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domenica 14 agosto 2016

Islamico nega la mano all'israeliano "Perché l'ho fatto". Agghiacciante

L'islamico dello sfregio si smaschera. Ecco perché lo ha fatto



Si difende il judoka egiziano Islam El Shehaby, contestato dal Comitato Olimpico Internazionale e non solo per essersi rifiutato di stringere la mano al rivale israeliano Or Sasson che lo aveva battuto nella gara olimpica di ieri. Citato dalla rivista L’Esprit du Judo, l’atleta egiziano sostiene infatti di aver rispettato le regole dello sport e di non aver alcun obbligo di stringere la mano al suo rivale. Ma, allo stesso tempo, dichiara che non gli si può chiedere di stringere la mano di un israeliano. "Stringere la mano al tuo rivale non è un obbligo scritto nelle regole del judo - ha detto l'atleta - Avviene tra amici e lui non è un mio amico".

El Shehaby, 32 anni, avrebbe potuto tacere o scusarsi, invece nel cercare di giustificarsi ha smascherato il vero motivo per cui non ha stretto la mano al suo avversario, nonostante continui a negare: "Non ho alcun problema con gli ebrei o con persone di altra religione o di altri credo. Ma per ragioni personali non mi si può chiedere di stringere la mano a chiunque venga da questo Stato, soprattutto di fronte al mondo intero". Proprio in questa precisazione sta tutta la motivazione di El Shehaby. Il suo gesto quindi non aveva nessun motivo sportivo, ma assolutamente politico.

L’Egitto è il primo Paese arabo ad aver firmato un trattato di pace con Israele nel 1979, ma molti cittadini egiziani non condividono ancora quel documento. Il Comitato olimpico internazionale ha dato il via a una commissione disciplinare dopo il gesto dell’atleta egiziano, affermando che "lo spirito olimpico deve essere quello di costruire ponti e mai di alzare muri".

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