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mercoledì 3 maggio 2017

ESCLUSIVA / Primarie PD Intervista al Prof. Dott. Marco Plutino

Primarie PD, Plutino: "Dato inferiore alle primarie precedenti"


di Gaetano Daniele


Prof. Dott. Marco Plutino
Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino


Professore come sono andate le primarie del Pd?

Risposta complessa. L’unico dato che emerge molto chiaramente è che esiste una leadership di Renzi su iscritti ed elettori Pd molto netta.

L’affluenza? 

Superiore alle previsioni degli istituti ma significativamente inferiori alle primarie precedenti, in particolare ai casi effettivamente comparabili. Si deve anche tenere conto che il Pd è al governo da quattro anni, di cui tre con due dei tre candidati. L’elettore può avere un giudizio positivo sul governo ma anche in tal caso in genere lo manifesta alle elezioni, non si entusiasma ad un punto tale da andare anche alle primarie. Infine, e per completare, quando le primarie mettono alla prova nuove leadership ovviamente mobilitano di più. Devo ammettere che le primarie, occuperanno anche in futuro una posto di nicchia, ma di un certo peso sul nostro sistema politica. Vedremo se gli altri partiti sapranno organizzare qualcosa di simile.

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Il Pd tra l’altro ha deciso anche di limitare il numero di “seggi”.

Esatto. Nel mio comune ad esempio erano un terzo di quelli del 2013: se questa proiezione valesse per tutti i comuni il calo della partecipazione [quasi un milione di votanti in meno] sarebbe non solo fisiologico, ma addirittura non esisterebbe come dato lavorato. Teniamo conto che quando votiamo alle elezioni i seggi sono in genere molto vicini a dove abitiamo, in questo caso potevano essere decisamente lontani! Comunque il Pd ha preferito evidentemente primarie tranquille, anche se non proprio sottotono, rispetto a primarie molto mobilitanti che però moltiplicano il rischio di brogli. Ricordiamo che le primarie come fatto di partito, non regolate da leggi, sono un’invenzione italica. E da questo punto di vista tutto è filato liscio. Nessun danno di immagine.

Orlando ha contestato i risultati.

Orlando il commissario che ignorò un pronunciamento di un giudice che sanciva l’illegittima procedura per scegliere il commissario? Va bene. Sono il primo a credere nel diritto dei partiti e nella sua giustiziabilità, interna ed esterna. Ma bisogna anche avere il senso della misura. Quando il margine di contestazione è così limitato, nell’ordine del 2%, il danno di immagine rischia di essere superiore ai benefici di un’affermazione di maggiore legalità. Il partito è un ordinamento giuridico ma anche il migliore dei partiti è così imperfetto come ordinamento giuridico che non ha senso scimmiottare l’ordinamento statale (che tra l’altro assicura diritti nella formazioni sociali già entro l’art. 2 Cost.) se non in casi limitati, come quanto l’accoglimento delle contestazioni (delibere congressuali, espulsioni, etc.) possono determinare un mutamento di quadro. Non quando non cambia nulla.

Il Sud nelle primarie?

Si conferma una tendenza a mio avviso non positiva, la meridionalizzazione del partito. Le regioni “rosse” subiscono un calo maggiore in forza della scissione, il Sud in proporzione aumenta di peso. 

E in Campania?

In Campania spiccano due dati. Salerno al 90% per Renzi e Caserta al 40%. In mezzo il dato nazionale di Napoli. Due fattori locali. Da un lato la vicinanza fisica della Puglia di Emiliano non lo fa sfondare neanche a Salerno, ma paradossalmente e per motivi contingenti ciò avviene piuttosto a Caserta, dove si è prodotto un ennesimo atto di una disfida tra i principali protagonisti della politica in provincia. Al contrario a Salerno De Luca è sempre più arbitro della situazione, ed è Orlando, in particolare, che soffre e ottiene il risultato peggiore della regione. A Caserta, ripeto, il Pd provinciale è commissariato ma il partito resta balcanizzato, per lo più, ma non solo, tra i sostenitori di Renzi. Segnalerei anche un buon livello di affluenza ad Avellino e Benevento, non è scontato dove la situazione è, appunto, più tranquilla. A Napoli, per dirla in sintesi, ci si è guardati a vista reciprocamente e la riduzione dei seggi ha giovato, ma non certo al voto di opinione.

E dal punto di vista sociologico come sono andate le primarie?

Non sono un sociologo né uno statistico ma ho letto di un invecchiamento dei votanti: pochi giovani, spesso non hanno votato Renzi, molto ceto medio. Occorrerebbe un supplemento di riflessione.

Ed ora?

Ed ora rifuggo dalle letture come quella di Cacciari per cui esiste un padrone del partito. Neanche il Pd di oggi, né dopo la scissione né dopo le primarie, è un partito di Renzi. E’ un partito che pratica una leadership, che dovrebbe essere certamente più collegiale, ma il partito non ha padroni. Renzi ottiene una discreta legittimazione dopo la sconfitta al referendum ma non credo che ci saranno ripercussioni sul governo. Non deve esserci il timore di capitalizzare subito anche perché con queste leggi elettorali...

Renzi difficilmente andrà a Palazzo Chigi.

Ha fatto bene ad accettare di andare nel 2013 anche se non era, sulla carta il momento. Il futuro non è prevedibile ed infatti ora che ha di nuovo una piena legittimazione e può contare su un partito più coeso la partita si è fatto più difficile. Sul piano interno Renzi o mette mano al partito, curando in modo inedito l’organizzazione e i territori, o credo che la sua stagione terminerà presto, anche perché se non dovesse andare a Palazzo Chigi non avrebbe molte alternative a fare il segretario bene e a tempo pieno in attesa di tempi migliori. La cosa mi incuriosisce. Sarebbe un ritorno al primato della politica, con gruppi parlamentari diretti dal partito. A meno che …

A meno che?

A meno che non scelga qualche importante ruolo internazionale. Il mio consiglio è comunque intanto lavorare sulla identità del Pd, sia sul piano interno attraverso una cura dell’organizzazione sia attraverso conseguenti scelte per le elezioni.  

CHE COSA C'È DIETRO? "L'ho visto. Cosa è sparito dopo la sua morte" Ultrà suicida, caos alla Juve: il guaio si fa enorme

Suicidio Raffaello Bucci: il borsello sparito Ma un testimone: "Era.."



Il caso di Raffaello Bucci, l'ultrà della Juve che si è suicidato il 7 luglio lanciandosi da un viadotto vicino a Fossano, si complica. E non solo per il fatto che si è scoperto essere stato prima uomo dei servizi segreti e poi "ufficiale di collegamento" tra il club e il tifo organizzato. Già, perché ora i riflettori sono puntati su un borsello, dal quale Bucci non si separava mai, e che è sparito nel giorno del suicidio. Un borsello che, come sottolinea Repubblica, potrebbe nascondere la verità su questo strano suicidio.

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La borsa a tracolla è sparita tra la sera precedente alla sua morte e il 13 luglio, quando è stata riconsegnata alla ex compagna da Alessandro Angelo, dipendente della Juve e amico di Andrea Agnelli. L'ex compagna, Gabriella Bernardis, da par suo sostiene che Bucci fosse stato pestato prima di uccidersi: il borsello dunque potrebbe essere stato conservato dai suoi aggressori. Resta da capire perché. Dentro alla borsa conservava documenti, carte di credito e in particolare le chiavi della casa dell'ex compagna, chiavi che aveva usato la sera prima, quando era andato a innaffiare le piante della donna che era in vacanza. Ma, come detto, quando si trovò il corpo di Raffaele non fu altrettanto ritrovato il borsello.

Secondo gli investigatori, la borsa scomparsa sarebbe un elemento chiave nell'indagine sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nella curva della Juventus. La circostanza, inoltre, ha spinto la compagna di Bucci a chiedere la riapertura dell'inchiesta, archiviata lo scorso dicembre: "Ci sono troppe incongruenze. Le lesioni all'occhio e alla mandibola sono incompatibili con la caduta e fanno pensare a un pestaggio, che però non sappiamo collocare temporalmente", sottolinea l'avvocato Paolo Verra che nelle prossime depositerà la richiesta di riapertura.

Gli uomini della Mobile si concentrano dunque sulla ricostruzione delle ultime ore di vita di Bucci, chiedendo conto del borsello ai dipendenti bianconeri. Prima a quelli che, alcuni giorni dopo il suicidio, hanno recuperato la Jeep (presa in leasing proprio dalla Juve). Poi a quelli che hanno svuotato l'auto di tutto ciò che apparteneva all'uomo. E se i primi dicono di non aver notato il borsello, uno dei ragazzi che ha "ripulito" l'auto afferma di averlo trovato sul sedile passeggero insieme alle chiavi quando era in sede.

E proprio di quelle chiavi, la Bernardis aveva chiesto notizie a D'Angelo il giorno precedente, ma l'uomo ha sostenuto di non averle ricevute da nessuno e che fossero sempre state nella macchina e la polizia non le avesse viste o qualcun altro. Oppure, ipotizzava, qualcun altro le aveva rimesse al loro posto. Chi siano queste ipotetiche persone, se esponenti della curva, come i leader dei Drughi, Salvatore Cava e Dino Mocciola (il quale già nel 2014 aveva aggredito Bucci) o elementi dei servizi segreti con cui si era incontrato prima di morire, gli inquirenti, per ora, non sono riusciti a chiarirlo.

IMMUNOLOGIA È a Milano il primo centro italiano per malattie immuno-infiammatorie

È a Milano il primo centro italiano per malattie immuno-infiammatorie


di Matilde Scuderi



Cosa lega la psoriasi e l'asma bronchiale? E la malattia di Crohn e l'artite? Apparentemente nulla, si tratta infatti di patologie estremamente diverse tra loro, che tuttavia hanno una importante caratteristica in comune: si tratta di malattie immuno-infiammatorie ovvero correlate a un malfunzionamento del sistema immunitario. In occasione della giornata internazionale dell’immunologia, Humanitas ha presentato l’Immuno center, il primo centro italiano nato per fornire supporto ai pazienti affetti da questo tipo di patologie, la cui origine molto spesso rimane misteriosa. “Grazie alla miglior conoscenza dei meccanismi di comunicazione del sistema immunitario - spiega il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente della Humanitas university - abbiamo fatto grandi progressi nel controllo delle malattie autoimmuni e infiammatorie. Humanitas ha avuto un ruolo importante in questi progressi, dal punto di vista della ricerca sia clinica sia preclinica. Di fronte a noi, però, abbiamo ancora sfide importanti: la personalizzazione delle terapie, l’approccio integrato al paziente, lo sviluppo di nuove strategie diagnostiche e terapeutiche e, soprattutto, la rieducazione del sistema immunitario che sbaglia bersaglio e si dirige contro se stesso. Una conquista fondamentale che non può prescindere dalla ricerca, sia in laboratorio sia al letto del paziente”.

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Si tratta di patologie con un'incidenza molto alta: le malattie infiammatorie croniche intestinali colpiscono circa 200mila persone, quasi il 25 per cento dell popolazione convive con una forma di allergia e il 6 per cento con l’asma. Infine, le malattie reumatiche infiammatorie colpiscono tra l’1 e il 2 per cento della popolazione mentre quelle dermatologiche l’8 per cento circa.  I pazienti che soffrono di malattie autoimmuni e infiammatorie spesso non sono affetti da una sola di queste patologie: necessitano dunque di una visione integrata e trasversale della propria condizione di salute, oltre che di diagnosi e cure personalizzate e innovative. Per questo l'Immuno center, concepito in un’ottica di medicina di precisione, integra la ricerca con le competenze cliniche di diverse specialità quali gastroenterologia con il professor Silvio Danese, pneumologia e allergologia con il professor Giorgio Walter Canonica, dermatologia con il professor Antonio Costanzo e reumatologia con il professor Carlo Selmi. Lo stretto legame tra ricerca e attività clinica consente di trasferire più velocemente dal laboratorio al letto del paziente le ultime scoperte, come la sperimentazione di nuovi marcatori per diagnosticare e monitorare la malattia: i pazienti possono così beneficiare di un più facile accesso a nuove terapie, trasversali a diverse patologie. “Le malattie infiammatorie croniche intestinali, ad esempio - commenta Danese, coordinatore dell’Immuno center, responsabile del Centro malattie infiammatorie croniche intestinali e docente della Humanitas university - hanno meccanismi molecolari comuni alle patologie infiammatorie della pelle e delle articolazioni. La comprensioni di tali complessi meccanismi fornisce la base per l'innovazione terapeutica attraverso i nuovi farmaci biologici, che permettono di trattare contemporaneamente l'infiammazione presente in organi diversi”. I pazienti che presentano più localizzazioni di organo sono a più alto rischio di comorbidità ed è quindi fondamentale controllare l’infiammazione spegnendola. “La pelle è spia di numerose malattie sistemiche - spiega Costanzo - e l’infiammazione cutanea può favorire la comparsa di malattie cardiovascolari, reumatologiche e dell’apparato respiratorio. Per questi motivi il paziente con malattie infiammatorie cutanee come psoriasi, dermatite atopica o orticaria, deve essere gestito dal dermatologo assieme ad un team multidisciplinare di professionisti”.

“Le malattie reumatiche sono spesso sistemiche, ossia possono colpire organi diversi - spiega Selmi - I pazienti affetti da artrite, ad esempio, frequentemente sviluppano psoriasi, malattie infiammatorie intestinali ed infiammazione polmonare. Fondamentale, dunque, mettere il paziente al centro di una visione clinica globale, per seguirlo a 360 gradi così da garantirgli cure più efficaci e personalizzate che prevengano le disabilità”. “La moderna pneumologia necessita di un team multidisciplinare per una gestione ottimale del paziente asmatico o affetto da altra malattia infiammatoria polmonare - commenta Canonica - Lo pneumologo-allergologo applica la medicina di precisione, che bersaglia con farmaci biologici il meccanismo da cui origina la malattia e che spesso è comune a più patologie di differenti organi. Applica inoltre la medicina personalizzata, che mette al centro il paziente, fruendo dell’apporto del dermatologo, del gastroenterologo e del reumatologo”. Le malattie autoimmuni e infiammatorie sono sempre più diffuse e possono essere considerate paradigma delle malattie di genere. Ne è un esempio l’artrite reumatoide, che nelle donne ha un’incidenza di 7:1 rispetto agli uomini. La decisione di aprire il centro conferma la volontà di Humanitas di prestare particolare attenzione a prevenzione, diagnosi e cura delle patologie femminili, come dimostra l’ottenimento per il terzo anno consecutivo dei bollini rosa conferiti dall'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda), per il progetto 'Ospedale donna'.

Alcune malattie trattate dall'Immuno center

· Gastroenterologia: malattie infiammatorie dell'intestino, ovvero malattia di Crohn, colite ulcerosa, colite indeterminata e coliti microscopiche; 

· Dermatologia: psoriasi, dermatite atopica del bambino e dell’adulto; orticaria, idrosadenite suppurativa, sclerodermia, lupus cutaneo e le malattie autoinfiammatorie;

· Pneumologia: asma bronchiale, flogosi allergica, eosinofilie distrettuali e sistemiche - inclusa la poliposi-, Churg-strauss syndrome, mastocitosi, bronco pneumopatia cronica ostruttiva;

· Reumatologia: artrite reumatoide e spondiloartriti - psoriasica ed associata ad  malattie infiammatorie croniche intestinali, connettiviti come lupus, sclerosi sistemica, miositi, sindrome di Sjögren.

SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE È necessario un secondo pilastro per garantire una sanità più equa

È necessario un secondo pilastro per garantire una sanità più equa


di Matilde Scuderi



Diminuisce la fiducia degli italiani nella sanità pubblica: liste di attesa interminabili, prestazioni coperte in diminuzione, pochi centri a cui rivolgersi - soprattutto per chi non abita nelle grandi città - e prezzi della sanità privata ormai competitivi hanno fatto sì il servizio sanitario nazionale non riesca a stare al passo con le nuove esigenze della popolazione e che rispetto a qualche anno fa 10,2 milioni di italiani abbiano preferito evitare di rivolgersi ad esso. Tuttavia sono in molti a non potersi permettere assistenza privata ed è per loro necessario un miglioramento complessivo della sanità italiana a livello regionale. La spesa sanitaria intermediata dalle varie forme di sanità integrativa, secondo i dati dell’Osservatorio consumi privati in sanità (Ocps), ammonta in Italia a circa 4,4 miliardi di euro, pari a circa il 13 per cento della spesa sanitaria privata, che è pari complessivamente a circa 33 miliardi di euro. Tale fenomeno appare in forte crescita, ed interessa già oggi più di 10 milioni di italiani. Motore Sanità ha organizzato una giornata per far emergere delle strategie per la sanità italiana che, attraverso un rilancio di una alleanza pubblico - privato promuova lo sviluppo di un secondo pilastro di finanziamento dei servizi sanitari, aperto a tutti i cittadini.

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Il tema portante dell'evento è stato sintetizzato da Vittorio Morello, presidente dell'Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) del Veneto, che ha dichiarato che ”l’aumento della popolazione anziana ed i nuovi fabbisogni sanitari, rappresentano fattori che destabilizzano la sostenibilità del sistema sanitario nazionale, sempre più compresso da risorse inadeguate. Alla luce di questi fattori il ruolo delle assicurazioni private e dei fondi sanitari integrativi è destinato a diventare sempre più importante. Antonella Basso, prorettrice alla programmazione e valutazione dell'Università Cà Foscari di Venezia, ha aperto i lavori commentando “È interessante parlare di assicurazioni e fondi integrativi perché è un tema che si presta particolarmente per lo studio e le applicazioni finanziarie e assicurative”. Massimo Campedelli, professionista affiliato della scuola universitaria superiore Sant’Anna di Pisa, si interroga sull’opportunità o un cambio di sistema del sistema privato cercando di fare un excursus nel nostro paese su come viene affrontata il tema delle assicurazioni e dei fondi nelle varie regioni italiane: “Il Veneto, per esempio, promuove lo sviluppo di forme integrative regionali di assistenza socio-sanitaria. La città di Milano ha sviluppato una pratica che riguarda la sanità integrativa. L’Emilia Romagna ha un accordo per l’istituzione di un fondo extra livelli essenziali di assistenza (Lea) per la copertura di prestazioni odontoiatriche. Il Piemonte ha fatto un accordo per l’assistenza domiciliare. Il Lazio valorizza la funzione della promozione sociale di servizio e di innovazione”.

Mario Del Vecchio, direttore OCSP SDA Bocconi e professore dell'Università di Firenze, ha esposto i dati economici: le cifre ammontano a 114 miliardi di spesa pubblica e circa 34 di spesa privata di cui 5 in servizi ospedalieri, 12,8 in farmaci e 15,7 in servizi ambulatoriali e sono a carico dei cittadini. Questi dati sono relativamente stabili e omogenei su tutto il territorio nazionale e circa il 4,5 per cento ritorna al sistema pubblico sotto forma di ticket. Il 51 per cento degli italiani nell’ultimo anno ha fatto una visita specialistica. I consumi sanitari privati sanitari valgono il 3,4 per cento. È fondamentale quindi capire quindi se il Servizio sanitario nazionale possa essere o no il connettore strategico che guidi il cittadino sulla scelta migliore dei due sistemi. Ivan Cavicchi, professore di sociologia delle organizzazioni sanitarie e filosofia della medicina dell'Università Tor Vergata di Roma – ha elencato una serie di disfunzioni legate a  problemi di accesso, di qualità, e di contingenza del bisogno. A questo punto: “Bisogna affrontare l’interrogativo opportunità o cambio di sistema. I numerosi sistemi regionali di governo sanitario fanno sì che le scelte siano difficili e rallentate. Vi è poi il concetto della sostenibilità - sottolinea Cavicchi - che dev’essere associato alla parola 'sviluppo' che è l’approccio giusto in sanità". Fiammetta Fabris, direttore generale di Unisalute ha dichiarato che: “In questi anni, le evidenze economiche, demografiche e sociali emerse nel nostro paese confermano come sia necessario rivitalizzare in modo strategico il settore della sanità, potenziando forme di finanziamento aggiuntive e integrative a quelle pubbliche anche attraverso sinergie tra pubblico e privato, per lo sviluppo di un secondo pilastro aperto a tutti i cittadini. Questo orientamento ritengo possa essere anche un volano di sviluppo di investimenti nel campo della prevenzione e della ricerca, due elementi essenziali per potere affrontare le grandi sfide del futuro”.

Carla Collicelli, di Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) ha spiegato che: “le difficoltà che i cittadini italiani incontrano nel trovare risposta in maniera adeguata ed in tempo utile, ai loro bisogni di salute, soprattutto quando si tratta della assistenza continuativa per le patologie croniche e gli accertamenti diagnostici e preventivi, sono ormai una realtà certificata da tutte le istituzioni e gli osservatori nazionali ed internazionali. La spesa privata dei cittadini per la salute continua a crescere, ed è per ala gran parte non intermediata da soggetti di tipo mutualistico o assicurativo”. Mario Vecchietti ha spiegato che: “La miglior tutela dell’universalismo e dell’equità del Servizio sanitario nazionale passa per lo sviluppo di un secondo pilastro anche in sanità, in grado recuperare una dimensione collettiva per la spesa sanitaria privata contenendone nel contempo l’impatto sui redditi delle famiglie. In questa prospettiva le compagnie di assicurazione possono mettere a disposizione del paese delle risorse fondamentali per garantire qualità e sostenibilità delle cure per i cittadini di oggi e di domani”.

LA SVOLTA DELLE TARIFFE Crac Alitalia, perché puoi godere anche tu Crollo "epocale" dei biglietti: quando prenotare

Alitalia, i tre commissari alla ricerca di soldi per il cherosene


Il prezzo dei biglietti di Alitalia è destinato a crollare nel giro di pochissime settimane. Ora che la compagnia ha incassato il prestito ponte dal governo di 600 milioni di euro, resta un primo urgentissimo obiettivo per i tre commissari straordinari, Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari: evitare di bruciare tutti quei soldi nell'atavico buco nero di costi, spese inutili e sperperi che attanagliano la compagnia.

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Per operare regolarmente, Alitalia ha bisogno di almeno 7,6 milioni di euro al giorno, secondo quanto riporta Repubblica citando i dati di bilancio 2015. Si va dai costi per il cherosene per i serbatoi degli aerei, circa 1,8 milioni da pagare cash, a 1,7 milioni per gli stipendi, 2 milioni per i diritti di decollo e atterraggio, 1,1 milioni per i canoni di affitto degli aerei, altrimenti li sequestrano, e 500mila euro per la manutenzione. Sono tutti costi inevitabili, il minimo perché una compagnia aerea possa continuare a respirare. E non si possono pagare in nessun altro modo se non con i soldi del governo.

Resta però l'obiettivo di uscire dall'impasse e prepararsi a ripagare quel prestito, che ha anche interessi poco sotto il 10%, di certo non un regalo. L'unica via percorribile per i commissari resta quella di riconsiderare le tariffe, finora poco o per nulla concorrenziali. Qualche primo segnale è già arrivato, per esempio per i titolari di Mille Miglia, che possono godere del 20% di sconto su voli per Europa, Medio Oriente e Nord Africa. Non può bastare a evitare l'emorragia di prenotazioni, già iniziata lentamente.

Gentiloni ha le ore contate Ecco le due prove decisive: il governo sta per crollare

Gentiloni, i due indizi che lo dimostrano: il suo governo non arriverà al 2018



A parole sono tutti del partito "fino al 2018", da intendersi come termine della legislatura. Eppure, i fatti, sembrano deporre in tutt'altra direzione. In particolare alcune circostanze che, nelle ultime ore, hanno messo in evidenza il precario stato di salute del governo Gentiloni (in particolare dopo la vittoria di Matteo Renzi alle primarie). Si parte da Angelino Alfano: prima la polemica con Andrea Orlando sul caso-Ong innescato dal procuratore di Catania; dunque l'iniziativa di votare contro la risoluzione Unesco che negava la sovranità di Israele su Gerusalemme (quando Paolo Gentiloni era alla Farnesina, sulla medesima circostanza, aveva adottato una linea filo-palestinese).

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Mosse di rottura, quelle di Angelino, il ministro degli Esteri che lascia intendere quanto Gentiloni, ora, possa pure preparare gli scatoloni. Ma non c'è solo Alfano. Già, c'è anche Renzi: col premier i rapporti sarebbero interrotti da giorni, mentre al contrario le frecciate si sprecano. Si pensi solo alla frase "il governo deve risolvere i problemi degli italiani" pronunciata da Michele Anzaldi, renziano di ferro, a Radio 24. Frase quasi da leader dell'opposizione. Frase che in controluce permette di comprendere il vero piano di Renzi: elezioni prima del 2018, probabilmente dopo l'estate. Gentiloni, forse, dovrebbe iniziare a sgomberare Palazzo Chigi: la sensazione è che abbia le ore contate.

L'ultima vergogna dei giudici Cosa si inventano per le ferie: per quanto non lavoreranno

Il sistema dei giudici italiani per avere almeno due mesi di ferie: il sabato si...



Eppure Matteo Renzi ci aveva anche provato a far lavorare di più i giudici italiani. Niente da fare, invece, le toghe sono riuscite con un colpo di genio a vanificare uno dei punti della riforma della Giustizia più attesi dai cittadini. Con l'arrivo dei piani ferie estive dai vari tribunali della penisola, emerge chiaro e tondo che di lavorare un po' di più con il caldo di luglio non ne hanno proprio intenzione.

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A Brescia, per esempio, il presidente della Corte d'appello, Carlo Castelli, ha già disposto i giorni di chiusura dal 17 luglio al 10 settembre. Per ottenere due mesi di chiusura, i magistrati hanno escogitato un sistema a tratti geniale. Il decreto del governo aveva ridotto le ferie da 45 a 32 all'anno, più quattro ex festività. Una volta entrato in vigore il provvedimento, le toghe hanno pensato bene di considerare il sabato come festivo, così da riuscire a maturare una settimana di ferie bastano cinque giorni e non più sei.

C'è chi ha provato anche a richiamare all'ordine i colleghi, come il presidente del tribunale di Milano, Roberto Bichi. Ancora niente da fare, il Csm lo scorso 12 ottobre ha ribadito in una circolare: "Nel corso della giornata di sabato la presenza del magistrato in un ufficio non è richiesta, salvo la garanzia di pronta reperibilità". Come ricorda il Giornale, andrebbero considerati anche i tre giorni in più regalati dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, proprio lui che ha firmato una circolare il 7 marzo scorso con la quale stabiliva la chiusura dei tribunali dal 27 luglio - nel bel mezzo della settimana - al 2 settembre.

Orlando ha voluto però solo mettersi in linea con le indicazioni del Csm, che ha chiesto un "periodo congruo" di pausa estiva. Non certo vacanze, sia chiaro: i magistrati useranno quei sacrosanti giorni di pausa dal lavoro per "smaltire gli arretrati". Continua la favola dei magistrati che per tutto l'anno sono costretti a portarsi il lavoro a casa, pur di sopperire alla carenza di personale. Peccato però che non ci sia ancora il modo per valutare quanto lavorano davvero, un tentativo offensivo secondo l'ex capo dell'Anm, Piercamillo Davigo, che chiedeva di valutare il come. A questo punto ci accontenteremmo a questo punto del quando.