Primarie PD, Plutino: "Dato inferiore alle primarie precedenti"
di Gaetano Daniele
Prof. Dott. Marco Plutino Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino |
Professore come sono andate le primarie del Pd?
Risposta complessa. L’unico dato che emerge molto chiaramente è che esiste una leadership di Renzi su iscritti ed elettori Pd molto netta.
L’affluenza?
Superiore alle previsioni degli istituti ma significativamente inferiori alle primarie precedenti, in particolare ai casi effettivamente comparabili. Si deve anche tenere conto che il Pd è al governo da quattro anni, di cui tre con due dei tre candidati. L’elettore può avere un giudizio positivo sul governo ma anche in tal caso in genere lo manifesta alle elezioni, non si entusiasma ad un punto tale da andare anche alle primarie. Infine, e per completare, quando le primarie mettono alla prova nuove leadership ovviamente mobilitano di più. Devo ammettere che le primarie, occuperanno anche in futuro una posto di nicchia, ma di un certo peso sul nostro sistema politica. Vedremo se gli altri partiti sapranno organizzare qualcosa di simile.
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Il Pd tra l’altro ha deciso anche di limitare il numero di “seggi”.
Esatto. Nel mio comune ad esempio erano un terzo di quelli del 2013: se questa proiezione valesse per tutti i comuni il calo della partecipazione [quasi un milione di votanti in meno] sarebbe non solo fisiologico, ma addirittura non esisterebbe come dato lavorato. Teniamo conto che quando votiamo alle elezioni i seggi sono in genere molto vicini a dove abitiamo, in questo caso potevano essere decisamente lontani! Comunque il Pd ha preferito evidentemente primarie tranquille, anche se non proprio sottotono, rispetto a primarie molto mobilitanti che però moltiplicano il rischio di brogli. Ricordiamo che le primarie come fatto di partito, non regolate da leggi, sono un’invenzione italica. E da questo punto di vista tutto è filato liscio. Nessun danno di immagine.
Orlando ha contestato i risultati.
Orlando il commissario che ignorò un pronunciamento di un giudice che sanciva l’illegittima procedura per scegliere il commissario? Va bene. Sono il primo a credere nel diritto dei partiti e nella sua giustiziabilità, interna ed esterna. Ma bisogna anche avere il senso della misura. Quando il margine di contestazione è così limitato, nell’ordine del 2%, il danno di immagine rischia di essere superiore ai benefici di un’affermazione di maggiore legalità. Il partito è un ordinamento giuridico ma anche il migliore dei partiti è così imperfetto come ordinamento giuridico che non ha senso scimmiottare l’ordinamento statale (che tra l’altro assicura diritti nella formazioni sociali già entro l’art. 2 Cost.) se non in casi limitati, come quanto l’accoglimento delle contestazioni (delibere congressuali, espulsioni, etc.) possono determinare un mutamento di quadro. Non quando non cambia nulla.
Il Sud nelle primarie?
Si conferma una tendenza a mio avviso non positiva, la meridionalizzazione del partito. Le regioni “rosse” subiscono un calo maggiore in forza della scissione, il Sud in proporzione aumenta di peso.
E in Campania?
In Campania spiccano due dati. Salerno al 90% per Renzi e Caserta al 40%. In mezzo il dato nazionale di Napoli. Due fattori locali. Da un lato la vicinanza fisica della Puglia di Emiliano non lo fa sfondare neanche a Salerno, ma paradossalmente e per motivi contingenti ciò avviene piuttosto a Caserta, dove si è prodotto un ennesimo atto di una disfida tra i principali protagonisti della politica in provincia. Al contrario a Salerno De Luca è sempre più arbitro della situazione, ed è Orlando, in particolare, che soffre e ottiene il risultato peggiore della regione. A Caserta, ripeto, il Pd provinciale è commissariato ma il partito resta balcanizzato, per lo più, ma non solo, tra i sostenitori di Renzi. Segnalerei anche un buon livello di affluenza ad Avellino e Benevento, non è scontato dove la situazione è, appunto, più tranquilla. A Napoli, per dirla in sintesi, ci si è guardati a vista reciprocamente e la riduzione dei seggi ha giovato, ma non certo al voto di opinione.
E dal punto di vista sociologico come sono andate le primarie?
Non sono un sociologo né uno statistico ma ho letto di un invecchiamento dei votanti: pochi giovani, spesso non hanno votato Renzi, molto ceto medio. Occorrerebbe un supplemento di riflessione.
Ed ora?
Ed ora rifuggo dalle letture come quella di Cacciari per cui esiste un padrone del partito. Neanche il Pd di oggi, né dopo la scissione né dopo le primarie, è un partito di Renzi. E’ un partito che pratica una leadership, che dovrebbe essere certamente più collegiale, ma il partito non ha padroni. Renzi ottiene una discreta legittimazione dopo la sconfitta al referendum ma non credo che ci saranno ripercussioni sul governo. Non deve esserci il timore di capitalizzare subito anche perché con queste leggi elettorali...
Renzi difficilmente andrà a Palazzo Chigi.
Ha fatto bene ad accettare di andare nel 2013 anche se non era, sulla carta il momento. Il futuro non è prevedibile ed infatti ora che ha di nuovo una piena legittimazione e può contare su un partito più coeso la partita si è fatto più difficile. Sul piano interno Renzi o mette mano al partito, curando in modo inedito l’organizzazione e i territori, o credo che la sua stagione terminerà presto, anche perché se non dovesse andare a Palazzo Chigi non avrebbe molte alternative a fare il segretario bene e a tempo pieno in attesa di tempi migliori. La cosa mi incuriosisce. Sarebbe un ritorno al primato della politica, con gruppi parlamentari diretti dal partito. A meno che …
A meno che?
A meno che non scelga qualche importante ruolo internazionale. Il mio consiglio è comunque intanto lavorare sulla identità del Pd, sia sul piano interno attraverso una cura dell’organizzazione sia attraverso conseguenti scelte per le elezioni.
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