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venerdì 24 marzo 2017

Lo Stato non ti protegge dal crimine? Rivoluzione: la legge che cambia tutto

Tar Liguria: "Legittimo sparare per difendere i beni aziendali"



Furti o aggressioni in azienda? Da oggi è legittimo sparare per difendersi. O almeno questo è quanto risulta da una sentenza del Tar della Liguria, dove un imprenditore ha ottenuto il rinnovo del porto d'armi per difendersi dai ripetuti tentativi di furto che subisce nella sua ditta. L'uomo, nel dettaglio, ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo della Liguria dopo che il prefetto di Savona gli aveva negato il rinnovo del porto d'armi. Oltre ai continui furti subiti, ha spiegato che il porto d'armi gli serviva perché aveva spesso necessità di trasportare denaro contante per il pagamento di clienti e fornitori. Come riporta ilgiornale.it, la sentenza rappresenta un precedente giurisprudenziale importante: per la prima volta è concesso ad un imprenditore l'utilizzo di un'arma per difendere i propri affari in presenza di furti o di pericolo. 

Sui siti jihadisti l'immagine del Duomo di Milano Paura per l'Italia

Sui siti jihadisti l'immagine del Duomo di Milano



L'immagine gira da qualche ora in rete sui siti legati alla propaganda jihadista. Ed è di quelle che fanno davvero paura, perchè sopra la scritta "Do your jihad even while you are in Europe" ("Fai la tua jihad anche mentre sei in Europa"), compare un sinistro fotomontaggio che lega l'immagine di Westminster a quella del Duomo di Milano. In primo piano c'è il suv col quale l'attentatore di Londra ha fatto strage sul ponte di Westminster e sullo sfondo Khalid Masood sulla barella, ucciso dalle forze di polizia britanniche. Una vera e propria chiamata alle armi, in casa nostra.

Toh, il fascicolo sulla Finocchiaro La scelta: per lei un mare di guai

Anna Finocchiaro, aperto fascicolo: "Scelga, politico o magistrato"


Anna Finocchiaro, aperto fascicolo: "Scelga, politico o magistrato"

Il procuratore generale ha aperto un fascicolo a carico di Anna Finocchiaro. Dopo il caso di Michele Emiliano, governatore della Puglia, sul quale si esprimerà la commissione disciplinare del Csm, Pasquale Ciccolo vuole valutare anche il suo caso. E da quel che si capisce, riporta Repubblica, il nome del ministro per i Rapporti con il parlamento non sarà l'unico. La procura generale, infatti, vuole fare una verifica su tutti i magistrati eletti transitati in parlamento o nei governi locali, valutando caso per caso.

La Finocchiaro avrebbe detto che il suo caso è diverso da quello di Emiliano: "Ho saputo della cosa e ho aiutato la procura a superare le difficoltà dando ogni chiarimento per spiegare la mia situazione". Alla Finocchiaro, come è già avvenuto per il governatore pugliese, potrebbe essere applicato l'articolo 3 del decreto legislativo 109 del 2006 che vieta la "partecipazione a partiti politici" e il "coinvolgimento nelle attività di centri politici che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato". La sanzione disciplinare non riguarda la partecipazione alla vita politica, quindi essere senatore o deputato ma se il magistrato prende la tessera di un partito (vedi Michele Emiliano appunto, che sfida addirittura Renzi alla guida del Pd, e Finocchiaro, che non smentisce l'iscrizione al Nazareno).

Netta la linea del vicepresidente di palazzo dei Marescialli Giovanni Legnini: "La posizione del Csm sui magistrati che assumono incarichi politici è stata espressa in modo netto con delibera del plenum del 2015. Mi auguro che il Parlamento consideri attentamente le proposte dell'organo di governo autonomo della magistratura nel corso dell'esame del disegno di legge al fine di arrivare al più presto a definire un quadro di regole caratterizzato da completezza, chiarezza e rigore".

giovedì 23 marzo 2017

"6.500 euro di vitalizio. E vi dico che..."  Mastella parla, tutta Italia si infuria

Clemente Mastella: "Prendo 6 mila e 500 euro al mese. Che c'è di male?"



Clemente Mastella, leader democristiano e oggi sindaco di Benevento, si tiene ben stretto il vitalizio e dichiara guerra ai grillini. Dopo otto legislature a Montecitorio e una a Palazzo Madama, si dice orgoglioso della sua pensione: "Noi abbiamo messo tanto e adesso guadagniamo tanto. Cosa c'è di male?". L'ex ministro incassa infatti 6 mila e 500 euro al mese, ma in un'intervista a La Stampa ci tiene a precisare: "Chi, come noi della prima Repubblica, ha un minimo di intelligenza, avrebbe avuto i requisiti per rivestire ruoli dirigenziali in aziende dello Stato. Dunque, avrebbe guadagnato cifre uguali o superiori a quelle percepite". Ogni riferimento alla battaglia anti-vitalizi dei grillini non è puramente casuale. E su di loro, l'uomo di Ceppaloni, afferma:  "Bisogna fare come faccio io, sputtanarli ogniqualvolta dicono idiozie". E i democratici? "Sbagliano perché non devono inseguire il M5s sulla stessa scia. Devono mirare a fare cose diverse. Ad esempio si occupino dei giovani e del mondo della scuola". 

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"Ecco chi ha ammazzato nostro figlio"  Maurantonio, la bomba dei genitori

Domenico Maurantonio, i genitori: "Indagate su quei sei compagni di classe"




I genitori di Domenico Maurantonio chiedono di indagare ancora sulla morte del loro unico figlio e puntano il dito contro sei compagni di scuola. Lo studente 19enne di Padova era precipitato dal quinto piano dell'hotel Da Vinci di Bruzzano, alle porte di Milano, il 10 maggio 2015. La famiglia non ha esitato a fare nomi e cognomi dei ragazzi che insieme al loro Domenico erano in gita all'Expo e che ritengono responsabili dell'accaduto. Tesi che hanno ribadito anche durante il corso dell'udienza davanti al gip Paolo Guidi. Tra le ipotesi che si prospettano al magistrato: archiviare l'inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti, come hanno chiesto i pm Alberto Nobili e Giancarla Serafini, o disporre nuove indagini.

Per i pm la morte del 19enne è dovuta a un fatto accidentale. Il ragazzo, che aveva bevuto molto per tutta la serata, probabilmente ha avuto un capogiro ed è scivolato nel vuoto. Le impronte lasciate sul davanzale e sul muro esterno dell'hotel dimostrerebbero come Domenico abbia cercato di aggrapparsi prima di precipitare. Diversa l'interpretazione della procura, che legge quelle tracce come l'estremo tentativo di frenare la caduta. Ma è difficile stabilire il tutto con certezza. E per i genitori il caso non è ancora chiuso. Il giudice dovrebbe procedere da metà aprile.

Hai capito, quel "dritto" di Minzolini?  Sette giorni dopo il voto al Senato...

Hai capito? Augusto Minzolini, sette giorni dopo il voto sulla decadenza non ha presentato la lettera di dimissioni




"Qualunque sia l'esito del voto un attimo dopo rassegnerò le dimissione da senatore", disse Augusto Minzolini poco prima del voto sulla sua decadenza, respinta, in Senato. L'ex direttorissimo del Tg1, finito nei guai per la condanna per peculato, insomma, aveva promesso il passo indietro, qualsiasi cosa sarebbe accaduta. Eppure, sette giorni dopo il voto, delle dimissioni non vi è traccia. La notizia viene riportata da Il Messaggero, che cita fondi della presidenza del Senato, le quali hanno spiegato che, ad oggi, il Minzo non ha presentato alcuna lettera di dimissioni, primo e ineludibile step per rinunciare allo scranno a Palazzo Madama.

Maurizio Costanzo: "Paola Perego cacciata? Non vorrei che dietro ci fosse la politica"

Costanzo: "Paola Perego cacciata? Non vorrei che dietro ci fosse la politica"




Maurizio Costanzo illustra la sua visione sul caso-Paola Perego. Dopo la cancellazione da parte della Rai del contenitore Parliamone sabato, colpevole di aver proposto un sondaggio discriminatorio sulle "donne dell'Est", il conduttore di Mediaset dice la sua. Interpellato da Il Giorno, Costanzo dice: "Il programma l'avevo visto e non mi aveva impressionato. Infatti sono rimasto molto colpito quando in serata dalle agenzie ho saputo di una serie di deputate che protestavano, e mi sono stupito ancora di più quando ho letto della cancellazione del programma".

"Ma la memoria", prosegue, "non può non correre a Canzonissima, quando Dario Fo e Franca Rame vennero censurati perché avevano intonato una canzone sovversiva. Mi chiedo perciò se non c'era modo di discutere della trasmissione in qualche modo...". "Molti oggi si chiedono perché la Perego debba pagare questo conto in prima persona", prosegue il popolare giornalista, "l'atmosfera mi è piaciuta poco, io non sono abituato a discutere certe decisioni, certo si è trattato di una mossa un po' forte". E ancora: "Io non soffro di dietrologia, ma sinceramente continuo a chiedermi se c'è altro dietro questa censura immediata e forte. Lo dico perché il gesto è stato così poco italiano. Da noi di solito si dice: 'vediamo, pensiamo, facciamo...', magari si minaccia: 'Se lo fai un'altra volta...'".


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Viene subito in mente la frase di Lucio Presta, marito e manager di Paola Perego, che ha visto nella decisione della Rai una mossa contro di lui "perché amico di Renzi". Forse è qui che sta l'origine della brusca decisione di Viale Mazzini.