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domenica 9 ottobre 2016

Isis in Deutsche Bank: scandalo Ecco gli sceicchi del terrore

Isis in Deutsche Bank, l'ultimo scandalo del colosso: spuntano gli sceicchi del terrore


di Attilio Barbieri



Altro che industria tedesca. A scendere in campo per salvare dal disastro la Deutsche Bank sono gli arabi. Per la precisione la casa reale del Qatar attraverso il fondo sovrano Qatar Investment Authority.

L’emiro Tamim bin Hamad Al Thani ha fatto sapere di essere disponibile a incrementare la propria partecipazione al capitale dall’attuale 10 per cento fino al 25. A riferirlo è stata l’agenzia Bloomberg citando fonti vicine al dossier. Secondo le stesse fonti alcuni emissari della casa regnante hanno già avuto incontri decisivi. Si tratta di Sheikh Hamad Bin Jassim Bin Jabr Al Thani, ex primo ministro dello Stato del Golfo e dello sceicco Hamad Bin Khalifa Al Thani. Quest’ultimo ben noto agli investitori occidentali per le operazioni condotte sul capitale di importanti società quotate nelle Borse europee.

Interpellato sulla questione, un portavoce di Deutsche Bank non ha commentato. Ieri Der Spiegel ha scritto che la famiglia reale del Qatar starebbe valutando la realizzazione di una holding che controllerebbe l’istituto di credito tedesco.

Il ceo di Deutsche Bank, John Cryan, sta provando a ripristinare la fiducia intorno alla banca dopo che il Dipartimento di Giustizia Usa ha avanzato una richiesta di risarcimento per 14 miliardi di dollari legata alla vendita irregolare di prodotti con sottostanti mutui subprime. Secondo gli americani all’istituto di Francoforte sul Meno andrebbe ascritta una bella fetta di responsabilità per lo scoppio della bolla che ha trascinato nel gorgo della crisi l’intera finanza mondiale.

I fondi controllati dall’ex primo ministro del Qatar, hanno acquistato il 6,1% di Deutsche Bank a metà 2014 e hanno successivamente incrementato la quota poco sotto il 10%, opzioni incluse, a luglio di quest’anno. In questo modo sono riusciti finora ad evitare gli obblighi di trasparenza che scattano in Germania per gli azionisti che superino un decimo del capitale.

Con lo scivolone seguito all’annuncio della maxi richiesta di risarcimento americana, gli azionisti qatarioti hanno accumulato una perdita teorica quantificata dal quotidiano Handelsblatt in oltre un miliardo di euro.

Resta da capire se potrebbe restare in pista anche il piano di salvataggio a cui stavano lavorando alcuni grandi gruppi manifatturieri tedeschi. I big del Dax, riferisce sempre Handelsblatt, «hanno discusso nei giorni scorsi un piano di salvataggio per Deutsche Bank». Ora starebbero «valutando se sia possibile l’acquisto di azioni dell’istituto, nel caso questi avesse bisogno di capitale fresco». Un piano che aveva l’appoggio incondizionato del governo di Angela Merkel «che è a conoscenza dell’iniziativa». «Sarebbe una strada elegante per evitare un salvataggio di Stato», confessava al giornale tedesco l’anonimo presidente di un’altra banca europea.

Sul Qatar la business community tedesca e non solo, nutre più di una perplessità. A Doha si fanno risalire ingenti risorse fra quelle che gli Stati del Golfo pompano da anni nelle casse dell’Isis. Ma oltre all’imbarazzo per la contiguità con il califfato del terrore c’è una certa resistenza pure negli ambienti bancari a consegnare le chiavi del primo istituto tedesco agli arabi. Deutsche Bank è entrata in tutti i maggiori affari che hanno segnato la vita finanziaria negli ultimi decenni.

Oltre al ruolo giocato in Usa, Deutsche avrebbe allestito oltre 30 (per alcune fonti un centinaio) operazioni simili a quella denominata Santorini, con la quale il Montepaschi riuscì a occultare perdite miliardarie. Conoscerle potrebbe significare tenere in scacco molti protagonisti della finanza mondiale. E forse anche di più.

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