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domenica 4 giugno 2017

IL DECRETO Crac popolari, l'ultima vergogna Risparmiatori fregati così: che fine hanno fatto i loro soldi

Crac popolari, fermi gli arbitrati per i rimborsi



Sembrava tutto fatto invece il decreto che stabiliva criteri e modalità per gli arbitrati riservati agli investitori che avevano perso i propri risparmi nella liquidazione delle popolari Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e di Chieti, e dava a Raffaele Cantone, vertice dell'Anac, la facoltà di pronunciarsi e valutare le singole situazioni, è fermo. 

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I collegi, riporta il Messaggero, non sono mai stati istituiti e i rimborsi sono lontani. In sostanza è molto difficile che l'esame delle pratiche possa cominciare prima del prossimo autunno. Colpa della registrazione del provvedimento alla Corte dei conti, spiegano da Palazzo Chigi. Tutto comincia col decreto sul bail-in del 22 dicembre 2015, che disciplinava la liquidazione delle quattro popolari e azzerava le obbligazioni subordinate dei risparmiatori, poi la legge di stabilità 2016 che indicava per gli indennizzi la via degli arbitrati da far gestire ad Anac. Nelle more il 3 maggio 2016 è stato avviato il meccanismo dei rimborsi forfettari, più veloce ma destinato a pochi. Intanto però il decreto del governo, che avrebbe dovuto regolare gli arbitrati, è stato stoppato dal Consiglio di Stato perché le procedure non potevano gravare interamente sul Fondo interbancario. Si arriva quindi al decreto del 28 aprile scorso. Ma da allora, di fatto, nulla è cambiato.

Londra, furgone sulla folla e passanti sgozzati: 7 morti, 48 feriti. Urlavano: Allah akbar

Furgone sulla folla e passanti sgozzati: 6 morti e 48 feriti. Gridavano: "Allah... "



Il terrorismo torna a colpire in Gran Bretagna, e a Londra, a soli 4 giorni dalla elezioni anticipate. Tre aggressori armati di coltelli, alle 22,08 di ieri (le 23:08) in Italia, si sono lanciati a bordo di un pulmino bianco a tutta velocità (almeno 80 Km/H) sul London Bridge. Hanno proceduto zizgando per cercare di colpire più persone possibile. Poi, brandendo lunghi coltelli da cucina, nella fuga verso Borough Market, hanno accoltellato le persone che si trovavano davanti. Alla fine hanno lasciato a terra senza vita sette persone. La polizia li ha abbattuti otto minuti dopo aver ricevuto la prima chiamata di emergenza.

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I feriti, ricoverati in cinque ospedali della capitale, sono 48 e altre persone sono state medicate sul posto. Gli aggressori indossavano finte cinture esplosive per seminare il panico e sono scesi dal furgone e urlando "lo facciamo per Allah". La Farnesina sta verificando la presenza di italiani e ha diffuso un numero telefonico per comunicare informazioni: 0636225. Le foto dei tre attentatori a terra morti che stanno facendo il giro del mondo sono state scattate da un fotografo calabrese residente a Londra, Gabriele Sciotto.

Il premier Theresa May ha riunito per un primo incontro il comitato di emergenza per la sicurezza Cobra. Dopo l’attentato di Manchester May aveva portato l’allerta a "critico", il livello più alto, che significava «nuovo attacco imminente». Livello riportato a "grave", subito sotto in una scala di 5, dopo pochi giorni. Non mancheranno polemiche politiche su May - a 4 giorni dal voto - per aver riabbassato il livello di allerta. May diede il via anche all’operazione Temperer che prevede lo schieramento di fino a 5.000 soldati per le strade di Londra. 

Nella tarda mattinata di oggi c'è stato un blitz della polizia britannica in un appartamento a Kings Road, a Barking, a est di Londra, dove sono state fermate 5 persone. Lo riferisce il Telegraph, secondo cui fra gli arrestati c'è una donna, che è stata portata via su un'ambulanza.

FONDATORE DEI SLAESIANI Scempio sul corpo del santo Ladri in azione, orrore in chiesa Rubato un pezzo di don Bosco

Don Bosco, rubata l'urna con il cervello del Santo



È stata rubata una reliquia di San Giovanni Bosco dalla Basilica di Colle Don Bosco, nell’Astigiano. In particolare, dalla chiesa è stata sottratta nella serata di ieri l’urna con il cervello del Santo. La reliquia, riferiscono dalla congregazione salesiana, si trovava dietro l’altare maggiore della Basilica, nella parte inferiore dell’edificio costruito sui luoghi  natii del fondatore della congregazione salesiana. In corso indagini  ad opera delle forze dell’ordine.

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IL RETROSCENA E LA ROSSA Rossa, bella, sexy: caos nel Pd Renzi scippa la donna a Letta Chi è, cosa fa per lui / Guarda

Matteo Renzi, ultimo sgarbo ad Enrico Letta: nomina Benedetta Rizzo



Tra Matteo Renzi ed Enrico Letta è scontro totale. L'ultima mossa è stata la nomina nella segreteria del segretario del Pd di Benedetta Rizzo (nelle foto dal suo profilo Facebook), ex braccio destro di Letta, già presidente di VeDrò, la rete trasversale ideata dall'ex presidente del Consiglio. E, forse non ha caso, poco dopo la nomina Letta ha provato a vendicarsi con un commento al veleno sulla legge elettorale: "Si torna indietro perché si gioca una  partita su una legge elettorale peggio della Prima Repubblica, quando almeno si potevano scegliere i parlamentari". Già, lo strappo tra i due - dal celeberrimo "Enrico stai sereno" - non è mai stato ricucito. E mai, probabilmente, lo sarà. Ora, in ballo, c'è anche la "rossa" Benedetta. Per Letta, forse, il "tradimento" più difficile da digerire. Forse ancor peggio di quello che gli rifilò Renzi ai tempi in cui venne, di fatto, defenestrato da Palazzo Chigi.

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L'accordo che spacca il M5S, scoppia il panico tra i big: i volti noti che vanno a casa

Legge elettorale, l'accordo con Pd e FI mette a rischio la candidatura degli eletti



Dopo che Beppe Grillo ha blindato l'accordo sulla legge elettorale stretto con il Partito democratico e Forza Italia, i cellulari dei parlamentari cinquestelle sono diventati roventi. Il panico è scoppiato come un fiume in piena prima nelle chat, per passare rapidamente alle più efficaci e dirette telefonate. La domanda ricorrente è sempre una: "Io che fine faccio?". Non sono pochi i volti noti del M5S in bilico laddove passase l'attuale progetto sulla riforma elettorale.

Una delle prime a temere per il proprio futuro, secondo quanto riporta il Corriere della sera, è stata Paola Taverna, che ha voluto parlare direttamente col capo giusto poco prima che arrivasse il diktat di Grillo: "Non ci interessa garantire la rielezione di questo o quell'altro portavoce". Ogni riferimento a fatti e persone non è per niente casuale, la mannaia del prossimo turno potrebbe lasciare a casa più di un eletto grillino.

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Tra i preoccupati - per se stessi - ci sarebbe anche Roberto Fico, una situazione che secondo i ben informati sarebbe più ingarbugliata del previsto. L'incognita sta tutta sul modo in cui verranno stilate le prossime liste, i parlamentari uscenti sperano in norme più flessibili e che evitino l'ingorgo in certe regioni di candidature di peso.

L'affollamento coinvolge regioni come Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia e Campania, per tutti ci sarebbe la necessità di rivedere una leggina interna che prevede a chi ha più di 40 anni di candidarsi solo al Senato. Non sarebbero pochi quelli costretti a traslocare, nel caso in cui fossero rieletti.

Rischiano per esempio in Sicilia Mario Michele Giarrusso, Nunzia Catalfo e Vincenzo Santengelo. Nel Lazio il traffico è terribile, con le uscenti Carla Ruocco, Roberta Lombardi, Taverna e Stefano Vignaroli a caccia di un posto al sole. E poi c'è il rebus campano, con i collegi al Senato da stabilire per evitare di tenere fuori appunto Fico e altri sodali.

Il sudoku delle liste dovrà anche tenere in considerazione chi per questo accordo sulla legge elettorale ci ha messo faccia e fegato. Tra loro Vito Crimi e Danilo Toninelli, oltre all'ex capogruppo Paola Carinelli. 

Tumore della prostata metastatico: con abiraterone mortalità meno 38%

Tumore della prostata metastatico: con abiraterone mortalità meno 38%


di Maria Rita Montebelli



Aggiungere l’abiraterone alla terapia ormonale tradizionale per il cancro della prostata, nei pazienti con un tumore metastatico ad alto rischio già dal momento della diagnosi riduce il rischio di mortalità del 38 per cento. Lo ha stabilito il LATITUDE, uno studio di fase 3 condotto su 1.200 pazienti e presentato all’ASCO in sessione plenaria. L’aggiunta di abiraterone ha inoltre più che raddoppiato l’intervallo di tempo prima della progressione del tumore (da 14,8 mesi del gruppo di controllo a 33 mesi nei soggetti trattati con abiraterone). “C’è un gran bisogno di migliorare l’offerta di trattamento per i pazienti con tumore della prostata già in fase metastatica alla diagnosi - afferma Karim Fizazi, direttore del dipartimento di Oncologia al Gustave Roussy, Università Paris-Sud di Villejuif, Francia - che arrivano al decesso in genere entro 5 anni dalla diagnosi. I benefici derivanti dall’impiego precoce dell’abiraterone che abbiamo osservato nel nostro studio, sono paragonabili a quelli della chemioterapia con docetaxel, con la differenza però che l’abiraterone è molto più tollerato; molti pazienti non presentano infatti alcun effetto indesiderato”.

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Il tumore della prostata cresce sotto l’influenza del testosterone; per questo si ricorre alla terapia ormonale (o di deprivazione androgenica) che inibisce la produzione di testosterone da parte dei testicoli. Questo ormone tuttavia continua ad essere prodotto, anche se in quantità minori, dalle ghiandole surrenali e dalle cellule del tumore della prostata, che possono rilasciare piccole quantità di androgeni. L’abiraterone è però in grado di bloccare la produzione di testosterone a tutti i livelli, andando ad inibire un enzima che trasforma altri ormoni in testosterone. Il LATITUDE è uno studio internazionale, randomizzato e controllato contro placebo che ha arruolato pazienti con una nuova diagnosi di tumore della prostata in fase metastatica ad alto rischio, non trattati in precedenza con terapia ormonale. Tutti questi pazienti presentavano almeno 2 fattori di rischio tra: punteggio di Gleason (misura il grado del tumore) pari a 8 o oltre; 3 o più metastasi ossee; 3 o più metastasi viscerali (ad esempio al fegato). I pazienti venivano randomizzati al gruppo terapia ormonale più abiraterone e prednisone (un cortisonico che viene aggiunto alla terapia con abiraterone per contrastarne alcuni effetti indesiderati come bassi livelli di potassio o aumento della pressione) o al gruppo terapia ormonale più placebo.

Dopo un periodo di follow up medio di 30,4 mesi, i pazienti trattati con abiraterone, presentavano un rischio di mortalità ridotto del 38 per cento rispetto al gruppo di controllo. I soggetti trattati con questo farmaco inoltre presentavano una riduzione del 53 per cento del rischio che il tumore progredisse e cioè un ritardo nella progressione del tumore in media di 18,2 mesi, rispetto al gruppo di controllo. Tra i soggetti trattati con abiraterone sono stati riscontrati un maggior numero di effetti indesiderati rispetto a quelli del gruppo di controllo: ipertensione (20 per cento contro il 10 per cento), basse concentrazioni di potassio (10,4 per cento contro l’1,3 per cento) e alterazioni degli enzimi epatici (5,5 per cento contro l’1,3 per cento). “E’ necessario dunque essere cauti ad impiegare l’abiraterone - afferma Fizazi - nei soggetti ad aumentato rischio di problemi cardiaci, come ad esempio i diabetici”. “Abbiamo continuato a trattare il tumore metastatico della prostata nella stessa maniera per 70 anni - conclude Fizazi - finché, nel 2015, non è stato dimostrato che il docetaxel (un chemioterapico) era in grado di migliorare la sopravvivenza. Adesso, nel 2017 abbiamo dimostrato che anche l’abiraterone può prolungare la sopravvivenza di questi pazienti. Uno studio già in corso in Europa cercherà ora di valutare se la somministrazione contemporanea di docetaxel e abiraterone sarà in grado di portare un vantaggio ulteriore”.

Lo STAMPEDE, un altro studio su 2 mila pazienti con tumore della prostata metastatico, presentato all’ASCO, conferma questi risultati, dimostrando che l’aggiunta di abiraterone alla terapia di deprivazione androgenica standard riduce il rischio di mortalità del 37 per cento. “L’abiraterone nel nostro studio  - commenta Nicholas James, professore di Oncologia Clinica al Queen Elizabeth Hospital di Birmingham (Gran Bretagna) - non solo ha prolungato la sopravvivenza, ma ha anche ridotto il rischio di una recidiva del 70 per cento e quello di gravi complicanze a carico delle ossa del 50 per cento. Vista l’entità dei benefici riscontrati, riteniamo che la terapia di prima linea dei pazienti con tumore della prostata metastatico debba cambiare”. Lo studio STAMPEDE, condotto in Svizzera e in Gran Bretagna, ha confrontato due gruppi di pazienti, uno trattato con la terapia di deprivazione andogenica standard (ADT), l’altro con ADT e abiraterone. Dopo un follow up medio di 40 mesi, ci sono stati 262 decessi nel gruppo terapia standard e 184 in quello terapia standard più abiraterone. Il tasso di sopravvivenza globale a 3 anni è risultato dell’83 per cento nel gruppo abiraterone contro il 76 per cento del gruppo di controllo. L’aggiunta di abiraterone al trattamento tradizionale ha inoltre ridotto il rischio relativo di fallimento terapeutico (inteso come peggioramento dei sintomi o degli esami radiografici, aumento dei livelli del PSA) del 71 per cento rispetto alla terapia standard.

Nel gruppo trattato con abiraterone anche in questo caso sono stati registrati più effetti indesiderati (41 contro il 29 per cento del gruppo di controllo). I prossimi passi della ricerca consisteranno nell’analisi molecolare dei campioni di tessuto tumorale raccolti nello studio, per cercare di capire se diversi sottogruppi di pazienti possano trarre maggior beneficio dalla terapia con abiraterone o dalla chemioterapia (docetaxel). “E’ inoltre possibile - commenta James - che i pazienti con le forme tumorali a più rapida crescita possano beneficiare dal trattamento combinato abiraterone-docetaxel, ma per esserne certi dobbiamo aspettare i risultati delle ricerche in corso”.

LA LORO CIVILTÀ Milano, l'orrore islamico Inviato di Libero massacrato: ridotto così solo per una foto

Milano, aggredito l'inviato di "Libero" perché scattava fotografie


di Andrea E. Cappelli



Nel raccontarvi cosa mi è successo giovedì notte - in piazzale Selinunte a Milano - mentre svolgevo il mio lavoro di cronista dirò soltanto la verità, nient’altro che la verità, attenendomi ai fatti. Giovedì sera, intorno a mezzanotte, sono stato aggredito da tre ragazzi arabi. Dopo aver subito qualche percossa sono riuscito a divincolarmi, chiedendo aiuto a gran voce. Attorno a me soltanto musulmani, un centinaio di musulmani che ogni sera, in periodo di Ramadan, si riversano nelle strade e nelle piazze del quartiere, facendo bisboccia fino a tarda notte. Fortunatamente un gruppo di cinque anziani, italiani residenti in zona, hanno sentito le mie grida. Dopo avermi soccorso, hanno atteso assieme a me l’arrivo della polizia.

Procediamo con ordine: su segnalazione di molti cittadini e di un consigliere del Municipio 7 (Francesco Giani) la notte di giovedì sono andato in piazzale Selinunte - vicino a San Siro - per un sopralluogo. Gli abitanti lamentano di non riuscire a dormire, a causa del baccano prodotto dagli islamici. Intorno alle 23 sono arrivato sul posto; a impressionarmi il numero di persone: almeno un centinaio. All’angolo con viale Mar Jonio un negozio aperto: "Macelleria Rays" recita l’insegna, affiancata da scritte in arabo. Diverse persone si avvicendavano dentro e fuori dal locale, acquistando bibite e generi alimentari. Una grande folla si era radunata al centro della piazza: nel campo da basket una ventina di ragazzi stavano disputando una partita; alcuni adolescenti ascoltavano musica rap, pompata a tutto volume da due casse. Nel campo da bocce i bambini facevano cozzare delle sbarre di plastica contro le inferriate, producendo un frastuono assordante. Altri esplodevano petardi nell’area verde e in mezzo alla strada. L’area giochi era gremita: le mamme velate, sedute a semicerchio sulle panchine, osservavano i figli oscillare sull’altalena e sfrecciare sullo scivolo. Un’intera comunità riempiva i viali notturni di Milano. Lassù, nell’anfiteatro di palazzi che circondano la piazza, tante finestre illuminate. Camminando lungo il marciapiede avvertivo l’energia che quella massa di persone sprigionava: una sorta di eccitazione collettiva. Avendo represso i loro bisogni primari durante il giorno, al calare delle tenebre le naturali pulsioni umane hanno trovato libero sfogo, come quando si stappa una bottiglia di spumante e il tappo di sughero schizza in aria, lasciando fluire la schiuma.

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Per documentare quanto stava accadendo ho attraversato la piazza, fino a raggiungerne il centro. Ho scattato qualche foto con il telefono, cercando di non dare nell’occhio. Un’imprudenza. Non ho fatto in tempo a riporre il cellulare nella tasca che tre ragazzi mi erano addosso. «Che vuoi fare? Dammi il telefono» ringhiava uno di loro, il più aggressivo. Ho cercato di calmarli, spiegando che me ne stavo andando e non volevo problemi. Il più violento mi ha afferrato per un braccio, torcendolo. Il cellulare si è schiantato al suolo, lo schermo in frantumi. Divincolandomi, sono riuscito a liberarmi dalla presa. Il secondo ragazzo mi ha sferrato un calcio, poi un pugno. Ho cominciato a correre, inseguito dai tre. Ho gridato più forte che potevo, sperando di attirare l’attenzione di qualche abitante. Ero attorniato da stranieri, non riuscivo a pensare che a una cosa: «Se mi prendono, mi ammazzano di botte». Fortunatamente, un gruppo di cinque anziani - attirato dalle grida - è venuto in mio aiuto. Alla loro vista, i miei assalitori si sono dileguati. Uno degli anziani - un negoziante della zona - ha chiamato la polizia, che è arrivata soltanto 20 minuti dopo.

«Cosa sei venuto a fare? Non lo sai che questo è il loro territorio?». «Noi non riusciamo più a vivere in pace». Il tenore dei discorsi assumeva una certa piega: in quel momento, non riuscivo a biasimarli. Comprendo le parole proferite di getto, l’esasperazione di chi vive in trincea. Del resto, a differenza dei miei aggressori, questi signori non farebbero male a una mosca. Arrivata la polizia, sono salito sulla volante. Mentre osservavo il paesaggio dal finestrino pensavo che su cento persone presenti, cento cittadini musulmani, nessuno ha alzato un dito per aiutarmi. Non voglio incolpare un’intera religione, ma a Milano c’è un problema di integrazione, è evidente. Il consigliere di municipio Francesco Giani (FI) ha ben chiara la situazione: «San Siro è diventato da anni un ghetto abitato da immigrati, in cui gli stranieri sono i pochi residenti italiani rimasti. Le scuole del quartiere hanno il 75% degli alunni di origine straniera. Il problema non è solo la concentrazione di stranieri senza alcuna integrazione, ma l’occupazione abusiva delle case popolari, lo spaccio e la criminalità in generale. Ho parlato in Municipio 7 della situazione - conclude - e i consiglieri del Pd si sono messi a ridere. La stessa notte un giornalista di Libero è stato aggredito. La situazione in quel quartiere è fuori controllo e il Comune fa finta di non vedere». Dal canto suo Carmela Rozza (assessore alla Sicurezza del Comune di Milano) ha annunciato che da questo momento saranno intensificati i controlli in piazza Selinunte. Meglio tardi che mai.

Ora, ogni lettore potrà trarre le conclusioni che vuole; ho perso ogni voglia - ammesso che l’abbia mai avuta - di sradicare ottusi preconcetti di natura ideologica.