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sabato 11 marzo 2017

Migranti, le carte inchiodano il governo: perché scaricano gli stranieri all'Italia

Il documento che inchioda il governo: perché rifilano gli stranieri all'Italia



A Striscia la notizia (Canale 5) l’inviata Rajae Bezzaz intervista il video blogger Luca Donadel, il quale, seguendo le tracce satellitari delle navi (spesso di organizzazioni umanitarie) che vanno a soccorrere i migranti in mare, ha scoperto una realtà sconcertante: si dirigono tutte nello stesso punto, ovvero a poche miglia dalla costa libica.

"Secondo il diritto del mare - ricorda Donadel - le persone salvate nelle acque internazionali vanno portate nel porto sicuro più vicino, in questo caso in quello di Zarzis in Tunisia, che dista 90 miglia nautiche, o a Malta, che ne dista 180, contro le 250 della Sicilia".

Intervistati da Jimmy Ghione, i politici italiani danno risposte diverse. Maurizio Gasparri (Forza Italia) attacca: "Lo abbiamo denunciato in Parlamento: con il pretesto di un intervento umanitario c’è di fatto un fiancheggiamento degli scafisti". Laura Ravetto (Forza Italia) sottolinea: «Quelle missioni navali avevano lo scopo di impedire le partenze, se non con corridoi umanitari regolamentati».

Replica Francesco Boccia (PD): "Secondo me chi è in mare va aiutato a prescindere. Poi discutiamo sul perché le nostre navi sono lì…". Diverso il parere di Matteo Colaninno (PD): "Parleremo con il Ministro. Se le regole dicono che che vanno portati al posto più vicino, devono andare al posto più vicino. Altrimenti è un errore".

IL DISASTRO DI PADOAN Queste tre banche falliscono Ecco che cosa fanno ai conti

Banche, così Mps, Popolare di Vicenza e Veneto banca rischiano di fallire



Potrebbe essere solo questione di tempo perché tre grandi gruppi bancari italiani dichiarino fallimento. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, avrebbe intenzione di intervenire facendo quel che ha sempre fatto finora, come riporta il Fatto quotidiano, cioè nulla. A trovarsi sull'orlo del baratro ci sono Monte dei Paschi di Siena, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che equivalgono al 10% dell'intero sistema bancario nazionale.

È giusto però che i meriti sui fallimenti imminenti siano distribuiti tra chi ha contribuito all'ultimo capolavoro nel mondo creditizio nostrano. Oltre al ministro Padoan, va dato atto ai burocrati della Bce e a quelli della Commissione Ue di essersi impegnati parecchio. Si sta per assistere a una sorta di esperimento sulla pelle viva dei correntisti e dei contribuenti italiani, perché le attese sono sull'applicazione della Direttiva Brrd, quella famigerata sul bail in. Prima però che siano messe le mani nelle tasche dei correntisti con più di 100 mila euro, la Bce ha ricordato più volte che il fallimento di un istituto di credito è evitabile ricorrendo alla "ricapitalizzazione precauzionale". Che tradotto vuol dire: iniezione di soldi dello Stato, quindi di chi paga le tasse.

Il delirio di leggi e regolette europee però non finisce così facilmente. Secondo il comma 22 della direttiva, lo Stato può intervenire per salvare una banca solo se "rispetta i requisiti patrimoniali minimi". Per una volta le banche, in questo caso Mps, si ritrova nello stesso incubo di tanti correntisti che hanno chiesto credito alla propria banca. Così Mps ha bisogno di soldi e li chiede allo Stato, ma la Bce può autorizzare lo Stato solo se Mps dimostra di non aver bisogno di quei soldi.

Grazie a questo meccanismo malato le tre banche sono a un passo dal disastro. I due istituti veneti non sono poi messi meglio, dopo anni di magagne sui conti ignorate dalla vigilanza della Banca d'Italia. Sia la popolare di Vicenza che Veneto Banca sono state costrette dalla Bce a rimettere mani al portafogli per un aumento di capitale senza aiutini. A Vicenza l'aumento è stato di 1,5 miliardi, a Montebelluna il fondo Atlante - partecipato dalla banche - un miliardo tondo. La scorsa estate per le due banche destinate alla fusione sono stati iniettati altri 2,5 miliardi. I vertici però si accorgono che il buco lasciato da chi dirigeva in passato la baracca era molto più profondo.

A quel punto le due venete chiedono l'aiuto dello Stato, indispensabile per non fallire. Dalla Commissione europea però avvertono che le perdite previste nei rispettivi bilanci devono essere coperte dal fondo Atlante, che ormai è a secco. E nessuno dei soci del fondo ha più intenzione di dare un altro euro alle due banche venete, visto che finora ci hanno rimesso 3,4 miliardi con scarse speranze di rivederli presto, compresi gli interessi. Nel frattempo Padoan è rimasto immobile, dal suo ufficio non sono partite notizie per i vertici delle due banche, in attesa che ne arrivino dalla Bce, che a sua volta le aspetta dalla Commissione europea. I correntisti nel frattempo stanno scappando, già un terzo dei depositi è andato perso nell'ultimo anno e mezzo. Il pallino è sempre nelle mani del governo, sempre più sotto lo schiaffo di Bruxelles, ma di decisioni all'orizzonte non si vede neanche l'ombra.

Meloni, la verità dai sondaggi Numeri pazzeschi: dov'è arrivata

Giorgia Meloni premiata dai sondaggi: cresce più di Salvini



Giorgia Meloni è la più premiata dai sondaggi visto che la leader di Fratelli d'Italia ha registrato il record di crescita. E anche se in generale il suo partito ha meno consensi della Lega di Matteo Salvini, è riuscita a raddoppiare, anzi quasi a triplicare, i suoi voti.

Se alle politiche del 2013, rivela ItaliaOggi, Fratelli d'Italia era rimasto sotto il 2 per cento e alle europee l'anno successivo si era fermato al 3,7%, l'anno scorso era quotato intorno al 4 per cento e oggi, addirittura, anche di più. Il meno generoso con la Meloni fra gli istituti di ricerca è Piepoli, che però assegna a FdI un soddisfacente 4,5 per cento, mentre coincidono Emg (5,1 per cento), Index Research (5) e Ixè (5,2).

Addirittura, Demos&P dà il partito di Giorgia al 6,5 per cento. Insomma, esattamente come il vecchio Msi nella Prima Repubblica, meno però di An fra il 1994 e il 2006, che era costantemente sopra il 10 per cento. Non la danneggia il partito di Storace e Alemanno, da poco fondato, il Movimento nazionale per la sovranità. La vera concorrenza viene da Salvini anche se è difficile che riesca a conquistare il sud. 

venerdì 10 marzo 2017

Fabrizio Corona, furia totale in aula: calci, pugni e urla contro il poliziotto

Fabrizio Corona, furia totale in aula: calci, pugni e urla contro il poliziotto



Esplode in aula per la rabbia Fabrizio Corona: "Il teste deve venire qua a dire la verità, non a mentire" urla con la voce rotta mentre prende a calci una sedia davanti al pm Alessandra Dolci. Lo show dell'ex re dei paparazzi è andato in scena nell'ambito del processo che lo vede imputato per intestazione fittizia di beni per i 1,7 milioni di euro trovati nel controsoffitto della casa della sua amica Francesca Persi e per altri 800 mila euro depositati nel corso dell'estate dalla donna in due cassette di sicurezza in Austria.

A far perdere la brocca a Corona sono state le parole del commissario Luca Izzo, responsabile della sezione della Squadra Mobile di Milano per i reati contro il patrimonio. Il testimone in aula ha spiegato che l'ex calciatore Giuseppe Sculli, che a detta di Corona avrebbe tentato di estorcergli 50 mila euro e poi avrebbe fatto esplodere una bomba carta davanti a casa dell'ex re dei paparazzi il 16 agosto scorso "non è mai stato sentito". Era stato proprio il commissario Izzo a raccogliere, nell'agosto scorso, la denuncia per quell'episodio. Esposto che poi si è rivelato un boomerang per Corona: proprio da lì è nata l'inchiesta che ha portato l'ex re dei paparazzi di nuovo in carcere in ottobre. In aula il difensore di Corona, l'avvocato Ivano Chiesa, ha insinuato errori nella stesura del verbale relativo all'episodio della bomba carta.

L'apice del nervosismo è stato toccato quando Izzo ha detto di non ricordare alcuni particolari dell'interrogatorio, relativi in particolare ai rapporti tra Corona e quello che lui aveva indicato come il potenziale autore della bomba carta, il calciatore Sculli. Chiesa ha urlato di voler dismettere il mandato difensivo e, poco dopo, Corona con voce strozzata dalla rabbia si è alzato in piedi e, rivolto al collegio presieduto da Salvini, ha detto: "In nome della legge, un rappresentante della polizia non può venire in aula a dire bugie". Il giudice Salvini ha invitato l'ex fotografo dei vip ad "allontanarsi e sospendere la sua presenza in aula" se questo lo avesse fatto "sentire più sereno". Corona, invece, è rimasto al suo posto. Al termine dell'udienza Corona si è fermato con i cronisti: "Non dite che io sono sofferente", ha detto prima di essere portato nuovamente in carcere: "Questa è la vergogna delle vergogne".

Lodi, assalto armato alla trattoria Ristoratore spara e uccide il rapinatore

Lodi, ristoratore spara e uccide il rapinatore



Un morto e un ferito nel Lodigiano per l'assalto nella notte a un bar di Casaletto. Secondo quanto stanno ricostruendo gli investigatori, tre banditi avrebbero fatto irruzione all'Osteria des Amis di Gugnano, frazione di Casaletto Lodigiano ma sarebbero stati affrontati dal titolare del locale. A quel punto sarebbe nata una colluttazione e poi la sparatoria e la fuga. Uno degli assalitori è stato trovato morto in una stradina poco lontano dall'osteria. Ferito il barista. Non è ancora chiara la dinamica dei fatti. Pare che il ristoratore abbia sparato e ucciso il bandito.

Caserta, all’Università degli Studi “Luigi Vanvitelli” il master su “Dietetica applicata allo stile di vita”

Caserta, all’Università degli Studi “Luigi Vanvitelli” il master su “Dietetica applicata allo stile di vita”

Il professore Monda: “In Campania un’alta percentuale di obesi tra adulti e bambini”



di Antonio Parrella



CASERTA - “Dietetica applicata allo stile di vita: dalla sedentarietà all’attività sportiva”. E’ il tema dell’importante master di primo livello organizzato dall’Università degli Studi di Caserta “Luigi Vanvitelli” per sensibilizzare medici, tecnici ed esperti del settore sul preoccupante fenomeno dell’obesità, che in Campania ha raggiunto livelli allarmanti: circa il 50% dell’intera popolazione è in sovrappeso, mentre quasi il 20% è affetto da obesità grave. Dunque l’ateneo casertano, attento alla delicata problematica, scende in campo con un apposito master, che sarà diretto dal professore Marcellino Monda (direttore dipartimento dietetica e medicina dello sport dell’Università di Caserta). L’iscrizione al master, rivolta ai laureati in medicina e chirurgia, scienze biologiche, psicologia, scienze motorie, biotecnologie e farmacia, prevede un numero massimo di 20 partecipanti e deve essere effettuata online all’indirizzo web www.unina2.it entro il prossimo 20 marzo. Tra i docenti relatori, oltre al professore Monda, ci saranno, tra gli altri, Enrico Castellaci (medico nazionale italiana di Calcio), Claudio Briganti (dietologo atleti top level - Coni - Roma) e Giovanni Messina (fisiologo della nutrizione Università di Foggia). “Questo master - spiega il professore Monda - nasce dall’esigenza di affrontare il problema di una sana alimentazione e di un adeguato stile di vita, inerente anche all’attività motoria, in quanto in Campania c’è il triste primato dell’obesità dell’adulto e soprattutto dei bambini. Nella nostra regione l’obesità è ancora un grave problema e dai dati in nostro possesso viene fuori un quadro allarmante con il 47 % della popolazione in sovrappeso e, quindi, con un indice di massa corporea superiore a 25, mentre il 18% è colpita da obesità grave, con indice di massa corporea superiore a 40. Tutto ciò comporta per le persone un elevato rischio di sviluppare gravi patologie soprattutto a carico degli apparati cardiovascolare e respiratorio. Pertanto il master, giunto alla terza edizione, mette insieme sia competenze nutrizionali che di medicina dello sport”. Inoltre il corso dà diritto a 60 crediti formativi universitari ed il piano didattico, oltre ad esercitazioni e simulazioni, prevede una didattica frontale ed interattiva. Per ulteriori informazioni sono attivi i numeri telefonici 338.87.32.961 – 0815665844. Le iscrizioni saranno aperte fino al prossimo 20 marzo

Il Parlamento fa diventare ricchi: ecco quanto guadagna la Kyenge

I redditi dei parlamentari, prima e dopo l'elezione: quanto hanno guadagnato Kyenge, Boldrini, Fedeli & co.


di Tommaso Montesano



La politica rende. Eccome se rende. Prendiamo quattro deputati alla prima legislatura: due grillini (Luigi Di Maio e Roberto Fico) e due democratici (Anna Ascani e Khalid Chaouki). Prima del 2013, anno del loro ingresso a Montecitorio, denunciavano reddito zero. Adesso sono passati a 98mila euro annui.

È andata bene anche a Laura Boldrini, passata dal suo incarico all'Unhcr, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, alla terza carica dello Stato. Un balzo che ha prodotto i suoi effetti pure a livello economico. Perché un conto è una busta paga da 94mila euro; altro è uno stipendio da 146mila. Una salita che Boldrini condivide con il suo omologo a Palazzo Madama, Pietro Grasso. La seconda carica dello Stato ha quasi raddoppiato i suoi emolumenti, passando dai 174mila euro da magistrato, agli attuali 340mila come presidente del Senato. A fargli compagnia, il ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli: la differenza tra essere parlamentare - e vicepresidente del Senato (prima) e ministro (adesso) - vale 140mila euro.

L'analisi su chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso tra alcuni dei volti politici più noti compare nel numero di Oggi in edicola questa settimana. Mauro Suttora ha analizzato le dichiarazioni dei redditi di deputati e senatori al debutto nel Palazzo prima e dopo l'ingresso in Parlamento. La performance migliore è dell'ex Scelta civica Alberto Bombassei, il patron di Brembo, società attiva nella progettazione e produzione di sistemi frenanti. Bombassei, che adesso alla Camera fa parte del gruppo Civici e Innovatori, con l'ingresso in politica ha incrementato il proprio reddito di 580mila euro. Da 846mila euro, infatti, l'ex presidente di Scelta civica è passato a più di 1,4 milioni annui.

Non è andata male neanche a Francesco Bonifazi, il tesoriere del Pd al quale Matteo Renzi, prima di dimettersi, ha affidato il simbolo dei democratici. Bonifazi, di professione avvocato, è passato da 67mila a 280mila euro. Deve molto all'ingresso in politica anche la dem Cecile Kyenge. Tra lo stupore di tutti, Enrico Letta affidò a lei la poltrona di ministro per l'Integrazione nel governo di larghe intese nato dopo le Politiche del 2013. Alla sua prima legislatura, Kyenge si è poi dimessa dopo essere stata eletta al Parlamento europeo. Fatto sta che l'ex ministro è passata dai 38mila euro percepiti nel 2012 ai 102mila dichiarati nel 2016.

Ma non a tutti è andata bene. Yoram Gutgeld, deputato del Pd, commissario alla revisione della spesa, dirigente d'azienda, con l'ingresso a Montecitorio ha visto drasticamente ridursi la busta paga, crollata da 1,7 milioni di euro a poco più di 100mila euro. Lo stesso percorso hanno fatto il giornalista Augusto Minzolini, senatore di Forza Italia, e la campionessa di scherma Valentina Vezzali. L'ex direttore del Tg1 nel 2012 vantava una busta paga da 524mila euro, mentre lo scorso anno ha denunciato 113mila euro. Quanto alla deputata centrista, adesso con Ala-Scelta civica, cinque anni fa dichiarava 689mila euro, adesso è ferma a 145mila.