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martedì 16 giugno 2015

Elezioni, dove ha trionfato il centrodestra Pd, il giorno più nero: 8 bombe su Renzi

Elezioni comunali, i ballottaggi: il Pd perde 8 capoluoghi su 12, pesanti le sconfitte a Venezia ed Enna




Ancora non si vede la luce in fondo al tunnel per Matteo Renzi. Anzi, la strada continua a farsi sempre più buia. Le comunali in Sicilia e i ballottaggi nelle altre regioni consegnano al premier una sconfitta inequivocabile: su 12 capoluoghi di provincia che sono andati al ballottaggio, il centrosinistra ne ha conquistati solo 4. Gli altri 8 sono andati al centrodestra o a liste civiche alleate. Le sconfitte che bruciano di più sono quelle di Venezia ed Enna, che dopo anni di dominio incontrastato della sinistra sono passate all’altra sponda politica. La caporetto è stata soprattutto quella del capoluogo siciliano, città d’origine del presidente della Regione Crocetta che si era speso personalmente a favore del Pd.

Le sconfitte - A Venezia ha vinto l’imprenditore Luigi Brugnaro con il 53% dei voti, contro Felice Casson appoggiato dal Pd. A Arezzo invece Matteo Bracciali del centrosinistra ha perso di uno 0,83% contro Alessandro Ghinelli del centrodestra, mentre a Rovigo la lista civica di Massimo Bergamini ha vinto con il 59,72% contro la piddina Nadia Romeo. Netta a Fermo la vittoria di Paolo Calcinaro, che con il 69,92% ha stracciato Pasquale Antonio Zacheo del centrosinistra, così come a Nuoro dove Andrea Soddu ha battuto con il 68,39% Alessandro Bianchi del Pd. A Enna Maurizio Antonello Dipietro ha superato con il 51,89%  Vladimiro Adolfo Crisafulli, pupillo di Crocetta, e a Matera Salvatore Adduce ha perso contro Raffaele Giulio De Ruggieri, che con la sua lista civica ha ottenuto il 54,51%. Infine Chieti, dove Umberto di Primio ha vinto con il 55% contro Luigi Febo.

Le vittorie - Le quattro vittorie per il Partito Democratico sono state a Mantova, Lecco, Macerata e Trani. Vittoria più netta fra tutti i ballottaggi è stata proprio quest’ultima, dove Amedeo Bottaro ha asfaltato l’avversario Antonio Florio, raggiungendo il 75,79%. Buono anche il risultato di Mantova, dove Mattia Palazzi ha ottenuto il 62,5% sconfiggendo Paola Bulbarelli, candidata del centrodestra, mentre a Lecco Virginio Brivio con il 54,38% ha battuto Alberto Negrini del centrodestra. Infine Macerata, dove Deborah Pantana ha perso contro Romano Carancini, che è arrivato al 59,11%.

Salario minimo di 3.400 € Dove si trova il "paradiso" (a due passi dall'Italia...)

Canton Ticino, approvato il salario minimo da 3400 euro (per combattere i frontalieri italiani)




Del salario minimo se ne parla da anni. Bandiera del Movimento 5 Stelle e inserito come proposta nel Jobs Act, in Italia però ancora non si è mai visto. Esiste però un luogo, a pochi metri da noi, che ha deciso di metterlo in pratica: 3.400 euro al mese per lavoratore, addirittura il salario minimo più alto del mondo. Questo paradiso si chiama Canton Ticino, ed è la zona più meridionale della Svizzera. Secondo la Costituzione cantonale "il Canton Ticino è una repubblica democratica di cultura e lingua italiane, fedele al compito storico di interpretare la cultura italiana nella Confederazione elvetica". Nonostante questo il provvedimento è stato adottato per scongiurare il fenomeno dei “frontalieri”, ovvero di quei lavoratori italiani che, facendosi pagare meno rispetto agli elvetici, si fanno assumere in Svizzera rimanendo residenti in Italia. Questa “migrazione” quotidiana è sempre stata mal digerita dal Ticino, che adottando un salario minimo spera di annullare la convenienza nell’assumere italiani, che andrebbero comunque pagati come gli altri.

Il referendum - Il salario minimo è stato approvato ieri dal 54% dei votanti che hanno partecipato al referendum sulla riforma della Costituzione del Cantone. L’iniziativa, dal titolo “Salviamo il lavoro in Ticino”, è stata proposta dai Verdi e appoggiata da una coalizione bipartisan formata sai dai socialisti che dalla Lega dei Ticinesi, il partito di destra populista. Il meccanismo prevede che la soglia minima di stipendio varierà a seconda della mansione e del settore economico, e non si applicherà a quel 40% di popolazione che è già tutelata da un contratto collettivo. La media del salario minimo sarà di 3500 franchi lordi mensili, circa 3400 euro.

Effetti sugli italiani - La riforma avrà effetti soprattutto sui 17.600 lavoratori che guadagnano meno di 3500 franchi, di cui oltre 10mila sono frontalieri italiani, e sui 9.400 che prendono meno di 3000 franchi al mese, sempre quasi tutti italiani. Inoltre circa la metà dei 62mila frontalieri, di cui 27mila varesini e 25mila comaschi, non sono tutelati da un contratto collettivo e si accontentano anche di 2000 euro mensili o meno. Se applicato, il salario minimo riguarderà quindi soprattutto questi lavoratori: “Gli elettori hanno scelto di intervenire alla testa del sistema – ha spiegato Sergio Aureli del sindacato ticinese Unia – d’ora in avanti in Ticino la manodopera sarà scelta in base alla qualità e non alla possibilità di poterla pagare poco sfruttando così il meccanismo del dumping salariale”.

Salvini, la svolta da Lilli Gruber: l'offerta (di governo) a Berlusconi

Matteo Salvini: "Un incontro con Silvio Berlusconi. Le primarie e un governo alternativo a quello di Matteo Renzi"




Dopo settimane in cui Matteo Salvini ha tenuto la sua linea, chiudendo nei fatti al dialogo con Forza Italia, ora sembra che uno spiraglio si sia aperto. È lo stesso segretario della Lega Nord che, dalla trasmissione Otto e mezzo di Lilli Gruber su La7, ha dichiarato di voler incontrare Silvio Berlusconi per vedere se ci possono essere dei punti di incontro fra i due partiti. “Ho in programma un incontro con Berlusconi – ha detto - per capire se possiamo ragionare assieme ad esempio sull’Europa. Ci stiamo preparando per un governo alternativo, vediamo se Berlusconi è interessato alle nostre proposte”. Con un Renzi sempre più debole, insomma, l’altro Matteo ha capito che gli spazi si stanno allargando e che l’occasione non va lasciata sfuggire. Certo, “se si andasse a votare domani, la Lega andrebbe da sola”, ma le elezioni non sono così vicine. E tempo per ragionare ce ne sta. Anche perché il “nemico” non sembra così pericoloso: “Siamo governati da sinistra fessa che non controlla la frontiera. Io non ho problemi a superare la moneta unica, figuriamoci se mi faccio problemi a rivedere un trattato come quello di Dublino”.

L’apertura di Silvio - D'altronde il sogno di Berlusconi è sempre stato quello di una casa dei moderati, un grande rassemblement per lanciare la sfida a Matteo Renzi, che comincia a vacillare. Come ha dimostrato il voto ai ballottaggi delle amministrative, dove il centrosinistra ha perso roccaforti rosse come Arezzo e Pietrasanta. Il Cavaliere non pensa a un partito unico di centrodestra ma a un ampio movimento, agile con poche linee e punti nel programma da condividere, aperto a partiti, club, associazioni e privati. L’ex premier immagina per se stesso un ruolo di padre nobile, come va ormai dicendo da tempo, ed è convinto che dentro questo contenitore politico ci saranno anche la Lega di Matteo Salvini. I colloqui di questi giorni saranno quindi fondamentali per capire quali saranno le prossime mosse fra i due leader. E se i partiti saranno in grado di superare le rispettive differenze per coalizzarsi contro la sinistra, magari anche col supporto di Giorgia Meloni.

lunedì 15 giugno 2015

Caivano (Na): Intervista a Giuseppe Bernardo dei Socialisti

Caivano (Na): Intervista a Giuseppe Bernardo (Partito Socialista) 


a cura di Gaetano Daniele 



Da sx Giuseppe Bernardo (Socialisti) con
il Sindaco di Caivano Simone Monopoli 

Siamo in compagnia del primo eletto del partito Socialista, Giuseppe Bernardo, esponente di spicco del partito Socialista, al primo turno a sostegno del candidato sindaco Raffaele Del Gaudio, uscito sconfitto con circa due mila preferenze, poi passato al secondo turno di ballottaggio con il centro destra di Simone Monopoli. 

Innanzitutto, benvenuto sul nostro blog il Notiziario sul web, con quale occhio guarda a queste ultime elezioni amministrative 2015, dove la vedono appunto, il primo eletto del partito Socialista, anche se non in assise? 

Grazie a lei per l'opportunità che mi concede sul suo blog per fare dei ringraziamenti. Ebbene si, al primo turno abbiamo perso una opportunità importante, cioè, far eleggere il nostro candidato sindaco, Raffaele Del Gaudio. Abbiamo lavorato bene, com'è noto a tutti, il risultato non è mancato, infatti ne approfitto per ringraziare la mia famiglia che mi ha sostenuto a spada tratta, ma un ringraziamento tutto va anche ai miei elettori, ai miei amici e alla famiglia Palmiero che al primo turno era in lista con me. 

Perchè il suo partito all'ultimo minuto ha deciso di sostenere il candidato sindaco del centro destra Simone Monopoli? 

La decisione è stata sofferta, ma alla fine abbiamo deciso in toto di appoggiare il candidato del centro destra Monopoli, perchè il programma del centro destra si avvicinava di più al nostro, una scelta  di campo rivelatasi vincente. Una scelta di coraggio oserei definire, ed io insieme all'altra candidata Palmiero, siamo stati quasi gli unici a camminare con serietà e spirito di sacrificio verso il nostro programma, i nostri elettori e verso il Paese tutto. 

Si sente di aggiungere altro?

Al momento mi sento solo di ringraziare lei per lo spazio che mi concede, e tutti i miei elettori, in primis la mia famiglia. 

D'Ago si confessa a Perna: "Chi sono le mie spie La Boldrini? Ha un segreto..." ( fisico)

Roberto D'Agostino, intervista esplosiva a Libero: "Cossiga mi passava le notizie, cosa penso di Renzi, Boldrini e Mattarella"


Intervista a cura di Giancarlo Perna 


Nulla di ciò che ho visto da Roberto D’Agostino è normale. Categoria che non vale per la sua casa, né per lui. Dago abita su tre piani affacciati sopra un’ansa del Tevere nel cuore della Roma barocca. La tripla abitazione consiste in un attico, un super attico e un super super attico uniti da una scala a chiocciola interna, variopinta come un murales. A occhio e croce, mille metri quadri. Il terrazzo, grande come un quarto appartamento, abbraccia tutta la città. Nel falansterio vivono Roberto e la moglie Anna Federici, della omonima famiglia di costruttori, proprietaria del bendidio, e ha sede la redazione di Dagospia, la mitica fucina informativa fondata quindici anni fa da Roberto.

Nonostante la vastità dei luoghi, ogni angolo rigurgita di oggetti raccolti dai coniugi D’Agostino il cui impulso collezionista è a livelli psichiatrici. Sparsi a capocchia ex voto, vecchi jukebox, statuine di San Gregorio Armeno, raffigurazioni di Mao tse tung in quantità da maniaco, crocifissi, tabernacoli e teschi del britannico Damien Hirst, il più costoso creativo contemporaneo. Ci sono falli artistici di varie fogge e dimensioni, in terracotta e plastica dura. Durante l’intervista, forse per il vento, due sono chiassosamente ruzzolati per terra facendoci prendere uno spavento dell’accidente. Il terrazzo è pieno di nani da giardino, coccodrilli di plastica, animali di legno ed esseri fantastici. Di giorno ancora ancora, ma di notte vivrei con l’incubo che tutta questa roba cominci a muoversi. 

L’orrore del vuoto è il nodo psicologico di Roberto. Con la stessa ironia con cui ha riempito la magione, Dago ha occupato ogni spazio del suo corpo. Ha una barba caprina, capelli a coda di cavallo, tatuaggi dal collo in giù, bracciali etnici, una chiusura lampo al lobo di un orecchio, anelli di metallo su ogni dito. «E non sai la schiena», dice divertito, mostrandomi sul cellulare la foto del tatuaggio che campeggia sulla medesima. La scritta Deus, all’altezza della scapole, e, al centro, una grossa croce fiammeggiante con, in tedesco e caratteri gotici, il motto: «Mostra la tua ferita». «Spiegati», lo supplico, ormai nel pallone per quanto ho già visto. «Il tatuaggio è del 2008 -risponde-. L’anno dei miei 60 anni e di una grave operazione ai polmoni. Due mesi di clinica e la paura di non farcela, prima di uscirne bene. Così, invece di portare un ex voto al Divino Amore, in segno di ringraziamento ho fatto fare questo disegno sulla cicatrice lasciata dal bisturi. Fu il mio primo tatuaggio. Poi, ci ho preso gusto e ho proseguito». «Sono bacchettone se ti chiedo che senso ha?», dico. «Mi piace comunicare agli altri la mia vita», risponde e mi mostra sul dorso delle mani la scritta «Rocco», il figlio ventenne, e «Anna», la moglie.

«Una croce sulla pelle. Sei credente?», domando. «Sì, senza incertezze -risponde-. Se ho un problema dell’anima, prego Dio. Pratico a modo mio. Non vado a messa perché mi distraggo. Ma ho usato i crocifissi e i teschi di Hirst per farmi qui in casa una cappella dove mi raccolgo». Ho già detto che per collezionare Hirst ci vuole un patrimonio. Per associazione di idee, domando: «Dopo il diploma di ragioniere, a vent’anni già lavoravi. Per bisogno?». «Certo. Per riempire il frigo di cose. Avevo trovato un impiego in banca. Il giorno del mio primo stipendio, mamma, una bustaia, piangeva di felicità». «Ma non era quello che volevi», osservo. «Avevo già capito che le ideologie politiche sono dannose e le ho abiurate. Ero quindi pronto per la società spettacolo. Dopo dodici anni ho lasciato la banca. Ho fatto il disc jockey e debuttato nei giornali. Premetto che dalla cintola in su sono gay, ossia etero nei pantaloni ma omo di testa. I giornali che facevano per me erano i femminili, meno bacchettoni dei quotidiani politici. Scrivevo di costume. Delle tribù sociali -yuppie, fricchettoni, ecc.- che si formavano negli anni ’80 per reazione agli anni di piombo. Anche con Renzo Arbore in Quelli della notte, facevo il lookologo in tv. Vestito un po’ da clown, per mostrare quanto clownesco fosse il mondo che ci circondava, descrissi il passaggio dalle Br alle Pr (pubbliche relazioni)». Fa una pausa e apre un vasetto di spuma bianchiccia. È un beverone dietetico in luogo del pasto. Mentre mangiucchia, parlando del più e del meno fuori intervista, usa un’espressione curiosa. La riferisco perché proviene da un maestro del trendy. Roberto dice: «Non si può avere la siringa piena e la moglie drogata». Sostituisce il banale «botte piena e moglie ubriaca». Prendete nota, farà tendenza.

In tv sei diventato noto anche per le baruffe con Vittorio Sgarbi che, come te, era pupillo di Federico Zeri, storico dell’arte. Ripicche tra rivali? 

«L’incontro con Zeri è stato tra le cose più belle della mia vita. Scrivemmo insieme Sbucciando Piselli, chiacchiere in libertà. Era un genio alla Leonardo da Vinci. L’arte non è affar mio, l’affinità tra noi era spirituale. Sgarbi era invece suo allievo. Poi Zeri si urtò con lui per una faccenda di libri spariti a Londra». 

Qual è oggi, dopo anni di incomprensioni, il tuo giudizio su Sgarbi? 

«Lo stesso di Zeri: un grande talento rovinato dal furore di vivere. Ciascuno però cucina la propria vita come crede. Ho perso anch’io occasioni». 

Finché nel 2000 non hai trovato il tuo ruolo fondando il sito di Dagospia e sfondando nell’informazione. 

«Pensavo di parlare solo di costume, non di politica. Ma gli utenti mi raccontavano tante storie e contro storie di Palazzo che hanno finito per cambiare pelle al sito». 

Molti si abbeverano a Dagospia per conoscere i risvolti reconditi di politica ed economia. 

«Ho avuto un’intensa vita mondana. Mi è facile perciò parlare a tu per tu con altolocati che incontro spesso nelle cene. Di qui, le esclusive. Ogni scoop mi dà un orgasmo».  

Hai notizie che i giornali non hanno. Perché tu sì e loro no? 

«Sono condizionati e non le mettono. Abbiamo un giornalismo ingessato. In un Paese serio, Dagospia non esisterebbe. Se i 470 giornalisti del Corsera si mettessero a lavorare veramente sarebbe il delirio, in senso positivo». 

Voi quanti siete in redazione? 

«Con me, cinque. Fuori, ho collaboratori di settore: sport, economia, ecc. La squadra corta garantisce più riservatezza che incoraggia chi vuole darmi notizie. Parla direttamente con me e un minuto dopo, senza intermediari, metto in rete. Nei giornali c’è invece la trafila direttore, caporedattore, il giornalista che stende il pezzo». 

Il nome di una tua fonte eccelsa che fu? 

«Cossiga. Sapeva tutto della Chiesa, dei Servizi, di Mediobanca. Un’altra era Maria Angiolillo a sua insaputa».  

In che senso? 

«Avevo tre spie alle sue favolose cene dove si prendevano le decisioni che contano. Il potere ecclesiastico era incarnato da monsignor, Giovan Battista Re. Quello secolare da Gianni Letta. Pubblicavo i resoconti di quegli attovagliamenti, facendo impazzire Maria». 

La quale? 

«Alla cena successiva non invitava questo o quello dei soliti commensali, per vedere se era lui la fonte. Non sapeva che ne avevo tre e che una almeno sarebbe stata comunque presente». 

Con una querela, Piero Ostellino ti ha sfilato 160mila euro.  

«Solo per avere scritto che puntava a rifare il direttore del Corsera. Ora, Montezemolo, che chiamo Monteprezzemolo, vuole 1,9 milioni per quella che ritiene una campagna diffamatoria». 

Paga tua moglie? 

«Faccio da solo. L’azienda va». 

Che dicono i tuoi di te? 

«Non credo di essere il loro modello di stile». 

Tuo figlio Rocco è più un D’Agostino o un Federici? 

«Un Federici: studia Ingegneria». 

Cosa non ti piace in tv? 

«La prosopopea di tipi alla Lerner e Santoro. Ma stanno andando via, uno a uno. L’epoca dei tribuni è finita». 

Mattarella? 

«La mummia sicula. Meglio però di Napolitano che ha nominato di fila tre premier non eletti». 

Laura Boldrini? 

«Una sciccosa d’antan, senza valenza politica. Mi colpisce il naso mal rifatto. Vorrei tanto sapere com’era quello prima». 

Credi alle promesse di Renzi? 

«È uno sborrone, si dice a Roma. Gli mancano i fondamentali della politica. Un ragazzotto burlone, toscaneggiante».  

Che ti aspetti il giorno del Giudizio? 

«Ho rotto le scatole a troppa gente. Finirò all’inferno».

Treviso: Il giudice si rifiuta di decidere "Rischio di dover pagare io"

Treviso, il giudice non firma la sentenza: "Se sbaglio, devo pagare io". Rinvia tutto alla Corte Costituzionale




Effetti (non previsti) della "responsabilità civile dei magistrati". A Treviso un giudice, Cristian Vettoruzzo, si è rifiutato di emettere una sentenza relativa al caso del locatario di un capannone in cui erano state trovati 47 quintali di contrabbando. In base alle nuove norme varate dal governo, si è giustificata la toga, è troppo rischioso emettere un verdetto sulla base di "semplici elementi indiziari". In caso di errore, il giudice si sarebbe potuto veder trattenere dallo Stato fino a un terzo dello stipendio mensile. Meglio rinviare tutto alla Corte Costituzionale, eccependo sulla costituzionalità della riforma. Stop dunque al processo, in cui il pm aveva chiesto per l'imputato 2 anni di carcere e 8 milioni di euro di multa contro la richiesta di assoluzione piena per insufficienza di prove avanzata dalla difesa. Il ricorso alla Consulta rischia ora di aprire nuove, inquietanti prospettive per la giustizia italiana: se verrà accolta la posizione di Vettoruzzo, i tribunali italiani potrebbero andare in tilt a suon di rinvii e rifiuti di sentenziare da parte dei giudici.

Anche il Papa contro Marino: contro di lui un attacco tremendo

Il Papa stanga Marino: "La città rinasca moralmente e spiritualmente"




Renzi, per il momento, tace. sa benissimo che se dovesse commissariare Ignazio Marino per poi andare a elezioni anticipate per il Comune di Roma, il Pd perderebbe la Capitale a vantaggio, con ogni probabilità, dei 5 Stelle o del centrodestra guidato dai Fratelli d'Italia. Basti pensare che un recentissimo sondaggio dava i democratici addirittura al 17% di preferenze in città. Così, Ignazio Marino resta dov'è, almeno fino alla primavera 2016. Ma c'è chi ai conti di bottega non deve guardare (nè al colpo d'immagine che la perdita di Roma significherebbe) e che oggi una bella stangata a Marino e alla sua amministrazione l'ha data. Si tratta addirittura di Papa Francesco, che in piazza San Pietro, in apertura del convegno Ecclesiae Diocesano non ha certo usato mezze parole nel commentare il degrado morale e politico della città: "A seguito delle ben note vicende, la nostra città ha bisogno di una rinascita, deve rinascere moralmente e spiritualmente". Parlando a braccio, poi, il Papa ha fatto cenno anche "alle colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima", e ha raccontato di famiglie che "debbono ’ricatechizzare' i figli quando tornano dalla scuola".