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domenica 29 novembre 2015

L'intervista a Michel Houellebecq - La profezia prima delle stragi, lo scrittore: "Ecco che c'entra l'Islam col terrorismo"

Lo scrittore e il romanzo-profezia sulle stragi: "Vi spiego che c'entra l'Islam col terrorismo"


Intervista a cura di Francesco Borgonovo



Oriana Fallaci la considerava una grande fonte d' ispirazione. Michel Houellebecq non ha potuto fare a meno di citarla nel suo ultimo romanzo Sottomissione. Bat Ye' or, a partire dal suo bestseller Eurabia (edito in Italia da Lindau come gli altri suoi saggi), ha previsto e spiegato l' assalto dell' islam all'Europa. Ora tante delle sue profezie si stanno realizzando. Forse perché non erano profezie, ma semplicemente osservazioni molto acute, in grado di penetrare a fondo la realtà.

Perché secondo lei l' Occidente non è ancora riuscito a sconfiggere lo Stato islamico?

«Non tutti gli Stati occidentali sono implicati nella guerra e quelli che si battono non vogliono mettere gli eserciti con gli scarponi sulla terra. In più, questi Stati coinvolti hanno interessi divergenti e sostengono altri movimenti radicali. Credo che la ragione principale stia nel fatto che i leader temono rappresaglie terroristiche nei loro Paesi. Inoltre, anche la politica della Turchia verso l' Isis non è chiara».

Dopo ogni strage ad opera di terroristici islamici, sentiamo ripetere che la religione musulmana non c' entra nulla. Che l' islam è una «religione di pace». Perché non riusciamo ad ammettere che la religione islamica fornisce basi ideologiche al terrorismo?

«Non lo possiamo fare perche l' Unione Europea ha basato tutta la sua strategia mediterranea di alleanza con il mondo arabo e musulmano su questo argomento. Questa affermazione è stata la chiave che ha aperto all' immigrazione di milioni di musulmani, dal 1974, per costruire la nuova civilizazione mediterranea euro-araba, unire le due sponde del Mediterraneo, incoraggiare la mondializzazione, sviluppare un blocco economico più forte degli Stati Uniti e distruggere i nazionalismi europei e le basi della cultura giudaico-cristiana. Questa strategia era legata al riconoscimento di Arafat da parte della Comunità europea, al suo sostegno ai Palestinesi contro Israele e alla giustificazione del terrorismo jihadista palestinese per distruggere lo Stato ebraico e sostituirlo con la Palestina».

Alcuni dei jihadisti della strage di Parigi sono entrati in Europa come profughi, dalla Grecia. Secondo lei, che legame c' è fra l' immigrazione e il terrorismo islamico?

«Quella che si vede è una gigantesca invasione che può portare di tutto: terroristi, islamisti che vogliono islamizzare l' Europa senza essere criminali e gente che desidera soltanto vivere meglio. Guardando come gli immigrati sono stati accolti dai nostri governi e da varie organizzazioni in Europa favorevoli al mondo musulmano, è lecito pensare che questo straordinario movimento abbia ricevuto l' approvazione dei leader dell' Unione Europea, in particolare di Jean-Claude Juncker. Questa invasione di massa dà l' impressione che l' Europa sia un continente vuoto, disabitato, dove chiunque, se vuole, può entrare e riceverà tutto ciò di cui ha bisogno per vivere».

In Eurabia scrisse che gli «Euroburocrati», invece di combattere il terrorismo, lo sostengono. Secondo lei è ancora così?

«Gli Euroburocrati hanno sempre sostenuto il terrorismo palestinese contro gli ebrei e lo fanno ancora adesso. Non c' è in Europa una solidarietà con le vittime israeliane perché per l' Europa quelli che ammazzano uomini, donne e fanciulli ebrei nelle strade, nei ristoranti o in macchina non sono terroristi. Per via del fatto che l' Europa li sostiene - politicamente, finanziariamente, ideologicamente - e li giustifica. Se l' Europa riconoscesse che i suoi protetti sono terroristi, affermerebbe che lei stessa è una potenza terrorista. Si vede bene che i capi degli Stati europei menzionano tutti i Paesi colpiti dal terrorismo jihadista tranne Israele. Per loro gli israeliani sono sovrumani, non hanno diritti e non soffrono. Spero che le popolazioni europee che oggi sono colpite dallo stesso terrorismo che i loro governi hanno incoraggiato contro Israele per decenni mostrerano solidarietà verso Israele. Ma a parte Israele, molti governi europei e pure Obama hanno sostenuto i partiti radicali nella primavera araba, contro la volontà dei popoli».

Qual è stato, negli anni, il ruolo della Turchia nella costruzione di Eurabia?

«È stato molto importante per le concessioni a favore degli immigrati in Europa, per la guerra contro l' ex-Yugoslavia, nella lotta contro l' islamofobia, nella critica ai nazionalismi europei e per le misure di sicurezza contro il terrorismo, contro le limitazioni all' immigrazione musulmana. La Turchia di Erdogan è stata una forza d' islamizzazione sul continente fra le forti comunità turche immigrate».

Secondo lei è giusto far entrare la Turchia nell' Unione Europea, anche considerando quello che è accaduto negli ultimi giorni?

«La Turchia di Erdogan non è quella di Ataturk. Ma nemmeno quella di Ataturk dovrebbe entrare nell' Unione Europea. Si possono fare trattati economici e politici, avere buone relazioni, ma la Turchia rimane una potenza musulmana che ha colonizzato una grande parte dell' Europa, distrutto l' Impero bizantino e per secoli ha personificato il potere del jihad e della shari' a, soprattutto contro i popoli cristiani che ha sottomesso con il jihadismo. Tutti questi princìpi religiosi e politici radicati nel Corano sono molto presenti nella Turchia attuale. Erdogan sogna di restaurare la potenza ottomana che aveva sottomesso i popoli europei fino all' Ungheria, controllando per secoli la Grecia, la Serbia, la Bosnia, la Bulgaria, la Romania. Si sarebbe potuto sperare che la Turchia - il Paese il più moderno e aperto del mondo musulmano - iniziasse un' analisi critica dei testi fondamentali, ma Erdogan è ritornato secoli indietro, come hanno fatto gli Ayatollah dopo avere preso il potere».
Torniamo al Califfato.

Perché secondo lei lo Stato islamico attacca l' Europa, e in particolare la Francia?

«Lo Stato islamico attacca l' Europa perché questo è nella sua natura. Ubbidisce alla legge coranica che ordina l' islamizzazione del pianeta. Gli eserciti musulmani hanno attaccato l' Europa sin dal settimo secolo, siamo nella continuità della storia. La Francia è odiata per via del suo colonialismo, che ha lasciato un' importante influenza culturale; è anche un Paese molto debole, governato da persone incapaci e per di più ha una grande popolazione musulmana. Ma anche il Belgio, la Spagna e l' Inghilterra sono stati attaccati».

Uno dei Paesi europei in cui si trovano più jihadisti è appunto il Belgio. C' è una strana ironia nel fatto che l' Ue abbia sede nello stesso luogo che ospita chi vuole distruggere l' Europa...

«Non c' è ironia... Chi vi dice che quelli che siedono su questo augusto trono, quello dell' Ue, vogliano mantenere l' Europa cristiana? Non hanno dichiarato più volte che l' Europa è ugualmente musulmana e cristiana? Non sono forse loro che hanno creato l' Eurabia?».

L'allarme dalla Germania: "Euro a picco" I segnali sconcertanti della crisi nera

Euro a picco. L'allarme dalla Germania: i segnali sconcertanti


di Nino Sunseri 



La Deutsche Bank è molto negativa sul futuro dell' euro. Prevede il cambio a 0,85 sul dollaro prima di risalire intorno a 0,90 nel corso del 2016. Rispetto ai valori attuali un calo del 20%. Un' oscillazione che mette paura.

La caduta dell' euro è il frutto della divergenza fra Fed e Bce. La banca centrale americana considera la ripresa ormai consolidata e si prepara a stringere i freni provocando l' innalzamento del dollaro Draghi, invece, allenterà ancora di più la politica monetaria abbattendo l' euro. In altri tempi la svalutazione sarebbe stata il toccasana per il rilancio dell' economia. Ma in altri tempi c' erano la lira e le altre monete nazionali. Oggi c' è l' euro. Così cresce la paura. E' forte il rischio che, nonostante la vigorosa spallata al cambio accadranno poche cose buone. Si tratta di quella che ormai viene definita la sindrome giapponese. Gli stimoli monetari per quanto potenti non riescono a rianimare l' economia. Anche se lo yen è sceso molto e la pompa della Bank of Japan riempie il mercato di liquidità fino a farlo affogare. L' Europa va incontro ad un destino simile?

Come escluderlo. Tanto più che non mancano i segnali d' allarme. A settembre, nel silenzio generale, c' è stata una nuova battuta d' arresto dell' attività produttiva. L' euro è già sceso molto ma senza risultati apprezzabili. Il fatturato industriale è diminuito dello 0,1% su agosto e gli ordini addirittura del 2%. Entrambi i riferimenti sono in discesa dello 0,8% sul 2014.

Come si dice in questi casi? Il cavallo non beve. La ragione è molto semplice. I principali mercati di sbocco del made in Italy sono in Europa. Come tali assolutamente indifferenti al cambio. Né può servire guardare fuori dalla zona euro. Tranne gli Usa il resto delle grandi economie sta rallentando. In alcuni casi, come il Brasile si trova addirittura in recessione ed il governo non riesce a reagire perchè paralizzato dalle indagini sullo scandalo Petrobras. Certo con la svalutazione ci sono forti vantaggi per il tessile abbigliamento e gli articoli di lusso. Tuttavia l' esperienza dei mesi scorsi insegna che le eccellenze del made in Italy sono indifferenti all' andamento del cambio.

Insomma alla fine della corsa potremmo essere costrertti ad una conclusione desolante: il cambio debole e il potente bazooka monetario di Draghi sono semplici tigri di carta. Sono un forte incentivo per i mercati finanziari come dimostra ancora l' esempio giapponese (l' indice Nikkei salito del 110%). Invece rappresentano un' arma spuntata come pungolo alla produzione (il Pil giapponese è di nuovo negativo). Gli effetti positivi della caduta dell' euro rischiano di essere poco rilevanti. Almeno per l' Italia. A trarne giovamento sarebbe sicuramente la Germania che, secondo gli analisti resta competivia anche con l' euro a 1,50. Figuriamoci se vale la metà. Per la nostra economia invece potrebbero materializzarsi effetti molto negativi.

Per esempio il rialzo della bolletta petrolifera nonostante la quotazione del barile sia ancora modesta. Il prezzo della benzina potrebbe tornare rapidamente oltre la quota di 1,7 e rispunterebbe l' inflazione. Se dovesse superare la soglia del 2% Draghi dovrebbe bloccare il suo bazooka.

Così dopo la scomparsa del barile leggero verrebbe meno anche l' altro supporto che ha impedito all' economia di affondare. Vale a dire la politica di bassi tassi d' interesse. La conclusione potrebbe essere inedita e molto amara. Uno scenario nel quale la svalutazione della moneta porta più danni che vantaggi. Il mondo che gira al contrario rispetto alla lira.

Il gesto finale del preside pro-Islam Aveva vietato anche il Natale a scuola

Il gesto finale del preside pro-Islam. Aveva vietato il Natale a scuola




Si è dimesso il preside Marco Parma, dopo essere stato travolto dalle polemiche per aver vietato i canti natalizi al saggio della scuola elementare all'istituto Garofani di Rozzano, nel Milanese. L'agenzia Ansa lo conferma citando fonti della Regione Lombardia, dopo che il dirigente scolastico era stato convocato per chiarire i provvedimenti presi nella sua scuola. Parma aveva deciso di fare una "festa laica" secondo lui perché sarebbe stato inopportuno celebrare una festa cattolica dopo le stragi islamiste avvenute a Parigi lo scrorso 13 novembre.

Il Fisco paga chi fa la spia in ufficio Premi per sputtanare gli evasori

Il Fisco paga chi fa la spia. Premi in denaro per chi sputtana i colleghi




Molto presto il Fisco regalerà premi in denaro a chi fa lo spione su amici e colleghi. Arriva in Aula alla Camera la proposta di legge voluta da Partito democratico e Movimento Cinquestelle che premia la delazione su reati di corruzione, ma anche su illeciti e reati fiscali. L'idea, scrive il Giornale, porta il nome di whistleblowing, cioè quel soffiare nel fischietto che avviene quando si deve segnalare un pericolo. La prima firmataria Francesca Businarolo del Movimento Cinquestelle, con il sostegno fondamentale del gruppo Pd.

Il meccanismo - I deputati hanno immaginato un sistema a premi perché lo Stato riceva quante più notizie possibili sui crimini che si consumano a danno dell'erario. Sulla falsa riga di quel che già succede per i pentiti di mafia, anche il delatore potrà godere dell'assoluto anonimato al momento della segnalazione, almeno fino all'inizio del dibattimento in Tribunale. In questo modo il legislatore spera di incentivare per esempio il funzionario a spifferare eventuali illeciti del proprio dirigente ed evitare che scattino sul delatore "vendette" sul posto di lavoro.

Gli incentivi - Il motivo principale dietro l'iniziativa parlamentare è stato recepire le convenzioni Onu e del Consiglio d'Europa sulla lotta alla corruzione. Di fatto però incentiva anche la delazione su reati e illeciti fiscali, aprendo così scenari conflittuali da guerriglia e vendette negli uffici pubblici italiani: "In un Paese come l'Italia consumata dall'invidia sociale - dice il fiscalista Paolo Duranti - ci vuol poco a insinuare sospetti". Il tutto incentivato da premi che saranno definiti in "sede contrattuale" con l'Agenzia delle entrate. E pensare che nella prima proposta dei grillini, i premi da riconoscere dovevano equivalere a valori tra il 15% e 30% rispetto al danno erariale riconosciuto dalla Corte dei conti.

sabato 28 novembre 2015

"GUERRA ALLA TURCHIA" Dal Parlamento russo via libera a Putin

Il Parlamento russo: "Mosca ha diritto a risposta militare"




Ora c'è anche il via libera del Parlamento russo. La Duma, oggi, ha votato favorevolmente al diritto da parte di Mosca a una "risposta militare" nei confronti della Turchia, dopo l'abbattimento di un Sukhoi-24 di Mosca da parte degli F-16 di Istanbul sopra il confine tra Turchia e Siria, avvenuto lunedì scorso. Una decisione, quella della Duma, che aggrava ulteriormente i rapporti tra i due Paesi, che sono tesissimi. La Russia ha cancellato oggi a tempo indeterminato la sua partecipazione a esercitazioni militari congiunte nel Mar Nero. Da parte sua, Erdogan ha annunciato la cancellazione dei voli militari turchi in territorio siriano, ma ha avvertito Mosca di "non giocare col fuoco".

Il presidente russo ha ribadito di "non voler mettere a repentaglio le relazioni" con la Russia. In un discorso trasmesso in diretta tv, il leader turco ha puntualizzato che quanto accaduto non è stato "intenzionale" bensì dovuto "all’applicazione automatica delle regole d’ingaggio". Quindi non ha escluso di incontrare il collega russo Vladimir Putin a margine dell’inaugurazione della Conferenza sul Clima, lunedì prossimo, ma ha aggiunto un non rassicurante "voglio vederlo faccia a faccia".

Erdogan ha anche accusato Putin di aver pronunciato "parole inaccettabili" nei confronti della Turchia e di "puntare a estendere ad altri settori" la disputa sul caccia abbattuto. Il presidente turco ha liquidato come "calunnie" le accuse di Mosca, secondo cui Ankara acquisterebbe clandestinamente petrolio dall’Isis, e le ha anzi ribaltate, sostenendo che gli Stati Uniti "hanno prove documentate della vendita al regime siriano" di idrocarburi da parte dello stesso Isis e persino "di compagnie russe".

Scalfari: "Non scrivo più su Repubblica" Chi lo ha spinto via dal suo giornale

Eugenio Scalfari: "Dal 17 gennaio non scriverò più su Repubblica"




Fuori Uno e poi fuori due. E' fuga da Repubblica. Già la decisione del direttore Ezio Mauro di lasciare il quotidiano dopo 18 anni al timone aveva lasciato presagire la fine di un'epoca: quella del giornale-partito che per tanti anni ha fatto dell'anti-berlusconismo la sua ragione d'esistere. Ma il secondo addio è ancora più epocale: riporta "Il Foglio" che lo storico fondatore Eugenio Scalfari non scriverà più sul suo giornale. "Dal 17 gennaio prossimo non scriverò più su Repubblica" ha esternato dopo essere stato informato, prima da Ezio Mauro e poi da Carlo De Benedetti, che Mario Calabresi sarebbe arrivato a dirigere il quotidiano che lui aveva fondato il 14 gennaio 1976, cioè quasi esattamente 40 anni prima.

Scrive "Il Foglio" che Scalfari non avrebbe mai perdonato quel suo essere "dentro, ma anche fuori" il fronte che per anni si è opposto al leader di Forza Italia. "Dentro" perchè comunque da Repubblica era partita la carriera nei grandi giornali del figlio del commissario ucciso negli anni '70 da Lotta Continua. Ma anche "fuori", per quei rapporti, scrive "Il Foglio", comunque cordiali con il Cavaliere: "Anche negli anni di più acceso conflitto tra la sinistra e Silvio Berlusconi Calabresi ha sempre e malgrado tutto mantenuto un rapporto di stima personale più volte ravvivato da telefonate cordiali, incontri, colloqui persino affettuosi, con il Cavaliere che gli confessava: “Ma lo sa che io conoscevo il suo papà?”...". Troppo, per Barbapapà.

Feltri mette in mutande Bergoglio: vi racconto come finirà Vatileaks

Vittorio Feltri mette in mutande Bergoglio: ecco come finirà Vatileaks




Vittorio Feltri ha la sua verità su come finirà il processo che in Vaticano stanno montando su Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, i due autori dei più recenti libri che svelano le malefatte vaticane. Secondo la legge dello Stato della Chiesa, chi sottrae e rende note informazioni riservate è punibile con pene che vanno da 4 a 8 anni di reclusione.

Ma secondo l'editorialista del Giornale, quella in atto è "una pantomima, una sceneggiata, un gioco a cui stanno volentieri anche le vittime per convenienza: esse traggono da questo teatrino una gratuita pubblicità per promuovere i loro libri, non a caso primeggianti nelle classifiche dei più venduti".

Nuzzi e Fittipladi, scrive Feltri, verranno condannati secondo le leggi vaticane, ma con un colpo di scena finale: "Scommettiamo che la coppia di scribi sarà punita alla grande alla vigilia del Giubileo in base alle leggi locali, che puzzano di totalitarismo integrale (tipo Corano), e il giorno dopo, Francesco, inaugurando l'anno della Misericordia, compirà un gesto, appunto misericordioso: li grazierà entrambi, suscitando l'entusiasmo dei media, tutti allineati e coperti nell'esaltazione del Pontefice argentino, così avanti da avere superato qualsiasi progressista".