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sabato 2 agosto 2014

Laura Pausini: "Gonna al vento sul palco? Non l'ho fatto apposta"

Laura Pausini: "Gonna al vento sul palco? Non l'ho fatto apposta"




Dopo l'incidente hot arriva la risposta di Laura Pausini. Un lunghissimo sfogo su facebook apparsa infuriata dopo il video, diventato virale, in cui con la complicità di un accappatoio svolazzante, avrebbe mostrato durante un concerto in Perù le sue parti intime. "Basta, avete vinto, non reggo più a non commentare la notizia del Perù".

"Non ero nuda" - La cantante ci tiene a precisare che non era nuda sul palco. "Prima di tutto NON ero nuda, come leggo ormai ovunque, ma è stato un incidente che mi fa molto vergognare, perché non mi sono mai trovata in questa situazione nonostante io chiuda sempre i miei concerti in accappatoio e sia sempre coperta". "Questa volta - ha aggiunto l'interprete di 'La solitudine' - c'è stato un piccolo problema, il vestito che indosso nel finale si è rotto e ho potuto mettere solo l'accappatoio nel camerino dietro al palco. Ma ripeto, NON ero nuda. La cosa che mi fa più impressione è che una cosa del genere abbia avuto un risalto così grande, con parole veramente fuori luogo, in un momento dove ci si dovrebbe concentrare a parlare di argomenti molto più importanti". 

Marketing? - "E' incommentabile poi chi definisce questo momento di grande imbarazzo per me, come una strategia marketing, come se ne avessi bisogno e non fossi già troppo esposta. Siete ridicoli. Forse vi dimenticate che da 20 anni faccio questo mestiere e non ho mai avuto una caduta... probabilmente questo vi infastidisce...", ha attaccato ancora la cantante.

La risposta - "Davvero, parliamo di cose serie e con me parliamo di musica, perché io quello faccio, da sempre... e che io ce l'abbia come tutte sinceramente non è una gran novità per nessuno. Ho chiuso con una battuta per sdrammatizzare un momento che mi aveva davvero trovata impreparata. Ora trovo magliette con la mia frase, hashtag mondiali e di tutto e di più... Inizierò a riderci sopra, a scherzarci anche io, magari mi metterò la maglietta per sdrammatizzare, ma basta davvero, non è il caso di farne una questione di stato".



Il "manetta" perde colpi: "Se hanno assolto il Cavaliere, allora liberate dalla galera anche..."

Marco Travaglio sbotta: "Se le chiamate di Berlusconi non sono reato, graziate Corona"



Dopo l'assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby, Marco Travaglio aveva avuto crisi di nervi. Ma poi sembrava essersi lentamente ripreso ed arrivato alla rassegnazione. E invece no. Ieri 1° agosto rispunta fuori con il caso del Caimano salvato dalla Procura di Milano e più convinto che mai chiede la grazia di Fabrizio Corona. Così sul Fatto Quotidiano frulla una domanda che non trova risposta: "Ora che le telefonate di un ex premier alla Questura di Milano per far rilasciare una minorenne fermata per furto non sono più reato, cosa ci fa fabrizio Corona nel carcere di massima sicurezza di Opera per scontarvi un cumulo di condanne a 13 anni e 8 mesi"?

Liberate Corona -  "Nessuno sostiene che sia uno stinco di santo. Ma neppure un demonio che meriti tutti quegli anni di galera", commenta Travaglio. Insomma, dato che la famosa chiamata di Berlusconi alla Questura non ha rappresentato reato "allora graziate anche Corona" afferma il vicedirettore del Fatto. Il fotografo irriverente che cosa ha fatto di così tanto grave, si chiede Travaglio. "Qualche intimidazione ed estorsione; possesso di 1500 banconote false, corruzione di un agente penitenziario per concedersi un selfie". Insomma da manettaro a garantista nello spazio di qualche settimana. L'assoluzione Ruby pesa ancora: Travaglio ora chiede pure le scarcerazioni. 

venerdì 1 agosto 2014

Renzi ci rovina pure le vacanze: "Italiani vadano in ferie sereni E alla ripresa a settembre..."

Renzi: italiani in ferie tranquilli, a settembre ripartenza col botto, sì, quelli d'artificio....


Conferenza stampa del premier: a fine agosto il primo Cdm sullo "Sbloccaitalia"


Al termine di una settimana in cui la politica ha di nuovo fatto vedere il peggio di sè, con urla, risse e persino feriti nell'aula di Palazzo Madama che sta discutendo e votando la riforma del Senato, il presidente del Consiglio Matteo Renzi se ne è uscito oggi, nel corso di una conferenza stampa pre-feriale a palazzo Chigi, con una dichiarazione che ha del surreale: "Io sono molto soddisfatto del clima di dialogo di queste ultime ore". Forse si aspettava che la sua riforma del Senato causasse dei morti?

Non contento, il premier ricordandosi che è pur sempre il 1 agosto, data in cui per tradizione molti italiani vanno in ferie, per fargli a suo modo gli auguri di buone vacanze: "L’Italia è già ripartita, dobbiamo incoraggiarla. Gli italiani vadano in ferie tranquillamente". Cioè, una specie di "italiani andate in ferie sereni". Che dopo l'"enrico stai sereno" e tutti gli altri "stai sereno" degli ultimi mesi, non potrà che creare il panico tra gli italiani impegnati a riempire le valigie. "Noi ad agosto staremo a completare il pacchetto dei mille giorni - ha aggiunto - e in occasione del Consiglio dei ministri che faremo alla ripresa delle vacanze che potrebbe essere il 27 o 28 agosto avremo modo di approvare un ddl e un dl su provvedimenti urgenti relativi allo sblocca Italia. Dieci capitoletti, per qualche decina di miliardi". A settembre - ha concluso - ci sarà una grande ripartenza col botto". E speriamo che non si tratti della manovra aggiuntiva. In ogni caso, conviene toccare ferro. 

Seba Rossi ancora nei guai: dalla porta del Milan a quelle della Questura. Altra indagine (e accusa pesante)

Milan, guai per l'ex portiere Sebastiano Rossi: indagato per possesso di cocaina



Sebastiano Rossi, l'ex portierone del Milan degli anni Novanta è coinvolto in una indagine legata allo spaccio di droga in Emilia-Romagna insieme ad altre 17 persone finite nel fascicolo degli indagati. Il pm Monica Gargiulo ha aperto il fascicolo dopo che, uno spacciatore albanese, era stato sorpreso e arrestato in un albergo della Riviera adriatica in possesso di cocaina e di un'arma da fuoco. Da lì erano partiti i controlli telefonici da cui erano emersi scambi di droga, fra l'estate del 2009 e l'inverno del 2010.

I precedenti - L'ex numero uno milanista non nuovo a problemi con la giustizia non vanta buoni precedenti: nel 2007 era stato denunciato a piede libero con le accuse di minacce gravi, continuate e in concorso, con porto di armi improprie, lesioni, ingiurie e sequestro di persona con tentata violenza privata per una serie di fatti avvenuti due anni prima. Inoltre recentemente, si era reso protagonista di una scazzottata con un pubblico ufficiale: nel maggio 2011 era stato intatti arrestato dopo aver tirato un pugno a un maresciallo dei carabinieri, dopo una mini rissa scoppiata in un locale di Cesena. Rossi pare comunque tra coloro che avrebbero, preso lo stupefacente "per sé e per altri" e non nell'ambito di vero e proprio spaccio, fanno sapere dalla Procura.

"Esplode" casa Fiorello. Catena al veleno su Rosario e Giuseppe: "Ho sputato sangue per colpa vostra e adesso..."

Catena Fiorello attacca Rosario e Giuseppe: "Ho sputato sangue per voi"



Il veleno che non ti aspetti. Faida in famiglia in casa Fiorello. Ad aprire il fuoco è stata Catena Fiorello, sorella di Beppe e Rosario. Dopo aver dichiarato di lasciare la tv, come racconta BlogTv, spara sui suoi fratelli e li definisce maschilisti. "Mi sento una che ha dovuto pagare per questo cognome che porto. Per qualche mente ottusa che mi ha giudicata in contumacia". I miei fratelli sanno che mi è costato sputare il sangue essere la loro sorella, perché questa è una società maschilista. Fatemi capire qual è la differenza tra Beppe Fiorello e Catena Fiorello? Me ne devo stare a casa, chiusa, perché devo lasciare lo spazio tutto a loro... ma io me ne sbatto".

Faida in famiglia - E poi la frase forte che non ti aspetti: "Magari c'è della cattiveria pregiudiziale anche da parte dei miei fratelli. Magari non se ne rendono conto. Un po' maschilisti lo sono, inconsciamente. Secondo me, se mio fratello Rosario deve spendere una parola per Beppe, lo fa con meno disturbo. Dei miei fratelli non parlo perché so che si disturbano. Dicono che parlo troppo di loro nelle mie interviste. So che s'infastidiscono. Un giorno mi fa Beppe: 'Tu parli troppo di noi quando presenti i tuoi libri'. Beppe è quello che si disturba di più. Rosario un po' meno. Lo massacro anche in casa Beppe. Ma, secondo me, non è lui. Sono i suoi suggeritori". Quando si dice, un'intervista alla Parenti serpenti.

Canguri, insulti, risse, minacce: "Basta, ora chiamo la polizia" Grasso... e delirio in Senato

Riforma Senato, caos a Palazzo Madama. Pietro Grasso minaccia: "Chiamo la polizia". Poi il chiarimento



Al Senato va in scena una giornata sull'orlo di una crisi di nervi. Ostruzionismo, proteste, sedute sospese: la riforma studiata dal governo non procede, bloccata da migliaia di emendamenti e da voti impossibili. In un clima isterico, di sfinimento, durante la conferenza dei capigruppo il presidente Pietro Grasso mette sul tavolo anche una ipotesi mai udita prima a Palazzo Madama: chiamare la polizia in caso di tumulti. I senatori dell'opposizione trasecolano, urlano, il capogruppo di Gal Giovanni Ferrara s'indigna, alterato, respingendo le parole di Grasso. Una misura estrema dopo due giorni di barricate, tra l'esagitato e il goliardico (indimenticabile la presenza sui banchi di un canguro di peluche brandito dal senatore del M5S Maurizio Buccarella). Il giallo si risolve qualche minuto dopo, quando il portavoce dello stesso Grasso interviene sul caso e spiega: "Il presidente del Senato si riferiva agli assistenti d’aula che il Regolamento definisce Polizia del Senato. Con il senatore Ferrara l'equivoco è stato chiarito durante la conferenza dei capigruppo". In ogni caso, non esattamente l'atmosfera ideale per imbastire una pacata e costruttiva riflessione sul futuro istituzionale della Repubblica italiana.

Lacrime da comunisti. Mentana e il vaffa ai compagni: "Ora piangete, ma intanto..."

L'Unità chiude ed Enrico Mentana le canta alla sinistra: "Quanta ipocrisia, Pd e Cgil che hanno fatto?"



Da "Hanno ucciso l'Unità" a "L'Unità è viva", nel giro di 24 ore. La notizia della chiusura dello storico quotidiano comunista, ex organo del Pci diventato con gli anni sbiadito riflesso del Pd, ha accomunato insospettabili fan del giornale fondato da Antonio Gramsci. Da sinistra a destra, giornalisti e firme tra le più svariate si sono prodigati nel salutare l'ultimo numero in edicola, in un profluvio di ricordi commossi, elogi e difesa della libertà di stampa (di cui l'Unità, essendo organo di partito, potrebbe a dirla tutta essere preso ad esempio solo parziale...). Ma c'è chi preferisce uscire dal coro. "Quanta ipocrisia nelle parole di circostanza per la cessazione delle pubblicazioni dell'Unità". Parola di Enrico Mentana, direttore del TgLa7 di certo non tacciabile di antipatie pre-costituite per il mondo della sinistra. Ed è proprio quel mondo, quello più ingessato e legato a vecchi schemi, che Mitraglietta mette nel mirino: "La Cgil si appella al Pd perché metta in campo tutto il suo peso per salvare il giornale - continua Mentana su Facebook -. Ma la Cgil ha cinque milioni e mezzo di iscritti, dieci volte esatte gli iscritti del Pd. Il partito ha però più di undici milioni di elettori, e soprattutto migliaia di eletti solo tra comuni capoluoghi, regioni e parlamento. Come si coniugano questi numeri con le ventimila copie dell'Unità? Volete salvarlo quel giornale? Ma se non lo comprate nemmeno...". 

Fin qui, in effetti, parlano i numeri. Anche perché, è la conclusione logica dell'intemerata di Mentana alla sinistra, la disintegrazione dell'Unità arriva in un momento d'oro per Matteo Renzi e i democratici: "La possibile salvezza dell'Unità sta proprio nei numeri di quella massa politica e sindacale, e partendo da quella domanda scomoda per Cgil, Pd e soprattutto per i redattori del giornale: perché (quasi) nessuno lo comprava più proprio nel momento del massimo risultato elettorale del centrosinistra?". Domanda da cui, oggi come oggi, ancora nessuno ha saputo trovare una risposta. Anche perché a sinistra si preferisce puntare il dito contro i possibili responsabili dello sfacelo: per qualcuno è colpa della dispendiosa gestione Veltroni, per altri (come la firma di Repubblica Valentini) la responsabilità è di quella a firma Concita De Gregorio, per altri ancora è dei lettori, troppo renziani. A quasi nessuno, soprattutto nella redazione di via Ostiense, è sorto il dubbio che, semplicemente, l'Unità degli ultimi cinque anni non piaccia più al mercato. Cioè a chi la deve comprare per leggerla.