche Luigi ha iniziato a ragionare su questa cosa". De Santis, il compagno di regate di D'Alema, non è indagato, ma la procura fiorentina lo ha fatto perquisire proprio per il legame con Cavallo, tanto che anche i contenuti del suo smartphone e iPad sono stati copiati.

D'Alema spara su Renzi: "Un arrogante" La replica: "Sono toni da rissa da bar"

Pd, Massimo D'Alema contro Matteo Renzi: "Partito gestito con arroganza". E Matteo Orfini: "Toni da rissa da bar"






La minoranza Pd, capeggiata da Massimo D'Alema, spara contro Matteo Renzi. "Io penso che dobbiamo trovare un nuovo modello organizzativo anche per quello che riguarda i tesseramenti. Non tessere degli iscritti alle correnti del Pd. Per favore, no. Ma creare una vasta associazione di rinascita della sinistra che non sia un nuovo partito politico, ma uno spazio di partecipazione per tante persone", ha spiegato Baffino, lanciando dunque una vasta associazione di "rinascita della sinistra". D'Alema poi continua: "Se stiamo al numero degli iscritti al Pd non è un grande partito, i Ds avevano 600mila iscritti. Stiamo assistendo ad un processo di riduzione della partecipazione politica che non solo non è contrastato ma è perseguito". Per il presidente di Italiani europei "tra i tantissimi che se se ne vanno e quelli che vengono da fuori è un saldo che difficilmente può essere considerato su quantità e qualità positivo".

Bordate di Baffino - L'intemerata anti-Renzi di D'Alema prosegue, e il dissidente si chiede "quale sia il destino di un partito senza popolo ma anche il destino di un popolo senza partito". E ancora: "Condivido l’idea di dare battaglia in questo partito ma in questo partito si vince giocando all’interno e all’esterno, Renzi è sostenuto anche da forze che non sono iscritte al Pd, il sistema delle Leopolde si va diffondendo in tutto il paese". Dunque D'Alema propone un'associazione della minoranza del Pd, premettendo che "non approvo il fatto che ci sia più di una minoranza. Questa parte del Pd - continua - può avere peso se raggiunge un certo grande di unità nell’azione altrimenti non avrà alcun peso. Bisogna darsi degli strumenti in cui ci si riunisce si cerca punto di mediazione e si definisce una posizione comune".

Le reazioni - Subito dopo le parole di D'Alema, arrivano quelle di Pier Luigi Bersani, che sposa le posizioni di Baffino: "D'Alema ha detto una cosa sacrosanta. Nel Pd c'è molta gente in sofferenza e disagio. Dobbiamo trovare il sistema, anche dal punto di vista organizzativo, per dialogare con questa gente". Ai cronisti che gli chiedevano se l'intervento di D'Alema fosse da considerare come una mano tesa a Maurizio Landini, risponde: "Conoscendolo, non credo proprio". La risposta dei renziani arriva poi da Matteo Orfini, che boccia la linea dei dalemiani: "Dispiace che dirigenti importanti per la storia della sinistra usino toni degni di una rissa da bar. Così si offende la nostra comunità". Per ultima la bordata del vicesegretario Lorenzo Guerini: "Renzi ha stravinto il congresso e portato il Pd al 41% per cambiare l’Italia dove altri non sono riusciti, qualcuno se ne faccia una ragione".

L'azionista del "Fatto" sbaglia mail ...e demolisce il direttore Travaglio

Fatto quotidiano, l'azionista magistrato Bruno Tinti scrive per email: "Quel giornale è una lettura insopportabile"





Basta un attimo di distrazione e una rubrica indirizzi un po' incasinata perché un'email vada a finire alle persone sbagliate, o almeno indesiderate, così da far emergere verità inconfessabili. La svista clamorosa è successa all'ex magistrato Bruno Tinti, collaboratore del Fatto quotidiano, di cui è stato fondatore e azionista con l'8% di quote in tasca. Un'email privata di Tinti diretta a un amico è diventata pubblica a sua insaputa, avendola ricevuta qualche migliaio di magistrati.

La gaffe - Tinti scrive rivolgendosi all'ex collega Felice Lima, riporta Dagospia, e gli comunica di averlo inserito in una ristretta cerchia di destinatari dei suoi articoli in anteprima: "Se ti va - scrive Tinti - li puoi leggere senza comprarti il Fatto che, almeno per me, è diventato una lettura insopportabile". Peccato però che l'email non sia arrivata soltanto a Lima, ma a tutti gli iscritti alla mailing list dell'Associazione nazionale magistrati. E neanche a dirlo, quando una cosa del genere finisce nelle mani delle toghe, difficile che al Fatto non lo vengano a sapere. Una bella botta di imbarazzo per il giornale diretto da Marco Travaglio, già in fibrillazione per la prossima quotazione in Borsa. Se al Fatto cercavano un testimonial per la pubblicizzare lo sbarco a piazza Affari, forse è il caso di estendere la ricerca fuori dalla cerchia degli ingrati azionisti alla Tinti.

La tua casa in cambio di un vitalizio: così il mattone diventa un bancomat

Finanziamenti, via libera al prestito vitalizio: la casa diventa un Bancomat

di Francesco De Dominicis 



Gli ultrasessantenti da ieri hanno un’opportunità in più per mettersi in tasca un po’ di quattrini (ma non a costo zero). Soldi da spendere, in modo da affrontare con maggiore serenità economica la vecchiaia. Una sorta di pensione integrativa che potrà essere ottenuta ipotecando una fetta della casa di proprietà. Attenzione: non si tratta di un regalo. Si chiama prestito ipotecario vitalizio ed è uno strumento introdotto con una norma approvata definitivamente ieri dal Senato che consente, in buona sostanza, di convertire parte del valore di un immobile in liquidità per far fronte a esigenze di consumo.

Il meccanismo lo ha illustrato Mauro Maria Marino, presidente della commissione Finanze del Senato. Viene di fatto trasformato «il prestito vitalizio ipotecario in una forma di finanziamento alternativa, a cui possono accedere tutti i cittadini di età superiore ai 60 anni e in possesso di un immobile». Questo credito speciale verrà erogato dalle banche come percentuale del valore dell’immobile ipotecato. L’ipoteca è una garanzia che non cancella il diritto di proprietà.

Il sistema è piuttosto semplice. Tuttavia bisogna valutare a fondo tutte le implicazioni e i rischi. La nuova legge consente alle parti (banca e cliente) di concordare le modalità di rimborso graduale di interessi e spese, senza che sia applicata la capitalizzazione annuale degli interessi. In questo caso, il soggetto finanziatore può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento - cioè quello avvenuto tra il 30 e il 180 giorno dalla scadenza della rata - se verificatosi almeno sette volte, anche non consecutivamente. Qualora il soggetto non concordi le modalità di rimborso graduale, la legge prevede tre casi per il rimborso integrale, cioè in un’unica soluzione: in caso di decesso del cittadino che ha ricevuto il finanziamento; se la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull’immobile vengono trasferiti anche solamente in parte; se si compiono atti tali da ridurre significativamente il valore dell’immobile, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi capaci di gravare sullo stesso. Qualora, a distanza di 12 mesi dal verificarsi di una di queste condizioni, il finanziamento non venisse rimborsato, il finanziatore vende l’immobile al valore di mercato, valore che si decurta del 15% per ogni dodici mesi, sino al momento della vendita.

Le nuove regole sono state accolte positivamente dall’industria bancaria del Paese. L’Abi valuta «molta positivamente» l’ok di palazzo Madama e ha fatto sapere che il testo è, di fatto, il frutto di un’intesa con una decina di associazioni di consumatori. Secondo la Confindustria del credito il pacchetto «rappresenta un giusto equilibrio tra le esigenze di trasparenza, consapevolezza e di tutela dei consumatori e la necessità di creare un prodotto che sia economicamente e finanziariamente sostenibile dal mondo bancario».

Non c’è dubbio che il prestito con casa ipotecata sia una nuova opportunità. Resta qualche dubbio. A cominciare dagli effetti prodotti sul mercato immobiliare dove, gioco forza, confluirà una quota più o meno rilevante delle case date in garanzia. Aumenterà l’offerta di mattone in un periodo non particolarmente favorevole e qualche ripercussione negativa potrebbe esserci pure per le nuove costruzioni.

sabato 21 marzo 2015

Il miracolo del sangue che si scioglie Dopo un secolo, ci è riuscito Francesco

Papa Francesco va a Napoli e San Gennaro fa il miracolo: sangue sciolto a metà
(Non accadeva dal 1848)





San Gennaro ha fatto il miracolo. E' bastato che Papa Francesco prendesse in mano la teca con la reliquia del santo protettore di Napoli, la baciasse, e il sangue di San Gennaro ha iniziato a sciogliersi. "Segno che San Gennaro vuol bene al Papa", ha commentato il cardinale Sepe dopo aver dato l'annuncio ai tanti fedeli che hanno partecipato in Duomo alla Venerazione della Reliquie. "Il vescovo ha detto che il sangue si è sciolto a metà, vuol dire che ci vuole bene a metà e dobbiamo essere più buoni, convertirci ancora", ha risposto Bergoglio. In realtà il fatto che il sangue apparisse in quel momento "sciolto a metà" non significa che quello di oggi sia un miracolo a metà, in quanto è l’inizio del processo che impiega normalmente alcuni minuti a sciogliersi. Nelle precedenti visite dei Papi a Napoli, il fenomeno dello scioglimento del sangue si era verificato solo con Pio IX nel lontano 1848. Non era successo con Giovanni Paolo II, nè con Benedetto XVI.

Caivano (Na), ultim'ora: domanda "trasparenza" ai candidati Sindaco

Caivano (Na), ultim'ora: Candidati Sindaco a confronto


 a cura di Gaetano Daniele 



Dott. Luigi Sirico
Candidato Sindaco PD

Dott. Sirico, ancora trasparenza: è disposto a rendere pubblica la sua dichiarazione dei redditi? ed in più garantisce che lo facciano anche i suoi eletti? 

Si. Credo sia un obbligo di legge. Nel momento in cui si è eletti è obbligatorio farlo, soprattutto per rispetto di chi ha riposto in noi la sua fiducia.

Dott. Sirico,  la Provincia non paga le bollette elettriche da anni (circa 250 mila euro), il Comune chiude per 4 giorni il Liceo scientifico Braucci, e fa staccare i contatori ad esso intestati. Come spiega tutto questo? 

Le rispondo con un po di ritardo e me ne scuso. Ma non è stato per cattiva volontà. Come è mio costume, prima di dire la mia, ho voluto costatare di persona la situazione e leggere un pò di carte. Non mi piace parlare per slogan o per sentito dire. La verità delle argomentazioni deve essere il principio fondante di chi si candida a governare un Paese. Per questo stamane mi sono recato al Liceo Braucci dove ho incontrato il preside Prof. Giovanni La Montagna, al quale ho espresso tutta la mia solidarietà. La prima impressione è stata di desolazione. Vedere una scuola deserta, senza alunni, il sabato mattina, è una sconfitta per un Paese Civile. In un territorio difficile come il nostro le scuole sono un presidio di cultura e legalità, che non possiamo permetterci di chiudere, neanche per un giorno. Invece è proprio quello che è successo, per insipienza, per cattiva amministrazione, per la sciatteria dell'Ente Provinciale, che tra le poche cose di sua competenza, ha la gestione degli istituti superiori. Ma veniamo al merito. Esiste tra il Comune di Caivano e la Provincia di Napoli (ora Città Metropolitana), una convenzione di comodato d'uso, in base alla quale la spesa per le utenze è a carico della Provincia (art. 9 della Convenzione). Durante questi anni il Comune, intestatario dei due contatori della scuola, ha pagato le bollette per la fornitura elettrica, ma la Provincia, nonostante i vari solleciti, non ha mai provveduto a rimborsare il Comune. A questo punto, il Comune di Caivano ha chiesto il distacco del contatore che alimenta l'illuminazione esterna e gli impianti, e tra questi le pompe antincendio, senza le quali, per ragioni di sicurezza, la scuola non può essere utilizzata. Il distacco del secondo contatore, che alimenta l'impianto interno è previsto per giugno. Nel frattempo la Provincia aveva risposto al Comune, con una nota del 17.03.2015, dove annunciava il prossimo pagamento del consumo elettrico per l'anno 2014 pari a 17.618,18 euro e la prossima voltura dei contatori in carico direttamente alla Città Metropolitana (ex Provincia). Per ragioni di sicurezza il Commissario Prefettizio è stato però costretto ad ordinare la chiusura della scuola, fino a mercoledì prossimo. Io credo, che al netto del disastro combinato dalla Provincia, il Comune avrebbe potuto soprassedere ancora un pò prima di arrivare a questa soluzione drastica. Ma ora, al di là del solito rimballo di responsabilità, la prima cosa da fare e subito: è riaprire la scuola. Magari chiedendo alla Città Metropolitana di allacciare anche gli impianti sul contatore ancora in uso, se è tecnicamente possibile. Poi regolarizzare la situazione con i pagamenti che la Città Metropolitana deve al Comune e con la voltura dei contatori. La scuola deve riprendere a funzionare regolarmente subito e di questo intendo occuparmi. Questi i fatti. Ma poi viene spontanea qualche riflessione. La amministrazione provinciale guidata ahimè dall'on. Luigi Cesaro è stato un disastro e la vicenda della Braucci di Caivano è solo uno delle tante vicende di una gestione fallimentare. Ma nel Consiglio provinciale sedevano in maggioranza due consiglieri di Caivano, grandi sostenitori di Cesaro: un sindaco e un mancato sindaco. Possibile che in 5 anni non abbiano trovato il tempo e il modo di occuparsi di questa vicenda? Evidentemente, avevano cose più importanti da fare, forse: sostenere a tutti i costi l'on. Cesaro, tanto da dimenticarsi anche degli studenti del proprio amato e decantato Paese, Caivano. E pensare che c'è ancora qualcuno che nutre qualche dubbio sulla bontà della riforma di Renzi, che finalmente ha cancellato le Province. Almeno con quei soldi potremmo pagare qualche bolletta della luce.





Dott. Giuseppe Papaccioli
Candidato Sindaco (Noi con Papaccioli)

Dott. Papaccioli, ancora trasparenza: è disposto a rendere pubblica la sua dichiarazione dei redditi? ed in più garantisce che lo facciano anche i suoi eletti? 

Non ci sono problemi anzi, mi sembra una iniziativa di trasparenza, ma d'altra parte l'Azienda Sanitaria già in passato ha reso pubblici gli stipendi dei Dirigenti. Io vado oltre, faccio una proposta ufficiale: tutti gli eletti devolvano i propri emolumenti netti per borse di studio agli studenti di Caivano che si diplomino col massimo dei voti alla maturità. Rendiamo pubblici i verbali dei lavori delle commissioni consiliari così si valuta anche il contributo dei singoli consiglieri alla gestione del bene comune. Pubblici siano anche gli stipendi dei dirigenti comunali. Si introduca un sistema di premialità per cui chi fa una maggiore raccolta differenziata paghi meno di tassa sulla spazzatura. Nelle mense scolastiche chi ha reddito più alto paghi di più e chi non ha reddito o reddito basso non paghi il ticket. Incentiviamo l'uso delle biciclette all'interno del perimetro urbano. Istituiamo un registro anonimo dei dati tumorali che sia pubblico studiando un regolamento ed una collaborazione  con l'azienda sanitaria.

Dott. Papaccioli,  la Provincia non paga le bollette elettriche da anni (circa 250 mila euro), il Comune chiude per 4 giorni il Liceo scientifico Braucci, e fa staccare i contatori ad esso intestati. Come spiega tutto questo? 

Per me i Giovani ed i bambini sono il motivo principale dell'azione amministrativa e sono un investimento per il futuro! La loro formazione e il dare loro gli strumenti per affrontare la vita sono elementi fondamentali per costruire un degno futuro! La Provincia ed i suoi rappresentanti che non rispondono ai loro doveri istituzionali ha FALLITO, il fallimento di questi enti e di questi uomini non lo possono pagare i giovani caivanesi che meritano ogni migliore opportunità. Fino ad oggi si pagava la bolletta agli zingari ed alle scuole dei caivanesi no, una sola parola: vergogna!




Dott. Simone Monopoli
Candidato Sindaco F.I

Dott. Monopoli, ancora trasparenza: è disposto a rendere pubblica la sua dichiarazione dei redditi? ed in più garantisce che lo facciano anche i suoi eletti? 

La pubblicazione della dichiarazione dei redditi è già prevista dalla legge sulla trasparenza. Quindi la mia situazione contributiva è già pubblica da cinque anni sia sul sito dell'ente Provincia che su quello dell'ente Comune

Dott. Monopoli,  la Provincia non paga le bollette elettriche da anni (circa 250 mila euro), il Comune chiude per 4 giorni il Liceo scientifico Braucci, e fa staccare i contatori ad esso intestati. Come spiega tutto questo? 


Per impegni istituzionali e di lavoro, il dott. Simone Monopoli ci comunica che risponderà alle nostre domande quanto prima. 

Liti e accuse: Ncd va in pezzi Parte la campagna acquisti di FI

Liti e accuse: Ncd va in pezzi Parte la campagna acquisti di FI







Quel foglietto "Lupi. onesto, affidabile, ecc..." che ieri Angelino Alfano fingeva di tenere per caso in mano con la chiara intenzione, invece, di mostralo a telecamere e fotografi, è una foglia di fico. Quella dietro la quale si nasconde un partito, Ncd, in pezzi. Un partito troppo debole per difendere un proprio ministro al governo. E che dopo le dimissioni di Maurizio Lupi è ancor più dilaniato da divisioni interne. Solo Nunzia De Girolamo ha preso apertamente le difese di Lupi- Gli altri si sono limitati a parole di circostanza. Il perchè lo spiega bene oggi su Repubblica Stefano Folli nella sua consueta nota politica: il ramo grosso, cioè Lupi e il suo importante ministero, è stato segato per nfar sopravvivere l'albero, cioè Angelino Alfano e il suo ministro dell'Interno). E con esso tutto il partito, visto che la vocazione governativa è oggi l'unica ragione d'esistere per il partito dell'ex delfino del Cavaliere.

La prospettiva, per la banda - Alfano, non è delle più rosee, sul medio termine. I posti nel governo e in Parlamento sono un collante a medio termine, ma in prospettiva la nuova legge elettorale, l' Italicum, farà emergere le divisioni interne. "Nessuno si stupirebbe se Lupi e altri rientrassero nel centrodestra, magari per rafforzare le correnti moderate che temono di essere schiacciate dalla rincorsa di Berlusconi a Salvini. Viceversa, c' è chi troverà accoglienza nella lista elettorale del Pd, forse con la formula della candidatura indipendente. C' è il precedente di Scelta Civica che fa scuola e non è un caso. La legge elettorale con premio alla lista vincente trasforma il Pd in una potente calamita" scrive ancora Folli.

Dopo Tunisi, alto rischio emulazione: ecco gli obiettivi italiani dei terroristi

Terrorismo, l'allarme del Viminale: "Dopo Tunisi, in Italia rischio emulazione"





Vigilanza rafforzata dei possibili obiettivi a rischio, anche in considerazione della possibilità di atti emulativi. E' quanto dispone una circolare del dipartimento della pubblica sicurezza emanata dopo l'attentato di Tunisi. "Non potendosi escludere - si legge nel documento - che si possano determinare azioni improntate all'illegalità, anche a carattere emulativo". Si invitano prefetti e questori "a voler sensibilizzare ulteriormente le misure di vigilanza e sicurezza a protezione di obiettivi diplomatico-consolari, con particolare riguardo a quelli tunisini, a sedi istituzionali e ad ogni altro sito che si ritiene esposto a rischio".

Tunisi, il ritorno degli scampati italiani: "Spari e paura, era un incubo"

Attentato a Tunisi, tornati in Italia 132 passeggeri della Costa Crociere: "Spari e paura, un incubo"





Sono arrivati ieri a Genova intorno alle 12, all'Aeroporto Cristoforo Colombo, con un volo charter proveniente da Palma di Maiorca i 132 croceristi della Costa Fascinosa che si trovavano in vacanza a Tunisi e sono rimasti coinvolti nel sanguinoso attacco jihadista al Museo del Bardo che ha provocato 23 morti, 4 dei quali italiani. Accolti da una folla di parenti, amici e giornalisti. Abbracci, qualche lacrima, poca voglia di parlare. "Sapevamo che nostra figlia doveva andare al museo ma non abbiamo avuto notizie certe finché non le abbiamo parlato al telefono, alle 21.30. Ora vogliamo solo riabbracciarla". A parlare sono i genitori di una ragazza di 35 anni, Sara, genovese, uno dei 132 passeggeri di Costa Fascinosa presenti a Tunisi al momento dell'attentato.



Tra i passeggeri scesi a Genova molti al museo avevano preferito altre mete. Una signora con due bambini in carrozzella racconta: "Siamo andati a visitare Medina, come volevo io. Mio marito avrebbe preferito il museo, abbiamo anche un po' litigato, per fortuna mi si sono imposta, ne valeva la pena". Altri che erano andati a visitare la città per conto proprio si sono fermati e sono scesi dal taxi quando hanno sentito gli spari. Un imprenditore ittico di Varese quando ha visto elicotteri e ambulanze diretti verso il museo ha chiesto aiuto a un uomo del posto che parlava italiano, è riuscito a trovare un taxi e a farsi portare alla nave. "Volevo solo tornare alla nave e a casa", ha dichiarato ai giornalisti presenti all'aeroporto. Molti dei passeggeri sbarcati e circondati dai parenti non avevano voglia di parlare, qualcuno piangeva. Ad attenderli c'erano i bus del servizio allestito da Costa Crociere, diretti a Savona, Torino, Mestre, Milano e la Toscana. Altri passeggeri torneranno a casa con mezzi propri.

Pensioni, la Fornero punisce ancora: si alza di nuovo l'età per lasciare il lavoro

Pensioni, l'assegno arriva sempre più tardi: l'età sale a 66 anni e 7 mesi





Elsa Fornero ritorna: dal primo gennaio 2016 si dovranno attendere quattro mesi in più per andare in pensione. E' quanto risulta dall'adeguamento dei requisiti previdenziali all'aspettativa media di vita, introdotto da una legge del 2010 del governo Berlusconi con cadenza triennale. Una legge che fu accelerata proprio dalla riforma Fornero, che ha deciso che dal 2019 l'aggiornamento avvenga ogni due anni.

La ratio - Nella logica del legislatore l'adeguamento serve alla sostenibilità finanziaria del sistema, poiché più si allunga la durata di vita più tardi si va in pensione. E così ieri, giovedì 19 marzo, l'Inps ha diffuso la circolare applicativa dello scatto previsto dal primo gennaio 2016, deciso lo scorso dicembre con un decreto interministeriale dei dicasteri del Lavoro e dell'Economia sulla base dei calcoli Istat. I quattro mesi di ulteriore attesa si sommano al minimo d'età richiesta per la pensione di vecchiaia sia al minimo di anni di contributi necessario per la pensione anticipata.

I calcoli - In termini pratici dal primo gennaio 2016 ai dipendenti maschi, privati e pubblici, e anche ai lavoratori autonomi, per andare in pensione di vecchiaia non basteranno più 66 anni e sette mesi (oltre a un minimo di 20 anni di contributi). Lo stesso discorso vale per le lavoratrici dipendenti del pubblico impiego, mentre per quelle del settore privato l'aumento, che avverrà sempre nel 2016, sarà più pesante poiché segue un percorso di armonizzazione che prevede un aumento da 63 anni a 9 mesi, valido fino al termine del 2015, a 65 anni e 7 mesi. E ancora, analogo discorso per le lavoratrici autonome, che passano dagli attuali 64 anni e 9 mesi a 66 anni e un mese dal primo gennaio 2016.

I massimi - La norma fa scattare anche un aumento di 4 mesi sul massimo di età fino al quale il lavoratore dipendente può chiedere di restare in servizio: dal 2016 sarà di 70 anni e sette mesi. Quattro mesi in più pure per accedere alla pensione di vecchiaia prevista per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 sotto al regime del sistema contributivo: nel dettaglio si passa da 63,3 mesi a 63,7 mesi. In tutti i casi elencati, comunque, sono richiesti almeno 20 anni di contributi.

Boom della bolletta dell'acqua: ci costa più della minerale in bottiglia

Quasi raddoppiata in 5 anni la bolletta dell'acqua





Sarà che con la crisi molti italiani hanno preferito quella del rubinetto alla minerale. Fatto sta che, secondo i dati diffusi dall'Istat nella giornata mondiale dell'acqua, la bolletta del rubinetto è cresciuta vertiginosamente dal 2008 al 2013. La spesa mensile degli italiani alla voce "acqua per l'abitazione principale" è passata infatti da 12,16 a 21,18 euro, con una crescita di poco inferiore al 75%. Per l'acquisto di acqua minerale, sempre nel 2013, la spesa è invece scesa a 11,42 euro, il 4,5% in meno del 2012. Si tratta, quindi, di quasi la metà di quella sostenuta per il servizio di acqua per l'abitazione.

Come ottenere un aumento di stipendio Le dieci regole per strappare un "sì"

Lavoro, le 10 regole per avere un aumento di stipendio





I motivi per chiedere al proprio superiore ciò che secondo noi ci spetta sono tanti: un aumento di stipendio o un salto di qualifica per esempio. Ma un colloquio del genere non è mai facile, soprattutto non si sa bene come gestirlo per avere un'efficacia garantita. Il quotidiano inglese Daily Telegraph ha indicato attraverso l'esperienza della manager Corinne Mills, le dieci dritte fondamentali affinché il vostro capo vi dica si. 

I dieci punti:

1) Informati: bisogna valutare prima quanto guadagnano i propri colleghi per capire se si è sottopagati. Se fanno i vaghi allora cerca informazioni su altre aziende concorrenti. 

2) Scegli il momento giusto: mai il lunedì mattina perché il capo sarà sommerso di lavoro, e nemmeno il venerdì (penserà al week end); preferite l'orario dopo pranzo, quando sarà tranquillo e lontano da impegni. 

3) Mettiti comodo: cerca di parlargli lontano dal suo ufficio dove potrebbe metterti in soggezione, preferisci invece un ambiente neutro, magari davanti ad un caffé.

4) Cura l'apparenza: vestiti in modo semplice ma accurato, evita l'eleganza fuori luogo soprattutto.

5) Esponi le tue ragioni: spiegati con esempi concreti evitando il solito "dopo tanti anni", perché purtroppo non convince più.

6) Ascolta: dopo avergli parlato fagli domande aperte e soprattutto offrigli l'occasione di darti suggerimenti. 

7) Tieni a bada le emozioni: non essere lamentoso e non fare al vittima, e mai tirare in ballo le difficoltà economiche, non stai chiedendo l'elemosina. 

8) Cambia strategia: se ti risponde di no pensa subito ad un modo alternativo: ad esempio lavorare da casa una volta la settimana, insomma dimostragli che sei flessibile. 

9) Manda un'email: qualunque sia la risposta, devi imprimerla sulla carta. Per cui mandagli una email dopo il colloquio, ad esempio "Seguirò il suo consiglio di aspettare sei mesi per vedere se ci sono migliori possibilità"

10) E comunque impara: se il tuo capo non ti da l'aumento ascolta il suo parere, su come potresti fare meglio, impara dall'occasione e metti tutto in pratica. E prima di tutto, non ti scoraggiare. 

venerdì 20 marzo 2015

Champions, urna fortunata per la Juve: ai quarti pesca il Monaco

Champions League, sorteggio fortunato per la Juventus: ai quarti pesca il Monaco





Urna "amica" per la Juventus nei sorteggi Champions di Nyon. I bianconeri ai quarti di finale pescano i francesi del Monaco, insieme al Porto gli avversari meno temibili tra quelli rimasti in corsa per la coppa dalle grandi orecchie. Dopo la lezione al Borussia Dortmund, dunque, la squadra di Massimiliano Allegri al prossimo turno partirà con i nettissimi favori del pronostico (il match di andata si disputerà a Torino). Dalle urne escono poi due partite di fascino assoluto. La prima, la riedizione della finale dello scorso anno, con l'Atletico Madrid alla ricerca di un'ardua rivincita contro il Real. Quindi il Psg contro il Barcellona. L'ultimo sorteggio è quello della sfida tra il Porto e il Bayern Monaco, con i tedeschi che partono come grandi favoriti.

"Gli scheletri nell'armadio di Renzi..." Dura accusa della gola profonda del Pd

Francesco Boccia accusa Matteo Renzi: "Le dimissioni di Maurizio Lupi? Il premier non è un garantista, ma un perbenista"





Maurizio Lupi si è dimesso. La volontà del premier Matteo Renzi è stata esaudita. E contro il leader punta il dito niente meno che un esponente di spicco del suo Pd, quel Francesco Boccia che con Nunzia De Girolamo affrontò un caso simile in famiglia, un caso che culminò col passo indietro del ministro. Intervistato da Salvatore Merlo per Il Foglio, Boccia esordisce tranchant: "Vede, Renzi è il contrario di un garantista. E' un perbenista. Il garantismo è un principio solido, mentre il perbenismo è una furbata. Renzi fa sapere che vuole le dimissioni di Lupi, dunque accarezza per il verso giusto il pelo del senso comune, eppure le dimissioni di Lupi lui in realtà non le chiede ufficialmente perché con i voti di Lupi e di Alfano si tiene in piedi il governo".

Vicende parallele - Boccia prosegue nel suo ragionamento: "Se ogni volta che esce un'intercettazione telefonica entra in crisi un governo, o si deve dimettere un ministero, allora è finita". Si arriva al caso di sua moglie De Girolamo, che però il democrat preferisce non commentare. Commenta, invece, il caso di Anna Maria Cancellieri, anche lei a suo tempo costretta al passo indietro: "Nel caso della Cancellieri - spiega - si è scatenato un giustizialismo interessato, politico, teso ad abbattere il governo Letta". E il sospetto che si respira dall'intervista è che lo stesso "giustizialismo interessato" abbia riguardato il caso Lupi. L'accusa si fa poi più esplicita: "L'atteggiamento di Renzi è, come dire...à la carte. Voglio dire che nel Pd ora si impone il principio di discrezionalità del capo. E' Renzi che decide quando una cosa è tollerabile o meno".

La casetta... - Merlo, infine, imbecca Boccia con un parallelismo: quando uscì la storia della casa di Marco Carrai, Renzi non si dimise. Il riferimento è alla vicenda dell'affitto che l'imprenditore fiorentino vicinissimo al premier pagava proprio a Renzi anni fa. Una vicenda che passò quasi (quasi) ovunque sotto traccia, e per la quale Matteo non si dimise. Una vicenda assai simile a quella di Lupi: nessun indagato, nessun reato, ma qualche problema di etichetta. Lupi, però, ha pagato con la sua poltrona. Boccia, all'imbeccata di Merlo, si mostra evasivo e risponde: "Dico di più. Io sono amico di Enzo De Luca, e ritengo sia una persona per bene, è stato un grande sindaco a Salerno...". Boccia, insomma, cambia discorso. Eppure quel "dico di più" sembra proprio confermare l'imbeccata de Il Foglio...