Su Stasi e Sempio stessi indizi: perché uno è in cella e l'altro no?
di Cristiana Lodi
Domanda lecita: per quale motivo Alberto Stasi, il 12 dicembre 2015, viene condannato dalla Cassazione che conferma la pena a 16 anni, inflitta nell' Appello bis un anno prima? Basta leggere le motivazioni depositate dalla stessa corte di Cassazione (il 21 giugno 2016) per rendersi conto che la risposta alla suddetta domanda, di fatto, sfugge. Perché manca la prova regina; nonostante il biondino di Garlasco sia stato dichiarato colpevole oltre ogni ragionevole dubbio. Colpevole, si legge, senza che abbia però voluto infliggere alla fidanzata sofferenze aggiuntive oltre a quei 17 colpi che le hanno massacrato il cranio. E sferrati in un raptus, senza alcuna programmazione preventiva sempre per usare le parole della Corte. Uno scenario che spiegherebbe l' assenza di crudeltà da parte di Alberto, giustificando così la condanna a 16 anni invece che all' ergastolo (seppur con la riduzione derivante dal rito abbreviato).
Ma "sfumature" procedurali a parte, è curioso constatare come le motivazioni della condanna di Stasi, di fatto, descrivano uno scenario del tutto indiziario, privo della cosiddetta prova regina.
Alberto infatti, secondo gli ermellini è l' assassino perché, testuale: Ciascun indizio risulta integrarsi con gli altri come in un mosaico, fino a creare un quadro d' insieme convergente verso la colpevolezza. Alberto, per i giudici supremi è l' assassino perché, testuale: Le modalità emergenti dalla scena del crimine si presentano tali da rivelare l' esistenza di un "pregresso" tra vittima e aggressore tale da scatenare il raptus omicida. Alberto, stando alle toghe di piazza Cavour è l' assassino perché, testuale: Quando trova il corpo senza vita, sostenendo di avere attraversato i locali della villetta dell' omicidio, al suo passaggio non modifica le macchie di sangue sul pavimento e sulle sue suole non resta traccia di residuo ematico. Inoltre lui descrive la vittima, al momento del suddetto ritrovamento, bianca in volto invece che ricoperta di sangue. Alberto, secondo il collegio giudicante è l' assassino perché, testuale: La superficialità e gli errori compiuti durante le indagini hanno fatto sì che non venisse sequestrata nell' immediatezza la bicicletta nera da donna di famiglia. Un anello mancante, come il movente, di cui la corte d' Appello che ha condannato, si è fatta carico.
A leggere questi motivi, forse si comprendono le ragioni per le quali, il procuratore generale (l' accusa) prima del verdetto tombale, avesse chiesto di annullare la condanna. E probabilmente non è un caso che Stasi sia stato (oltre che subito scarcerato dal gip per mancanza dei gravi indizi) assolto in primo e secondo grado; prima che la Cassazione annullasse e rinviasse a un secondo appello. Poi chiuso con la condanna definitva.
A distanza di un anno da quel verdetto, il consulente della difesa: Pasquale Linarello, rilegge il Dna trovato sotto le unghie di Chiara e lo attribuisce invece che a Stasi ad Andrea Sempio. Che viene indagato dalla procura di Pavia. Mentre alla corte d' Appello di Brescia viene chiesto di riaprire il processo, alla luce di quella nuova prova. Ossia il Dna. E qui si apre il bivio. Dice il perito Francesco De Stefano che, in sede di processo bis, esaminò quella traccia: Si sa che è di un maschio ma non si può dire a chi appartenga; anzi non si può nemmeno escludere che sulle unghie della vittima ci siano tracce di Stasi. Ancora: quel Dna è così poco e degradato da non poter essere comparato con nessuno. Né ora, né mai. Chiuse così il genetista De Stefano. Un ostacolo non irrilevante, perché le conclusioni (contrarie) del collega Linarello, forse non potranno essere confermate. Ma neanche smentite. Dunque? Il dubbio resta.
E non è l' unico. Anzi, a ben guardare, quanto finora emerso dall' indagine appena cominciata nei confronti del nuovo indagato, sembra indebolire l' impianto indiziario che ha portato alla condanna di Stasi. Rendendo più pungente la presunta nuova prova del Dna, su cui si fonderà la risposta della corte d' Appellodi Brescia chiamata a decidere se riaprire il processo. Dalle carte consegnate al pm che indaga su Andrea Sempio, salta fuori che questi il giorno del delitto era a Garlasco. A dispetto del tagliando di un parcheggio di Vigevano da egli stesso consegnato a scopo preventivo ai carabinieri a oltre un anno dall' omicidio. Emerge poi che Sempio aveva cercato Chiara nei giorni del delitto, sapendo che era a casa da sola. Risulta anche che lui all' epoca aveva i capelli lunghi e castani, come quelli di Chiara.
Capelli uguali a quei 7 privi di bulbo e rimasti senza nome, trovati accanto al corpo. Si chiederà di sequestrare la bici dell' indagato? Quella stessa che, come dichiara la mamma di Chiara, Sempio usava per andare a casa loro? Si sentiranno i due testimoni che, all' epoca misero a verbale (uno di questi ritrattò per ragioni mai chiarite) che davanti alla casa dei Poggi, all' ora del delitto c' era una persona con i capelli lunghi a caschetto che sembrava una donna? Sempio, come conferma il fratello di Chiara, frequentava casa Poggi e la camera di lei, usando anche il suo pc. Il computer compare sempre sulla scena del crimine. È successo anche con Stasi. Nel suo caso, il pc, gli aveva offerto un alibi non considerato tale dalla Cassazione. Chiara muore fra le 9 e12 e le 9 e 35.
Alberto alle 9 e 35 accende il pc di casa. Poteva, in 23 minuti, andare (con una bici mai identificata) a casa della fidanzata distante due chilometri, litigare, scatenare il raptus omicida, sferrarle 17 colpi, gettarla in fondo a una scala, pulirsi e tornare a casa per accendere il computer e guardare un film porno? Lui ha lasciato zero tracce sulla scena del crimine. Dove però c' è l' orma di una scarpa numero 42. Lo stesso che calzerebbe Andrea Sempio.