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sabato 11 luglio 2015

"Berlusconi, ma la cocaina...?" Travaglio, ultimo fango sul Cav

L'ultimo fango di Travaglio su Berlusconi: lui, le cene eleganti, la cocaina...




Minorenni, escort, bunga bunga, corruzione, prostituzione. Negli anni, Silvio Berlusconi è stato accusato di tutto, nei processi in tribunale e in quelli mediatici. Ma al Fatto Quotidiano non basta. In un articolo di oggi, il giornale diretto da Marco Travaglio pone una nuova (infamante) interrogativo: nella residenza di palazzo Grazioli, a Certosa e ad Arcore, durante le "cene eleganti", qualcuno portava e usava cocaina, o no?

Secondo il Fatto, "gran parte delle persone che hanno frequentato in questi anni Berlusconi, Tarantini incluso, ha avuto avuto un forte legame con la cocaina. Tarantini - che nel processo è imputato di aver indotto decine di ragazze a prostituirsi - è già stato condannato in primo grado per cessione di stupefacenti". Embè? In passato, nel 2008, "Gianpi si muove in grande stile: spende 5 mila euro per farsi trasportare delle mozzarelle con un volo privato, da Bari alla Costa Smeralda. Ma soprattutto, per l' accusa, porta in Sardegna mezzo chilo di cocaina". Ce n'è anche per Iris Berardi: la polizia giudiziaria le ha sequestrato sei grammi di cocaina e i diari personali, in cui racconta che "nella mia pur breve vita non mi sono fatta mancare nulla, ho avuto tutti i vizi del mondo: droga, alcol, sigarette, sesso e anche orge ad Arcore... ". Questo basta, per i segugi di Travaglio, per accostare Berlusconi alla droga. Mah. Un'altra signora vista ad Arcore è Maristhell Polanco, nel cui appartamento la Guardia di Finanza, nel 2010, trova 2,7 chili di coca mentre altri 10 li sequestrano in un altro box affittato dal fidanzato Carlos: in totale quasi 13 kg. Tutto ciò non è avvenuto a casa di Berlusconi, ma per il Fatto Quotidiano non importa: per gettare fango sul Cav va bene tutto. Anche ricordare che  Federica Gagliardi, nel marzo scorso, le Fiamme Gialle sequestrano ben 24 chili di coca mentre sbarca dall'aeroporto di ritorno dal Venezuela. E che Sabina Began, imputata a Bari con Tarantini nel processo in corso oggi, più di dieci anni fa, ovvero nel 2003, era "molto amica di un importante trafficante di droga kosovaro, che si chiama Bashkim Neziri". Tutto fa brodo, anche se l'amico di un amico di un amico di Berlusconi usava cocaina dieci anni fa. I soliti maestri del fango.

"Capitano, che fa coi proiettili in cabina?" La hostess lo scopre, è panico sull'aereo

Houston, Comandante della United Airlines getta i proiettili nel wc ma l'hostess fa la spia




A tutti capita di avere la testa tra le nuvole ogni tanto. Un comandante della compagnia aerea United Airlines da Houston a Monaco di Baviera la mente l'ha proprio lasciata in alta quota. Il pilota mentre era in crociera si è leggermente dimenticato di avere nel suo bagaglio dieci pallottole. Ovviamente accortosi del pericoloso carico e non avendo il porto d'armi, ha deciso bene di sbarazzarsene nel modo più logico possibile: gettandoli nel cestino della cabina di pilotaggio. Come se niente fosse, l'uomo pensava di cavarsela senza conseguenze. Eppure per sua sfortuna una hostess, che cercava l'anello perduto di una passeggera, si è imbattuta nelle pallottole rovistando proprio nel cestino. Spaventata e terrorizzata dal terribile tesoro scoperto, la donna è corsa ad avvertire il comandante. Nella testa della poverina saranno passate mille possibili scenari, dal terrorista pentito al serial killer. Tutti sbagliati.

Recidivo - Il pilota allora allarmato e scoperto ha dovuto escogitare un modo ancora migliore per togliersi di torno queste scomode munizioni. Alla fine ha deciso di gettare tutti e 10 i pallini nel water della toilette, intasandola. La hostess però si è accorta di tutto e ha scelto di avvisare le autorità di terra dell'accaduto. Dopo l’atterraggio e lo sbarco degli innocenti passeggeri il velivolo è stato portato in un’area isolata e i pompieri dell’aeroporto hanno iniziato a svuotare i serbatoi dei gabinetti in cerca dei proiettili. L’aereo, quindi, non è stato disponibile per il volo di ritorno per oltre quattro ore, fino al ritrovamento di tutti i proiettili. Secondo la compagnia aerea i piloti sono autorizzati a portare una pistola durante i voli domestici, ma nonostante l'uomo del volo non avesse con sé la sua arma, non rischierà il processo penale.

Documento segreto, governo demolito Quella (oscena) decisione sui marò

Marò, il documento che fa vergognare l'Italia: Paola Severino li voleva tenere in Italia, il governo si oppose per interessi economici




Un documento che dimostra tutta la vergogna italiana. Si parla del caso dei nostri marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. I due dovevano essere rispediti in India nel marzo 2013, dopo il permesso per trascorrere Natale in Italia: sulla possibilità si era a lungo discusso e dibattuto, ma poi il governo calò le braghe e li rispedì in India. Oggi, però, è sbucato un documento ufficiale del ministero della Giustizia, ai tempi guidato da Paola Severino. Un documento di cui dà conto Dagospia e che rivela che la giurista riteneva anticostituzionale rimandare i marò a Delhi. La Severino, insomma, si oppose con fierezza all'ipotesi di rispedire Girone e Latorre in India.

La ricostruzione - Nel documento, Severino spiegava che "i rilevamenti satellitari provano che la nostra nave era in acque internazionali. Tutto quello che viene detto è basato su idee, ma la prova sullo svolgimento dei fatti, versione differente tra le due parti, ancora non c'è stata. La posizione dei due militari italiani è molto delicata". Severino argomentava, e spiegava di non avere dubbi: gli indiani, per lei, non avevano alcun diritto di tenersi i marò, tantomeno di processarli. Noi non dovevamo rimandarli in India. Eppure furono rispediti, eppure Latorre e Girone tornarono ostaggi. Perché? Semplice: per non rovinare i rapporti commerciali con l'India. Meglio sacrificare la libertà dei nostri marò piuttosto che qualche euro. Una scelta contro la quale si oppose non solo la Severino, ma anche l'allora ministro degli Esteri Giulio Terzi, che all'epoca si dimise per dissociarsi dalla decisione del governo.

HANNO INTERCETTATO RENZI "Silvio con me, faccio fuori Letta"

Matteo Renzi intercettato: "Enrico Letta è un incapace e Silvio Berlusconi è d'accordo con me"




E' la mattina dell'11 gennaio 2014. Matteo Renzi è già segretario del Pd, ma a Palazzo Chigi (ancora per un mese) c'è Enrico Letta. Siamo a pochi giorni dal "#enricostaisereno" che sarebbe stato il preludio al cambio della guardia al governo. Renzi risponde al telefono al comandante interregionale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi. Renzi parla, scrive Il Fatto quotidiano, sul suo cellulare personale. E viene intercettato, perchè il comandante delle Fiamme Gialle è indagato per una sospetta fuga di notizie, caso che poi sarebbe stato archiviato.

Dopo i convenevoli di rito (Signor generale!", "Come stai, amico mio?"), i due passano al sodo. Cioè, parlano di politica. E già la cosa dovrebbe fare specie, visto che ai due lati della linea ci sono il segretario del maggior partito politico italiano e un alto esponente delle forze armate. Roba da Paese sudamericano. "Allora, rimpastino?" chiede il comandante. "Sì sì, rimpastino sicuro. Rimpastone, no rimpastino" (e vedremo che razza di rimpastone sarà di lì a qualche settimana). (...). Il comandante: "Significa arrivare al 2015...". E Renzi: "Sai a questo punto c'è prima l'Italia (come no, ndr), non c'è niente da fare. Mettersi a discutere per buttare all'aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perché lui è proprio incapace, il nostro amico (che è il premier Enrico Letta, ndr).". E il comandante è d'accordo "E' niente (Letta, ndr), Matteo, non c'è niente, dai, siamo onesti".

Renzi rincara: "Lui non è capace. Non è cattivo. Non è proprio capace e quindi... Però l'alternativa sarebbe governarlo da fuori...". Adinolfi: "Secondo me ha il taglio del presidente della Repubblica". Renzi: "Lui sarebbe perfetto, glielo ho anche detto ieri. L'unico problema è che bisognerebbe aspettare agosto del 2016 (perchè Letta abbia 50 anni e diventi così eleggibile al Quirinale, ndr) e quell'altro (che sarebbe l'allor
a Capo dello Stato Giorgio Napolitano, ndr) non ci arriva, capito? Me l'ha già detto".

Però, sulla via di un rimpastino o di un rimpastone, quell'11 gennaio 2014 Matteo Renzi sa già di avere un possibile e inusuale alleato, cinque giorni prima che il Patto del Nazareno venga annunciato e sette giorni prima che i due si vedano per la prima volta nella sede del Pd. E' Silvio Berlusconi. Ad Adinolfi, Renzi racconta infatti che "il numero uno ce l'ha a morte con Berlusconi per cui... e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso". Letta aveva le ore contate.

"Sarà una guerra, come nei Balcani" Allarme Nato, psicosi in casa nostra

Grecia, i pericoli per la Nato con una Grexit: dalla crisi nei Balcani alla sicurezza nel Mediterraneo




Il pericolo più temuto dagli analisti internazionali su una possibile Grexit, cioè un'uscita della Grecia dall'euro e dall'Unione europea, non è tanto il terremoto economico che minerebbe la timida ripresa delle economie continentali, quanto quello geopolitico. Su quel che deciderà di fare Atene ci sono gli occhi puntati di Stati Uniti e Russia, come un revival da Guerra fredda che si gioca stavolta sugli equilibri precarissimi della polveriera mediterranea. Riporta il Messaggero che non è tanto il risicato Pil greco a interessare le potenze internazionali - parliamo del 2% dell'Ue - quel che fa gola per il controllo degli equilibri regionali è la sua posizione geopolitica delicata tra Balcani e Turchia.

Tra due fuochi - Solo in apparenza l'atteggiamento di Barack Obama è stato distaccato nei confronti della crisi greca. Sopratutto negli ultimi giorni, gli Stati uniti sono intervenuti sempre più spesso per dire la propria e invitare l'Ue a ritrovare un accordo con Alexis Tsipras. Dall'altra parte ci sono pezzi importanti di Syriza a sentirsi più vicini a Vladimir Putin. Non è solo una sintonia tra comunisti ed ex sovietici che lega Mosca e Atene. Di mezzo c'è anche la tradizione della Chiesa cristiano-ortodossa che proprio sui magmatici scenari dei Balcani ha da sempre giocato un ruolo importante e potrebbe farlo anche nell'immediato futuro.

Balcani - Una questione quasi del tutto assente dalle pagine dei giornali italiani riguarda l'irrisolto nome che in campo internazionale deve essere riconosciuto alla Macedonia. Formalmente il Paese di Skopje si chiama Fyrom, proprio per non urtare la suscettibilità dei greci che ritengono l'unica Macedonia la propria. E poi c'è quel progetto della Grande Albania mai accantonato dall'etnia prevalente della regione che sogna un'unica realtà dal Kosovo a Skopje. Una Grecia fuori dall'Ue potrebbe riaprire situazioni turbolente, finora tenute a bollire a fuoco lento.

Cipro - Non meno importante è la situazione sull'isola di Cipro. Una crisi già aggravata dal mancato appoggio di Atene all'accordo tra le due Cipro, in contrapposizione ai ciprioti filoturchi. Nella Nato poi il clima si è fatto più teso da quando il presidente turco Erdogan ha abbracciato posizioni più islamiste. La Grecia funzionava da contrappeso nella regione, ma ora secondo Stefano Silvestri, consigliere scientifico dell'Istituto affari internazionali, con una Grecia fuori dall'Ue: "vi sarebbe un oggettivo indebolimento della Nato nel Mediterraneo orientale, in un momento di confronto politico piuttosto dura con la Russia sulla questione ucraina".

Gli effetti - La Grecia difficilmente deciderà di uscire dalla Nato, ma di sicuro secondo gli esperti potrebbe rinegoziare la sua posizione nell'Alleanza atlantica. E non mancherebbero argomenti per minacciare gli alleati. A cominciare dal controllo sui traffici marittimi di immigrati clandestini e merci, che i greci potrebbero decidere di svolgere in modo più superficiale, con immediato riflesso negativo sul controllo dei flussi migratori e sulla sicurezza dell'intero Mediterraneo.

Cade il governo Renzi, esecutivo di emergenza Chi sale a Palazzo Chigi

Matteo Renzi rischia di perdere Palazzo Chigi: verso un governo di emergenza e Pietro Grasso premier




Una voce circola con sempre maggiore insistenza tra le stanze del potere, a Roma: governo tecnico. Prima sembrava una boutade. Oggi, invece, una concreta possibilità: Matteo Renzi va in archivio prima, molto prima del previsto? Possibile. Così come è possibile che in Italia arrivi un "governo di emergenza": i numeri al Senato sono ballerini, le difficoltà del premier sempre maggiori (a anche gli scandali, così come dimostrano le intercettazioni pubblicate oggi da Il Fatto Quotidiano).

Tempistiche - Come da troppo tempo accade, però, all'Italia verrebbero "vietate" le urne: niente elezioni, almeno non subito, con la complicità di una riforma elettorale ad oggi inesistente e dei dubbi sull'effettiva abolizione del Senato. Gioca poi un ruolo l'interesse dei parlamentari: arrivare al 2018, al termine della legislatura, e non perdere dunque un centesimo di euro. Lo scenario più probabile, dunque, è una sorta di compromesso. Un "governicchio" di transizione, magari non in grado di arrivare al 2018, ma in grado di completare le riforme necessarie per il ritorno alle urne. Non è dunque un caso che Diego Della Valle, proprio in questi giorni, abbia sparato su Renzi: Mr Tod's sa che le urne, forse, non sono poi così lontane (e il suo obiettivo è proprio quello di rubare spazio ed elettori a Renzi).

Il "candidato" - A complicare il quadro, il recente - e durissimo - dissidio tra Palazzo Chigi e Pietro Grasso, presidente del Senato. Uno scontro che si è consumato sul ddl scuola: il presidente del Senatori Pd ha scritto a Grasso rimproverandogli la conduzione dei lavori troppo "permissiva". Il punto è che, nei fatti, anche il presidente di Palazzo Madama rema contro l'esecutivo. Inoltre, il dubbio avanzato da Il Giornale è che possa far parte proprio del possibile e nascituro governo di emergenza. Magari andando ad occupare proprio la poltrona più pesante, quella di premier, per la quale - stando alle voci - ci sarebbe in lizza anche l'immarcescibile Giuliano Amato. Per inciso, Grasso, non sarebbe sgradito né a Silvio Berlusconi né alla minoraza del Pd, che più di tutti vorrebbe "liberare" Palazzo Chigi da Renzi.

venerdì 10 luglio 2015

Successo per la replica di Mons. Spinillo su Facebook Guarda il Video

Successo per la replica di Mons. Spinillo su Facebook


di Don Carlo Villano
a cura di Gaetano Daniele 



Ieri sera, giovedì 9 luglio, i fedeli 2.0 hanno sfidato caldo e afa per incontrare il vescovo di Aversa sul web. Il caldo africano che ha investito il nostro paese nella prima decade di luglio non ha scoraggiato i tanti fedeli che ieri sera, giovedì 9 luglio 2015, si sono collegati sulla Pagina Facebook Ufficiale della diocesi di Aversa per mettersi di nuovo in dialogo con Mons. Angelo Spinillo.

Dopo l’ottimo esordio di fine maggio, infatti, il Vescovo aveva subito espresso il desiderio di trasformare  l’incontro virtuale con gli internauti in un appuntamento da replicare periodicamente.
Il popolo del web ha risposto con altrettanto entusiasmo e interesse all’invito rivoltogli da Mons. Spinillo: oltre un centinaio tra post e commenti lasciati sulla bacheca di “Chiesa di Aversa”; una trentina le persone che hanno preferito contattare il vescovo scrivendogli un messaggio in privato; oltre mille i “Mi piace” a foto, riflessioni e risposte; quasi 23000 le visualizzazioni. 

Le statistiche delle oltre due ore di “diretta” (dalle 21:00 alle 23:00 inoltrate) offrono un’interessante chiave di lettura generale, ma è ben più profonda la riflessione che emerge dall’analisi di dubbi, domande e considerazioni rivolte al pastore normanno, post e messaggi che hanno toccato diversi argomenti e problematiche.

A fine serata, nel saluto conclusivo affidato ad un video, Mons. Angelo Spinillo ha ringraziato “tutti coloro che hanno voluto partecipare a questo momento di dialogo su Facebook e a tutti gli amici che hanno collaborato a renderlo possibile. Tutto quanto è stato espresso stasera è un segno di grande ricchezza e di umanità. Nel salutarvi faccio mio uno dei  messaggi arrivati questa sera che ci invita a ricordare le tante vittime delle persecuzioni che, nel mondo, negano la verità di ciò che è la fede: partecipare alla vita condividendo il bene, dono di Dio per tutti”.