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sabato 11 luglio 2015

"Sarà una guerra, come nei Balcani" Allarme Nato, psicosi in casa nostra

Grecia, i pericoli per la Nato con una Grexit: dalla crisi nei Balcani alla sicurezza nel Mediterraneo




Il pericolo più temuto dagli analisti internazionali su una possibile Grexit, cioè un'uscita della Grecia dall'euro e dall'Unione europea, non è tanto il terremoto economico che minerebbe la timida ripresa delle economie continentali, quanto quello geopolitico. Su quel che deciderà di fare Atene ci sono gli occhi puntati di Stati Uniti e Russia, come un revival da Guerra fredda che si gioca stavolta sugli equilibri precarissimi della polveriera mediterranea. Riporta il Messaggero che non è tanto il risicato Pil greco a interessare le potenze internazionali - parliamo del 2% dell'Ue - quel che fa gola per il controllo degli equilibri regionali è la sua posizione geopolitica delicata tra Balcani e Turchia.

Tra due fuochi - Solo in apparenza l'atteggiamento di Barack Obama è stato distaccato nei confronti della crisi greca. Sopratutto negli ultimi giorni, gli Stati uniti sono intervenuti sempre più spesso per dire la propria e invitare l'Ue a ritrovare un accordo con Alexis Tsipras. Dall'altra parte ci sono pezzi importanti di Syriza a sentirsi più vicini a Vladimir Putin. Non è solo una sintonia tra comunisti ed ex sovietici che lega Mosca e Atene. Di mezzo c'è anche la tradizione della Chiesa cristiano-ortodossa che proprio sui magmatici scenari dei Balcani ha da sempre giocato un ruolo importante e potrebbe farlo anche nell'immediato futuro.

Balcani - Una questione quasi del tutto assente dalle pagine dei giornali italiani riguarda l'irrisolto nome che in campo internazionale deve essere riconosciuto alla Macedonia. Formalmente il Paese di Skopje si chiama Fyrom, proprio per non urtare la suscettibilità dei greci che ritengono l'unica Macedonia la propria. E poi c'è quel progetto della Grande Albania mai accantonato dall'etnia prevalente della regione che sogna un'unica realtà dal Kosovo a Skopje. Una Grecia fuori dall'Ue potrebbe riaprire situazioni turbolente, finora tenute a bollire a fuoco lento.

Cipro - Non meno importante è la situazione sull'isola di Cipro. Una crisi già aggravata dal mancato appoggio di Atene all'accordo tra le due Cipro, in contrapposizione ai ciprioti filoturchi. Nella Nato poi il clima si è fatto più teso da quando il presidente turco Erdogan ha abbracciato posizioni più islamiste. La Grecia funzionava da contrappeso nella regione, ma ora secondo Stefano Silvestri, consigliere scientifico dell'Istituto affari internazionali, con una Grecia fuori dall'Ue: "vi sarebbe un oggettivo indebolimento della Nato nel Mediterraneo orientale, in un momento di confronto politico piuttosto dura con la Russia sulla questione ucraina".

Gli effetti - La Grecia difficilmente deciderà di uscire dalla Nato, ma di sicuro secondo gli esperti potrebbe rinegoziare la sua posizione nell'Alleanza atlantica. E non mancherebbero argomenti per minacciare gli alleati. A cominciare dal controllo sui traffici marittimi di immigrati clandestini e merci, che i greci potrebbero decidere di svolgere in modo più superficiale, con immediato riflesso negativo sul controllo dei flussi migratori e sulla sicurezza dell'intero Mediterraneo.

Cade il governo Renzi, esecutivo di emergenza Chi sale a Palazzo Chigi

Matteo Renzi rischia di perdere Palazzo Chigi: verso un governo di emergenza e Pietro Grasso premier




Una voce circola con sempre maggiore insistenza tra le stanze del potere, a Roma: governo tecnico. Prima sembrava una boutade. Oggi, invece, una concreta possibilità: Matteo Renzi va in archivio prima, molto prima del previsto? Possibile. Così come è possibile che in Italia arrivi un "governo di emergenza": i numeri al Senato sono ballerini, le difficoltà del premier sempre maggiori (a anche gli scandali, così come dimostrano le intercettazioni pubblicate oggi da Il Fatto Quotidiano).

Tempistiche - Come da troppo tempo accade, però, all'Italia verrebbero "vietate" le urne: niente elezioni, almeno non subito, con la complicità di una riforma elettorale ad oggi inesistente e dei dubbi sull'effettiva abolizione del Senato. Gioca poi un ruolo l'interesse dei parlamentari: arrivare al 2018, al termine della legislatura, e non perdere dunque un centesimo di euro. Lo scenario più probabile, dunque, è una sorta di compromesso. Un "governicchio" di transizione, magari non in grado di arrivare al 2018, ma in grado di completare le riforme necessarie per il ritorno alle urne. Non è dunque un caso che Diego Della Valle, proprio in questi giorni, abbia sparato su Renzi: Mr Tod's sa che le urne, forse, non sono poi così lontane (e il suo obiettivo è proprio quello di rubare spazio ed elettori a Renzi).

Il "candidato" - A complicare il quadro, il recente - e durissimo - dissidio tra Palazzo Chigi e Pietro Grasso, presidente del Senato. Uno scontro che si è consumato sul ddl scuola: il presidente del Senatori Pd ha scritto a Grasso rimproverandogli la conduzione dei lavori troppo "permissiva". Il punto è che, nei fatti, anche il presidente di Palazzo Madama rema contro l'esecutivo. Inoltre, il dubbio avanzato da Il Giornale è che possa far parte proprio del possibile e nascituro governo di emergenza. Magari andando ad occupare proprio la poltrona più pesante, quella di premier, per la quale - stando alle voci - ci sarebbe in lizza anche l'immarcescibile Giuliano Amato. Per inciso, Grasso, non sarebbe sgradito né a Silvio Berlusconi né alla minoraza del Pd, che più di tutti vorrebbe "liberare" Palazzo Chigi da Renzi.

venerdì 10 luglio 2015

Successo per la replica di Mons. Spinillo su Facebook Guarda il Video

Successo per la replica di Mons. Spinillo su Facebook


di Don Carlo Villano
a cura di Gaetano Daniele 



Ieri sera, giovedì 9 luglio, i fedeli 2.0 hanno sfidato caldo e afa per incontrare il vescovo di Aversa sul web. Il caldo africano che ha investito il nostro paese nella prima decade di luglio non ha scoraggiato i tanti fedeli che ieri sera, giovedì 9 luglio 2015, si sono collegati sulla Pagina Facebook Ufficiale della diocesi di Aversa per mettersi di nuovo in dialogo con Mons. Angelo Spinillo.

Dopo l’ottimo esordio di fine maggio, infatti, il Vescovo aveva subito espresso il desiderio di trasformare  l’incontro virtuale con gli internauti in un appuntamento da replicare periodicamente.
Il popolo del web ha risposto con altrettanto entusiasmo e interesse all’invito rivoltogli da Mons. Spinillo: oltre un centinaio tra post e commenti lasciati sulla bacheca di “Chiesa di Aversa”; una trentina le persone che hanno preferito contattare il vescovo scrivendogli un messaggio in privato; oltre mille i “Mi piace” a foto, riflessioni e risposte; quasi 23000 le visualizzazioni. 

Le statistiche delle oltre due ore di “diretta” (dalle 21:00 alle 23:00 inoltrate) offrono un’interessante chiave di lettura generale, ma è ben più profonda la riflessione che emerge dall’analisi di dubbi, domande e considerazioni rivolte al pastore normanno, post e messaggi che hanno toccato diversi argomenti e problematiche.

A fine serata, nel saluto conclusivo affidato ad un video, Mons. Angelo Spinillo ha ringraziato “tutti coloro che hanno voluto partecipare a questo momento di dialogo su Facebook e a tutti gli amici che hanno collaborato a renderlo possibile. Tutto quanto è stato espresso stasera è un segno di grande ricchezza e di umanità. Nel salutarvi faccio mio uno dei  messaggi arrivati questa sera che ci invita a ricordare le tante vittime delle persecuzioni che, nel mondo, negano la verità di ciò che è la fede: partecipare alla vita condividendo il bene, dono di Dio per tutti”.


LAVORO, LUNEDI' A PALAZZO GIURECONSULTI CONFRONTO BIPARTISAN SU JOBS ACT CON ROSATI E APREA

LAVORO, LUNEDI' A PALAZZO GIURECONSULTI CONFRONTO BIPARTISAN SU JOBS ACT CON ROSATI E APREA


di Gaetano Daniele




Al via a Milano, lunedì 13 luglio a Palazzo Giureconsulti, il primo confronto bipartisan sul Jobs Act in Lombardia, regione chiave per testare gli effetti del provvedimento sul lavoro, anche dal punto di vista politico. L’occasione è il convegno "Il Jobs Act tra politiche attive e Agenzia nazionale", promosso da Jobbing Centre e Fondazione Anna Kuliscioff, dalle 14 alle 18 in Piazza Mercanti. Un tavolo a cui presenzieranno la politica, le parti sociali e i tecnici del settore lavoro, del sindacato e dell’impresa. Per la politica c’è attesa per il confronto tra Onorio Rosati, consigliere regionale PD, già Segretario generale della Camera del lavoro di Milano, e Valentina Aprea, assessore regionale all'Istruzione, Formazione e Lavoro. “Il PD lombardo - dichiara Rosati -  valuta positivamente la nascita dell’Agenzia Nazionale per le politiche attive del Lavoro (Anpal), che garantirà standard minimi comuni per tutte le Regioni sui servizi per l’accesso all’impiego e la ricollocazione, così come svolgerà funzione di rating rispetto alla qualità e all'efficacia delle politiche attive e dei soggetti pubblici e privati. Non si tratta di centralismo, ma di garanzie omogenee per tutti i territori: il diritto al lavoro è sancito dalla Costituzione, non può dipendere dalla Regione in cui si risiede". "Non deve però esserci un livellamento al ribasso”, aggiunge Rosati. “Le esperienze migliori di cui la Lombardia fa parte vanno salvaguardate. Sì dunque ad un ombrello nazionale, ma sì anche alla salvaguardia di spazi di autonomia per le diverse eccellenze regionali”. Teme invece un ritorno allo statalismo Valentina Aprea: “Il decreto attuativo del Jobs Act sulle politiche attive propone un modello neo-statalista, in cui domina lo Stato centrale e viene meno ogni forma di flessibilità territoriale. In Lombardia ha vinto la collaborazione pubblico-privato: si rischia di tornare indietro. La Lombardia chiede modernità: chiede che i centri pubblici per l'impiego e gli operatori pubblici e privati che hanno garantito al sistema lombardo di raggiungere l'efficienza siano parte di un sistema misto dove i diversi attori giocano alla pari, senza nostalgie per un centralismo che ha già fallito nel passato”. Un confronto aperto, che lunedì sarà arricchito dalle proposte dei tecnici e del mondo del lavoro. 

La verità sul ritiro di Santoro: Perché è andato via da La7

La verità sul ritiro di Santoro: ecco perché è andato via da La7


di Franco Bechis
@francobechis


Sta forse in due cifre la verità sul ritiro di Michele Santoro dalla tv. E sono quelle contenute all’ultima riga del bilancio 2014 della società Zerostudio’s srl, quella che produceva per La7 prima il Servizio pubblico condotto da Michele Santoro e poi Anno Uno, la trasmissione di Giulia Innocenzi. Quelle due cifre raccontano l’utile incassato nel 2013 (1.452.549 euro) e quello restato in cassa alla fine del 2014, secondo anno pieno dell’esperienza tv con La7 (116.858 euro). I guadagni di Santoro & c si sono praticamente decimati nell’ultimo anno. E la voglia di continuare deve essere venuta meno: alla fine si rischiava pure di rimetterci dei soldi.

Guadagni risicati - Che è accaduto? Qualche cosa lo racconta un’altra riga di quel bilancio: quella dei ricavi delle vendite e delle prestazioni. Nonostante nell’anno solare 2014 Zerostudio’s (società controllata al 66,8% da Santoro insieme alla moglie Sanja Podgajski e al 30% dall’Editoriale Il Fatto spa), avesse realizzato una puntata in più dell’anno precedente, da La7 sono arrivati 9 milioni e 20 mila euro contro i 12 milioni e 340 mila euro dell’anno prima. Sono stati tagliati costi di produzione, ma non è bastato, e alla fine il guadagno è stato davvero risicato. Talmente risicato che nessuno ha pensato nemmeno di dividerselo.

Vedute diverse - Il presidente della società, Cinzia Monteverde, che per altro è anche presidente dell’Editoriale il Fatto (che nel 2014 ha chiuso con un utile assai simile a quello di Santoro), ha cercato di non drammatizzare: «È comunque un risultato molto positivo anche alla luce dell’andamento generale dell’economia, e soprattutto alla luce della crisi del mercato di riferimento e dunque di quello televisivo». Secondo il presidente della società di Santoro infatti «Il settore televisivo, esattamente come l’anno passato, sta attraversando un momento di particolare difficoltà dovuta al cambiamento epocale che i nuovi modelli d’informazione stanno imponendo agli operatori del settore. I programmi televisivi tradizionali, dunque rischiano di essere non adeguati a sostenere questo cambiamento, come testimonia la diminuzione generale degli share». Servizio Pubblico naturalmente viene ritenuto da chi lo fa un caso a parte, e infatti si segnala che è stata La7 a perdere ascolti, ma «La nostra società costituisce certamente un eccezione in questo scenario, avendo registrato con la trasmissione Servizio Pubblico e AnnoUno, risultati superiori alla media dell’emittente. Basti pensare che la media di share nel 2014 ottenuta da Servizio Pubblico si attesta al 7,26% e quella di AnnoUno al 5,59%, mentre la rete (emittente La 7) si attesta al 3,26%».

Nuove assunzioni - Per altro nel 2014 l’organico della società è pure salito: 38 dipendenti rispetto ai 35 dell’anno precedente. Questo a fronte di una diminuzione dei corrispettivi previsti dal contratto: «Va tenuto in considerazione che con il su detto contratto si è registrata una diminuzione dei ricavi rispetto al 2013, pur incrementando il volume di produzione di una puntata nel 2014. Inoltre si è reso necessario rinforzare la struttura risorse umane, e non solo, per realizzare simultaneamente oltre al talk show Servizio Pubblico anche il programma ulteriore Announo».

Pure la finanza - Zerostudio’s aveva a fine 2014 liquidità in cassa per un milione e 795 mila euro. Dopo i primi tre mesi 2015 si era però ridotta a un milione e 130 mila euro. Ed è probabilmente riflettendo su queste cifre che Santoro ha deciso al momento di chiudere l’esperienza con La7 alla scadenza naturale del contratto, il 30 giugno scorso. Ma la società di produzione resta in piedi, e qualcosa altro farà di sicuro. Qualche fastidio può avere dato al popolare conduttore televisivo anche una visita inattesa della guardia di Finanza (primo gruppo di Roma) il primo dicembre scorso, per «verificare i corretti adempimenti e versamenti ai fini Ires, Irap e Iva». Come sono arrivate però le fiamme gialle se ne sono subito andate via: «Alla conclusione delle operazioni di verifica», rivela la nota integrativa al bilancio, «è stato redatto e sottoscritto il processo verbale di constatazione che nelle conclusioni riporta: «»Il controllo effettuato non ha evidenziato irregolarità».

LA PATRIMONIALE SULLE PENSIONI La riforma: ti prosciugano l'assegno

Pensioni, Tito Boeri: "Contributo di solidarietà su quelle più alte"




Da tempo si parla della proposta di riforma delle pensioni. Ora, è arrivata. E spaventa. Tito Boeri, neo-presidente dell'Inps, l'ha presentata nelle sue linee essenziali. Si parte dal primo, amaro, punto: un contributo di solidarietà "a chi ha i redditi pensionistici più elevati in virtù di trattamenti molto più vantaggiosi di quelli di cui godranno i pensionati di domani". Insomma, la riforma si riduce a un taglio degli assegni. Di cifre, Boeri, non ne ha fatte. Insomma ancora non è chiaro chi verrà ulteriormente punito: resta solo la certezza che mister Inps vuole ridurre parte degli assegni. Dunque il secondo caposaldo della riforma, quella che Boeri definisce "flessibilità sostenibile". Nel lungo periodo il sistema contributivo contiene all'interno tutti i meccanismi per permettere ai lavoratori di lasciare in anticipo rispetto all'età di maturazione dei requisiti di vecchiaia. In buona sostanza basterà spalmare il montante dei contributi versati su un numero di anni maggiore. Il corollario è che quanto prima si lascerà il lavoro tanto più bassi saranno gli assedi. In media, anticipando di 4 o 5 anni, stando a quanto emerso dalle simulazioni, la riduzione sarebbe pari a un 15-30% sull'assegno. Secondo Boeri si tratta dell'unica via per non aumentare il debito pensionistico e scaricare il costo sulle future generazioni.

SONDAGGIO-BOMBA: 40 PER CENTO Grillo e Salvini in paradiso. E il Pd...

Sondaggio Datamedia, crescono M5s e Lega Nord: insieme sfiorerebbero il 40 per cento




Il vento greco continua a spingere Beppe Grillo e Matteo Salvini, leader dei due principali movimenti euro-scettici in Italia. E' quanto emerge dall'ultimo sondaggio Datamedia per Il Tempo. Piccoli movimenti in avanti, ma costanti, simili a quelli rilevati nelle ultime settimane. La parola alle cifre. Se si votasse oggi, la Lega Nord prenderebbe il 15,4%, in ascesa di 0,1 punti percentuali. Avanza anche il M5s, accreditato del 22,6%, in ascesa dello 0,2 per cento. Lega e M5s, in un'ipotetica unione, sfiorerebbero dunque il 40%, staccando il Pd di Matteo Renzi, in calo dello 0,3% e oggi accreditato del 33,9 per cento. Un'emorragia di voti, per il premier, che nella battaglia greca si è supinamente schierato al fianco della Merkel. Quindi Forza Italia, che perde un altro 0,1% e scende al 12,2 per cento. Stabile Fratelli d'Italia-An, accreditato del 4,1%; Sel cresce dello 0,1% al 3,9%; Area Popolare Ncd-Udc, in calo dello 0,1%, si assesta al 2,6 per cento. Infine il consueto dato sulla fiducia nel premier, che cala di settimana in settimana: ora è al 35%, di poco sopra alla percentuale di cui viene accreditato il suo partito alle urne.