Visualizzazioni totali

venerdì 3 febbraio 2017

Lombardi, grillina senza vergogna: cosa riesce a dire sul caos-Raggi

Roberta Lombardi sul caso Virginia Raggi: "Hanno infiltrato il M5s"



Una polizza sulla vita rischia di affondare Virginia Raggi. Un'assicurazione da 30mila euro intestata "a sua insaputa" da un uomo innamorato di lei è l'ultimo disastro venuto a galla della sindaca grillina. Dettagli emersi dall'interrogatorio. Per ora, la Raggi resiste. Ma se dovessero arrivare nuove accuse, come quella (probabile) di corruzione, o nuove prove, i vertici pentastellati - alias Grillo e Casaleggio - sarebbero pronti a scaricarla.

Ma, nel frattempo, nel M5s cova la rivolta degli ortodossi. Di chi vorrebbe, e subito, la testa della Raggi. In primissima linea c'è Roberta Lombardi, da sempre contro Virginia (e, per inciso, la Raggi in un chat si chiedeva se "la Lombardi farà mai pace con il suo cervello"). E l'ex capogruppo, in pieno stile grillino, vede complotti come granelli di sabbia in riva al mare. Ovunque. Già, perché sul caso che ha travolto la Raggi è riuscita a dire: "Qui ci hanno infiltrato per bene. Speriamo che tutto questo ci aiuti a fare pulizia per poter ripartire. Io sono in pace con la coscienza, ho gridato fino a ieri per metterli in guardia".

E se sulla coscienza pulita nessuno ha nulla da eccepire, fa riflettere quanto affermato dalla Lombardi. Il disastro della Raggi? Sarebbe opera di una "infiltrazione". La possibilità che ci siano responsabilità personali o del Movimento neppure viene presa in considerazione. Tutta opera di un'infiltrata. Convinta lei...

SPUNTANO I FONDI NERI "La Raggi si compra i voti?" I soldi sospetti / Le cifre

Polizza di Virginia Raggi, spuntano i fondi neri: "Si compra i voti?"



Soldi, versamenti sospetti, che gettano ombra su voti e finanziamenti della campagna elettorale di Virginia Raggi mentre il Movimento cinque ha scelto di secretare la provenienza dei versamenti inferiori ai 5mila euro. Su quei finanziamenti e sull'origine dei 90mila euro, investiti da Salvatore Romeo in polizze assicurative, a vantaggio di esponenti del Movimento, puntano i pm. Il sospetto, riporta il Mattino, è che qualcun altro avesse deciso di puntare su Romeo. L'ex funzionario del Comune era riuscito a triplicare la busta paga, grazie alla sindaca (da 39mila euro all'anno a 110mila). Romeo, nonostante il suo esiguo stipendio, aveva disponibilità di quel denaro in tempi non sospetti.

Romeo ha cambiato i beneficiari delle polizze assicurative sottoscritte per diversi beneficiari a gennaio 2016. Tra questi (una decina in tutto) spunta Virginia Raggi, all'epoca semplice avvocato, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle. In caso di morte del dipendente comunale, la futura sindaca incasserà il premio. Ma i soldi possono anche essere riscattati in anticipo. In teoria il beneficiario può anche essere all'oscuro. Il sospetto è che quei 1.764 voti, ottenuti dalla Raggi che ha superato nelle comunarie Marcello De Vito, forse anche grazie a un dossier confezionato ad hoc sul quale indaga la procura, potessero essere stati un investimento di terzi, dei quali Romeo era solo un intermediario.

I magistrati romani stanno adesso cercando di capire la struttura dei business finanziari di Romeo, se i soldi fossero davvero i suoi o fossero investimenti fatti per conto terzi, oltre a studiare le clausole delle polizze in merito ai beneficiari. Secondo ipotesi di scuola che circolano tra chi è vicino al dossier, ma che restano ancora tutta da verificare, gli investimenti in polizze potrebbero nascondere tentativi di infiltrare e condizionare le comunarie organizzate dal Movimento Cinque Stelle che individuarono il candidato sindaco di Roma.

Tumori polmonari, pembrolizumab approvato in U.E.: presto in Italia?

Tumori polmonari, pembrolizumab approvato in UE: presto in Italia?


di Matilde Scuderi



La Commissione Europea ha approvato pembrolizumab per il trattamento in prima linea del carcinoma polmonare metastatico non a piccole cellule (Nsclc) per un gruppo di pazienti adulti non selezionabile per terapie biologiche a bersaglio. Lo ha annunciato la Msd, azienda farmaceutica conosciuta come Merck negli Stati Uniti e in Canada. “La decisione presa a livello europeo convalida un dato già presentato ai più importanti congressi internazionali e pubblicato su The New england journal of medicine - ha commentato Filippo de Marinis, direttore della divisione di oncologia toracica presso l’Istituto europeo di oncologia di Milano - Si tratta di un dato “rivoluzionario” perché per la prima volta in oltre 40 anni di trattamento di questa patologia un gruppo di pazienti che non poteva accedere a determinate terapie, riceve un vantaggio in termini di sopravvivenza, con una riduzione del rischio di morte del 40%, da un trattamento diverso dalla chemioterapia, che ha rappresentato fino ad oggi lo standard di cura per il carcinoma polmonare”.

L’approvazione si è basata sui dati di Keynote-024, studio randomizzato in aperto di fase 3 che hanno mostrato una sopravvivenza globale (os) e una progressione libera da malattia (pfs) superiori con pembrolizumab rispetto alla chemioterapia. L’approvazione consente la commercializzazione di pembrolizumab nei 28 Stati membri dell’Unione e in Islanda, Lichtenstein e Norvegia, alla dose approvata di 200 mg ogni tre settimane fino a progressione di malattia o a tossicità inaccettabile. Nell’agosto del 2016 pembrolizumab (2mg/kg ogni tre settimane) era stato approvato in Europa per pazienti che abbiano ricevuto almeno una precedente chemioterapia con carcinoma polmonare non a piccole cellule, avanzato o metastatico.

“La terapia con pembrolizumab può portare a ridurre del 50% il rischio di progressione di malattia permettendo di identificare coloro che possono fare a meno della chemioterapia - ha aggiunto de Marinis - Si possono così evitare le tossicità che quest’ultima comporta, “armando” invece il proprio sistema immunitario per riconoscere ed attaccare il tumore. Ci auguriamo ora che la decisione dell’European Medicines Agency (Ema) rappresenti uno stimolo per il ministero della salute e per l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) a valutare il ruolo che questa molecola può avere anche per i pazienti italiani, rendendo questa nuova opzione terapeutica disponibile in tempi ragionevoli per chi di tempo non ne ha”. 

Infezioni contratte in ospedale “Servono serie contromisure”

Infezioni contratte in ospedale “Servono serie contromisure”


di Matilde Scuderi



Le infezioni correlate all’assistenza (Ica) ogni anno in Italia causano più vittime degli incidenti stradali: solo nel 2015 - stando ai dati Istat - le Ica hanno causato dalle 4.500 alle 7 mila morti contro 3.419 vittime della strada. Si tratta di eventi avversi  purtroppo frequenti in sanità e che non ottengono ancora l'attenzione mediatica che meriterebbero malgrado le drammatiche conseguenze che spesso comportano. Sotto il termine di Ica rientra qualsiasi tipo di infezione che può occorrere durante il ricovero o dopo le dimissioni di un paziente, della quale non c’era né manifestazione clinica né incubazione precedente all'ingresso in ospedale. In Italia sono stati condotti numerosi studi sulla base dei quali si stima che, ogni anno, circa il 5-8 per cento dei pazienti ricoverati contragga un’infezione ospedaliera, le più frequenti le infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi. Le Ica non costituiscono solo un problema sanitario, ma anche un fenomeno di notevole impatto socio-economico: il costo correlato ad una singola infezione ospedaliera di infatti di circa 9 mila - 10.500 euro e complessivamente, l'impatto economico delle Ica sul Servizio sanitario nazionale (Ssn) è superiore a un miliardo di euro l'anno. In questo scenario, le surgical site infections (Ssi) - ovvero le ferite chirurgiche - sono tra le più costose. Complessivamente, il 30 per cento delle Ica è potenzialmente prevenibile ed evitabile.

In Italia la prevalenza delle infezioni chirurgiche è più alta rispetto a molti altri Paesi europei come Regno Unito, Germania e Francia. Analizzare i costi ad esse correlati, mediante database amministrativi, è stato lo scopo della ricerca 'Burden economico delle infezioni ospedaliere in Italia', realizzata dal professor Francesco Saverio Mennini, research director della Economic evaluation and health technology assessment (Eehta) del centro interdipartimentale di studi internazionali sull'economia e lo sviluppo presso la facoltà di economia dell'Università 'Tor Vergata' di Roma. Fonte dei dati sono state la scheda di dimissione ospedaliera nazionali e regionali "La prospettiva del nostro studio - precisa Mennini - è quella di mettere in luce quanto pesano le Ica in Italia in termini di impatto economico, sia dal punto di vista della salute del paziente, sia della loro incidenza sul Ssn. Partendo dal presupposto che, come prova lo studio, le infezioni ospedaliere compaiano in circa 3 casi ogni 1.000 ricoveri acuti in regime ordinario, la loro valorizzazione mediante valutazione delle giornate aggiuntive per singolo diagnosis related group ha comportato una stima media annua di 69,1 milioni di euro. Numeri che devono far riflettere soprattutto sul tema dell’appropriatezza, cioè sull’adozione di misure innovative, come trattamenti e device tecnologici, con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’assistenza nel limite delle risorse disponibili. La nostra indagine avrà anche sviluppi futuri andando ad includere i costi per le visite specialistiche ambulatoriali e per la spesa farmaceutica sempre relativa ai pazienti dimessi dopo una Ica, ma il nostro vero auspicio è quello di realizzare un osservatorio permanente sulle infezioni ospedaliere, in collaborazione anche con il ministero della salute. Una struttura di controllo che possa monitorare annualmente il quadro nazionale delle Ica, mettendo in luce quanto il criterio dell’appropriatezza può fare per contenere il problema".

"I microrganismi causa di infezioni associate alle procedure assistenziali provengono sia da flora batterica endogena, cioè già presente nel paziente, che esogena, cioè provenienti dall’esterno, ad esempio mani degli operatori come veicolo di microrganismi provenienti da altri pazienti, superfici e ambienti - spiega Nicola Petrosillo, direttore del dipartimento clinico e di ricerca in malattie infettive dell'istituto Lazzaro Spallanzani di Roma - Non dobbiamo dimenticare che spesso parliamo di persone fragili, debilitate e con basse difese immunitarie, frequentemente affetti da comorbosità o ancora di pazienti critici in terapia intensiva sottoposti a varie e prolungate procedure invasive. Molte delle procedure effettuate su questi pazienti implicano il passaggio di quelle che sono considerate le barriere fisiologiche quali la cute, le prime vie aeree o le mucose. Anche nel caso di alcuni siti con basso livello di microrganismi, come la vescica, l’inserimento di un catetere vescicale, se non eseguito con le massime procedure di asepsi, può essere causa di ingresso di microrganismi esogeni che nelle urine si moltiplicano fino a dare vere e proprie infezioni".

Nel caso delle infezioni ospedaliere, i microrganismi che penetrano all’interno del paziente vivono in una struttura che ha subìto una modificazione dal punto di vista microbiologico. Ecologicamente, quegli stessi microrganismi che stanno nelle strutture sanitarie sono ‘diversi’, perché hanno subìto la pressione selettiva da parte delle terapie antibiotiche effettuate. In ospedale, soprattutto nei reparti critici, dove si fa largo uso di antibiotici, ci sono dei microrganismi ‘resistenti’, ovvero che resistono al farmaco d’elezione che dovrebbe debellarlo, tanto che oggi si stima che il 16 per cento delle infezioni nosocomiali sia causata da batteri 'resistenti', il che ne rende più complesso il trattamento e la guarigione. In questo ambito, i pazienti chirurgici rappresentano una categoria molto significativa a livello globale, infatti, il 32 per cento delle infezioni nosocomiali è una Ssi, conseguenza di interventi chirurgici e terapeutici più complessi in pazienti metabolicamente e immunologicamente più compromessi. I pazienti che contraggono una ssi sono 5 volte più esposti al rischio di una nuova ospedalizzazione, 2 volte più esposti al rischio di degenza in una unità di terapia intensiva e 2 volte più esposti al rischio di morte. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sottolinea infatti come queste infezioni, causate dalle incisioni fatte durante gli interventi chirurgici, mettano a rischio la vita di milioni di pazienti ogni anno. Ogni Ssi è stata associata approssimativamente a una degenza postoperatoria aggiuntiva di circa 7-11 giorni. Il 77 per cento dei decessi nei pazienti con Ssi sono attribuibili direttamente all’episodio infettivo. "Le infezioni in chirurgia - commenta Gabriele Sganga, professore associato di chirurgia presso l'istituto di clinica chirurgica dell'Università cattolica del Sacro Cuore - avvengono per lo più dopo chirurgia addominale, sia per patologie contratte a domicilio, sia per peritoniti post-operatorie, con un trend più elevato per i malati di ‘passaggio’ in una terapia intensiva. Sappiamo, infatti, che dal 2 al 5 per cento dei pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia 'pulita' extra addominale e fino al 20 per cento dei pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia addominale svilupperanno una Ssi. Nel caso limite del paziente chirurgico che muore a seguito di complicanze, generalmente proprio in terapia intensiva, vediamo che se non muore ‘per una infezione’, certamente muore ‘con una infezione’. Per questo, anche prima di entrare in camera operatoria, è fondamentale abbattere il rischio di contrarre un’infezione chirurgica, intervenendo su alcuni fattori di rischio modificabili, quali il lavaggio accurato delle mani da parte degli operatori, l’adozione di una tecnica operatoria meticolosa, la profilassi antibiotica, il controllo glicemico e la prevenzione dell’ipotermia. Tra i fattori di rischio non modificabili, oltre a quelli correlati al paziente e al suo stile di vita, c’è la presenza di un qualsiasi impianto chirurgico, come ad esempio i dispositivi protesici, che, di per sé, aumenta il rischio di infezione. Oggi grazie all’innovazione tecnologica, ogni chirurgo ha un’arma in più per contrastare l’insorgenza delle Ssi: parliamo delle suture rivestite con antisettico (triclosan) che consentono un’efficace prevenzione delle infezioni chirurgiche, tanto da essere state inserite come raccomandazione dall’Oms nelle nuove Global Guidelines for the Prevention of Surgical Site Infection".

Elaborate per migliorare la sicurezza la qualità e la sostenibilità dei sistemi sanitari, le nuove linee guida dell’Oms sono state pubblicate su 'The Lancet Infectious Diseases' e includono un elenco di 29 raccomandazioni concrete, stilate da 20 dei maggiori esperti mondiali. Le linee guida comprendono 13 raccomandazioni per il periodo che precede l’intervento chirurgico, e 16 per la prevenzione delle infezioni durante e dopo l'intervento. Una di queste raccomandazioni riguarda, nello specifico, l’utilizzo di suture rivestite con triclosan al fine di ridurre il rischio di Ssi indipendentemente dal tipo di intervento. Il triclosan è un antisettico efficace, ben tollerato e sicuro, che distrugge le membrane cellulari dei batteri ed è attivo anche su miceti, micobatteri e spore. Le suture con antibatterico, quindi, non solo non rappresentano più un fattore che contribuisce all’eventuale insorgenza di un’infezione della ferita chirurgica, ma riescono a diminuire di circa il 30 per cento il numero di batteri a livello di incisione chirurgica dove la maggior parte delle infezioni postoperatorie hanno origine.

Le infezioni ospedaliere costituiscono, dunque, un duplice problema per la sanità pubblica, legato sia agli aspetti di umanizzazione delle cure, sia di management economico. Infatti, oltre agli effetti dannosi sulla salute dei pazienti, a compromettere la qualità del servizio, le infezioni comportano l’allungamento dei tempi di cura con la somministrazione di ulteriori terapie, aumentando i costi dell’assistenza e portando, in molti casi, anche a una vertenza civile o penale. "Contrastare efficacemente le Ica - dichiara Antonio Silvestri, clinical risk manager dell'azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma - rappresenta un elemento centrale del governo clinico ed una buona pratica che risponde sia ad un diritto di umanizzazione delle cure che ad un dovere in termini di management economico, in considerazione del fatto che le complicanze infettive associate all’assistenza sanitaria rappresentano il principale evento avverso in sanità, e in Italia le Ica sono fra le prime 10 cause di denunce di sinistro in sanità e fra le prime 5 voci di spesa per risarcimenti. Le Ica rappresentano una realtà con cui si devono necessariamente confrontare sia il personale sanitario con funzioni cliniche che le direzioni generali delle aziende ospedaliere, per l’impatto che tali patologie nosocomiali presentano sul paziente oltre che sugli operatori, e quindi non da ultimo sull’economia aziendale, caratterizzata da un sistema di finanziamento tramite rimborso per prestazioni. I comitati di controllo delle infezioni correlate all’assistenza (cc-Ica) sono gli organismi formalmente preposti alla gestione delle attività di prevenzione e controllo del rischio infettivo in ambito nosocomiale. Nel 2015 è stato istituito il coordinamento dei comitati per il controllo delle infezioni correlate all’assistenza della regione Lazio, a cui sono state attribuite funzioni di progettazione, formazione e informazione, nonché l’elaborazione di strategie e linee d’indirizzo regionali volte alla riduzione del rischio infettivo al fine di migliorare la sicurezza dei pazienti e di mantenere alto il livello di attenzione, con la sensibilizzazione continua di tutto il personale sanitario e dei cittadini, ma anche attraverso  l’adozione di un programma di controllo specifico di tutte le segnalazioni riguardanti le Ica. L’inserimento della segnalazione dei casi di infezione nella piattaforma regionale di segnalazione degli eventi avversi, di prossima implementazione, sarà in grado di consentire non solo la stima del fenomeno globalmente a livello regionale, ma anche il confronto dei tassi di circolazione dei patogeni selezionati in ambiente ospedaliero di ogni singola struttura con quelli rilevati nelle altre strutture regionali". 

Tumori: il Bakken Award 2016 a Elisabetta Iannelli dell’AIMaC

Tumori: il Bakken Award 2016 a Elisabetta Iannelli dell’AIMaC


di Eugenia Sermonti


Elisabetta Iannelli Vicepresidente di AIMaC

Elisabetta Iannelli, vicepresidente dell'Associazione Italiana Malati di Cancro parenti e amici (AIMaC), è stata insignita dalla Medtronic Foundation del prestigioso riconoscimento Bakken Award 2016 per aver impegnato la sua ‘extra life’ dopo il cancro al servizio del volontariato oncologico. Elisabetta Iannelli è uno dei 15 honoree, prescelti tra quasi 200 candidati da tutto il mondo, del Bakken Invitation Award, programma globale creato nel 2013 da Medtronic Foundation. Il Bakken Award, voluto da Earl Bakken (inventore del primo pacemaker nel 1957 e cofondatore di Medtronic), nasce per premiare le persone che, grazie all’utilizzo delle più innovative tecnologie mediche, hanno affrontato e superato malattie gravi e che con il loro impegno hanno portato valore aggiunto, umano e sociale attraverso il volontariato a favore degli altri malati che si trovano ad affrontare la loro stessa patologia. Medtronic Philanthropy ogni anno sostiene diverse iniziative a supporto delle varie comunità locali per promuovere l’accesso alle cure di qualità. In particolare con il Bakken Award si vuole dimostrare che, nonostante qualsiasi problema di salute, non solo è possibile vivere una vita piena, ma si può dare un grande contributo per il miglioramento della vita degli altri. #LiveOnGiveOn è l'ispirazione del premio.

Quest'anno, per la prima volta dall'istituzione del Bakken Award, unica tra gli honoree prescelti nel mondo, è stata premiata una ex malata di cancro italiana. Ogni honoree ha ricevuto il premio personalmente da Earl Bakken, il quale è esso stesso un paziente che beneficia oltre che della sua invenzione, il pacemaker, anche di uno stent coronarico e di un microinfusore di insulina che gli hanno dato la possibilità di una ‘extra life’. Gli honoree sono stati scelti per la forza, il coraggio ed i contributi eccezionali dati alla comunità affinché il loro impegno per il miglioramento della qualità della vita di altri pazienti costituisca un modello di vita per tutti. Al momento della premiazione Elisabetta Iannelli ha dichiarato: “Ho provato una immediata, profonda empatia per la filosofia che ispira il Bakken Award. Posso dire con assoluta convinzione che il concetto di ‘extra life’ e del suo buon utilizzo è nelle mie corde da sempre, probabilmente è ciò che, nel profondo, ha ispirato il mio impegno al servizio degli altri malati di tumore da quando io stessa ho ricevuto, a 24 anni, la diagnosi di cancro. Non mi sono mai chiesta come mai fosse capitato a me. Ho pensato, sperato, anzi voluto con forza, da subito, di poter essere un buon esempio per gli altri malati, un esempio di speranza che dimostrasse che la vita con il cancro e dopo il cancro è possibile e può essere bella, piena, intensa. Così è stato, a 24 anni dalla diagnosi posso ben dirlo e la mia famiglia, il mio lavoro, il mio impegno sociale lo dimostrano. Ma fino ad ora non avevo mai pensato - ha concluso Iannelli - che il mio impegno nel volontariato oncologico potesse essere riconosciuto come fonte di ispirazione per altre persone chiamate, loro malgrado, a investire le proprie risorse per vincere la vita dopo importanti malattie. Invece di lasciare che il cancro cambi la mia vita, cerco di cambiare la vita delle persone con il cancro”.

Elisabetta Iannelli, come ciascuno degli altri honoree, ha scelto l'associazione di volontariato beneficiaria del grant di 20.000$ devoluto da Medtronic Foundation per la realizzazione di iniziative a favore dei malati che, in questo caso, saranno impiegati dall'Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti ed amici (AIMaC onlus) nel  Servizio Informativo nazionale in ONcologia (Sion). Il Sion, costituito da 40 punti informativi attivi in 25 città presso i maggiori centri di studio e cura dei tumori, da una helpline nazionale e da sito internet www.aimac.it e forum, fornisce informazioni su misura per i malati di cancro e per i familiari che li assistono, attraverso un'attenta analisi delle richieste, in una prospettiva bio-psico-sociale avvalendosi anche di libretti ed altro materiale informativo (cartaceo e telematico) realizzato da AIMaC sulle diverse patologie oncologiche e relative terapie. AIMaC, di cui Iannelli è vicepresidente da circa 14 anni, è una organizzazione di volontariato fondata da un gruppo di pazienti nel 1997 per fornire informazioni e sostegno psicologico ai malati di cancro ed alle loro famiglie attraverso una strategia multimediale personalizzata e sempre aggiornata. Nella battaglia contro il cancro uno strumento fondamentale è proprio l’informazione: ‘Sapere vuol dire poter combattere perché oggi di cancro si può guarire’.

Rivoluzione Calcio, arriva il cartellino arancione: quando e dove sarà usato

Calcio, arriva il cartellino arancione: quando e dove sarà usato



Quando si parla di cambiare le regole del calcio i più reazionari vivono la situazione come un vero e proprio attentato a qualcosa di sacro ma negli ultimi tempi pare tiri aria d'innovazione. L'ultima novità, riporta la Stampa, potrebbe essere il cartellino arancione, la "sospensione a tempo", che potrebbe durare dai dieci ai quindici minuti. Una via di mezzo che il direttore di gara potrebbe utilizzare per gestire meglio la partita.

Probabilmente già dal mese prossimo s'inizierà a sperimentare questa nuova regola nei campi giovanili o tra gli amatori, mentre tra un paio di stagioni, se tutto va bene, potrebbe già fare il suo ingresso in qualche competizione Uefa, per esempio nei preliminari di Europa League. Ma il "New Deal" della Fifa non si limita al nuovo cartellino, infatti su consiglio del direttore tecnico ed ex bomber Marco Van Basten si potrebbe parlare in futuro di aumento delle sostituzioni o addirittura dell'eliminazione del fuorigioco.

I templari delle regole si staranno mettendo le mani nei capelli, ma alla fine una decina di minuti in inferiorità si possono gestire. Inoltre questa nuova punizione potrebbe aiutare a raffreddare gli animi dei giocatori più molesti o, chissà, potrebbe persino renderli più aggressivi.

La talpa di Trump in Vaticano Il piano per far fuori Bergoglio

Vaticano, la spia di Donald Trump sulle tracce di Papa Francesco



Dentro le mura del Vaticano c'è un altissimo prelato impegnato a fare da talpa per Donald Trump. Pochi giorni fa ci sarebbe stata l'ultima di una lunga serie di telefonate tra la gola profonda vaticana, arrivato a Roma da oltreoceano, e il presidente degli Stati Uniti, interessato a conoscere più nel dettaglio il vero pensiero di Papa Francesco. Trump non avrebbe nessuna intenzione di passare per acerrimo nemico del Papa, anche se Bergoglio non perde occasione per attaccare le politiche trumpiane, soprattutto in tema di immigrazione.

La fitta conversazione avvenuta quando in Italia era piena notte sarebbe stata tutti incentrata sulla critica alle posizione di Bergoglio. La talpa vaticana, secondo un'indiscrezione del Giornale, fa parte di quella fronda sempre più crescente che non gradisce la linea progressista imposta dal nuovo pontefice. Pur essendo tra i collaboratori del Papa, l'ecclesiastico avrebbe ribadito a Trump la preoccupazion per i cattolici disorientati dalle scelte dottrinali di Francesco.

Non è arrivata casualmente la dichiarazione di monsignor Angelo Becciu, numero tre in Vaticano, che ha espresso la sua "preoccupazione perché noi siamo messaggeri di un'altra cultura, quella dell'apertura; Papa Francesco - ha aggiunto a Tg2000 - insiste anche sulla capacità di integrare coloro che arrivano nella nostra società". Un richiamo proprio a quel gruppo di tradizionalisti che tra le mura vaticane continuano a cercare alleati internazionali per influenzare e limitare le derive terzomondiste di Bergoglio.