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sabato 13 giugno 2015

L'intervista di Antonelli - Conclusi i test operativi sull'F-35 Il super caccia entra in servizio

Conclusi i test, in estate l'F-35 sarà operativo

Breve Intervista di Claudio Antonelli 


Il caccia più discusso in Italia e il più criticato dalla politica è a un passo dal diventare operativo. Dal volare in assetto da guerra e intervenire in uno scenario reale. All’F-35, il velivolo prodotto da Lockheed Martin e Finmeccanica (l’Italia ne prenderà 90), manca solo il fly and go, il timbro della capacità operativa da parte dei marines Usa. A maggio sei F-35B del corpo dei marines sono infatti atterrati su una portaerei per iniziare la prima fase di test operativi (Operational Test OT-1). A bordo personale del Marine Operational Test and Evaluation Squadron 22, del Marine Fighter Attack Squadron 121 con base a Yuma, del Marine Fighter Attack Training Squadron 501 e dei Marine Aviation Logistics Squadron 13 e 31.

L’obiettivo era testare la piattaforma eseguendo decolli e atterraggi di giorno e di notte, appurare l’affidabilità del software gestionale e confermare l’interoperabilità delle comunicazioni di rete tra l’aereo e la nave. E tra un aereo e l’altro. «Il test di funzionamento», spiega il maggiore Paul Greenberg, portavoce del Corpo, «si è svolto a bordo della USS Wasp dal 18 maggio al 29 maggio 2015. Hanno partecipato 120 marines, personale civile, partner dell’industria e dieci piloti operativi del corpo dei marines per più di 76 ore di volo e 106 sortite dalla nave. Il test ha permesso anche di integrare le operazioni di manutenzione e il supporto della supply chain logistica in un ambiente di mare». Al termine della missione i marines hanno dato semaforo verde al caccia. Il quale ha superato i test di missione contro difensiva a sostegno della portaerei, i test di attacco. «La maggior parte degli esami ha confermato le aspettative», ha aggiunto il maggiore Greenberg, «sia sul fronte della comunicazione, sia sull’attività missilistica. Con la certificazione finale saremo i primi a prendere in carico gli F-35 sui nostri mezzi anfibi. Quando l’F-35B entrerà in servizio, il primo squadrone degli VMFA-121 sarà trasferito press la base di Iwakuni, in Giappone, per rispondere alle possibili crisi nella Regione. Ma prima di ogni tipo di previsione, il corpo dei marine si riserva un’ispezione specifica. A supervisionare il tutto è stato il vice comandante dei marines per l’aviazione il generale Jon Davis. Libero l’ha contattato per fare il punto della situazione e definire l’ultimo gradino prima della battaglia.

Generale, uno dei motti dei marines è «First in, last out». (I primi ad arrivare, gli ultimi ad andarsene, ndr). In questo caso possiamo dire che sarete i primi a volare e combattere con un F-35?

«I marines effettueranno una serie di valutazioni, non hanno un limite di tempo prestabilito. Se dovessero ultimare tutti i test di prontezza operativa entro luglio, allora potremmo anche dichiarare la prontezza operativa entro quel mese, altrimenti sarà per quello successivo. A noi interessa avere una piattaforma in grado di assolvere ogni tipo di missione».

Dunque la prima flotta di dieci velivoli sarà operativa quest’estate?

«Il corpo dei marines sostiene la strategia del Presidente di riequilibrio dell’area del Pacifico. Grazie al caccia F-35 noi stiamo portando in quell’area le tecnologie più avanzate e la massima capacità della nostra forza. Questa capacità permette al nostro corpo di supportare i partner regionali durante le crisi permettendo di eseguire una vasta gamma di missioni in tutti gli scenari possibili. Il fulcro di questo sforzo non sta solo nella modernizzazione di tutte le piattaforme per i velivoli ad ala fissa ma anche per quelli ad atterraggio verticale e a decollo corto».

Perché per un Paese membro della Nato sarà importante dotarsi di un velivolo di quinta generazione, come l’F-35?

«Posso solo dire che si tratta dell’aereo più versatile e tecnologicamente avanzato in grado oggi di volare nei cieli. A prescindere dal tipo di minaccia e indipendentemente dalla posizione in battaglia i marines saranno pronti a intervenire».

Nasce il governo Renzi-Verdini Numeri, nomi, sorprese: i dettagli

Il partito di Denis Verdini: gli uomini con cui si salverà il governo di Matteo Renzi




Si accorciano i tempi per l'arrivo di Denis Verdini alla corte di Matteo Renzi. Lo strappo è imminente, tanto che c'è chi, come il deputato di origini marocchine del Pd Khalid Chaouki, chiede in Transatlantico: "Allora è fatta per Verdini? Che notizie avete?". Così ai cronisti, almeno secondo quanto raccontato dal Fatto Quotidiano. Insomma, anche nel Pd c'è chi, come Chaouki, caldeggia l'arrivo di Denis, pronto a salutare Forza Italia e Silvio Berlusconi. Ma il partito del fu tessitore del Patto del Nazareno è ampio, trasversale. Tra quelli che si porterà dietro, ecco Vincenzo D'Anna, l'ex cosentiniano che è stato decisivo per la vittoria in Campiania di Vincenzo De Luca. Quindi Michaela Biancofiore, le cui voci sull'addio a Forza Italia ora si rincorrono con insistenza (la Biancofiore, però, sarebbe diretta verso il Gruppo Misto). Ma c'è poi chi come Ciro Falanga ipotizza una "fusione" tra Gruppo Misto e fittiani in uscita, uno schieramento che potrebbe contare su circa 30 unità. Da Verdini, al Gruppo Misto sino ad arrivare ai fittiani: un gruppone il cui obiettivo è arrivare al 2018 (magari con un - gradito - rimpasto). Prende insomma vita la maggioranza Renzi-Verdini: un passaggio quasi obbligato, per il premier, che con il caso-Azzollini, indagato e sul cui arresto entro fine mese l'aula si dovrà esprimere, rischia di arrivare alla definitiva rottura con Angelino Alfano (che verrebbe però prontamente rimpiazzato).

Forza Italia: Vendetta della Rossi, Fitto spennato un "colpaccio" da 700mila euro

Forza Italia, Mariarosaria Rossi contro Raffaele Fitto: "In Puglia ha lasciato un buco da 700mila euro"




I guai per Raffaele Fitto non accennano ad esaurirsi. Dopo il flop alle regionali, ora per l’ex delfino di Silvio Berlusconi arrivano anche le grane economiche. Come riporta Il Tempo, il tesoriere di Forza Italia Maria Rosaria Rossi intenderebbe infatti impugnare le fatture accumulate da Fitto in 10 anni di campagne elettorali in Puglia. E la cifra è tutt’altro che esigua: si parla di 700mila euro, una sorta di “stipendio” da 70mila euro l’anno che l’ex governatore avrebbe preso dalle casse del partito. In questo non ci sarebbe nulla di strano, i fondi servivano a quello, ma il problema è che questi debiti non sarebbero mai stati saldati. Ed ora che Fitto è uscito da Fi, la patata bollente è passata ai suoi successori. E c’è già chi dice che il buco sia stato appositamente voluto, per debilitare il partito e prosciugarlo delle sue risorse.

I Soldi - I passivi sono stati accumulati nei confronti dell’agenzia di comunicazione leccese Sciroccomedia, che si occupava per conto di Fitto di promozioni pubblicitarie, volantinaggio, manifesti, spot e supporto tecnico tanto alle regionali quanto alle europee. Giuseppe Pepe, titolare della società, non vuole “ né smentire né confermare. Nel rispetto della privacy dei nostri committenti non è nostra consuetudine divulgare queste notizie”. Ma una fonte interna al partito fa intendere che a Roma diano per certe le responsabilità del leader di Conservatori e riformisti: “Non mi risulta che Fitto, perché in Puglia fino a ieri gestiva lui il partito, abbia mai informato Roma. Men che meno ora, visto che è andato via lasciando a noi le grane economica del partito in Puglia".

Le accuse - Parole decise sul buco da 700mila euro arrivano anche da Luigi Vitali, commissario di Forza Italia in Puglia: “Questa situazione non fa che confermare che il progetto di Fitto viene da lontano. Era quello di debilitare Forza Italia, prosciugarla delle sue sia pure regionali risorse, e utilizzare quei fondi per campagne elettorali che servivano solo, come abbiamo visto, ad andare “Oltre” l’1% nazionale. Io sono stato il primo, appena nominato da Berlusconi, a mettere in evidenza le anomalie. I parlamentari mentre facevano i pullman della speranza a seguito propagandistico di Fitto, erano debitori nei confronti del partito che li ha eletti: centinaia di migliaia di euro”. Sentito da Il Tempo, Raffaele non ha però voluto replicare: “Non voglio commentare niente. Non sono più nel partito e queste cose non mi interessano”.

"Ci vogliono attaccare con l'antrace" Dai comunisti coreani guerra agli Usa

Nord Corea, Pyongyang all'Onu: "Gli Usa ci vogliono attaccare con l'antrace"




I rapporti fra la Corea del Nord e gli Stati Uniti non sono mai stati buoni, questo si sa. Solitamente, però, sono gli americani a denunciare alla comunità internazionale le atrocità commesse dal regime di Kim Jong Un. Ma non questa volta. Secondo Pyongyang, infatti, gli Usa intenderebbero attaccare la Corea con “pericolose armi batteriologiche”, compreso l’antrace.

La denuncia - È quanto denuncia il regime in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e resa pubblica oggi. Le autorità nordcoreane chiedono al Consiglio di aprire un’inchiesta sulle recenti rivelazioni riguardanti l’invio per errore da parte degli Stati Uniti di spore attive di antrace in una base militare Usa in Corea del Sud. Si tratta, secondo Pyongyang, di un “tentativo di usare armi biologiche in azioni di guerra” contro la Corea del Nord.

Incubo Grecia sul futuro Ue: crac "inevitabile", via al piano B

Unione europea, discusso per la prima volta il default della Grecia. Gli aiuti non arriveranno in tempo




Le voci su un possibile fallimento della Grecia si fanno sempre più probabili ogni giorni che passa. Nonostante la sussurrata apertura di Angela Merkel, i dubbi delle istituzioni europee e del Fondo monetario internazionale sulle riforme proposte da Tsipras sono tanti. E la risposta è sempre la stessa: “Dovete fare di più”. Così, per la prima volta in assoluto da quando è cominciata la crisi, gli Alti funzionari dell’Ue hanno discusso ufficialmente di un possibile default della Grecia, e lo scenario sarà preso in considerazione dalla riunione dell’Eurogruppo della prossima settimana.

Gli scenari - Secondo i funzionari l’ipotesi di un accordo entro la prossima settimana, che permetterebbe di chiudere la partita entro la fine di giugno, appare quella meno probabile. Così sono stati discussi altri due scenari: il primo è quello che prevede un’estensione dell’attuale programma di salvataggio di Atene, ma anche quest’ultima ipotesi, che è stata discussa per la prima volta in via formale, non è ritenuta molto fattibile. Così la maggior parte dei funzionari non ha potuto far altro che constatare l’ormai probabile default greco, perché il tempo per arrivare a un via libera della tranche da 7,2 miliardi di euro di aiuti ad Atene starebbe scadendo. “Sarebbe necessario fare progressi in pochi giorni che non sono stati possibili in settimane. La reazione di Fmi, Bce e di alcuni Stati membri è stata estremamente scettica”, ha detto una delle fonti. “Per la prima volta è stato discusso un piano B per la Grecia”, ha precisato un secondo funzionario Ue.

Europei 2016, Croazia-Italia 1-1: prima Mandzukic poi Candreva, Buffon para un rigore

Europei 2016, Croazia-Italia 1-1: prima Mandzukic poi Candreva, Buffon para un rigore




Una buona Italia pareggia 1-1 in Croazia nella sesta giornata del Gruppo H delle qualificazioni all'Europeo 2016. Gli azzurri di Antonio Conte restano così a 12 punti, 2 in meno rispetto ai croati primi, mentre la Norvegia ha pareggiato 0-0 con l'Azerbaigian, sprecando l'occasione di agganciare il secondo posto e rimanendo a 10 punti. A Spalato, in uno stadio vuoto per la squalifica dei tifosi di casa dopo i cori razzisti nella gara con la Norvegia (ma in campo è comparsa una svastica nazista che gli addetti croati hanno cercato di cancellare), la partenza per l'Italia è da incubo: pronti via e Astori atterra ingenuamente Srna in area, è rigore che Mandzukic calcia però centralmente e Buffon respinge. Dall'altra parte segna El Shaarawy, gli azzurri esultano ma l'arbitro annulla per dubbio fuorigioco. Mentre l'Italia protesta, i croati partono in contropiede, Rakitic dalla destra serve in mezzo Mandzukic che fa 1-0. Incredibile: doccia gelata, con Conte furioso. Ma l'Italia reagisce: sempre El Shaarawy si mangia un gol fatto calciando debole e centrale da centro area su bel cross di Pellè. Al 36' Mandzukic colpisce di mano nella propria area ed è ancora rigore. Dal dischetto va Candreva, tocco sotto morbidissimo e pareggio. Nella ripresa meglio gli azzurri, Parolo sfiora il gol, Srna si fa espellere per doppia ammonizione e finisce con un punto a testa, il terzo pareggio su sei gare nel girone per l'Italia di Conte. Che ora però dovrà ricominciare a correre. 

Tablet, cellulare, pc e pure iPad: da oggi il capo vi potrà spiare così

Jobs Act, un decreto permette alle aziende di "spiare" pc, tablet e smartphone dei dipendenti




I datori di lavoro potranno controllare quanto è produttivo un dipendente controllando direttamente i suoi portatili, tablet, iPad e smartphone. Lo afferma il decreto legislativo sulle semplificazioni varato giovedì dal governo Renzi traducendo quanto già previsto dal Jobs Act. Più che la riforma del lavoro, assomiglia al Grande Fratello. Come spiega Repubblica, secondo il nuovo testo, le aziende potranno accedere ai dispositivi "di lavoro" consegnati ai dipendenti senza passare per accordi sindacali o Ispettorato, quindi avranno via libera per controllare agenda, mail, documenti, tabelle, presentazioni in Power Point, chat interne. L'unico limite vero è rappresentato dalla norma sulla privacy, che impedirà un controllo "ossessivo". Il rischio è che la nuova norma contrasti con il principio stabilito dall'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che vieta "l' utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature che abbiano quale finalità determinante ed esclusiva il controllo a distanza dell'attività lavorativa". In questo caso non si parlerebbe di microspie o telecamere interne, certo, ma il principio sarebbe lo stesso perché si mette in pericolo "la riservatezza del lavoratore". Dal Ministero del Lavoro però si dicono tranquilli, visto che le nuove disposizioni semplicemente aggiornano quanto stabilito dallo Statuto negli anni 70, facendo riferimento ai nuovi strumenti tecnologici utilizzati in ufficio, come appunto cellulari e pc portatili aziendali. Su questi "l'azienda ha tutto il diritto di esercitare il controllo, anche da remoto", spiega una fonte del Ministero del Lavoro consultata da Repubblica. Se dai controlli sui dispositivi risulterà che il dipendente non osserva gli obblighi di fedeltà, sarà possibile l'azione disciplinare.