Visualizzazioni totali

domenica 9 ottobre 2016

LO SFOGO: ROTTURA TOTALE Bersani-Renzi, siamo alla fine "Mi ha trattato come un..."

Bersani e Matteo Renzi, siamo alla fine. Lo sfogo: "Mi ha trattato come un..."



"È un anno che l'Italia mangia solo pane e riforme, ora basta. Renzi proverà a stanarmi con una proposta sull'Italicum? Chiacchiere. Non mi si può raccontare che gli asini volano. Vediamo in direzione, ma io non mi aspetto nulla". Pierluigi Bersani sbotta contro Matteo Renzi in una intervista al Corriere della Sera: "Se parlo fuori è perché nel Pd non si può. In un anno e mezzo non ho mai avuto occasione di discutere di riforme nel partito. E dire che un po' ci capisco". "Anche con me non sono andati per il sottile, sono stato trattato come un rottame. Non ho ragioni per difendere Massimo D'Alema, ma deve esserci un limite a questa cosa volgare del vecchio e nuovo, che riguarda le idee e i protagonisti di una stagione. Nell'Ulivo c'erano anche idiosincrasie e liti furibonde, ma perbacco c'era una cosa da tenere assieme e c'era il rispetto, tanto che D'Alema propose Veltroni segretario e Prodi presidente della Commissione europea".

"Noi abbiamo cercato di salvare il salvabile", continua Bersani, "ma a volte trattenersi è molto difficile. E anche adesso dico quel che dico perché un pezzo del nostro popolo non vada via, restando vittima di cattivi pensieri. Non puoi sempre farti vedere con Marchionne e Polegato". Sullo scontro tra Lotti e D'Alema Bersani afferma: "C'è un limite, perché se sei dove sei c'è sempre qualcuno che ti ci ha portato. Invece ora tutto quello che c’è prima è da sputarci su... Così vai a sbattere". Sulla possibilità che si possa ridiscutere l’Italicum, Bersani sostiene: "In tutta Europa si cercano sistemi in grado di rappresentare quel magma che c’è, e noi ci inventiamo il governo del capo? C’è da farsi il segno della croce. Nella legge elettorale bisogna metterci dentro un po' di proporzionale, invece che prendere tutta altra strada per sapere alla sera del voto chi comanda".

Per quanto riguarda il partito della Nazione, Bersani dice: "Qualcuno sta rompendo i ponti con la tradizione convinto di prendere i voti della destra, ma non ci metto la firma su una prospettiva così. Se passa il Sì, temo che Renzi prenda l’abbrivio e vada dritto con l’Italicum. Ma non sono disposto a mettere in mano il sistema a quella roba inquietante che sento venir su dal profondo del Paese". Poi, ancora: "A turbarmi non è Grillo ma l’insorgenza di una nuova destra in formazione, aggressiva, non liberale, protezionista, che, da Trump a Orbán, cerca le sue fortune. Il ripiegamento della globalizzazione ha portato un aumento bestiale delle disuguaglianze. La sinistra deve trovare una nuova piattaforma di base di diritti del lavoro. La ricetta? Welfare, fedeltà fiscale, basta bonus e voucher".

Marino, l'accusa devastante a Renzi: "Cos'ha fatto. E cosa farò io adesso"

Ignazio Marino, l'accusa devastante a Matteo Renzi: "Cos'ha fatto. E cosa farò io adesso"



Abusi, scontrini, spese pazze: niente di tutto ciò, Ignazio Marino è stato assolto. Cadono tutte le accuse. Per il tribunale "il fatto non sussiste". E se l'ex sindaco di Roma si gode la rivincita, chi si preoccupa è Matteo Renzi: l'assoluzione, infatti, si è rapidissimamente trasformata in un nuovo guaio per quel premier che di fatto scaricò l'ex primo cittadino capitolino.

Non a caso, in un'intervista a Repubblica, Marino picchia duro proprio su Renzi. "Non ho davvero nulla da dire a Renzi - premette -. Solo che sono sbigottito, come tutti i romani, per quello che è accaduto a Roma. La cosa peggiore che può capitare a una città è che qualcuno ne determini l'instabilità. E purtroppo Roma dall'estate del 2015 vive in una grande instabilità amministrativa", dietro alla quale, questo il sottotesto, ci sarebbe la mano di Renzi, il premier che "non mi ha chiamato" dopo l'assoluzione.

Ma i guai, per il premier, non terminano qui. Marino, infatti, vuole gustarsi a fondo la sua vendetta. Ed è in questo contesto e con queste motivazioni che l'ex sindaco potrebbe tornare subito ad impegnarsi in politica, fianco a fianco con Massimo D'Alema (uno tra i primissimi a telefonargli dopo l'assoluzione) nella campagna per il "no" al referendum. Ogni iniziativa del sindaco, infatti, ora è legata alla campagna anti-referendaria. Un nuovo nemico per il premier, dunque. E infine, l'ultima idea del "Marziano": potrebbe anche chiedere i danni al Pd, un partito sul quale ha promesso già mesi fa di rivelare "retroscena scottanti" relativi a ciò che accadde a Roma. Altre nubi dense si addensano sopra Palazzo Chigi.

Talk show, Renzi fa la lista nera Ordine al Pd: "Boicottateli"

Talk show, la lista nera di Matteo Renzi. Ordine al Pd: "Da loro non ci andate"



Il "permesso" dato a Maria Elena Boschi di confrontarsi con Matteo Salvini a Otto e mezzo sarebbe solo una "deroga". In realtà il premier, secondo Il Fatto Quotidiano, avrebbe vietato a ministri, sottosegretari e parlamentari dem di andare ospiti nel talk show di Giovanni Floris, Corrado Formigli e  Lilli Gruber, tutti in onda su La7.

È già accaduto giovedì per Piazzapulita: l'eurodeputata Simona Bonafè, all'improvviso, ha declinato l'invito di Formigli. Perché Renzi boicotta i programmi di Formigli, Gruber e Floris? Secondo il punto di vista di Renzi, ci sarebbe uno squilibrio tra come sono trattati i rappresentanti del Sì al Referendum e quelli del No. I secondi sarebbero sempre numericamente maggiori, ai danni, ovviamente, della posizione del governo, per cui il referendum è più o meno una questione di vita o di morte.

Meno male, per i renziani, che c'è la Rai. Ovvero i tanti speciali dopo il Tg1, tribune elettorali, Politics, RaiNews, Porta a Porta e compagnia cantante. 

Isis in Deutsche Bank: scandalo Ecco gli sceicchi del terrore

Isis in Deutsche Bank, l'ultimo scandalo del colosso: spuntano gli sceicchi del terrore


di Attilio Barbieri



Altro che industria tedesca. A scendere in campo per salvare dal disastro la Deutsche Bank sono gli arabi. Per la precisione la casa reale del Qatar attraverso il fondo sovrano Qatar Investment Authority.

L’emiro Tamim bin Hamad Al Thani ha fatto sapere di essere disponibile a incrementare la propria partecipazione al capitale dall’attuale 10 per cento fino al 25. A riferirlo è stata l’agenzia Bloomberg citando fonti vicine al dossier. Secondo le stesse fonti alcuni emissari della casa regnante hanno già avuto incontri decisivi. Si tratta di Sheikh Hamad Bin Jassim Bin Jabr Al Thani, ex primo ministro dello Stato del Golfo e dello sceicco Hamad Bin Khalifa Al Thani. Quest’ultimo ben noto agli investitori occidentali per le operazioni condotte sul capitale di importanti società quotate nelle Borse europee.

Interpellato sulla questione, un portavoce di Deutsche Bank non ha commentato. Ieri Der Spiegel ha scritto che la famiglia reale del Qatar starebbe valutando la realizzazione di una holding che controllerebbe l’istituto di credito tedesco.

Il ceo di Deutsche Bank, John Cryan, sta provando a ripristinare la fiducia intorno alla banca dopo che il Dipartimento di Giustizia Usa ha avanzato una richiesta di risarcimento per 14 miliardi di dollari legata alla vendita irregolare di prodotti con sottostanti mutui subprime. Secondo gli americani all’istituto di Francoforte sul Meno andrebbe ascritta una bella fetta di responsabilità per lo scoppio della bolla che ha trascinato nel gorgo della crisi l’intera finanza mondiale.

I fondi controllati dall’ex primo ministro del Qatar, hanno acquistato il 6,1% di Deutsche Bank a metà 2014 e hanno successivamente incrementato la quota poco sotto il 10%, opzioni incluse, a luglio di quest’anno. In questo modo sono riusciti finora ad evitare gli obblighi di trasparenza che scattano in Germania per gli azionisti che superino un decimo del capitale.

Con lo scivolone seguito all’annuncio della maxi richiesta di risarcimento americana, gli azionisti qatarioti hanno accumulato una perdita teorica quantificata dal quotidiano Handelsblatt in oltre un miliardo di euro.

Resta da capire se potrebbe restare in pista anche il piano di salvataggio a cui stavano lavorando alcuni grandi gruppi manifatturieri tedeschi. I big del Dax, riferisce sempre Handelsblatt, «hanno discusso nei giorni scorsi un piano di salvataggio per Deutsche Bank». Ora starebbero «valutando se sia possibile l’acquisto di azioni dell’istituto, nel caso questi avesse bisogno di capitale fresco». Un piano che aveva l’appoggio incondizionato del governo di Angela Merkel «che è a conoscenza dell’iniziativa». «Sarebbe una strada elegante per evitare un salvataggio di Stato», confessava al giornale tedesco l’anonimo presidente di un’altra banca europea.

Sul Qatar la business community tedesca e non solo, nutre più di una perplessità. A Doha si fanno risalire ingenti risorse fra quelle che gli Stati del Golfo pompano da anni nelle casse dell’Isis. Ma oltre all’imbarazzo per la contiguità con il califfato del terrore c’è una certa resistenza pure negli ambienti bancari a consegnare le chiavi del primo istituto tedesco agli arabi. Deutsche Bank è entrata in tutti i maggiori affari che hanno segnato la vita finanziaria negli ultimi decenni.

Oltre al ruolo giocato in Usa, Deutsche avrebbe allestito oltre 30 (per alcune fonti un centinaio) operazioni simili a quella denominata Santorini, con la quale il Montepaschi riuscì a occultare perdite miliardarie. Conoscerle potrebbe significare tenere in scacco molti protagonisti della finanza mondiale. E forse anche di più.

Il M5s non si può più fermare: un sondaggio-terremoto, le cifre

Sondaggio Pagnoncelli, il M5s non si ferma più: primo partito nonostante Roma e Pizzarotti



L'elettorato del Movimento 5 Stelle regge, nonostante il caos che continua a travolgere la giunta romana di Virginia Raggi. Regge nonostante le tensioni interne e l'addio - con violente accuse - del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. Primo partito: questo il verdetto del sondaggio di Nando Pagnoncelli, pubblicato dal Corriere della Sera .

Il M5S sorprende e si mantiene al primo posto con il 30,3% dei consensi, stabilizzando la flessione di circa 2 punti registrata dal sondaggio di settembre. A seguire il Pd con il 29,3% (come a settembre). Nel centrodestra continua il testa a testa tra Forza Italia (12,3%) e Lega Nord (12,1%), mentre Fratelli d’Italia si attesta al 5,1%. Area popolare si conferma al 4,1% e la Sinistra unita (Sel-Si e altre liste), si colloca poco sotto il 5%.

Per quanto riguarda i ballottaggi nell'ipotesi di confronto tra M5S e Pd, ad oggi il primo si affermerebbe con il 56,9% contro il 43,1% dei democrat. Qualora il ballottaggio mettesse a confronto il M5S e una lista unica di centrodestra, il vantaggio del primo sarebbe ancora più largo (61,1% a 38,9%). Da ultimo, il Pd si affermerebbe contro una lista unica di centrodestra (54,5% a 45,5%).

Caivano (Na): Indagato l'assessore all'ambiente Antonio Baldi? Ma qualcuno chiede il governo di salute pubblica

Caivano (Na): Indagato dalla Corte dei Conti l'assessore all'ambiente Antonio Baldi? Ma qualcuno chiede il governo di salute pubblica


di Angela Bechis



Il Sindaco di Caivano, Simone Monopoli, dopo aver licenziato la vecchia giunta, eletta democraticamente dai partiti vincitori alle ultime elezioni comunali, nomina, avendo carta bianca la cosiddetta giunta di "alto profilo". In discussione anche il legame amicale degli assessori nominati dal primo cittadino, Simone Monopoli. Nulla di illegale, ci mancherebbe altro, ma è notizia di queste ultime ore che proprio un suo nominato, cioè un assessore del comune di Caivano, voluto fortemente dal neo sindaco, Simone Monopoli, sia indagato per danno erariale?. Parliamo di Antonio Baldi, geologo di professione, il cui sindaco ha affidato la tutela ambientale. L'assessore Baldi, da indiscrezioni, pare sia indagato dalla Corte dei Conti, e quindi solo una persona sottoposta ad indagini preliminari.

Insomma, l'inchiesta sulla pubblica amministrazione fa ritornare di attualità questo interrogativo. Ma i pareri sono discordi. "Non basta un avviso di garanzia, bisogna attendere almeno il rinvio a giudizio", dicono in tanti. "Le garanzie valgono anche per i politici, senza una condanna definitiva non c'è obbligo di dimissioni", obiettano altri. “Le dimissioni devono scattare dopo la condanna in primo grado, prima sono a discrezione dell’interessato”, osservano altri ancora. Ma non pochi ritengono che la valutazione di opportunità, caso per caso, vada calibrata sui fatti: “Se dalle indagini emergono con chiarezza responsabilità gravi, i dirigenti dei partiti devono esigere le dimissioni”. Aldilà che se fosse vero, Baldi è solo indagato per danno erariale. 

Ma su Caivano non pesa solo la tegola Baldi, ma anche l'inefficienza di un'amministrazione ferma al palo dall'insediamento ad oggi: dissesto finanziario, causato o meno dalle passate amministrazioni, dichiarato dall'altro assessore di Alto Profilo Tecnico, che ha precluso ogni possibile intervento politico in favore delle fasce deboli sul territorio. Mensa. Mamme. Scuola. Ambiente, soprattutto l'ambiente, visto che la spazzatura non viene raccolta regolarmente ed il Paese rischia un'epidemia. Il problema Mi.So legato ad un aggeggio, un rilevatore, che dovrebbe arrivare da Bologna, sperando che non si perda in volo come i Droni tanto decantati ad inizio mandato dal Sindaco Monopoli. 

Ma la notizia è che a Caivano qualcuno chiede il "Governo di Salute pubblica" e a chiederlo non è un politico di maggioranza che, trovandosi in difficoltà nella gestione della cosa pubblica, umilmente apre alle opposizioni per trovare un rimedio alle incapacità amministrativa, no. A chiedere il governo di salute pubblica è l'ex addetto stampa e uomo di fiducia del neo sindaco, Simone Monopoli, che in una lettera appunto invita alla riflessione, ma sempre di fiducia rimane. Infine, questa apertura da parte dell'ex addetto stampa è un segno di sconfitta del neo sindaco, Monopoli, oppure una nuova strategia politica come quelle messe in piedi in questi ultimi 12 mesi di consiliatura? Se fosse quest'ultima, io speriamo che me la cavo.... 

sabato 8 ottobre 2016

Appendino, un bulldozer a Torino La frase con cui stronca pure Grillo

Chiara Appendino, schiaffo ai 5 Stelle di Grillo: "Torino viene prima del Movimento 5 Stelle"



Il suo ruolo di sindaco è più importante anche del Movimento: un messaggio chiarissimo, rivolto a Beppe Grillo e al direttorio pentastellato. "Pesa il cliché del Cinquestelle, ma io non mi presento mica con il bazooka. Credo che il senso sabaudo delle istituzioni vada al di là dell'appartenenza partitica". Parola di Chiara Appendino, sindaco di Torino, che in una intervista alla Stampa, fa il bilancio dei suoi primi cento giorni di governo della città e spiega Torino, appunto, viene prima del M5s. Non esplicito, ma piuttosto lampante, il riferimento alle vicende romane che hanno coinvolto Virginia Raggi, quella Roma dove il Movimento sembra avere la precedenza sulla città.

La Appendino aggiunge che "molti si aspettavano un cambiamento immediato" la verità è che "ci vorrà tempo. Registro però una forte apertura di credito e una grande attesa. Mi sento addosso una triplice responsabilità. Verso la mia città, la mia generazione e il mio movimento. Da me ci si aspetta qualcosa di più perché sono Cinquestelle, perché sono giovane e perché sono donna. Devo sempre dimostrare qualcosa a tutti".

Ma la Appendino sa anche come mettere a tacere Matteo Renzi con una frase. Dopo l'incontro con lui - "grande cortesia istituzionale" - ha capito che "del referendum potrebbe parlarmi per ore e resteremmo lontani anni luce. Piuttosto continuo a chiedermi: perché uno che parla di rottamazione non ha trovato il modo di intercettare la voglia di cambiamento e ha candidato Fassino a Torino?".

Tant'è. Lei ora è il primo cittadino, e qui si fermerà. Un futuro da premier è "impossibile", dichiara. "Alla fine del mandato da sindaca, nel 2021, lascerò l’impegno politico nelle istituzioni. I dieci anni previsti dal nostro regolamento interno", sottolinea, "sono scaduti. Tornerò al mio lavoro. E magari metterò in cantiere altri figli".