Visualizzazioni totali

venerdì 22 agosto 2014

C'è uno "scemo" nella redazione del Fatto Quotidiano: clamoroso autogol...

Lo "scemo" nella redazione del Fatto Quotidiano




Al Fatto Quotidiano non hanno problemi solo con la grammatica (ieri, in un titolo a pagina 2, c’era scritto «inicuo» anziché «iniquo») ma anche con la comprensione delle notizie. Daniela Ranieri ha fatto un pezzo attaccando Libero per l'inchiesta sulle vacanze di Renzi in un lussuoso albergo di Forte dei Marmi. Leggiamo: «Bello è bello, l’hotel. Caro. 1.500 euro a notte la suite. Libero ci marcia, ma si deve essere scemi per gridare alla casta: un presidente del Consiglio potrà ben permettersi di spendere 6.000 euro per una vacanza in famiglia». Il conto, in realtà, si aggira sui 10mila euro o poco più. Ma andiamo avanti: «Franco Bechis, per suscitare l’invidia della gente, chiama Forte dei Marmi “il posto più esclusivo della costa toscana”. Sarà. Pare piuttosto che il nome sia in sé una rendita che frutta ormai più del profitto reale». Chiaro, no? La vacanza non è particolarmente lussuosa e Forte dei Marmi è un posto frequentato soprattutto dai pensionati. La notizia, quindi, non ci sarebbe. Peccato solo che della questione si sia occupato, martedì, anche il giornale di Padellaro e Travaglio. Titolo del pezzo: «Suite da sogno e dossier. Le vacanze imperiali di Renzi». Catenaccio: «Sta in uno degli hotel più lussuosi di Forte dei Marmi». Evidentemente gli scemi, secondo la Ranieri, stanno anche nella redazione del Fatto.

Confessione dell'ex portavoce: ecco il trucchetto di Matteo Renzi per strapagare i suoi amichetti...

Matteo Renzi, la leggina per strapagare gli amici

di Giacomo Amadori 


Il premier Matteo Renzi è molto attento alla questione dei salari. In particolare a quelli dei suoi più stretti collaboratori. Tanto da far ritoccare il decreto Madia sulla pubblica amministrazione più volte. Anche durante la conversione in Parlamento. Si sa, però, che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi e così piano piano le presunte astuzie di Renzi stanno venendo a galla, insieme a qualche malumore. Infatti nell’esercito dei fedelissimi c’è chi sale e chi scende e non è facile accontentare tutti.

Il tema di questo articolo è un piccolo comma inserito a giugno nel decreto Madia per poter retribuire come dirigenti degli enti locali anche i collaboratori senza laurea, di cui il premier si è sempre attorniato, a costo di pagare il fio davanti alla Corte dei conti. Proprio per questo il cavillo ha pure un’altra utilità: sanare le irregolarità del passato e schivare l’eventuale mannaia dei giudici contabili. Secondo una fonte di Libero, assai vicina al Giglio magico renziano, il casus belli sarebbe stato lo stipendio di Marco Agnoletti, ex portavoce di Renzi sindaco e attuale capo ufficio stampa del nuovo primo cittadino fiorentino Dario Nardella.

Agnoletti, privo di titolo accademico, con Renzi era dirigente e con Nardella, più ligio alle regole, è stato degradato a funzionario (sebbene di categoria D3 e non C, come gli sarebbe toccato); un’altra delusione per il bravo e infaticabile portavoce, già escluso dal dream team che Renzi ha portato con sé a Palazzo Chigi. Per addolcirgli la pillola è stato chiesto ai tecnici di trovare il modo di non abbassargli lo stipendio di 78 mila euro lordi. Ma gli esperti, calcolatrice alla mano, hanno scoperto che per arrivare a quella cifra non bastava raddoppiare il salario base da funzionario con una cospicua indennità, ma che occorreva triplicarlo. Un’idea poco percorribile secondo i ragionieri interpellati da Nardella & c.

L’ AZZECCAGARBUGLI
A questo punto, giura la fonte di Libero, gli azzeccagarbugli di Renzi avrebbero ideato una norma ad hoc, aggiungendo all’articolo 11, comma 3 del decreto sugli Enti locali del 2000, nella parte in cui tratta la questione dei collaboratori, il comma «3 bis»: «Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale (per i collaboratori ndr) anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale».

La soluzione del problema che da anni perplime il premier è ben nascosta in un contorto periodo ipotetico, dove nella protasi una manina ha inserito en passant la locuzione «prescindendo dal possesso del titolo di studio». Perciò anche chi non ha la laurea dal giugno scorso può essere ufficialmente pagato come un dirigente, nonostante le decine di sentenze che sino a oggi avevano stabilito il contrario. Con Libero Agnoletti, 40 anni e una carriera costruita all’interno del Pd, si schermisce: «Io mi stimo e mi ritengo importante ma che il governo faccia una norma per l’Agnoletti mi pare un po’ troppo».

La chiacchierata è franca, ma pacata e Marco a un certo punto ammette: «In questo momento storico la Corte dei conti rispetto al passato controlla tutti gli atti delle amministrazioni, cosa che per anni non ha fatto. Ha aperto fascicoli in tutta in Italia, anche contro il comune di Firenze. Per questo non c’è dubbio che senza il decreto Madia sarebbe stato più complicato darmi uno stipendio alto». In verità il «comma Agnoletti» non avrebbe risolto tutti i problemi, visto che Nardella non sembra pensarla come il predecessore in materia di collaboratori: «L’orientamento di Dario è quello di assumerne meno e pagarli un po’ meno di quanto facesse Matteo». Il portavoce non pare soddisfatto del nuovo corso o per lo meno di come l’ufficio del personale fiorentino abbia recepito la nuova legge: «C’è una norma che ti dice che io posso essere pagato come un dirigente e i miei uffici che cosa hanno fatto? Per sentirsi giuridicamente più tranquilli hanno preferito dire: “Tu nun c’hai la laurea e nun ti posso inquadrare da dirigente”, ma è una cazzata perché se no il governo non faceva una legge che dice il contrario. Così per arrivare a darmi più o meno la stessa cifra dell’anno scorso hanno preferito assegnarmi la paga base da funzionario e un’indennità più alta».

Quindi Nardella è stato un po’ troppo cauto? «Gli uffici. La legge fa paura a tutti. Io ho fatto riunioni con il personale visto che la questione mi riguardava. La legge dice che posso essere pagato come un dirigente, ma non c’è giurisprudenza e nessuno intendeva rischiare. Io non volevo mandare davanti alla Corte dei conti né Dario né qualche dirigente che firmava. Sebbene ci fossero diversi pareri che dicevano che avrebbero potuto darmi lo stipendio base da dirigente, altrimenti non si faceva una legge che diceva che io…». Il discorso è chiaro: il governo di Renzi ha messo a punto una norma ad hoc e a Palazzo Vecchio non se la sono sentita di applicarla in toto. E così hanno scelto una toppa peggiore del buco: un’indennità doppia dello stipendio base. Quasi una mostruosità contrattuale.

Agnoletti è sconfortato per l’attenzione riservata alla sua vicenda: «In Italia se mi fermo alla mia misera categoria e digito su Google “portavoce senza laurea”, posso fare la lista. Una volta mi sono messo a guardare così per scrupolo e ne ho trovati a quintali». Per esempio c’è quello del sindaco di Torino Piero Fassino, Giovanni Giovannetti, ex inviato del Messaggero, che prende 187 mila euro lordi. «All’inizio Fassino l’aveva fatto non solo dirigente, ma direttore, se no non si giustifica quello stipendio. Come siano riusciti a darglielo non lo so, visto che la base tabellare dei dirigenti è uguale per tutti. Significa che lui ha un’indennità da 100 mila euro; e gli amici contestano i miei 50…».

L’elenco non si ferma a Giovannetti: «È senza laurea non solo l’Agnoletti, ma anche quella che c’era prima dell’Agnoletti a Firenze». Nome? «Alessandra Garzanti». Altri esempi? «L’attuale portavoce del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, uguale». Come si chiama? «Remo Fattorini. E l’ex sindaco Pd di Pistoia Renzo Berti è stato condannato in primo grado per falso ideologico (in realtà è stato richiesto il suo rinvio a giudizio per abuso d’ufficio ndr) perché ha nominato capo di gabinetto uno a cui mancavano tutti i requisiti di legge». La Corte dei conti per questo ha chiesto a Berti di restituire 240 mila euro. Esistono casi analoghi tra i sindaci di centro-destra? «Chi ci è rimasto in Italia di centro-destra?». E tra i presidenti di Regione? «Non sono così preparato, io conosco gli affari intorno a me».

Nonostante qualche parziale ammissione, Agnoletti non accetta che il comma «3 bis» abbia in filigrana solo il suo nome: «Tieni conto di una cosa che qui sanno un po’ tutti: nella precedente amministrazione (quella di Renzi sindaco ndr) di dirigenti senza laurea non c’era solo l’Agnoletti. Con Matteo ce n’erano tanti, c’era Giovanni Carta, c’era l’attuale sottosegretario all’editoria Luca Lotti che ha una laurea triennale e tu sai che per la legge non vale, c’era Bruno Cavini…».

L’INCUBO DEL PASSATO
E dunque? «Allora se vogliamo essere maliziosi, ma io non credo nemmeno a questo, posso immaginare che qualcuno a Roma pensi che cambiare questa norma serva a migliorare la situazione passata». In pratica a mettere Renzi al riparo dagli artigli della Corte dei conti che lo ha già condannato per aver arruolato nel suo staff, ai tempi in cui era presidente della Provincia, diversi non laureati, inquadrati, però, come dirigenti. Da sempre Matteo punta sui collaboratori a chiamata e a tempo determinato (i cosiddetti articoli 90 e 110) per l’ossatura della sua squadra di governo. Un rapporto che ricorda quello tra patronus e clientes dell’antica Roma. «Prima i 110 (quelli altamente qualificati ndr) potevano essere al massimo il 10 per cento della pianta organica, grazie al decreto Madia ora possono essere il 30 per cento. Ne sono sicuro, in questi mesi ho studiato molto» chiosa Agnoletti.

E gli articoli 90, i non dirigenti? «C’era una norma dell’ex ministro Renato Brunetta che poneva un tetto al loro monte stipendi. Ora quel limite è sparito. L’abolizione non era nel decreto legge, ma è arrivata con la conversione in Parlamento. Adesso tu (amministratore ndr) puoi spendere per i collaboratori quanto diavolo ti pare». La notizia è questa: nell’Italia arciclientelare di Renzi non serve laurearsi e perdere tempo con i master o magari accantonare una buona pensione con una vita di sacrifici. Molto meglio legarsi al carro di un politico e affidarsi alla sua prodigalità. Così, senza concorso.

giovedì 21 agosto 2014

"NON CI CREDEVO NEPPURE IO..." Pellegrini mostruosa agli Europei: l'incredibile rimonta di Federica vale l'oro nella 4x200 stile libero

Europei di nuoto, Federica Pellegrini mostruosa: oro azzurro nella 4x200




Una rimonta pazzesca, mostruosa, incredibile firmata da una strepitosa Federica Pellegrini: e per le azzurre è medaglia d'oro nell'attesa staffetta 4x200 stile libero agli Europei di nuoto a Berlino. Un oro impensabile all'inizio dell'ultima frazione, nuotata dalla campionessa veneta che ha recuperato 5 secondi, un distacco che pareva incolmabile. Così la Svezia si è dovuta arrendere alle nuotatrici azzurre; bronzo all'Ungheria. In vasca, insieme alla Pellegrini, Alice Mizzau, Stefania Pirozzi e Chiara Masini Luccetti. In mattinata la 4x200 sl rosa italiana si era guadagnata la finale con il primo tempo in 8'01''97 davanti alla Francia e alla Spagna.

"Io marziana? No" - Dopo aver aggiunto l'ultimo tassello alla sua leggenda, a caldo, la Pellegrini ha commentato: "Non lo pensavo neanche io, ai 150 metri ho visto che lei virava (l'avversaria svedese, ndr) con due secondi di vantaggio, però ci ho provato e alla fine nell'ultimo 25 lei era abbastanza affaticata. Abbiamo chiuso bene, sono stata contenta". Così ai microfoni di Rai Sport, dove ha poi aggiunto: "Siamo contente, volevamo tanto questa medaglia. Ho avuto un po' di paura sul cambio, penso sia stato abbastanza tirato. Io marziana - si schermisce Fede -? Da sola non avrei fatto niente, poi il tempo non è stato così marziano, anche se l'ultimo 50 c'è sempre".

Il parziale - Le azzurre hanno nuotato in 7'50''53 contro il 7'51''03 delle svedesi e il 7'54''23 delle ungheresi. Per la super rimonta, la Pellegrini ha nuotato la sua frazione in 1'56''52, bruciando la scandinava Gardell in 125 metri complessivi. Le azzurre, così, bissano l'oro ottenuto nel 2012 a Debrecen, con un'altra formazione in cui non c'erano la Pirozzi e la Luccetti (presente, invece, la Mizzau). Un successo, comunque, di una squadra che conferma la sua bontà soprattutto nello stile libero. La prestazione di Fede è stata accolta dal boato del Velodrome di Berlino. Da sogno, in particolare, gli ultimi 50 metri, quando la campionessa veneta ha compreso che l'impresa era realizzabile e, metro dopo metro, ha ripreso e superato la Gardell, che a fine gara si è resa conto di aver sprecato un margine che nessuno pensava colmabile.

Delusioni - Per gli azzurri, nella giornata di giovedì, si segnala il sesto posto di Martina Carmignoli negli 800 col record personale di 8'32'58 (oro alla britannica Jazmon Carlin). Delusione per Luca Pizzini, solo sesto nei 200 rana, vinti dall'idolo di casa Marco Koch. Male anche Arianna Barbieri (ottava) e Carlotta Zofkova (sesta) nella finale dei 100 dorso: le due, rispetto agli Europei di due anni fa, finiscono nelle retrovie (oro a pari merito all'ungherese Katinka Hosszu e alla danese Mie Nielsen).

Speranze - Buone notizie, invece, arrivano dagli 800 maschili, dove Gabriele Detti e Gregorio Paltrinieri (dopo, rispettivamente, il terzo e il primo posto nella finale dei 1500 sl) non si mostrano affatto sazi: i due si guadagnano un posto in finalissima nella batteria dominata da Pal Joensen, atleta delle Far Oer. Bene anche Luca Leonardi e Luca Dotto, che hanno centrato l'ingresso nella finale 100 stile libero: Leonardi ha vinto la propria semifinale mentre Dotto è arrivato secondo nella sua dietro a Florent Manaudou. Si qualificano per la finale dei 100 farfalla femminili anche le azzurre Elena Di Liddo e Ilaria Bianchi.

Finali - Quindi Matteo Pelizzari, che ha chiuso al 5° posto nella finale dei 200 delfino maschili, vinta dal danese Viktor Bromer. Infine, nelle semifinali dei 200 rana, c'è da segnalare un'altra eliminazione involontaria tra atlete azzurre: in questo caso è Giulia De Ascentis, bronzo europeo in vasca corta, che con il suo ottavo posto ha escluso dalla finalissima Elisa Celli.

Renzi chiede aiuto alle prostitute per raccattare soldi e...

Renzi chiede aiuto alle prostitute per evitare la manovra correttiva

di Franco Bechis 


Non sapendo più a che santo votarsi per mettere una pezza alla difficile situazione dei conti pubblici italiani, Matteo Renzi ha invocato Santa Maria Egiziaca. Non per chiedere un miracolo: ma una semplice pausa della sua incessante e preziosa attività. Santa Maria Egiziaca è infatti la principale protettrice delle prostitute pentite. E a Renzi serve ora che quel pentimento non passi proprio per la testa di quelle fanciulle. C'è sempre tempo per ravvedersi, ora è meglio di no. Perché fra poche settimane le attività delle signorine saranno per la prima volta calcolate nel prodotto interno lordo italiano, insieme al fatturato dello spaccio di stupefacenti e del contrabbando. Accadrà in tutta Europa, secondo le disposizioni di Eurostat che ha rivisto come fa periodicamente il paniere con cui calcolare la ricchezza di ogni paese, stabilendo da una parte di includervi una fetta particolare dell’economia sommersa ed illegale e dall’altra di calcolare come investimento e non come spesa ogni euro pubblico destinato alla ricerca e sviluppo. Per tutta Europa il calcolo scatterà a metà ottobre. E naturalmente influirà in ogni paese sul rapporto deficit/Pil e su quello debito/Pil. Crescendo la ricchezza comune del vecchio continente anche grazie alle prestazioni sessuali a pagamento e al consumo illegale di droga, dovrebbero scendere i rapporti con il Pil sia per il deficit che per il debito pubblico, dando una mano molto artificiale ai paesi più in difficoltà nell’area dell’euro. Si tratta naturalmente di una finzione, e sarebbe meglio non approfittarne troppo, perché il miglioramento è temporaneo e contabile e non ripetibile negli anni successivi. 

Renzi però proprio a quel gonfiamento artificiale del Pil si è appeso per cercare di evitare la probabilissima mannaia di una manovra autunnale di aggiustamento dei conti pubblici italiani che sono in evidente sofferenza. Ha chiesto ed ottenuto dall’Istat che risponde al governo un anticipo di circa un mese di quel calcolo, in modo da potere costruire sia la nota di aggiornamento del Def sia la prossima legge di stabilità potendo contare su quell’ulteriore spazio di manovra regalato dal fatturato della prostituzione e del mercato illegale della droga in Italia. Da parte sua ha già annunciato un rinvio di una quindicina di giorni almeno della stessa nota di aggiornamento del Def. L’Istat fornirà il prossimo 9 settembre al governo in modo sintetico una tabella di stima sulla crescita artificiale del Pil per quelle voci: attualmente l’idea è che possa fare lievitare la ricchezza di circa 1,5 punti percentuali. Ci sarà ancora una decina di giorni di colloqui fra esecutivo e statistici per affinare il dato ufficiale, che verrà comunicato il 22 settembre. E su quello il governo fonderà le sue stime economiche. Su questo anno potrebbe trovarsi un regalo sul deficit di 1,5-2 miliardi di euro. Non è granchè, ma potrebbe essere il margine utile a non sfondare il tetto del 3% del deficit sul Pil che farebbe aprire nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione. Potrebbe non bastare quel tesoretto ufficiale (a meno che Renzi sia convinto che gli italiani abbiano speso proprio in quei settori- prostituzione, gioco illegale e droga- gli 80 euro mensili che lui ha messo loro a disposizione), ma comunque alleggerirebbe il peso di una manovra correttiva sugli ultimi mesi del 2014, che altrimenti rischierebbe di essere assai pesante visto lo scarso spazio temporale a disposizione. 

Per l’Italia più ancora che per altri paesi quel fatturato delle signorine buonasera sarebbe fondamentale, evitando il crack. Bisogna proprio che si prenda una pausa Santa Maria Egiziaca, e per qualche mese rivolga le sue cure altrove. Lo facesse in qualche paese diretto concorrente, il vantaggio dell’Italia sarebbe ancora più rilevante. Chissà se le preghiere di Renzi troveranno ascolto...

"Questo è il mio ultimo giorno al Milan" L'addio di Balo ai compagni: ora è del Liverpool

Balotelli, la clausola "anti capricci" mette a rischio l'accordo con il Liverpool




E' ufficiale: Mario Balotelli e il Milan, dopo un anno e mezzo di convivenza, si salutano. Ultimo allenamento al Milanello, dopodiché si farà ritorno in Inghilterra, in Premier League, alla volta del Liverpool. La cessione è a un passo dall'accordo. Oggi pomeriggio, alle tre, il suo procuratore Mino Raiola incontrerà il club inglese per cercare un accordo economico sullo stipendio del giocatore.

La conferma - In mattinata Milan Channel, il canale tematico del club rossonero, aveva annunciato che la trattativa con i Reds per la cessione a titolo definitivo del giocatore era in pieno fermento; mentre secondo la stampa d’oltremanica, Milan e Liverpool si stavano accordando sulla cifra per la cessione e fonti autorizzate indica un pagamento tra i 20 e i 22 milioni di euro e al giocatore un contratto fino al 2018 da 6 milioni a stagione. Per Balotelli sarebbe un ritorno in Premier League dopo l’esperienza al Manchester City dal 2010 al 2013 chiusa con 30 gol in 80 partite e la vittoria di un campionato.

In mattinata - Sembrava che Balotelli non avesse confemato il trasferimento al Liverpool perchè i Reds avrebbero chiesto di inserire nel contratto una ’clausola di buon comportamento' e prevenire così le bizze di SuperMario. È quanto riferisce oggi il quotidiano inglese Daily Star. Il Liverpool è alla disperata ricerca di un attaccante per sostituire Luis Suarez passato al Barcellona e avrebbe individuato in Balotelli l’uomo ideale. Con i fondi della cessione al Liverpool, il Milan cercherà un altro attaccante centrale: il colombiano Jackson Martinez è la prima scelta dei rossoneri. Il sogno, ma è più difficile arrivarci, è la stella del Monaco Radamel Falcao. Non viene abbandonata, in ogni caso, la pista anche dell’attaccante esterno: domenica Galliani incontrerà Cairo per parlare di nuovo di Alessio Cerci.

Bad boy - Si conclude così, dopo meno di due anni l’avventura di Balotelli al Milan, club di cui per altro si è sempre dichiarato tifoso. Tornato in Italia dal Manchester City nel gennaio del 2013 per 20 milioni di euro, Supermario in rossonero ha collezionato 43 presenze con 26 gol in campionato e 10 presenze con 3 reti in Champions League. In totale l’attaccante di origini ghanesi ha collezionato 54 presenze con 30 reti. Dopo l’ottimo rendimento nei primi sei mesi dal suo arrivo, nella stagione 2014 Balotelli non ha mantenuto le attese anche per via di una serie di comportamenti spesso ’fuori dalle righe'. La fama di ’bad boy’ che accompagna SuperMario proprio dai tempi in cui giocava nel Manchester City, avrebbero spinto i Reds ad inserire una clausola che prevede il ritorno del giocatore al Milan in caso di comportamenti ’fuori dalle righe'. Secondo il Daily Star, però, Galliani avrebbe «rifiutato ogni tipo di accordo su questi termini».

Mega-rissa di mezza estate al Billionaire, parla la Galanti: " Macché botte avevo tacchi troppo alti per..."

Replica Claudia Galanti: "Io non ho picchiato. Con quei tacchi alti ero in pericolo"




L'altra notte al Billionaire di Flavio Briatore ne sono successe di tutti i colori. Risse, camicie sfilacciate, donne col trucco sbavato per le troppe lacrime versate. Insomma, un putiferio che ha visto protagoniste la showgirl paraguaiana Claudia Galanti e e Tatiana, compagna di un facoltoso professionista, certo Alessandro Cipollini. La Galanti è titubante: non sa mettere benzina sul fuoco alle notizie che pochi giorni fa rendevano tributo alle scene al Billionaire per fornire la sua prospettiva o se indulgiare al silenzio. Alla fine cede: vuole esaltare la sua ricostruzione dalla nebbia (alcolica) di quella infausta domenica notte. E in un'intervista al Corriere della Sera ricostruisce la nottata.

"Io scendevo le scale per andare via alle tre del mattino, che è pure presto per il Billionaire perché in genere si finisce alle cinque. Quella sera non avevo la mia security, così il Billionaire mi ha affiancato due suoi uomini. In mezzo, ci siamo trovati questa ragazza, che avevamo visto prima barcollare, non stava bene. Allora le mie guardie del corpo le hanno chiesto di spostarsi. Lei non l’ha presa bene e mi ha aggredita: di punto in bianco mi ha tirato un pugno in faccia! Non capivo, mi ha fatto male, malissimo... A quel punto tutti quelli della security sono venuti a proteggermi. Era pericolosissimo, indossavo i tacchi altissimi sulle scale e potevo farmi malissimo. Mi hanno portata fuori e lì c’era già il mio autista che mi stava aspettando".

Pare quindi che Tatiana non abbia subìto i ceffoni della Galanti. Ma allora chi è stato? "Io non lo so, non la conosco! e me la mettessero qua davanti potrei anche darle un bacio". Sulla camicia strappata di Cipollini, silenzio tombale. "Che ne so io della sua camicia. Ero già a casa quando è successo. Comunque ho sporto denuncia contro questa signora per aggressione senza motivo". In fin dei conti, alla Galanti è andata bene: "Non ho avuto dolori. Mi faceva male la mascella e sono andata a dormire".

Allarme terrorismo anche in Italia: Minaccia più grave dall'11 settembre Ecco dove l'allerta è massima

Allarme terrorismo, i Servizi: "Minaccia più grave dall'11 settembre"




Il ministro degli Esteri, Federica Mogerini, è stata chiara ieri durante l'audizione in Parlamento: la portata della minaccia rappresentata dagli jiahdisti sunniti dello Stato Islamico (Is) è tale che non si limita a rappresentare un pericolo letale in Iraq e Siria dove opera, ma «riguarda anche l’Europa e l’Italia». Parole allarmanti che trovano fondamento nei documenti dell'intelligence: secondo i Servizi "l'Is è la più grave e complessa minaccia terroristica che l'Italia e l'Europa si trovano ad affrontare dai tempi dell'11 settembre". "Nulla di comparabile rispetto alla vecchia Al Qaeda. E' molto peggio", sostengono. I motivi, spiega Repubblica, sono principalmente due. Da una parte c'è la capacità dell'Is di combattere con carri armati, battaglioni, artiglieria pesante, colpendo contemporaneamente anche con i vecchi metodi terroristici. Dall'altra il califfo Abu Bakr al-Baghdadi può contare su combattenti che sono cittadini europei: islamici fanatici con passaporto Ue, culturalmente in grado di infiltrarsi nelle società del continente. Repubblica rivela che secondo i calcoli degli esperti ce ne sarebbero almeno cinquemila: la maggior parte inglesi, francesi o balcanici, ma ci sarebbero anche una ventina di italiani. Come Giuliano Delnevo, il venticinquenne genovese morto durante i combattimenti in Siria tra le truppe fedeli ad Assad e la guerriglia sunnita, alla quale il giovane, convertitosi all’Islam, aveva aderito.

Allerta in Italia - L'allerta nelle centrali antiterrorismo occidentali è massima. E anche l'Italia rappresenta un bersaglio per gli jihadisti non solo perché il governo ha deciso di fronteggiare il califfato aiutando le truppe peshmerga in Iraq, ma anche perchè il nostro paese si trova a rappresentare tutta l’Unione finché dura il semestre europeo e proprio in Italia si svolgeranno summit importanti dei 28 i leader dell’Unione. Inoltre c’è l’appuntamento con Expo 2015, una vetrina mondiale di 150 paesi. A ferragosto se ne è discusso durante il comitato nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico e ieri, rivela Repubblica, il Dipartimento di pubblica sicurezza ha inviato una informativa a prefetti e questori dove si parla di «allerta sugli obiettivi sensibili». La vigilanza in particolare resta alta su quel centinaio di blog, chat e forum dove si scambiano informazioni i nuovi jahdisti digitali. «La vigilanza è alta — conferma il ministro Angelino Alfano — e tutti i segnali provenienti da fonti di intelligence e da fonti “aperte” sono valutate con la massima attenzione».