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lunedì 28 settembre 2015

Roberto Saviano, disfatta del copione Scaricato anche dai suoi: tutti i nomi

Roberto Saviano copione scaricato anche dai suoi: i vip e i fan che gli voltano le spalle


di Giuseppe Pollicelli 



Per un Gad Lerner che ne ha preso calorosamente le parti, arrivando a definire provinciali, mediocri, pecoroni e - con un ardito capovolgimento dei termini della questione - perfino scopiazzatori coloro che su siti e giornali hanno commentato le accuse di plagio giunte dagli Stati Uniti, Roberto Saviano sta assistendo stavolta al progressivo infoltirsi del novero di coloro che non sembrano più disposti a perdonargli l’appropriazione di articoli altrui senza menzionare la fonte. E al gruppo, questa è la novità più rilevante, si sono iscritte anche persone che fino a ieri avevano dimostrato stima e apprezzamento nei confronti dell’autore di Gomorra.

A dire il vero, già nel 2013, subito dopo l’uscita di ZeroZeroZero, il libro di Saviano a cui ha fatto le pulci il giornalista Michael Moynihan della testata americana Daily Beast, un intellettuale di sinistra come Christian Raimo notava con disappunto, sul sito Linkiesta, come Saviano avesse scelto di «eliminare qualunque riferimento bibliografico: né in una citazione del testo, né in nota, né alla fine nei ringraziamenti. Nemmeno in modo simulato viene citato un libro, una fonte giudiziaria, una statistica, un’ispirazione, un saggio dove approfondire o trovare conferma. (...). Questa mancanza di bibliografia per chi legge è spiazzante man mano che si va avanti nel libro proprio perché la ricostruzione della storia della criminalità internazionale è estremamente articolata. (...). Perché questi riferimenti mancano?».

La risposta è arrivata in questi giorni, a due anni di distanza da quando Raimo ha formulato il quesito: essenzialmente i riferimenti mancano perché Saviano ama presentare come originali contenuti che invece sono stati ripresi, talvolta in modo pressoché letterale, da lavori altrui.

Venendo all’oggi, è da notare che anche un sito di orientamento progressista come Il Post, giovedì scorso, ha scelto di non usare particolari cautele per informare i propri lettori del documentato attacco del Daily Beast: «L’articolo di Moynihan spiega che nel libro ci sono “diversi casi di apparente plagio”, oltre che alcune interviste con persone “che potrebbero non essere vere”. Dubbi simili erano già stati avanzati dal New York Times, ma l’articolo di Moynihan li circostanzia con esempi concreti».

Spostandosi sui social network, appare ancora più chiaro come lo sconcerto abbia colto anche chi di Saviano è (o era) un ammiratore. La giornalista Simona Zecchi, collaboratrice del Fatto Quotidiano, ha per esempio affermato su Facebook che «Saviano ha plagiato e si è spacciato per giornalista d’inchiesta. Si può essere scrittori e rendere meglio dei giornalisti la realtà, ma ci vuole metodo». Le ha fatto eco Angela Azzaro, vicedirettrice del Garantista: «Saviano non fa niente per rendersi simpatico: scrive cose di un narcisismo mostruoso, pontifica su tutto. (...). Sta a lui smettere di giocare a fare l’autore onnisciente e onnipotente».

E ancora, sempre su Facebook, Paola Tavella, ex redattrice del manifesto ed ex firma di Noi donne, storica rivista femminista: «Però Saviano ha copiato contenuto e forma. E pure da giornalisti di inchiesta messicani e russi che per trovare quelle fonti e citarle hanno rischiato l’osso del collo, senza scorta al seguito. Non si fa. Non ci piove che non si fa. Puoi mettere in discussione la separazione fra giornalismo e letteratura, ma se del giornalismo butti via solo la deontologia, beh, non ti stimo mica tanto».

Anche sulla pagina ufficiale di Saviano, in mezzo a tanti che lo difendono, non sono pochi, fra le persone comuni, quelli che esprimono la propria delusione. Da Raffaele Pellegrino, che scrive «Invece di contestare le accuse nel merito, alzi una cortina fumogena fatta di autocelebrazione, vittimismo e accuse di persecuzione», a Duccio Mondanelli («Il problema, Saviano, è che non hai citato manco una volta le tue fonti. Va bene usarle, l’abbiamo fatto tutti nella tesi di laurea, però vanno citate. Non spacciare come tue interviste o fonti i lavori di altri, dai!»).

A Saviano non resta che sperare nel soccorso di qualche big, magari il suo omonimo Benigni, che già anni fa si spese a favore di Daniele Luttazzi (rivelatosi gran plagiatore di battute) ricordando come anche i grandi della poesia e del teatro, a cominciare da Dante, abbiano copiato. Ma pure in questo caso, a pensarci bene, saremmo di fronte a qualcosa di già visto, cioè a una copia. Per cui, forse, è meglio soprassedere.

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