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domenica 5 luglio 2015

Atene, Mykonos, Santorini: case in saldo Quanto costano ora gli appartamenti

Atene, Mykonos e Santorini: dove le case costano la metà


di Tobia De Stefano 


Da mesi ormai gli avvoltoi volano intorno a quel che resta della carcassa greca. E appena trovano un altro pezzetto aggredibile ci si fiondano addosso senza pietà. E così dopo aver banchettato a più non posso con la parte finanziaria (azioni, obbligazioni, titoli di Stato ecc.) pregustano altri lauti pranzetti da consumarsi grazie agli appartamenti e alle ville vista mare di città e isole elleniche. Non che le opportunità fino ad oggi fossero mancate, dall' inizio della crisi il mercato immobiliare si è svalutato tra il 30 e il 50%, ma in vista del referendum che rischia di decretare l' uscita dall' euro i prezzi in dracma potrebbero ridursi almeno di un altro 40%. Questi numeri, elaborati dagli esperti di Casa.it, partono da un presupposto.

Un conto sono le città, in primis Atene, dove i prezzi al metro quadrato oggi sono ai minimi degli ultimi 20 anni. Un altro le isole, Cicladi su tutte, dove c' è stato un taglio ma non così netto e soprattutto più differenziato. «Nei quartieri di maggior pregio della capitale - spiega il centro studi di Casa.it -, come nella zona di Kolonaki, i prezzi degli appartamenti non superano i 4 mila euro al metro quadrato. Più le case sono spaziose, oltre i 200 metri, più il prezzo si abbassa. Nel quartiere tipico di Plaka, gli appartamenti hanno prezzi variabili dai 1.000 ai 1.500 euro, dipende dallo stato di fatto. Mentre nella zona vicino all' Acropoli le case di pregio non arrivano a toccare i 3.000 euro. Si tratta di abitazioni inserite in palazzi storici paragonabili, per fare un esempio, a quelli della zona Monti-Magenta a Milano, dove i valori sono 3-4 volte superiori».

Insomma, nelle zone centrali di Atene non si fa difficoltà a trovare appartamenti in buono stato venduti intorno ai 10 mila euro dalle famiglie strozzate dalla crisi. Mentre il super-affare diventa meno semplice se si approda nelle isole. A Santorini, Naxos, Rodi, Paros ecc il mercato immobiliare è collassato in media del 30% rispetto ai valori del 2008 (tutti i dati sono nella tabella). Ma l' occasione dipende molto dalla zona e dalla tipologia di immobile. «Nelle isole più famose delle Cicladi - continua il centro studi -, ci sono delle differenze importanti fra il prodotto medio e il prodotto di pregio. Basta prendere le ville vip di Mykonos o Lindos (Rodi) che sono state realizzate negli ultimi dieci anni con piscine a sfioro e la vista sulle baie, per rendersi conto che i prezzi (almeno quelli di partenza ndr) superano ancora oggi nel 90% dei casi il milione di euro. Il costo al metro quadro si può stimare che arrivi anche a toccare i 5.000 euro, ma si tratta delle punte massime, mentre nella media le valutazioni top arrivano ai 3.500 euro. Poi ci sono gli appartamenti che sono meno ricercati soprattutto dagli acquirenti stranieri e costano almeno 1.000 euro in meno al metro quadrato».

Qualche esempio? A Mykonos un' abitazione nuova o ristrutturata fronte mare oscilla tra i 2.000 e 3.800 euro al metro quadrato e nelle zone interne la forchetta è tra i 900 e i 1.900 euro. Insomma, il 27,8% in meno rispetto ai massimi del 2008 e in flessione del 2,8% sul maggio del 2014. Mentre a Santorini tra il 2014 e il 2015 i prezzi sono calati del 4,4% e a Samos addirittura del 5,3% che diventa 35% se si amplia l' arco temporale ai massimi del 2008.

Così, vista la tendenza ormai consolidata aumentano gli speculatori che guardano con interesse alla vittoria del «no» e a un possibile ritorno alla dracma. Un «affare» che potrebbe risvegliare anche l' interesse sopito degli italiani. La nostra isola preferita è Creta (dove in tanti hanno preso la residenza), ma nonostante i prezzi da saldo lo scorso anno solo il 9% delle famiglie del Belpaese che ha deciso di comprare una casa all' estero ha scelto di fare acquisti in Grecia. Magari avevano visto lungo e sapevano che l' immobiliare ad Atene e dintorni aveva ancora ampi margini di decrescita.

OGGI REFERENDUM IN GRECIA Voto in bilico, perché l'Italia vince

Grecia, oggi si vota sull'Europa: sì o no cosa succede




Si sono aperti stamattina domenica 5 luglio i seggi in cui 10.837.118 greci decideranno del loro futuro (e forse dell'Eurozona) votando al referendum indetto da Alexis Tsipras su quella che era l'ultima proposta dei creditori, Bce-Ue-Fmi e Esms di altri 15,5 miliardi di aiuti prolungati fino a novembre. Offerta che il premier e il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis hanno voluto, bollando l'offerta, alternativamente, come "un insulto" o "un ricatto" al popolo greco, salvo poi provare a rilanciare trovandosi di fronte al rifiuto della maggioranza dei partner, Anegla Merkel in primis. I seggi si chiuderanno alle 19 locali (le 18 in Italia) e primi risultati si conosceranno tra le 20 e le 21 (le 19 e le 20 in Italia).

Ma cosa succederà se vince il no o se vince il sì? "Se vincerà il sì", scrive Carlo Pelanda su Libero in edicola oggi, "il governo Tsipras dovrà dimettersi e l' eurosistema concederà alla Grecia un regime provvisorio di aiuto e, alla fine, un accordo sistemico premiante". In sostanza, il sì eviterebbe a tutti i Paesi dell'Ue la cura da cavallo per tenere in vita l'euro, che per l'Italia sarebbe il commissariamento. 

La vittoria del no, scrive Ugo Bertone su Libero, "potrebbe coincidere con un fulminante Ko dell'euro e della finanza dell' area Ue. Per le Borse del vecchio Continente, secondo Goldman Sachs, la perdita sarà di dieci punti percentuali. Per i titoli del debito dell' Eurozona, la perdita iniziale sarà altrettanto violenta: lo spread del Btp decennale nei confronti del Bund tedesco potrebbe salire di 200-250 punti, per un rendimento del 3% o qualcosa di più". Il default di Atene sarà certamente una "mazzata per le finanze pubbliche", "poco meno i 40 miliardi per l' Italia". Ma "si tratta di cancellare crediti sulla carta che la Grecia, sia che vinca il sì oppure il no, non riuscirà a ripagare. È per questo che, per paradosso, la vittoria del no potrebbe essere un buon affare".

LE DIMISSIONI DI FRANCESCO C'è la data di "scadenza" del Papa

Papa Francesco: "Non esistono leader a vita". L'ipotesi delle dimissioni




Alle frasi che fanno discutere e riflettere, Papa Francesco, ci ha abituato. Con l'ultimo suo pensiero il pontefice ci mette in guardia dalla tentazione di sentirsi indispensabile: "Lo Spirito Santo - ha spiegato - è l'unico di cui non si può fare a meno". Ma soprattutto ha aggiunto: "Non esistono leader a vita, si scade anche nella Chiesa". Una frase, quella di Francesco, che ha immediatamente rilanciato l'ipotesi che Bergoglio, un giorno, possa fare come Ratzinger: un passo indietro, dimettersi. Lo spiega lui stesso, indirettamente, ma senza giri di parole: "Nessuno è indispensabile", "neppure nella Chiesa".

Le prese di posizione - Per inciso, questa è soltanto l'ultima frase di Francesco che sembra avallare l'ipotesi delle sue dimissioni. Si pensi che nel luglio 2013, sul volo di ritorno da Rio, affermò: "Quando Benedetto XVI ha dato le dimissioni, è stato per me un esempio. Un grande", affermò con enfasi. Dunque si passa all'agosto 2014, quando sul volo di ritorno dalla Corea spiegò: "Il Papa emerito è già un'istituzione. Se un giorno non me la sentissi di andare avanti farei lo stesso". Dunque si arriva all'ultima, e già citata, frase: "Tutti i servizi nella Chiesa è conveniente che abbiano una scadenza e che non ci siano leader a vita", frase pronunciata in occasione del Rinnovamento dello spirito. Frase che scalda, eccome, la pista che conduce dritta dritta al passo indietro di Francesco, che potrebbe arrivare nel momento in cui il Pontefice reputerà esaurito il suo mandato.

La rivolta delle librerie contro Schettino: "Il suo libro qui noi..."

A Livorno la libreria anti-Schettino




Sta facendo il giro di tutti i siti la foto della libreria di Livorno che "non vende il libro di Francesco Schettino". La titolare, Cristiana Ricci, proprietaria insieme al padre della “Libreria Marradi”, spiega al Tirreno: “Sarebbe bello se ogni libreria indipendente si assumesse la responsabilità di non vendere il libro di Schettino come abbiamo fatto noi, magari a partire da quelle di Livorno, sarebbe un segnale di solidarietà alle famiglie delle vittime sappiamo che le grandi catene dipendono dalla sede centrale, ma tutte le altre librerie in Italia potrebbero scegliere e mettere un cartello come noi”. 

Schettino ha appena scritto Verità sommerse, il libro sul naufragio della Costa Concordia per il quale è l'unico imputato, in quanto ex comandande. Ha presentato il libro a Sorrento e farà altre tappe. Ma per fortuna, in mezzo a tante persone che gli chiedono l'autografo, c'è anche qualcuno di buon senso che dice "no". 

L'ultimo insulto della Mannoia, stavolta ce l'ha con gli italiani: "Sono tutti senza..."

Immigrati, Fiorella Mannoia contro gli italiani: "Sono senza pietà"




L'immigrazione è un problema internazionale, ma Fiorella Mannoia punta il dito contro gli italiani che secondo lei non sono accoglienti. In un'intervista a Letteradonna.it la cantautrice, durante il Festival letterario Caffeina, a Viterbo, parla degli sbarchi. "Ora stiamo affrontando una situazione drammatica, un esodo biblico che non possiamo sostenere da soli. In qualche modo ci devono aiutare, altro che chiudere le frontiere. Quello che mi addolora di molti connazionali è la mancanza di pietà. Il problema c’è e va affrontato, ma non possiamo dimenticare la compassione che significa dividere il dolore degli altri in maniera sincera. Solo uniti ce la possiamo fare". 

Alcune settimane fa, anche Gianni Morandi aveva tenuto una posizione "buonista" sugli immigrati. Al suo post su Facebook era seguita la replica di Matteo Salvini su Twitter: "Se Gianni Morandi è così attento a esigenze di #immigrati, dia buon esempio: accolga, ospiti, mantenga e paghi di tasca sua!". 

OCCUPAZIONE NON PROLETARIA Dove Renzi passa i suoi weekend

Matteo Renzi trascorre i weekend romani in famiglia a Villa Doria Pamphilj


di Enrico Paoli 



Lunedì mattina, all’incirca all’ora di pranzo, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, riceverà a Villa Doria Pamphilj il presidente della Repubblica d’Angola, Josè Eduardo dos Santos. Tanti i temi da affrontare. In fondo il rapporto del nostro Paese con il continente africano non si limita alla delicata questione dell’immigrazione. Affari e business, petrolio e materie, è quanto si muove dietro le quinte.

E proprio dalle quinte del Casino Algardi, la splendida dimora che occupa il parco di Villa Doria Pamphilj, potrebbe spuntare direttamente il premier, senza dover attraversare la Capitale. Perché di lunedì mattina, con il tipico traffico caotico della città eterna nel primo giorno della settimana, andare da Palazzo Chigi a Doria Pamphilj è comunque un’impresa. Meglio essere già su posto. Secondo quanto rivelato dal quotidiano The New Yorker e raccontato da Panorama nell’edizione di questa settimana, il capo del governo avrebbe preso l’abitudine di trascorrere i week end con la famiglia all’interno di quella che la presidenza del Consiglio definisce la «sede di rappresentanza durante le visite di Capi di Stati e di Governo». La signora Agnese e figli preferiscono evitare il soggiorno a Palazzo Chigi dove il capo del governo, al terzo piano, dispone dell’appartamento di servizio, dotato di tutti i comfort. Del resto per chi aveva detto che non voleva «trasferirsi a Roma», preferendo «restare a Firenze» si tratta comunque di un ottimo compromesso. E poi vuoi mettere la pace e la tranquillità di Villa Doria Pamphilj con il caos del centro di Roma? Impagabile.

Il Casino dell’Algardi, «attualmente in uso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri» è una di quelle meraviglie che costellano la Capitale, e i romani che sono abituati ad andare a correre nei parchi (l’altro particolarmente gettonato è Villa Ada, sulla Salaria, dove hanno vissuto i Savoia e dove fu arrestato Benito Mussolini) sanno di cosa si tratta. Vedere ma non toccare. Le visite guidare, negli ultimi mesi, sono stata bloccate. L’attuale presidente del Consiglio, invece, preferisce toccare con mano invece di guardare e basta. Come fece Gheddafi in occasione della visita ufficiale in Italia che ottenne di gestire a proprio piacimento non solo il parco con la famosa tende ma anche l’interno della splendida villa d’ispirazione palladiana. La tenda da beduino che il leader libico Gheddafi piazzò nel parco della seicentesca villa Doria Pamphili fu il suo modo di dire al mondo che usanze e costumi possono essere diversi ma devono essere ugualmente rispettati. Il colonnello, ovviamente, dormì nella villa, occupando completamente la zona riservata a sede di rappresentanza del governo italiano.

Fortuna che non è toccata a Bettino Craxi. «Tangentopoli non era ancora scoppiata», racconta il sito dell’Associazione per Villa Pamphilj, che si batte per la tutela e la salvaguardia del complesso, «e quella fotografia, al centro dell’articolo pubblicato il 2 febbraio 1992 dal settimanale Panorama, diede origine ad una grande rivolta popolare: nella villa, nelle scuole, nei condomini, nei mercati rionali, nelle piazze dei quartieri immediatamente a ridosso passarono rapidamente i fogli della petizione che avevamo preparato e, in pochissimo tempo, raccogliemmo quasi 30.000 firme». Una raccolta che aveva un preciso obiettivo: impedire a Craxi di trasformare il Casino del Bel Respiro conosciuto come Villa Algardi in una sorra di numer «10 Downing Street» italiano. Una sollevazione popolare che indusse Craxi a ripiegare sull’ormai mitico Hotel Raphael, dietro Piazza Navona.

Allora furono le firme, oggi è una lettera aperta al governo a riaprire il caso Doria Pamphilj. «Gentile presidente questa è una lettera aperta su una grande bellezza romana che la riguarda». La villa è il Casino del Bel Respiro che (come si legge sul sito del governo «è detto anche dell’Algardi dal nome dell’architetto-scultore che ha curato la realizzazione, fu voluto dal Pontefice Innocenzo X Pamphilj che lo fece edificare a partire dal 1644 nel parco») ed è molto cara ai romani che vorrebbero tornarne in possesso». Lo Stato la acquisì dagli eredi Pamphilj tra il 1957 e il 1970 per il centenario di Roma Capitale, sottraendo il parco a una dissennata lottizzazione e la villa alla vendita al regno del Belgio che voleva farne la residenza dell’ ambasciatore. Poi il Casino dell’Algardi corse il rischio di diventare residenza personale del presidente del Consiglio. Alla fine vinse la mediazione e dal 1985 la villa è sede di rappresentanza della presidenza del Consiglio. «Come avrà saputo, presidente Renzi, il nuovo capo dello Stato ha affidato a una commissione di studiosi il progetto di apertura continuativa al pubblico del Quirinale. Sarebbe splendido se anche lei decidesse di restituire la villa dell’Algardi ai romani, fermo restando il suo uso nelle oggettivamente rare occasioni pubbliche». E se lo ha fatto il capo dello Stato...

sabato 4 luglio 2015

Salvini esplosivo, che siluro "Il Cav? Chi se ne fotte se..."

Matteo Salvini: "L'addio all'euro spaventa Silvio Berlusconi? Chi se ne fotte"




Sul Quotidiano Libero, in una lunga intervista, molto interessante, Matteo Salvini ha spiegato che al referendum greco voterebbe "no", voterebbe per il rifiuto delle condizioni imposte dalla Troika e, nei fatti, per l'addio all'euro, suo primo cavallo di battaglia. Certo, anche il segretario federale del Carroccio sottolinea come l'eventuale vittoria del "no" in Grecia avrebbe gravi conseguenze per l'Italia, conseguenze economiche stimabili in un impatto di circa 50 miliardi di euro. Una vera e propria montagna di soldi, che però, per Salvini, varrebbe la pena pagare: la sua, contro la moneta unica, è una lotta senza quartiere.

La battuta sul Cav - Una lotta sulla quale è tornato nel corso di un convegno a Milano, dedicato all'euro, appunto. Si è parlato di moneta unica. E di Silvio Berlusconi. Salvini si è detto "convinto" del fatto che le posizioni di Berlusconi sulla moneta unica, ora, siano simili a quelle della Lega Nord, che ormai da dodici mesi martella con la campagna per promuovere l'addio alla divisa. Ma dopo le parole "dolci", Salvini ha sparato contro il leader di Forza Italia. Qualcuno chiede al leghista se, forse, Berlusconi non è "spaventato" dalla prospettiva di uscire dall'euro. Tranchant e sprezzante la risposta: "Berlusconi si spaventa? Chi se ne fotte". Dunque Salvini ha concluso snocciolando il suo personalissimo punto di vista: "Sono convinto che Berlusconi ha capito, ma è circondato da persone che l'hanno spaventato".