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martedì 29 settembre 2015

IL GOSSIP BOMBA Dago, Agnelli e l'altra donna: lo scherzo atroce dell'amante

Dagospia, il gossip: Andrea Agnelli si ritrova solo




Continua Beautiful in salsa torinese. Andrea Agnelli dopo aver mollato la moglie Emma Winter per l'ex modella turca Deniz Akalin, moglie del suo (ormai ex) braccio destro Francesco Calvo, si ritrova solo. Pare infatti, scrive Dagospia, che Deniz lo abbia piantato e, insieme alla figlia, abbia raggiunto il marito, che ora è il numero due della squadra di Messi, a Barcellona.

Già questa settimana Chi aveva pubblicato un servizio che ritraeva il presidente della Juventus in completa solitudine. La (ex) moglie infatti è tornata a Londra portandosi via i loro due figli. E ora il rampollo è stato mollato anche dall'"altra".

Insomma, il colpo di fulmine fra Agnelli e la moglie del responsabile del marketing della Juve, appena cominciato, è già finito. E John Elkann è furioso. Calvo infatti ha ricevuto una consistente buonuscita e la cosa non è piaciuta affatto ai soci della Juventus che, da una parte, hanno chiesto delucidazioni e, dall'altra, danno la colpa della crisi dei bianconeri proprio alla latitanza di Andrea Agnelli.

La fosca profezia sull'Italia: ecco come saremo tra 40 anni

L'Italia fra 40 anni: un terzo dei cittadini sarà di origine straniera




Gli immigrati ci salveranno. Secondo un'analisi demografica e socio-economica, riportata dal L'Espresso, il sistema Italia, tra 40 anni, potrà essere sostenibile solo grazie all'apporto di stranieri, che saranno quasi un terzo della popolazione. Gli italiani sono un popolo in continuo invecchiamento e la natalità è troppo bassa (1,39 figli per donna). Per garantire il mantenimento della popolazione la natalità dovrebbe essere di 2 figli per donna, ma in Italia non è così da molto tempo, col risultato che, a fronte di un numero crescente di ultra sessantacinquenni, si ha una riduzione complessiva della popolazione.

Il futuro - Questo mette in crisi il sistema pensionistico, infatti se oggi abbiamo 3 lavoratori attivi per pensionato, senza l'apporto di stranieri nel futuro ne avremmo solo due, il che comprometterebbe la possibilità di avere un reddito sufficiente per i pensionati.Tra quarant'anni senza stranieri gli Italiani scenderebbero a 45 milioni, dagli attuali 61; ma con le migrazioni potremmo arrivare a 66, in modo che il nostro sistema economico rimanga sostenibile. da questa analisi la necessità di accogliere e inserire i migranti. Se ben integrati saranno nuovi cittadini che contribuiranno al buon funzionamento della macchina produttiva italiana.  La Germania, che ha condizioni demografiche simili alle nostre lo ha capito e da anni ha avviato serie politiche di integrazione. In Italia questo non è stato fatto e l'integrazione risulta più difficile.

La situazione attuale - Già oggi i migranti che risiedono sul nostro territorio danno, in proporzione, il maggiore contributo alla natalità, rispetto agli autoctoni. Inoltre i lavoratori stranieri già contribuiscono alla sostenibilità del sistema pensionistico, sono generalmente impiegati nei lavori meno specializzati, più umili che non richiedono una scolarizzazione e con basse retribuzioni. Infatti gli Italiani preferiscono aspettare opportunità più adatte al loro profilo professionale o migrare a loro volta verso paesi come la Germania e l'Inghilterra che offrono lavori più qualificati e stipendi più alti. Dunque il processo sembra inevitabile e l'Italia per sopravvivere dovrà diventare un paese sempre più multietnico, così come tutto il continente europeo. 

Demografia - Restano da risolvere alcuni problemi che possano favorire una sana integrazione e un aumento demografico, tali da non portarci all'estinzione come popolo e paese.  Sono necessarie politiche serie per la famiglia, in particolare per i nuclei con più figli, strutture adeguate (nidi, asili, sgravi fiscali, ecc) che possano consentire alle donne di avere più figli senza in termini di sostenibilità economica  e logistica.

Integrazione - L'altro nodo sono le politiche di integrazione, in particolare ad oggi nel nostro paese si fermano migranti con bassi tassi di scolarizzazione, pochissimi sono laureati (del resto anche il numero di laureati fra gli italiani è inferiore alla media europea). Si deve puntare a politiche che riescano ad assorbire gli stranieri come cittadini e  che diano loro adeguate opportunità di istruzione.

La Nasa: "Su Marte c'è l'acqua, ed è..." Una scoperta che rivoluziona lo Spazio

Su Marte c'è l'acqua, l'incredibile scoperta del satellite Usa Mro




Lo si era sempre sperato, ma non c'era mai stata la conferma ufficiale. Ora tutto è cambiato, e lo si può dire: su Marte c'è l'acqua, e quindi, potrebbe esserci anche vita. La sensazionale scoperta, comunicata dalla NASA e da Nature Geoscience, il 28 settembre, è merito del satellite americano Usa Mro (Mars Reconnaissance Orbiter) che ha individuato i corsi d'acqua presenti sul pianeta.

La scoperta - L'acqua è presente sul pianeta in piccoli rigagnoli e contiene anche, secondo le prime indicazioni, delle quantità di sale. E, per dare ancora più enfasi a questa notizia la NASA ha convocato una conferenza stampa alle 17,30 (ora locale italiana), il 28 settembre, per parlare al mondo proprio del "mistero Marte". L'evento sarà trasmesso in diretta su NASA Television e il sito web dell'agenzia.

In passato - Il mondo scientifico stava cercando conferme che su Marte esistessero corsi d'acqua già da tempo. Lujendra Ojha, uno dei maggiori esperti, che sarà presente alla conferenza stampa, già nel 2011, quando aveva solo 21 anni, lasciò tutti stupiti. Il giovane aveva ottenuto le immagini dei crateri di Marte che "potevano mostrare la prova che l'acqua salata liquida scorresse su Marte durante i suoi mesi più caldi". E ora, sembra che la sua teoria, abbia trovato le ulteriori prove di cui aveva bisogno.

Porta gli amici pensionati nella sua vigna Multa da 20mila euro. Il motivo? Assurdo

Cuneo, organizza la vendemmia con gli amici: gli fanno una multa da 20 mila euro per lavoro nero e caporalato




Come ogni anno a ottobre si raccoglie l'uva matura e per questo Battista Battaglino, un 63enne pensionato di Castellinaldo d'Alba (Cuneo), aveva invitato quattro amici per aiutarlo nella vendemmia. Ma questa volta, come racconta La Stampa, le cose non sono finite come ogni anno con una bella cena rifocillante. Tra le fila dei piccoli vitigni infatti sono comparsi alcuni ispettori del lavoro, che gli hanno consegnato una multa di ben 19.500 euro per lavoro in nero. A nulla è valsa la spiegazione di Battista e degli amici, che hanno tentato disperatamente di evitare il salatissimo dazio.

Addio vendemmia - "Queste vigne sono nostre da generazioni e non ci era mai capitata una cosa simile. Produciamo un po' di vino per noi e per i nostri amici ogni anno, ma questo forse sarà l'ultimo. Ed è anche saltata la consueta cena tra amici a casa dopo la vendemmia", hanno spiegato Battista e la moglie Ada. A difendere Battista ci ha pensato anche il sindaco del paese, Giovanni Molino: "Non siamo mica un paese dove c'è il caporalato, qui tutti si aiutano a vicenda e Battista è una persona semplice, che fa la vendemmia con gli stessi strumenti di tanti anni fa. Multarlo è pazzesco, considerarlo un evasore è offensivo".

Hacker "dentro" due banche italiane Rubati seimila nomi, mail e password

Intesa Sanpaolo e Unipol Banca, hacker in azione: rubati 6.000 nomi, password, mail e numeri di telefono




Allarme attacco hacker a Intesa Sanpaolo e Unipol Banca. "Abbiamo violato i loro sistemi": ad annunciarlo, domenica 27 settembre, è Ghost Italy, cellula nostrana di Anonymous, che afferma di aver trafugato dai database dei due istituti 6mila tra mail, numeri di telefono, nomi e password di dipendenti e clienti. Le due banche però si sono affrettate a smentire la notizia rilanciata da Repubblica: "Da noi non ci sono stati accessi". I dettagli forniti da Ghost Italy però sembrano nutriti: i nomi "rubati" sarebbero ordinati "per dominio e azienda - scrive Repubblica -, elenchi di persone che farebbero capo o avrebbero relazioni con Intesa, Unipol, Wind, Enel, Engitel". "I dati pubblicati online sono a disposizione di un fornitore esterno. Escludiamo impatti per la nostra clientela", ha spiegato Intesa, rassicurando che le password a disposizione del fornitore non sono quelle reali. A guidare i pirati informatici di Ghost Italy c'è l'ormai tradizionale lotta contro il capitale 2.0: "Quale strada troveranno per continuare a sfruttare le nostre vite e il nostro lavoro? Gli interrogativi sono tanti, ma una cosa è certa, nei tempi che verranno lo scopriremo, le banche sono un nemico sociale che per troppo tempo ha agito indisturbato, ora è tempo di dire basta". A Repubblica gli hacker rivendicavano così l'azione, denominata #OpBankDump: "L'attacco è stato anche fatto per dimostrare quanto loro non tengano ai nostri dati ed alla nostra privacy, pagano con i nostri soldi milioni di euro per proteggerci ed alla fine lo fanno invano. Quando abbiamo violato Intesa, in essa c'erano 90 database".

Attenzione ai negozi Apple tarocchi Dall'insegna ai commessi, la mela è finta

Cina, proliferano i negozi Apple tarocchi




In Cina non taroccano i prodotti Apple, taroccano direttamente i negozi. Secondo quanto riporta hdblog.it questi negozi si stanno moltiplicando. Questi centri sembrano gli originali: dipendenti in t-shirt blu, logo con la mela mangiata, espositori... Tutto finto. L'unica cosa originale sono i prodotti Apple, in vendita al doppio del prezzo di listino. Nel Paese asiatico, infatti, la richiesta di questi prodotti è talmente alta che in molti non esitano a sborsare un sacco di soldi per poterseli assicurare. Al momento la società di Cupertino ha 22 centri in tutta la Cina, a fronte dei 30 non autorizzati.

Bangladesh, ucciso un italiano L'Isis rivendica: "Siamo stati noi"

Bangladesh, ucciso cooperante italiano 50enne: "Tre persone hanno sparato da una motocicletta". L'Isis: "Siamo stati noi"




Un cooperante italiano di 50 anni, Cesare Tavella, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco a Dacca, capitale del Bangladesh. L'Isis ha rivendicato l'omicidio, secondo quanto scrive Rita Katz, direttore del sito di intelligence Site.

La ricostruzione - "Un 50enne, Cesare Tavella, è stato raggiunto per tre volte da spari nella zona di Gulshan, nella capitale, oggi pomeriggio", ha affermato un portavoce della polizia di Dacca, Muntashirul Islam. "È morto dopo essere stato trasportato in ospedale", ha aggiunto. La dinamica dell'uccisione non è ancora chiara. Secondo il portavoce, i tre aggressori sono fuggiti a bordo di una motocicletta dopo aver aperto il fuoco. La polizia ha spiegato che Tavella lavorava per la Icco Cooperation, organizzazione che si occupa di cooperazione allo sviluppo ed ha uffici in Bangladesh.

lunedì 28 settembre 2015

Il "suicidio" di Renzi in diretta tv Profezia di Pansa: finirà malissimo

Giampaolo Pansa, fantasia d'autunno: il talk show di Matteo Renzi si rivelà un disastro


di Giampaolo Pansa



Volete una storia che nessuno vi ha mai raccontato? Eccola. Nel tardo autunno del 2015, Matteo Renzi, l’audace premier italico, si rese conto di una tragica realtà. I talk show televisivi delle reti pubbliche e private se ne infischiavano delle sue critiche. I vari Gruber, Floris, Giannini, Formigli, Porro, Telese, Merlino, Paragone e compagnia seguitavano imperterriti a presentare l’Italia renziana come una nazione a rotoli. Senza lavoro per i giovani, stracolma di clandestini, in mano alle bande della camorra, della ’ndrangheta e della mafia. Per non parlare dei mariti che sgozzavano le mogli con una ferocia che non aveva nulla da invidiare ai tagliagole del Califfato nero.

Renzi non ne poteva più di essere preso per i fondelli da una squadra di televisionisti cialtroni. Gli rovinavano le giornate e il fegato, al punto di farlo dubitare di se stesso. Si osservava di continuo nello specchio e ruggiva: «Mi sembra impossibile che i gufi, i rosiconi, i menagramo abbiano la meglio sul più grande premier italiano del dopoguerra. Non posso farmi mettere sotto da una banda di scansafatiche. Devo immaginare qualcosa per mandarli al tappeto».

Il qualcosa glielo suggerì il suo spin doctor, il consigliere più esperto e più fedele: Filippo Sensi. Una sera disse a Renzi: «Esiste un solo sistema per rottamare quei mangiapane a ufo». «E quale sarebbe?» domandò ansioso il Fiorentino. Sensi gli spiegò: «Dobbiamo inventarci un talk show renzista, del tutto favorevole a te, presidente. E farlo trasmettere dalla Rai a reti unificate. Quindi convincere i padroni delle emittenti private a mandarlo in onda, a scanso di guai. Sarà una sorpresa per tutti. E sono sicuro che avrà un successone sorprendente».

Ottenuto l’ok di Renzi, Sensi si mise subito all’opera, insieme a Luca Lotti, detto Truciolo d’Oro. In virtù del suo faccino da adolescente un tantino malvagio, Lotti sarebbe stato anche il conduttore del talk presidenziale. I due compari non ci misero molto a immaginare la struttura del programma. Doveva essere a blocchi, un personaggio dopo l’altro. Sensi disse: «In questo modo eviteremo la babele di ospiti e di opinioni che hanno un solo scopo: sputtanare Matteo e il nostro governo».

Per essere pronti all’esordio, venne preparato un numero zero del programma, una prova generale registrata in segreto nella sala delle conferenze stampa di Palazzo Chigi. Protetta da una pattuglia di guardie giurate, provvista di mitragliette. Fu anche deciso il nome del programma. Semplicissimo e molto popolare: “Viva l’Italia!”. Quindi si iniziò a girare un blocco dopo l’altro.

Il primo vip a essere intervistato fu Denis Verdini. L’ex consigliere di Berlusconi stava al meglio della forma. Aveva una chioma leonina e la faccia da simpatico barabba. Lotti lo interrogò su un tema spinoso: l’arte di cambiare sponda. Denis fu davvero grande. Sproloquiò sulla necessità di non restare mai uguali a se stessi: la vita è un succedersi di mutamenti, si nasce, si cresce, si matura, si cambiano amici, donne, partiti, premier. Confessò: «Non mi sono venduto a Renzi. Mi sono innamorato di lui. Se non fossi un incallito donnaiolo, vorrei passare notti furibonde con il Rottamatore».

Poi toccò al ministro Maria Elena Boschi, più splendente che mai. A Palazzo Chigi tutti erano invaghiti di lei. Anche Lotti stravedeva per la ragazzona di Arezzo. La passione per le curve di Maria Elena mandò in tilt Truciolo d’Oro. Cominciò a presentarle domande scabrose, sulla vita privata, gli amori, il sesso. La ministra si incavolò e mandò Lotti a spazzare il mare. Poi spiegò a Renzi: «Partecipo volentieri a “Viva l’Italia!”, ma non voglio avere tra i piedi quel maniaco pronto a molestarmi».

Andò meglio con il direttore dell’Unità, Erasmo D’Angelis. Sulle prime, l’audizione fu un disastro. Il giornalista aveva molte cose intelligenti da dire, sempre a favore del governo Renzi. Purtroppo il suo aspetto era terrificante. Terreo, pelato, stravolto dai tic, sembrava la comparsa di un film horror, appena uscito dal castello maledetto di Dracula. Il problema appariva senza rimedio. Ma Sensi, un vero genio dello spettacolo, scoprì come risolverlo.

Disse a Renzi: «Dobbiamo mettere sotto contratto Kevin Costner, l’attore americano. Si è già prestato a fare la pubblicità per un marca di tonno in scatola. E non rifiuterà di interpretare la parte del direttore di un giornale governativo». Sensi aveva ragione. Cavò il ragno dal buco e il risultato fu trionfale.

Pagato a peso d’oro, Costner imparò a memoria le risposte alle domande, poi venne doppiato da un attore italiano. L’intervista la registrarono nell’ufficio di D’Angelis all’Unità. E incantò tutto il personale femminile, a cominciare dalle donne addette alle pulizie. Ma il vero scoop Sensi lo realizzò portando davanti alle telecamere il campione italiano dei rosiconi. Era Mister Gufo 2015, il più implacabile dei menagramo. Venne presentato con il viso nascosto da un passamontagna, come succede con i latitanti. Sollecitato da Lotti, disse le peggio cose sul governo Renzi. Ma non risultò credibile, anche perché la voce distorta «per motivi di sicurezza» sembrava quella di un uomo delle caverne.

Il talk show di Renzi andò in onda su tutte le reti. Però si rivelò un flop disastroso. Ma non per colpa di Sensi, Lotti, Verdini, Boschi, D’Angelis-Costner e neppure di Mister Gufo 2015. Il motivo fu un altro. I talk messi all’indice dal premier si erano coalizzati, decidendo di fare ciò che non avevano mai fatto. Si gettarono su quelli che chiamarono “Super match”, vale a dire un succedersi di contrapposizioni tratte dall’Italia reale, quella di tutti i giorni.

Una famiglia mafiosa contro una camorrista. Due omofobi e due gay. Un nemico giurato dei migranti e una fanciulla della Caritas. Un miliardario e un poveraccio senza casa, costretto a dormire per terra alla stazione Termini. Un tifoso di papa Bergoglio e un ateo bestemmiatore. Ma il vero scoop dei talk anti Renzi fu ancora un altro.

Un giornalista sciagurato aveva appiccicato al premier un soprannome beffardo: Ciccio bomba cannoniere, per le continue promesse sparate a vanvera. Era l’inizio di una filastrocca recitata dai bambini. Bisognava completarla. Il vincitore di quel concorso sarebbe stato presentato in tivù da tutti i talk che non amavano il premier.

Il primo premio andò a un anziano geometra di Vigevano. La sua filastrocca recitava così: «Ciccio bomba cannoniere fa la cacca nel bicchiere. Il bicchiere si spaccò e Ciccio bomba lo leccò. Lo leccò col cucchiaino, Ciccio bomba maialino». L’audience s’impennò e raggiunse livelli mai registrati. Renzi rinnovò le scomuniche. I talk ribelli se ne infischiarono. E presentarono la filastrocca arrivata seconda: «Ciccio bomba cannoniere con tre pulci nel sedere. Con tre pulci nella pancia, Cicciobomba corre in Francia. Ma in Francia c’è la guerra e Cicciobomba cade a terra».

Arrivati a quel punto, il Rottamatore comprese che era inutile fare il braccio di ferro con i televisionisti. E si limitò a distruggere tutti gli apparecchi tivù di Palazzo Chigi. Giurando a se stesso: «Soltanto io posso vincere davanti a una telecamera. Devo soltanto perdere i dieci chili di ciccia che ho accumulato mangiando troppi spaghetti a Palazzo Chigi».

Fisco, ecco cosa controllano gli 007 Terme, estetista, automobili e pay tv

Fisco, come cambia il redditometro




Terme, centri benessere e centri bellezza, abbonamenti alla televisione a pagamento. Ma anche assegni periodici al coniuge, rette per gli asili nido e investimenti in fondi di investimento. Sono le voci contenute nella nuova versione del redditometro, il cui decreto è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale. L'obiettivo è quello di combattere l'evasione fiscale tramite controlli incrociati tra il reddito e le spese effettuate, al fine di scoprire eventuali discrepanze tra l'effettivo tenore di vita ed il reddito dichiarato. L'accertamento si verifica solo nel caso in cui lo scostamento superi il venti per cento tra reddito dichiarato e le spese sostenute ma al contribuente è data la possibilità di difendersi. I nuovi criteri si applicano per gli accertamenti validi sui redditi a partire dal 2011 (in precedenza riguardava i redditi dal 2009) e riguardano oltre 100 voci di spesa che ricalcano quelle della precedente versione, divise in due grandi macro-aree: consumi e investimenti. La prima comprende gli alimentari, l'abitazione (mutuo, affitto, condominio e anche i compensi all'agente immobiliare), i combustibili, i mobili, la sanità e i trasporti, con un dettaglio che scende fino al costo al metro per le riparazioni dei natanti a motore o a vela.

Roberto Saviano, disfatta del copione Scaricato anche dai suoi: tutti i nomi

Roberto Saviano copione scaricato anche dai suoi: i vip e i fan che gli voltano le spalle


di Giuseppe Pollicelli 



Per un Gad Lerner che ne ha preso calorosamente le parti, arrivando a definire provinciali, mediocri, pecoroni e - con un ardito capovolgimento dei termini della questione - perfino scopiazzatori coloro che su siti e giornali hanno commentato le accuse di plagio giunte dagli Stati Uniti, Roberto Saviano sta assistendo stavolta al progressivo infoltirsi del novero di coloro che non sembrano più disposti a perdonargli l’appropriazione di articoli altrui senza menzionare la fonte. E al gruppo, questa è la novità più rilevante, si sono iscritte anche persone che fino a ieri avevano dimostrato stima e apprezzamento nei confronti dell’autore di Gomorra.

A dire il vero, già nel 2013, subito dopo l’uscita di ZeroZeroZero, il libro di Saviano a cui ha fatto le pulci il giornalista Michael Moynihan della testata americana Daily Beast, un intellettuale di sinistra come Christian Raimo notava con disappunto, sul sito Linkiesta, come Saviano avesse scelto di «eliminare qualunque riferimento bibliografico: né in una citazione del testo, né in nota, né alla fine nei ringraziamenti. Nemmeno in modo simulato viene citato un libro, una fonte giudiziaria, una statistica, un’ispirazione, un saggio dove approfondire o trovare conferma. (...). Questa mancanza di bibliografia per chi legge è spiazzante man mano che si va avanti nel libro proprio perché la ricostruzione della storia della criminalità internazionale è estremamente articolata. (...). Perché questi riferimenti mancano?».

La risposta è arrivata in questi giorni, a due anni di distanza da quando Raimo ha formulato il quesito: essenzialmente i riferimenti mancano perché Saviano ama presentare come originali contenuti che invece sono stati ripresi, talvolta in modo pressoché letterale, da lavori altrui.

Venendo all’oggi, è da notare che anche un sito di orientamento progressista come Il Post, giovedì scorso, ha scelto di non usare particolari cautele per informare i propri lettori del documentato attacco del Daily Beast: «L’articolo di Moynihan spiega che nel libro ci sono “diversi casi di apparente plagio”, oltre che alcune interviste con persone “che potrebbero non essere vere”. Dubbi simili erano già stati avanzati dal New York Times, ma l’articolo di Moynihan li circostanzia con esempi concreti».

Spostandosi sui social network, appare ancora più chiaro come lo sconcerto abbia colto anche chi di Saviano è (o era) un ammiratore. La giornalista Simona Zecchi, collaboratrice del Fatto Quotidiano, ha per esempio affermato su Facebook che «Saviano ha plagiato e si è spacciato per giornalista d’inchiesta. Si può essere scrittori e rendere meglio dei giornalisti la realtà, ma ci vuole metodo». Le ha fatto eco Angela Azzaro, vicedirettrice del Garantista: «Saviano non fa niente per rendersi simpatico: scrive cose di un narcisismo mostruoso, pontifica su tutto. (...). Sta a lui smettere di giocare a fare l’autore onnisciente e onnipotente».

E ancora, sempre su Facebook, Paola Tavella, ex redattrice del manifesto ed ex firma di Noi donne, storica rivista femminista: «Però Saviano ha copiato contenuto e forma. E pure da giornalisti di inchiesta messicani e russi che per trovare quelle fonti e citarle hanno rischiato l’osso del collo, senza scorta al seguito. Non si fa. Non ci piove che non si fa. Puoi mettere in discussione la separazione fra giornalismo e letteratura, ma se del giornalismo butti via solo la deontologia, beh, non ti stimo mica tanto».

Anche sulla pagina ufficiale di Saviano, in mezzo a tanti che lo difendono, non sono pochi, fra le persone comuni, quelli che esprimono la propria delusione. Da Raffaele Pellegrino, che scrive «Invece di contestare le accuse nel merito, alzi una cortina fumogena fatta di autocelebrazione, vittimismo e accuse di persecuzione», a Duccio Mondanelli («Il problema, Saviano, è che non hai citato manco una volta le tue fonti. Va bene usarle, l’abbiamo fatto tutti nella tesi di laurea, però vanno citate. Non spacciare come tue interviste o fonti i lavori di altri, dai!»).

A Saviano non resta che sperare nel soccorso di qualche big, magari il suo omonimo Benigni, che già anni fa si spese a favore di Daniele Luttazzi (rivelatosi gran plagiatore di battute) ricordando come anche i grandi della poesia e del teatro, a cominciare da Dante, abbiano copiato. Ma pure in questo caso, a pensarci bene, saremmo di fronte a qualcosa di già visto, cioè a una copia. Per cui, forse, è meglio soprassedere.

Nuova tassa: i tuoi soldi per i profughi Il calcolo: ecco quanto dovrai pagare

Onu, eurobalzello su transazioni bancarie per aiutare i profughi



di Andrea Morigi 


Arriva la tassa sugli immigrati. Parte da lontano, dal Palazzo di Vetro di New York, ma promette di colpire i pochi cittadini europei che hanno ancora qualche soldo residuo da investire.

A partorire l’idea, neppure tanto originale e innovativa, è il vice-segretario generale delle Nazioni Unite, il francese Philippe Douste-Blazy, insieme a Giusi Nicolini, il sindaco di Lampedusa.

La affidano a The World Post, intervenendo a gamba tesa nel dibattito sulle politiche comunitarie di accoglienza, nel bel mezzo dell’emergenza rifugiati. Il progetto, spiegano, è reperire fondi da destinare a un “piano Marshall” per risolvere la crisi dovuta ai flussi migratori, attraverso l’imposizione fiscale su transazioni e strumenti finanziari.

Comunemente, quello strumento va sotto il nome di Tobin Tax, perché nel 1972 fu l’economista keynesiano James Tobin a proporlo per primo. Grande trovata, che valse allo studioso anche un premio Nobel. Peccato che quasi nessuno abbia poi voluto metterla in pratica. Da allora è oggetto di acceso dibattito fra i suoi fautori e i suoi critici. Di fatto non si è mai raggiunto il consenso generale, necessario a rendere la misura efficace in tutto il mondo. Non avevano considerato, i geni del prelievo forzoso, che alla notizia di una tassazione aggiuntiva in una piazza finanziaria gli investitori sarebbero prontamente fuggiti verso mercati meno esosi oltre che più redditizi.

Se non che, in questo controverso campo, l’Italia si pone all’avanguardia, con la legge 228 del 2012, entrata in vigore il primo marzo 2013, al crepuscolo del governo presieduto da Mario Monti. Quanto alla sua efficacia, è già abbastanza eloquente il gettito: circa 300 milioni di euro l’anno, ben al di sotto delle aspettative del Tesoro, che inizialmente stimava almeno un miliardo e 200 milioni di introiti per l’Erario e poi ha sistematicamente ridotto le pretese. Se le allineassero alla popolarità della tassa, arriverebbero a zero. Anzi, sotto zero, perché la sua applicazione ha coinciso con un crollo del volume d’affari da 184 miliardi, per limitarsi alla Borsa italiana.

In Francia, il secondo partner europeo ad avere introdotto la Tobin Tax, le cose non sono andate meglio. Tanto che nei palazzi di Bruxelles si è ormai smesso di parlarne.

Eppure sono proprio un’italiana, la Nicolini, e un francese, anzi l’ex sindaco cattolico di Lourdes ed ex ministro degli Esteri nel governo de Villepin fra il 2005 e il 2007, Douste-Blazy, a tornare alla carica. La loro intenzione è di colpire tutti i 28 Paesi comunitari, con una percentuale dello 0,1% sulle compravendite di titoli azionari e obbligazionari, riservando invece un più modesto 0,01% ai prodotti derivati. Equivale a dire che si privilegiano i grandi capitali alla George Soros con una tassazione più leggere, accanendosi invece con un carico dieci volte superiore contro privati e famiglie che affidano i loro risparmi ai gestori e alle banche.

Sarebbe perfettamente inutile rispolverare una proposta del genere, se non si trattasse di «prevenire un pericoloso aumento di razzismo e xenofobia». Con quel pretesto, potrebbe passare qualsiasi patrimoniale. Per sbaragliare ogni resistenza è sufficiente accusare chi vi si oppone di volere lo scontro di civiltà.

L’attuale tentativo di mettere le mani nelle tasche dei contribuenti europei si nasconde dietro una facciata umanitaria: il 25% degli incassi dovrebbero tornare ai Paesi d’ingresso dei migranti, sotto forma di assistenza finanziaria e tecnica, come proposto dall’Ocse, mentre una metà andrebbe nel Terzo Mondo, come aiuti alimentari, assistenza sanitaria, igienica ed educativa. Al rimanente 25%, i proponenti non fanno nemmeno cenno. Ma Douste-Blazy, che ricopre la carica di consigliere speciale dell’Onu per le fonti innovative dei finanziamenti allo sviluppo, certamente potrà dispensare qualche suggerimento su come spenderli.

In ogni caso, sostengono i due firmatari, è «l’unica soluzione che renderà possibile accogliere rifugiati politici con dignità e integrarli nelle nostre società» e allo stesso tempo consentirà di «evitare l’enorme ondata migratoria che incombe per la distanza sempre più larga fra i ricchi e i poveri, in un’epoca in cui la comunicazione è sempre più globalizzata».

È un’utopia che, per una strana concezione della funzione sociale della proprietà, confusa con la politica della sostituzione etnica, farà trasferire agli stranieri i guadagni dei cittadini europei.

Caos Vaticano, 11 cardinali contro il Papa Il documento e le (durissime) accuse

Vaticano, undici cardinali contro Papa Francesco: il (duro) documento in vista del Sinodo




Undici prelati di peso contro Papa Francesco, un Pontefice che - e non è certo una novità - non è gradito a tutti tra le alte gerarchie vaticane. Un documento, con cui gli oppositori rispondono alle aperture di Bergoglio. Una pubblicazione che viene anticipata da Repubblica, e in cui si parla della "fase di disfacimento che non ha eguali nella storia" nella quale, nel mondo occidentale, sono entrati "il concetto di matrimonio come anche l'istituzione della famiglia". Una dura accusa, in vista del Sinodo, dal titolo: Matrimonio e famiglia. Prospettive pastorali di undici cardinali. Tra i firmatari anche Camillo Ruini e Carlo Caffara, oltre a Cleemis, Cordes, Duka, Eijk, Meisner, Onaiyekan, Rouco Varela, Sarah e Urosa Savino.

I passaggi - Gli undici, insomma, non lasciano spazio alle aperture di Francesco. Secondo Cordes, per esempio, "l'ordinamento della Chiesa deve restare fedele al Vangelo e non ha il diritto di deformarlo". E ancora: "I divorziati risposati - attacca - hanno infranto un inequivocabile comandamento di Gesù e vivono una situazione che contraddice in maniera oggettiva il volere di Dio. Ecco perché non possono ricevere l'eucarestia". E sempre sul tema della divorzione ai divorziati, il "no" più netto arriva dal cardinale Eijk, arcivescovo di Utrecht: "Una volta accettata - spiega -, accetteremo pure che il mutuo dono degli sposi non debba essere totale, né a livello spirituale né a livello fisico. Conseguentemente - prosegue - saremmo costretti a cambiare la dottrina della Chiesa riguardante il matrimonio e la sessualità".

Il sogno proibito della Boccassini La "poltronissima" che vuole Ilda

Milano, tre in lizza per il posto di procuratore generale: c'è anche Ilda Boccassini




Una lotta a tre a palazzo di giustizia, a Milano. Una lotta tra i protagonisti degli ultimi vent'anni di inchieste. I nomi: l'arcinemica del Cav, Ilda Boccassini, napoletana di 65 anni; Francesco Greco, altrettanto napoletano, 64 anni; Alberto Nobili, romano, 63 anni. Il trio è in lizza per il posto di procuratore capo a Milano, la poltrona che il prossimo 16 novembre Edmondo Bruti Liberati, grande protagonista - al pari di Ilda - dell'inchiesta Ruby dovrà lasciare. Una poltrona che come ricorda Il Giorno fu di Saverio Borrelli, Gerardo D'Ambrosio e Manlio Minale. Bruti, da par suo, ha appena confermato: il 16 se ne andrà, una decisione anticipata in una lettera ai colleghi spedita quest'estate. Un tempismo perfetto, quello scelto da Bruti per lasciare la poltrona: il 7 dicembre, infatti, la Boccassini compirà 66 anni, superando il limite anagrafico imposto per accedere a nuove cariche direttive. Il bando per diventare procuratore capo sarà aperto a breve, e i candidati avranno tempo fino al 15 ottobre per proporsi. Secondo Il Giorno, infine, oltre ai tre nomi resterebbe una quarta possibilità: un "Papa straniero", un procuratore capo che arrivi da fuori, una possibilità resa un poco più concreta dai dissidi degli ultimi anni tra Bruti ed Alfredo Robledo. Un "Papa straniero", dunque, per domare le correnti del pool di Milano. Tra poche settimane, il v
erdetto. Ilda, intanto, spera.

domenica 27 settembre 2015

La Rai in ginocchio da Matteo Renzi Dagli Usa, i numeri della vergogna

Matteo Renzi alle Nazioni Unite: la Rai gli manda cinque giornalisti al seguito




Non c'è due senza tre, si dice. E così, dopo i precedenti di Israele e Australia (dove la delegazione di inviati Rai costò alle casse pubbliche circa 60mila euro), ecco arrivare gli Stati Uniti. Per la missione all'Onu del premier Matteo Renzi, infatti, la televisione di Stato ha mandato a New York la bellezza di cinque giornalisti, con tanto di operatori al seguito. Come scrive "Il Fatto Quotidiano", ci saranno inviati del Tg1, Tg2, Tg3, RaiNews24 e Radiogiornale Rai.

Senza considerare che nella Grande Mela, viale Mazzini ha già due corrispondenti fisse: Tiziana Ferrario e Giovanna Botteri. "Ma le due corrispondenti, in questi giorni, stanno seguendo il viaggio di Papa Francesco. E poi nessuno vuole rinunciare a una immagine del premier" è la giustificazione della Rai riportata dal quotidiano di Marco Travaglio. Ironico, con uno dei suoi tweet, Maurizio Gasparri di Forza Italia: "Rottamazione, cambiamento, tagli di spesa, giù le mani della politica dalla Rai... le chiacchiere. Questa è la realtà". La 'triste' realtà, viene da dire.

Paura all'inter, grave incidente d'auto per un giocatore: ecco come sta

Inter, incidente d'auto per Danilo D'Ambrosio: è sotto osservazione




Grande paura per Danilo D'Ambrosio, terzino dell'Inter che ieri, dopo l'allenamento con la sua squadra, si è trovato coinvolto in un incidente automobilistico di ritorno dagli allenamenti di  Appiano Gentile all'altezza di Turate sulla strada Milano-Como. E' stato un grande spavento, ma le conseguenze sono state minime. Il giocatore verrà comunque tenuto sotto osservazione per fare tutti i controlli necessari. D'Ambrosio salterà la partita contro la Fiorentina. 

LA LIBIA CI FA LA GUERRA La pesante accusa di Tripoli La Farnesina: "Tutto falso"

Libia, capo del Parlamento: il boss dei migranti ucciso dagli italiani, la Farnesina smentisce




Il presidente del Parlamento parallelo di Tripoli, Nouri Abu Sahmain, ha accusato le forze speciali italiane di essere dietro all’uccisione di Salah al-Mashkout, considerato uno tra i più importanti boss del traffico di migranti in Libia. La notizia è resa nota dal quotidiano britannico The Guardian. Nel dare la notizia il quotidiano Libya Herald aveva precisato che non sarebbero stati identificati i componenti del commando autore dell’attacco letale, nel quale hanno perso la vita anche gli otto uomini della scorta di Mashkout, un ex ufficiale dell’Esercito sotto il regime di Muammar Gheddafi. Stando al The Guardian, gli assalitori erano armati di pistole e sarebbero stati perfettamente addestrati. Sahmain è legato al governo rivale rispetto a quello internazionalmente riconosciuto, che ha sede a Tobruk.

La replica - "È tutto falso". Lo sottolineano all’Adnkronos fonti militari italiane replicando alla notizia, rilanciata da alcuni media, secondo cui forze speciali italiane sarebbero coinvolte nell’uccisione a Tripoli di Salah al-Mashkout, considerato uno dei boss del traffico di esseri umani a Zuwara, da dove partono i barconi che attraversano il Mediterraneo diretti in Europa. A puntare il dito contro gli italiani anche il presidente del Congresso libico, Nuri Abu Sahmain, che, in una nota citata dal britannico "Guardian", ha sostenuto che al-Mashkout è stato ucciso da uomini delle forze speciali del nostro Paese. Abu Sahmain, originario anche lui di Zuwara, ha detto che conosceva personalmente al-Mashkout e che era a capo di un’amministrazione rivale al governo di Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazionale. Una fonte della Nato ha detto allo stesso quotidiano che nessuno dei militari dell’Alleanza è coinvolto nell’attacco che haportato alla morte di quello che era considerato un boss dei trafficanti.

sabato 26 settembre 2015

"Quel dossier sexy di Verdini..." Porno complotto, l'ultima soffiata

Stefano Caldoro: "Denis Verdini mi avvertì del sexy-dossier che mi riguardava"




Riavvolgiamo il nastro fino al 2010, quando Stefano Caldoro si candidava alle regionali in Campania. Vinse, Caldoro, nonostante una falsa notizia su uno scandalo sessuale che lo riguardava. Una balla spaziale. Una notizia che finì su un blog, per poi fare il giro d'Italia. Ora, dallo stesso Caldoro, arrivano importanti dichiarazioni: un mese prima della pubblicazione del falso dossier, spiega, "incontrai in Parlamento Verdini, che aveva con sé dei fogli, mi parlò di uno scandalo di carattere sessuale simile a quello che aveva coinvolto Marrazzo". Così a Roma, nel corso del processo per la P3: la deposizione di Caldoro, parte offesa in un filone del processo, rende così attuale un caso di cinque anni fa. Secondo lui, Verdini, sapeva di quel dossier e cercò in qualche modo di aiutare e difendere l'allora candidato governatore. Sul caso, Caldoro afferma che secondo lui ancora non è possibile individuare "il mandate di quel dossier che avrebbe potuto costarmi la candidatura". E ancora, su Verdini, spiega: "Gli dissi di stare tranquillo, che erano fesserie. Verdini mi rispose che mi credeva ma che doveva comunque informare Berlusconi. Non so come Verdini ebbe quelle carte ma io non persi la calma. Quando circa un mese dopo quell'incontro un blog pubblicò le notizie, presentai la denuncia".

ESAMI MEDICI 7 VOLTE PIÙ CARI Vai dal dentista? Ti costa 1.200 euro

Sanità, medici in rivolta contro il decreto di Beatrice Lorenzin: "A rischio il diritto alla salute"




Il decreto sanità, tra limitazione degli esami inutili e tutela dei pazienti. Continua a far discutere il provvedimento firmato dal ministro Beatrice Lorenzin, che per 208 esami stabilisce delle regole di erogabilità molto più stringenti rispetto a quelle attuali, con sanzioni previste per i medici che li prescrivono inutilmente. Il risultato è che per sottoporsi a questa serie di esami, al di fuori dei nuovi parametri fissati per decreto, si dovrà pagare per intero la prestazione o rivolgersi al privato, così che molte persone potrebbero trovarsi nella condizione di dover rinunciare a curarsi.

Gli esami - Tra le prestazioni colpite dalla scure dei tagli, ci sono esami radiologici e medicina nucleari, fondamentali nella diagnostica e le cure dentistiche. Ma anche esami di controllo abbastanza comuni, come le prove allergiche e i livelli di colesterolo.

I medici - I medici di famiglia sono in rivolta e minacciano lo sciopero se il decreto non verrà rivisto. Gli oppositori sostengono che il provvedimento leghi loro le mani, esponendoli a sanzioni e mettendo così a rischio il diritto alla salute. I dottori fanno riferimento alla necessità, in determinate circostanze, di ricorrere a esami per escludere patologie e per ottenere la corretta diagnosi. Inoltre, secondo i medici, questa politica distrugge la cultura della prevenzione e a lungo andare questo porterà un aumento dei malati e un conseguente aggravio per la spesa sanitaria.

La replica - Il ministero si difende parlando di un ricorso eccessivo agli esami indicati; il provvedimento va nella direzione dell'efficienza, senza penalizzare i pazienti, perché le regole fissate per erogare gli esami sono, secondo il ministero, adeguate alle necessità.

Gossip di Dagospia: sapete con chi va a letto il principe Emanuele Filiberto?

La soffiata di Dagospia: Emanuele Filiberto flirta con Fiammetta Cicogna




Pare, scrive Dagospia, che la bella attrice francese Clotilde Courau sia molto triste e si scoli fiumi di champagne per le continue scappatelle del marito Emanuele Filiberto. L'ultima conquista del principe, così si vocifera, sarebbe l'incantevole Fiammetta Cicogna. Sembra che i due - che si sono incontrati alle sfilate della moda milanese - si siano già dati un appuntamento in Svizzera dove vive lui e dove vive anche il fidanzato milionario di lei Carl Hirschmann che, al momento, ha un problemino con la giustizia elvetica

Clamoroso alla sfilata: c'è Miriam Leone, poi arriva Charlotte Casiraghi. Le due si incrociano (e finisce male)

Charlotte Casiraghi alla sfilata di Gucci, scappa indignata dal vestito e da Miriam Leone





Charlotte Casiraghi è arrabbiatissima. Il soggiorno a Milano è stato terribile, e una "misteriosa ragazza" le ha rubato la scena durante le sfilate. È andata così, almeno stando al racconto di Dagospia. Prima Charlotte è stata parcheggiata all'hotel Four Seasons. Poi, ecco che Charlotte è stata costretta - povera lei! - a indossare un abito di Gucci che proprio non le piaceva. A strisce rosa, rosse e nere con cintura rossa e scarpe abbinate. Un abito particolare (nella foto), che alla principessina non piaceva, affatto. Ma se non lo avesse indossato, Gucci la avrebbe tenuta fuori dalla sfilata. Così Charlotte si è rassegnata, e via con l'abito. Ma solo dopo sarebbe arrivato il "colpo di grazia". Non solo nessuno l'ha elogiata per il look, ma tutti sono stati sedotti da un'altra, la "ragazza misteriosa" una ragazza bella e provocante. Come riporta Dagospia, pare che Charlotte abbia chiesto chi fosse "quella ragazza seducente" che attirava tutti gli sguardi. "Si chiama Miriam Leone - le ha detto un'amica -. Si dà da fare in tv. La conoscono tutti per le scene erotiche che ha girato (nella fiction 1992)". Alla Casiraghi è bastato questo e, senza farselo ripetere due volte, ha girato i tacchi e se n'è andata.

Arriva lo studio scientifico sull'Ikea: l'effetto che fa sulle coppie (e perché)

Ikea e l'analisi degli psicologi: perché è il cimitero delle coppie felici


di Giordano Tedoldi 



Una giornalista della rivista americana Atlantic, Corinne Purtill, ha svelato il mistero del perché una visita all’Ikea, per una coppia, può essere l’inferno. Ha sentito una mezza dozzina di psicologi che le hanno spiegato che, non appena si varcano le porte di un qualunque negozio del colosso svedese, le funzioni superiori cerebrali si disattivano e regrediamo a comportamenti primitivi del genere «combatti o fuggi». Colpa di un ambiente da sogno, immacolato, un Eden arredato in mobili di legno chiaro che riproduce rivalità non inferiori a quelle tra Adamo e Eva tentati dal serpente: «la casa idealizzata, linda, elegante e spaziosa che vi accoglie nello showroom diventa la mappa di un incubo relazionale». La zona cucina porta alla mente la volta che lei (o lui) ha cucinato un piatto immangiabile, la camera da letto risuscita il tedio sessuale, quella dei bambini discussioni educative e competizioni del tipo «so io che cosa gli piace». Scegliendo poi gli articoli dalla apparentemente infinita offerta, è facile notare il cattivo gusto dell’altro (ovviamente rapportato al buon gusto proprio) e ci si finisce per domandare: come ho potuto pensare di vivere con una persona che preferisce il tavolino da caffè Lack al Klingsbo? Ma l’analisi degli psicologi si concentra in particolare sul cruciale momento del montaggio. È lì che il preteso egualitarismo della coppia moderna entra in crisi. Difatti per montare un cassettone Hemnes, nonostante le istruzioni mostrino un pupazzetto asessuato e senza dubbio decerebrato che riesce in pochi istanti nell'impresa, ci vuole un certo impegno e lavoro di squadra. Come in ogni équipe che funzioni, ci vuole un capo e un assistente. Ma ecco che il capo spana la vite, oppure non trova la rondella, oppure non capisce le istruzioni, e allora ecco l’assistente che, percependo una certa insicurezza da parte del leader e scorgendo un varco per rovesciarne il potere, gli fa notare che la rondella ce l’ha nel cavo della mano, e quello assentendo pieno di vergogna si rimette all’opera, innervosito, commettendo il fatale errore che porterà la coppia a discutere dei suoceri, delle spese, infine dell’irredimibile destino di sofferenza su questo opaco atomo di male che è il pianeta terra. «Ikea - ha detto la comica americana Amy Poehler - è la parola svedese per litigio». Il consiglio degli psicologi è, quando si fa l'esperienza Ikea, dagli acquisti al montaggio all'uso, di non cadere nella trappola di dare la colpa di tutto ciò che non va all'altro. Prendersi la propria quota di responsabilità: se lui o lei ha scelto di mettersi in casa un mobile da caffè orrendo, in qualche modo un po’ è anche colpa propria. Lo studio però ha un limite tipicamente americano: attribuisce la causa delle tensioni al mancato lavoro di squadra, o a un ego troppo preponderante e perciò facilmente frustrato dall’incapacità a connettere due giunti. Sottovaluta il fattore ansiogeno tipico di questo mondo di mobili e arredi e tovagliette e candele profumate e polpettine e pentole e così via all'infinito, che, ambiguamente, sembrano tutti un identico oggetto. L’idea dell’uomo massa che va a fare la spesa nel negozio massa. La finta libertà di scegliere i prodotti, quando in realtà si è sotto la più rigida schiavitù di precisi budget di spesa. L’idea che la famiglia fosse la realizzazione di un sogno, si infrange contro quei nomi svedesi che suonano come il gergo di un pensiero unico.

"Boccassini spiava Silvio per fregarlo" Lo scandalo travolge i pm: cosa facevano

Ruby ter, Silvio Berlusconi spiato in modo illegale: il trucco dei pm per incastrarlo




Un trucchetto. Un raggiro della legge e delle garanzie costituzionali che tutelano i parlamentari. Così l'avvocato Federico Cecconi, legale di fiducia di Silvio Berlusconi nel processo Ruby ter che vede il Cavaliere indagato per corruzione in atti giudiziari, definisce l'attività di intercettazione attuata dalla procura di Milano nei confronti del leader di Forza Italia.

I fatti, riportati dal quotidiano "Il Giornale", dicono che la procura ha chiesto al gip di approvare la richiesta di utilizzare undici telefonate in cui si ascolta Berlusconi parlare con due delle Olgettine, Barbara Guerra e Iris Berardi. Sostiene, l'accusa, il carattere occasionale/casuale di quelle intercettazioni. E dunque la loro acquisibilità ai fini del processo. Di parere opposto la difesa di Berlusconi che sottolinea due aspetti di quella attività di indagine. Per prima cosa che i contatti tra le due ragazze e Berlusconi erano tutt'altro che occasionali e che dunque mettere sotto controllo i loro telefoni era un evidente stratagemma per ascoltare Silvio Berlusconi, all'epoca dei fatti ancora senatore e dunque tutelato dall'immunità. I tentativi accertati delle due Olgettine di parlare con il Cav sono infatti ben 400, di cui 361 riferibili a Barbara Guerra e 39 all'utenza in uso alla Berardi. In più, secondo la difesa, la procura di Milano avrebbe indagato di fatto su Berlusconi nascondendolo, nelle registrazioni delle intercettazioni, sotto lo pseudonimo di "Andrea Nascente", con le due Olgettine celate a loro volta sotto gli alias di "Battaglia" e "La Presti". Entro dieci giorni è attesa la decisione del giudice Stefania Donadeo.

Arrivano nuove minacce sulle pensioni Iconsigli per difendersi dalla Fornero

Pensioni, ecco tutte le novità previste per il 2016


di Antonio Castro


La Fornero in lacrime vista da Benny

Senza neppure considerare le varie ipotesi di "riforma della riforma" (Fornero) che il governo sta covando, il 2016 si annuncia già così denso di novità per gli aspiranti pensionati e anche per chi l' agognata pensione se la è già aggiudicata. Tra indicizzazioni, aumento dell' età pensionabile e adeguamento dei trattamenti al costo della vita c' è da farsi venire il mal di testa. E mentre il governo si lambicca per ideare una soluzione che tenga insieme l' integrità dei conti pubblici e le legittime aspirazioni di chi ha lavorato 35, anche 40 anni, ma non ha l' età anagrafica per andare a riposo, abbiamo chiesto a al Centro Studi Itinerari Previdenziali (fondato da Alberto Brambilla), una sintesi ragionata di tutte le novità che rimescoleranno le regole del pianeta previdenza.

Indicizzazione - L' indicizzazione della anzianità contributiva, introdotta e acuita proprio dalla riforma Fornero (che in pochi giorni ha aumentato di 6 anni e mezzo il requisito), è il vero muro per sbloccare il mondo del lavoro. Anche perché già oggi per andare in pensione bisogna avere 42 anni e 6 mesi di contributi e un minimo di 63 anni e 3 mesi di età anagrafica. Dal 1 gennaio prossimo, però il requisito per accedere al pensionamento aumenta ancora di 4 mesi. Per poi arrivare nel 2018 a oltre 44 anni. Tralasciando il dettaglio che in nessun altro Paese è previsto un meccanismo tanto perverso, ci sarebbe anche da considerare che la Riforma Fornero non ha tenuto minimamente conto dei cosiddetti "lavoratori precoci". Donne e uomini che hanno cominciato a lavorare a 15, 16, 17 anni e che hanno già accumulato oltre 40 anni di versamenti. È il caso dei nati a cavallo degli anni Cinquanta: la generazione rimasta imbrigliata dalla riforma solo perché anagraficamente non avevano i requisiti. Da tempo si sta ragionando sull' ipotesi di eliminare questa continua rincorsa dell' età pensionabile. Si potrebbe - ad esempio - portarla per tutti per tutti a 41,5 anni indipendentemente dalla età di pensionamento. Per il 2016 le pensioni saranno rivalutate solo parzialmente (vedi tabella in pagina). In sostanza più è bassa la pensione e maggiore sarà l' adeguamento riconosciuto. Un rispetto molto parziale della sentenza dell' estate scorsa, che potrebbe ovviamente comportare nuovi ricorsi alla Corte Costituzionale. E proprio la Consulta, così come la Cassazione, ha già affermato che misure di questo tipo «non possono essere che straordinarie».

Ricalcolo - Ma i governi non sembrano preoccuparsi mai degli eventuali rischi e ricorsi. Dal 2017 dovrebbe essere ripristinata l' indicizzazione al 100% del costo vita (3 volte il minimo); 90% per quelle tra 3 e 5 volte e 75% per quelle 5 volte il trattamento minimo. Ultimo aggiornamento anche per i coefficienti per il calcolo della pensione - agganciati alle aspettative di vita aumentata di 4 tra il 2014 e il 2015 - che ridurranno l' importo della pensione di circa il 2%. Ma almeno in questo caso il pensionato non ci perde, spiegano gli esperti di Brambilla, «perché se si doveva prendere 100 di pensione per l' intera vita residua, sempre si 100 prenderà».

Volkswagen, ecco l'elenco completo dei modelli di auto con il "trucco"

Volkswagen diffonde l'elenco dei modelli truccati




Volkswagen ha diffuso l'elenco dei modelli su cui ha montato il software per ingannare i test sulle emissioni. Ecco i modelli incriminati per ogni marchio del gruppo. Lo scandalo riguarda i motori diesel. Volkswagen: Golf, Beetle, Tiguan, Passat e Jetta. Audi: A1, A3, A4 e A6. Skoda: Fabia, Roomster, Octavia e Superb. Veicoli commerciali: Caravelle e Multivan, Caddy, Kombi, il pick up Amarok e il van Crafter. Anche Seat ha confermato che i propri modelli con tecnologia diesel sono coinvolti. Nel mirino ci sarebbe anche la Leon.

Caivano (Na): Morte di Giuseppe Peluso, si indaga per sapere la verità

Caivano (Na): Morte di Giuseppe Peluso, si indaga per sapere la verità



(ilgiornaledicaivano)




CAIVANO (Francesco Celiento) – Sono trascorsi diversi giorni dalla morte del giovane caivanese Giuseppe Peluso, ingegnere e persona molto attiva per la comunità a nord di Napoli, ma tanti ancora sono gli interrogativi sull’incidente, avvenuto lunedì 7 settembre 2015 intorno alle ore 17,30. Lunedì scorso 21 settembre, c’è stata una fiaccolata per ricordare Peppe, a una settimana esatta dalla sua morte, e per tenere ancora accese le luci su una vicenda che non ha ancora una dinamica ben definita.

La famiglia, affranta dal dolore, vuole vederci chiaro e cerca attraverso le nostre pagine e quelle di tutti i media dei testimoni che abbiano potuto vedere l’attimo dell’incidente o che sono arrivati poco dopo: avranno magari sicuramente notato dei particolari che sono sfuggiti alle forze di polizia.

Giuseppe Peluso mentre percorreva la “Perimetrale di Scampia”, la bretella che collega Capodichino con l’Asse Mediano, nel tratto tra Scampia e Mugnano di Napoli, a bordo di una Ducati 600 grigia, stretto forse da una Ford Focus, condotta da un 48enne moldavo, residente ad Afragola, perdeva l’equilibrio sbattendo contro il guardrail e morendo praticamente all’istante.

Uno schianto forse troppo forte da poter consentire al giovane ingegnere di poter riequilibrare il mezzo.

Ci sono però tanti quesiti: non si sa ancora con precisione dove sia stata tamponata la moto, gli inquirenti studiano la probabile dinamica, dopo aver fatto tutte le misurazioni del caso nell’area dell’incidente; sul posto intervennero tempestivamente gli agenti della Polizia Municipale dell’unità infortunistica stradale di Napoli, diretti dal capitano Ciro Colimoro, e un’ambulanza del 118. Tante le domande che i familiari si pongono e chiedono aiuto a chi può aver visto qualcosa negli ultimi attimi di vita del giovane Peppe.

Sotto pesante accusa anche la scarsa visibilità, dovuta soprattutto alla carenza di adeguata illuminazione e l’intensa vegetazione (piante e alberi) che rende poco visibili le uscite.

Chi ha testimonianze può inviarle all’email ilgiornaledicaivano@gmail.com oppure a ilnotiziario2011@libero.it

venerdì 25 settembre 2015

Arriva il primo negozio "stupefacente": pasta, olio e caffè a base di cannabis

Il primo negozio che vende pasta, olio e caffè alla cannabis


di Claudia Osmetti 



Tagliatelle, cioccolato, olio. Tutto preparato con un ingrediente particolare: la canapa. Già, perché in viale Umbria a Milano ha aperto i battenti il primo «hemp shop», ossia il primo negozio specializzato in prodotti derivati dalla canapa. Lo gestisce Marco, un ragazzo giovanissimo che ne è anche il titolare, e si chiama «Sir Canapa». Qui, pochi metri quadri a ridosso del centro storico, potete trovare di tutto: dai vestiti alla cosmesi. E attenzione: non serve avere 18 anni. «I nostri prodotti sono privi del principio attivo», spiega Marco, «la carta d’identità la chiediamo solo a chi vuole comprare semi da collezione». Questa sera ci sarà l’inaugurazione ufficiale, con tanto di dibattito sugli aspetti terapeutici della cannabis promosso dai Radicali. «L’idea che avevo era di offrire qualcosa di più rispetto ai tradizionali “grow shop” che esistono già anche a Milano e che si occupano esclusivamente del settore agricolo: le potenzialità della canapa sono infinite».

Lamberto Sposini di nuovo in tv: ritrova il sorriso in compagnia di un'amica-collega

Mara Venier e Lamberto Sposini: di nuovo insieme in uno studio televisivo




"Alle prove di Striscia ...Lamberto e' venuto a trovare Antonio Ricci e tutti gli amici.....Lamberto era felicissimo !!!!!!", così Mara Venier pubblica la foto su Instagram del sorriso ritrovato di Lamberto Sposini. Ultimamente il giornalista sembra stare molto meglio ed essersi finalmente ripreso dal gravissimo malore che nel maggio 2011, poco prima di andare in onda con La vita in diretta dagli studi di via Teulada, lo aveva colpito.  La Venier che lo affiancava nella conduzione quel maledetto giorno, è sempre rimasta accanto all'amico durante tutti questi anni passati, dimostrandogli affetto e attaccamento, come dimostra lo scatto. I fans hanno commentato la foto entusiasti: "Che bella questa foto. L'amicizia che vi lega e' ancora più bella" e ancora: "Voi a striscia?ma magariiii".

Scacco a Bernie di Marchionne: è caos La Red Bull dice addio alla Formula Uno?

Formula 1, Red Bull pronta a lasciare il mondiale senza i motori Ferrari: lo scacco matto di Sergio Marchionne a Bernie Ecclestone




Il futuro della Red Bull in Formula 1? Potrebbe deciderlo il presidente della Ferrari, Sergio Marchionne, sempre più influente e sempre più a suo agio nel fatato mondo del circus. Mentre la Ferrari crede nell'impresa impossibile, ossia strappare un mondiale che pare già assegnato alla Mercedes di Lewis Hamilton, su altri tavoli si decide quel che sarà della prossima stagione. Qualche giorno fa vi avevamo dato conto della possibilità che Maranello fornisca i motori alla Red Bull, possibilità confermata da Marchionne in persona. La scuderia "con le ali" si attendeva la fornitura dalla Mercedes, che però si è tirata indietro all'ultimo. A quel punto è entrata in gioco la Ferrari, pronta a fornire la sua power unit per due ragioni: la prima, una Red Bull motorizzata Mercedes potrebbe diventare irraggiungibile (meglio non rischiare, dunque); la seconda; difficilmente il motore progettato per un'auto riesce a rendere al meglio su una monoposto, la Red Bull appunto, che al contrario non è stata confezionata su misura.

Bernie all'angolo - Eppure, ora, secondo indiscrezioni di stampa, Marchionne avrebbe (leggermente) frenato sull'ipotesi di fornire la power unit alla scuderia di Milton Keynes. E messa alle strette, la Red Bull, sarebbe pronta al gesto clamoroso: senza motori Ferrari o Mercedes lascerà la Formula 1. Uno scenario che, per inciso, preoccupa il patron del circus, Bernie Ecclestone, che perderebbe una delle scuderie più forti del mondiale. Così Bernie spinge affinché si trovi un'intesa: "Marchionne è favorevole, ma spaventato che il suo team possa innervosirsi e soprattutto possa ritrovarsi indebolito". Ecclestone, insomma, caldeggia l'intesa, al solito "intromettendosi" in affari che tecnicamente dovrebbero riguardarlo ben poco. E, certo, è lo stesso Ecclestone che ha messo in dubbio la sopravvivenza del gp di Monza, e del quale, l'astuto Marchionne, potrebbe vendicarsi "spingendo" la Red Bull fuori dal mondiale. Uno scenario certo contorto, e per ora soltanto ipotetico. Di sicuro, c'è che nella trattativa con la Ferrari, la Red Bull spinge per ottenere tutti gli sviluppi del propulsore in tempo reale. Un rifiuto di Marchionne in tal senso potrebbe avere effetti devastanti: per la Red Bull, certo. Ma anche per Ecclestone.

Juve, corna e amori: bomba su Agnelli quella voce di Dago su John Elkann

Dagospia, l'indiscrezione: John Elkann, la rabbia contro Andrea Agnelli dopo la separazione con Emma Winter




È il gossip del mese, forse dell'anno, quello che riguarda Andrea Agnelli, la sua separazione da Emma Winter e la passione per la moglie turca dell'ormai ex amico, Francesco Calvo, che non a caso ha abbandonato la Juventus. La donna che avrebbe scatenato la passione del presidente bianconero è la turca Deniz Akalin. Un affare intricato, che ora, Andrea, starebbe pagando caro. Per prime le indiscrezioni di Chi, che lo descrive in "solitudine", e alle prese con un trasloco: ha lasciato la casa in cui viveva per trasferirsi in un nuovo appartamento. Ma non è tutto. A voce si aggiunge voce. E l'ultima indiscrezione è quella rilanciata da Dagospia, informatissimo sul caso. Tempo fa, Dago, aveva ipotizzato che lo scandalo avrebbe permesso a John Elkann di togliere Andrea Agnelli dalla Juventus. Una voce che, ad oggi, non ha trovato alcuna conferma. Eppure, ora, sempre su Dagospia, appare un emblematico flash: "John Elkann asfalta il cugino Andrea Agnelli. Lo scippo della moglie di un proprio dipendente, con conseguente rottura matrimoniale (la consorte del presidente dalla Juve gode della comunione dei beni!), non appartiene allo stile della nostra famiglia...". Un messaggio obliquo, trasversale, allusivo. Cosa succede in casa Juve?

Verdini e i suoi denunciati: l'accusa E adesso spunta quel brutto sospetto

M5S contro Denis Verdini: "È compravendita di parlamentari, andiamo in Procura"




"Questa è compravendita". I pentastellati sono pronti ad andare in Procura per denunciare Denis Verdini per la sua "campagna acquisti per Matteo Renzi in Parlamento: "Ho appena parlato col nostro capogruppo al Senato", sbotta Alessandro Di Battista che annuncia all'Huffingtonpost: "Ci sono tutti gli estremi per denunciare la compravendita che si sta verificando. Nelle prossime ore Gianluca Castaldi andrà in Procura". "E' il più ampio processo di trasmigrazione di questa legislatura. Solo oggi alla Camera sono passati altri tre parlamentari dall'opposizione alla maggioranza, insieme a Verdini. In tutto siamo già a sette. E' un fenomeno su cui è lecito avere il sospetto che non si tratti di casi di coscienza".

Di fatto sono nove i transfughi dal centrodestra al gruppo di Verdini: dopo il senatore Francesco Amoruso, che tre giorni fa ha annunciato l'addio a Forza Italia per entrare nella verdiniana Ala, e dopo Domenico Auricchio, ieri mercoledì 23 altri sette deputati di Forza Italia e un senatore hanno deciso di abbandonare Silvio Berlusconi per entrare nella formazione guidata dal toscano. Si tratta dell'ex ministro dell'Agrigoltura, Francesco Saverio Romano, quindi Ignazio Abrignani, Luca D'Alessandro, Monica Faenzi, Giuseppe Galati, Giovanni Mottola e Massimo Parisi.