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lunedì 26 gennaio 2015

Quella voce sulla Rai: "Dopo 40 anni chiude un programma storico di Rai Uno". Ecco quale e chi perderà il posto...

Quella voce su Domenica In: "A maggio la Rai chiude il programma"




Dopo quasi 40 anni chiude Domenica In. Lo storico contenitore della prima rete della tv pubblica è destinato a scomparire. Secondo quanto risulta a Blogo, quella condotta da Paola Perego e Pino Insegno e che si concluderà a maggio 2015 sarà l'ultima edizione di Domenica In. Nell'ambiente è più che noto che a Viale Mazzini da tempo si stesse valutando l'ipotesi della chiusura definitiva del contenitore domenicale nato con la conduzione di Corrado. La stessa Mara Venier ha raccontato come alla fine della scorsa stagione il direttore di Raiuno Giancarlo Leone le annunciò che non ci sarebbero state nuove puntate del programma. Ed invece sappiamo tutti come è andata (ed ecco spiegato il rancore di zia Mara nei confronti di Mamma Rai). La coppia Perego-Insegno non è comunque riuscita a risollevare le sorti della trasmissione. La decisione (praticamente definitiva) sarebbe stata assunta ieri nel corso di una riunione ai piani alti di Viale Mazzini.

La Grecia fa tremare la Germania Così la Merkel ricatta Tsipras...

Widmann, Bundesbank: "Tsipras rispetti gli impegni dei governi precedenti"





Dopo il risultato del voto in Grecia che ha certificato di fatto la vittoria di Alexis Tsipras e della sinistra anti-austerity di Syriza, è alalrme in Europa per le conseguenze che questo risultato elettorale può avere sull'Euro e sui paesi membri dell'Unione. A tremare di più è la Germania che teme un colpo di coda da parte di Tsipras che prevede una rinegoziazione del debito contratto da Atene con la Troika. Così, nemmeno un'ora dopo il risultato degli exit pool, Berlino alza subito la voce con Atene. ll presidente della Bundesbank e membro del direttivo della Bce, il falco, Jens Weidmann, ritiene che Atene continuerà ad avere bisogno di aiuti dalla troika (Bce-Ue-Fmi) e ricorda che li otterrà solo se rispetterà gli accordi sottoscritti dai governi precedenti.

L'avvertimento - Weidmann spera che il nuovo governo non faccia promesse che non potrà permettersi, auspica "che il nuovo governo (greco) non metterà in dubbio ciò che si aspetta da lui e ciò che è già stato realizzato. Credo che sia anche nell’interesse del governo greco fare quanto è necessario per affrontare i problemi strutturali che ci sono ad Atene", ha detto Weindman in un’intervista alla rete Ard, dopo la chiusura delle urne in Grecia. E alle parole del presidente della Bundesbank, si aggiunge il coro della stampa tedesca che con Bild attacca: "La vittoria di Tsipras è una sciagura per l'Euro". 

Alba Dorata è il terzo partito L'ultra-destra greca esulta: "Tocca a noi"

Voto in Grecia, Alba Dorata terzo partito





Il terzo partito greco è ufficialmente l’estrema destra di Alba Dorata. È quanto emerge dalle proiezioni sul 27% delle schede scrutinate del ministero dell’Interno. Gli xenofobi sono dati al 6,3%, pari a 17 seggi su 300. Solo quarti i centristi di To Potami al 5,9% (16 seggi). Seguono i comunisti del Kke al 5,6% con 15 deputati. A seguire i socialisti del Pasok al 4,8% (13 seggi), ultimi i Greci Indipendenti (scissionisti di Nea Dimokratia) al 4,7% (13 seggi). Prima si conferma la sinistra radicale Syriza: il partito di Alexis Tsipras è dato al 36,5% pari a 149/151 seggi su 300. I conservatori di Nea Dimohkratia sono nettamente indietro al 27,7%, (76 seggi).

Terzo partito - Seppur da una cella, dove dal 28 settembre 2013 risiede in attesa di giudizio perchè sospettato di essere il mandante dell’omicidio di un rapper antifascista, il leader dell’estrema destra greca, Alba Dorata, esulta: "Siamo chiaramente il terzo partito", ha dichiarato Nikolaos Michaloliakos. È stato il ministero dell’Interno a ufficializzare il dato: dalle proiezioni sul 27% delle schede scrutinate del ministero dell’Interno Alba Dorata è al 6,3%, pari a 17 seggi su 300.

domenica 25 gennaio 2015

La Grecia nelle mani di Tsipras Da Atene uno schiaffo all'Europa

Grecia al voto, i risultati: Tsipras in vantaggio, "verso la maggioranza assoluta"




Stando ai primi exit poll diffusi dall’emittente greca Skai tv il partito Syriza di Alexis Tsipras è in testa nelle elezioni greche con un risultato compreso fra il 36% e il 39% dei consensi. Secondo partito risulta invece il conservatore Nuova democrazia del premier Antonis Samaras, con un risultato compreso fra il 24% e il 27%.  To Potami e Alba Dorata sono dati entrambi al 6,4-8%. I comunisti del Kke al 4,7/5,7%. I socialisti del Pasok di Evangelos Venizelos al 4,2/5,2%. Ultimi a superare la soglia del 3% necessaria per entrare in Parlamento Greci Indipendenti, riposta di destra a Syrriza, su posizionei anti austerità, nato da una scissione di Nea Dimokratia: sono dati tra il 3,5/4,5%. Resterebbero fuori tra gli altri Kinima, la neo-formazione dell’ex premier socialista George Papandreou, fondata solo il 2 gennaio scorso. Se i risultati definitivi confermeranno la vittoria di Syriza, Alexis Tsipras diventerebbe il più giovane premier greco degli ultimi 150 anni. "Una vittoria del partito anti-austerity Syriza alle elezioni greche porterà 'sollievo' all’Europa. Così il portavoce di Syriza, Panos Skourletis, dopo i primi exit poll secondo i quali il partito di Tsipras ha nettamente vinto.

I seggi - Se il risultato delle proiezioni troverà conferma al termine dello spoglio delle urne secondo la stampa ellenica Syriza avrebbe tra i 146 ed 158 seggi (151 su 300 è la soglia per la maggioranza assoluta); i conservatori di Nea Dimokratia tra 65 e 75; ai centristi di To Potami e all’estrema destra di Alba Dorata sono attribuiti tra 17 e 22 seggi; i comunisti del Kke tra 13 e 16; i socialisti del Pasok tra 12 e 15; i Greci Indipendenti (Anel) tra 12 e 15.

L'attacco finale di Obama contro l'Isis Scatta in primavera: cosa prevede

Obama, il piano contro l'Isis, l'attacco già in primavera






Barack Obama sta studiando un piano contro l'Isis, per strappare la città di Mosult al califfato gli americano. Il piano - prevede un attacco pesantissimo, un' offensiva massiccia, simile a quelle che videro la liberazione delle città europee durante la seconda Guerra mondiale". Secondo quanto scrive Il Messaggero per strappare la città irachena di Mosul dagli artigli di Isis, "gli americani stanno addestrando i soldati delle forze armate regolari irachene, mentre i turchi assistono i peshmerga curdi e l' Iran prepara le falangi dei volontari sciiti. Forse già in primavera sarà sferrato l'attacco". I piani sono stati confermati dal generale Usa Lloyd Austin, capo del Comando Centrale e ideatore della strategia militare adottata dalla Casa Bianca nella guerra contro il Califfato. Austin ha ammesso che la liberazione di Mosul potrebbe avvenire più velocemente se gli americani mandassero le loro truppe, ma ha anche sostenuto che "devono essere gli iracheni" a liberare la loro terra. E ha spiegato che uno degli ostacoli più difficili sarà di convincere il governo di Bagdad a mandare all' offensiva le truppe scelte che attualmente difendono la capitale e lasciare che a difendere Baghdad siano invece le giovani leve addestrate in questi ultimi mesi. 

Ieri, sabato 24 gennaio, il segretario di Stato americano John Kerry ha spiegato a Davos in Svizzera i successi ottenuti nella lotta contro L'isi. Ha detto che sono stati già strappati circa 700 chilometri quadrati di territorio a Nord dell'Iraq, e ha interrotto molte delle vie di comunicazione e rifornimento delle falangi.  Kerry ha spiegato poi che in questo momento in Califfato è anche in sofferenza economica a causa del crollo del prezzo del petrolio e ha aggiunto che "Qlo stipendio dei combattenti è stato decurtato del 75 per cento". Il crollo del salario e anche i bombardamenti aerei avrebbero reso meno attraente l'arruolamento nelle falangi. E sarebbe questo il motivo per cui l'Isis sta cominciando a usare nella guera i ragazzini ancora sui banchi di scuola, proprio come fecero i nazisti verso la fine della guerra.

Il sondaggio sul Quirinale: il Presidente che vogliono gli italiani

Colle, il sondaggio: ecco il Presidente che vogliono gli italiani





Giovedì cominceranno le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. Moltissimi i nomi che circolano per la successione di Napolitano: nomi diversi. Politici, costituzionalisti, tecnici. E, a sorpresa, dalle Quirinarie lanciate dal Fatto Quotidiano è spunatato anche il nome di un uomo dello spettacolo come Giancarlo Magalli. Ma gli italiani chi vorrebbero? Secondo il sondaggio di Nando Pagnoncellli realizzato per il Corriere della sera, nonostante il 40%)veda meglio un presidente che difenda la Carta, la maggioranza assoluta, il 52%, propende invece per un atteggiamento di apertura a cambiamenti anche importanti.Anche nell' elettorato pd, dove pure i rapporti si ribaltano, poco meno della metà (il 46%) si dichiara aperto a cambiamenti costituzionali. Divisi a metà gli elettori di centro, assolutamente orientati ai cambiamenti invece gli elettori di FI e dell' area di destra, mentre i pentastellati sono maggiormente schierati per la difesa della Costituzione.

Le caratteristiche - Per la maggioranza assoluta degli italiani il nuovo presidente deve venire dalla politica attiva: si sentono più tranquilli con un Presidente che conosca i meccanismi della politica.  Solo il 37% desidera un presidente privo di esperienza, proveniente dalla cosiddetta società civile. Molto convinti di un presidente «politico» gli elettori del Pd, ma anche l' elettorato centrista (65%) e di FI (55%) condivide questa opinione. Il Movimento Cinque Stelle, invece, com'era prevedibile, preferirebbe un Presidente "vergine", che non sia compromesso con i palazzi del potere. Non c'è grande interesse verso il genere del presidente:  anche se, fra la minoranza che sceglie, tende ad essere preferita una donna, in misura più netta tra le donne (38%) rispetto agli uomini (28%), a conferma della solidarietà di genere.

L'identikit - La  metà degli intervistati da Pagnoncelli sostiene che la riconoscibilità internazionale sia una caratteristica indispensabile per il nuovo presidente proprio perché si ritiene necessario consolidare l' immagine del nostro Paese nel mondo. L' altra metà lo ritiene un aspetto certo non inutile, ma non centrale: circa il 30% lo considera abbastanza utile per consolidare la nostra reputazione, poco meno del 20% infine lo giudica in tratto secondario, poiché la priorità è la buona conoscenza delle cose italiane. Se si dovesse tracciare l'identikit del presidente desiderato dagli italiani, si tratterebbe di  un politico esperto capace di governare  È un profilo prevalente, non certo unanimemente condiviso. 

Prelievo forzoso sui conti correnti L'hanno già fatto: ecco di quanto

Tasse sui conti correnti, 9 miliardi in più tra 2011 e 2014: patrimoniale mascherata sui nostri risparmi





Il prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani c'è già stato, e negli ultimi 3 anni ha tolto dalle nostre tasche qualcosa come 9 miliardi di euro. Per interdersi sulle proporzioni: quello ufficiale e dichiarato, anche se eseguito nottetempo, ad opera dell'allora premier Giuliano Amato nel luglio 1992 oggi corrisponderebbe a 3 miliardi di euro. A fare la conta sull'incredibile escalation di pressione fiscale sui 3.800 miliardi di euro di attività finanziarie detenute dalle famiglie italiane è una ricerca del centro studi ImpresaLavoro pubblicata sul settimanale Panorama. E i numeri del triennio 2011-2014, corrispondente ai governi di Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, se messi l'uno dopo l'altro sono impressionanti. 

La patrimoniale occulta di 9 miliardi - A pesare sulle tasche degli italiani sono stati tre interventi massicci, che sommati risultano una vera e propria patrimoniale mascherata. Innanzitutto, l'aumento delle aliquote sui redditi di natura finanziaria, passata dal 12,5% al 26% (eccetto i titoli di Stato), che nel 2015 porterà all'Erario 11,2 miliardi di euro rispetto ai 6,5 stimati per il 2011. Quindi l'introduzione della tassa su una parte delle transazioni finanziarie, la celebre Tobin Tax: secondo gli analisti, la tassa non ha portato nelle casse dello Stato non più di qualche centinaia di milioni di euro. Le stime parlano di 300 milioni, praticamente la stessa entità della diminuzione degli scambi sui mercati italiani, riflesso negativo della misura. Infine, l'imposta di bollo sul deposito titoli che, sottolinea Panorama, da imposta si è trasformata in vera e propria patrimoniale occulta. Dal 2012 a oggi ha già raddoppiato la sua portata e pesa per lo 0,2% su depositi bancari, fondi e alcune polizze e per 34,20 euro sui conti correnti con una giacenza media di 5.000 euro. Rispetto al 2011, nel 2015 questa misura dovrebbe portare allo Stato 4,4 miliardi, 4 in più rispetto al 2011. In tutto, dunque, le tasse sui risparmi degli italiani oggi ammontano a 15,9 miliardi, rispetto ai 6,9 del 2011. Una mazzata, in un quadro in cui a causa della crisi la ricchezza complessiva dei contribuenti si è ridotta contemporaneamente di 814 miliardi. 

L'aumento su interessi e capital gain - Basta dare un'occhiata nello specifico alla progressione dell'imposta su interessi e capital gain per comprendere la portata degli interventi fiscali degli ultimi tre governi. Soltanto sui conti correnti e depositi bancari e postali c'è stato un leggero miglioramento, passando dal 27% del 31 dicembre 2011 al 26% attuale. C'è da dire però che fine al 30 giugno 2014 l'imposta era stata abbassata al 20 per cento. Invariata l'aliquota sui titoli di stato sovranazionali e governativi (12,5%), è cresciuta in modo esponenziale quella sui titoli azionari, obbligazionari societari e bancari, dal 12,5% del 2011 al 20% del 2014 fino al 26% attuale. Aumentate anche le imposte su fondi comuni e polizze vita (dal 12,5% alla media ponderata comunque oscillante tra il 12,5 e il 20%) e sui fondi pensione e piani pensionistici individuali (dall'11% alla media tra 12,5 e 20%). Alla luce di tutto ciò, ritrovare Amato al Colle sarebbe non tanto una beffa, quanto la perfetta chiusura del cerchio.

Notte in hotel della Boldrini Ora la Camera indaga sulle spese...

La Camera indaga sulla notte in hotel della Boldrini

di Francesco Borgonovo 



Tutti eravamo Charlie Hebdo. Poi qualcuno si è accorto di essere Laura Boldrini e ha deciso che della libertà di espressione se ne poteva fregare bellamente. E infatti la presidente della Camera - bisogna chiamarla così, perché dire «la presidentessa» è offensivo, almeno secondo le nuove regole grammaticali ispirate dalla Boldrini medesima e caldeggiate dall’Ordine dei giornalisti - si è subito data da fare. Ieri il Giornale ha riportato la notizia secondo cui la presidente della Camera avrebbe querelato Le Iene, poiché un inviato della trasmissione avrebbe cercato - pensate un po’ - di farle una domanda. Le si è avvicinato a Montecitorio, ha chiesto qualcosa a madama Laura, lei non ha risposto e in men che non si dica sono intervenuti i commessi della Camera per bloccare e allontanare il disturbatore. Cioè uno che, fino a prova contraria, stava facendo il suo mestiere di giornalista. 

«La Presidente della Camera non ha querelato nessuno e, come ben sanno i giornalisti che quotidianamente si rivolgono a lei, è sempre disponibile a rispondere alle domande», si è affrettato a smentire l’ufficio stampa di Madama Laura. Se non ha sporto querela, non possiamo che essere contenti. Ma la verità è che per la Boldrini sfuggire alle domande dei cronisti è una specie di hobby: se Triton respingesse gli immigrati come lei respinge gli inviati, non avremmo alcun problema. Se le domande sono poste al limite della piaggeria e riguardano temi come i diritti delle donne, è possibile che la nostra si degni di replicare. Ma altrimenti scordatevi la disponibilità: chiedere a qualche giornalista televisivo per avere conferma. Però almeno una volta Laura Boldrini dovrà rispondere: precisamente il 26 febbraio alle ore 15. 

E non dovrà farlo a un signore con un microfono in mano, ma al Consiglio di Giurisdizione della Camera dei deputati. Quest’organo ha accolto un ricorso presentato dal Codacons, riguardante una vicenda che ha dell’incredibile. Il 7 dicembre 2013 la Boldrini avrebbe fatto prenotare dall’Ufficio del cerimoniale della presidenza della Camera una stanza nell’albergo Casa Pazzi di Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno. Si tratta di una dimora storica molto elegante. «Casa Pazzi, incastonata nelle mura difensive di Grottammare alta, uno dei Borghi più belli d’Italia, è un Palazzo Storico del XVIII secolo trasformato dall’interior designer Roberto Pazzi in una dimora per vacanze di charme», spiega il sito della struttura.

La Boldrini si sarebbe recata lì «insieme al compagno e un’altra coppia di amici, per assistere alla presentazione della mostra pittorica Coordinate Celesti del fratello Andrea Boldrini». Alla fine della visita, «di natura chiaramente privata, il presidente della Camera avrebbe invitato i gestori del lussuoso albergo ad inviare la fattura per il pernottamento direttamente all’Ufficio del cerimoniale della Camera dei deputati, come di fatto sarebbe avvenuto. In seguito, la somma utilizzata sarebbe stata rimborsata in contanti dal presidente della Camera, in data 16 dicembre 2013». 

Insomma, la Boldrini si sarebbe presa un giorno di vacanza per vedere la mostra di suo fratello, facendosi anticipare i soldi dalla Camera - per la precisione 150 euro - che avrebbe poi reso in contanti (niente male, in un Paese in cui molti vorrebbero abolirli) qualche tempo dopo. «La stessa avvocatura della Camera», dice a Libero l’avvocato Carlo Rienzi del Codacons, «ha sostenuto che una cosa del genere non si può fare, non ha detto però che la presidente non l’ha fatta». A intervenire per smentire è stato ancora il portavoce della Boldrini: «Non vi è stato alcun utilizzo di soldi pubblici, neanche in forma di anticipo», ha detto. 

Bene, ma allora, come fa giustamente notare il Codacons, non è chiaro il motivo per cui «sia stato eretto un muro contro la legittima richiesta dei cittadini di visionare la relativa documentazione. Basterebbe che il presidente della Camera o il direttore dell’hotel esibissero la fattura di quel pernottamento per essere tutti sereni e tranquilli». Già: se davvero non si è fatta anticipare i soldi della gita, perché la Boldrini non ha voluto finora esibire le ricevute e ha dovuto aspettare l’intervento del Consiglio di giurisdizione della Camera? Forse in virtù della sua nota disponibilità?

Eppure, a quanto ci risulta, la presidente ha sempre difeso con decisione il diritto della popolazione a essere informata. Pensate che, subito dopo la strage a Charlie Hebdo ha dichiarato con grande commozione: «È indispensabile che tutti gli Stati europei sappiano far sentire la fermezza con cui difenderanno le libertà fondamentali delle nostre società, in primo luogo quella di informare e di esprimersi». Visto come si comporta quando tocca a lei dare informazioni, tra le grandi conquiste dell’Occidente avrebbe potuto includere il «diritto di rimanere in silenzio», come nei polizieschi americani. 

Ma, di nuovo, non c’è da stupirsi. La Boldrini è solita esibirsi in proclami altisonanti come questo del 3 maggio: «Considero la libertà di espressione un valore assoluto». Già. Infatti tempo fa se l’è presa con l’imitazione che Virginia Raffaele fece di Maria Elena Boschi a Ballarò, poiché la considerava «sessista». È così attenta alla libertà d’espressione, la Boldrini, che le piacerebbe cancellare tutte le pubblicità che mostrano donne intente a occuparsi della propria famiglia: «Non può essere concepito normale uno spot in cui i bambini e il papà sono seduti e la mamma serve a tavola», ha tuonato in più occasioni. 

Per non parlare delle limitazioni che le sarebbe piaciuto mettere al web per arginare gli insulti. Un’idea condivisibile, poiché la libertà d’offesa è un po’ diversa dalla libertà d’espressione. Peccato che la presidente se ne sia accorta solo quando gli insulti sono toccati a lei, non prima. La storia delle vacanze è solo l’ultimo episodio. Se non ha fatto niente di male, le basterebbe mostrare scontrini e fatture di Casa Pazzi, e rispondere educatamente alle domande. Dopo tutto, libertà e informazione mica sono brutte parole. Sono pure femminili, meglio di così…

Arriva la rivoluzione sulla casa: come acquistarla senza il mutuo

Rent to buy: si può acquistare una casa senza mutuo, basta pagare l'affitto





Pagare l'affitto e contemporaneamente comprare casa. In inglese si chiama "rent to buy" ed è la formula con cui è possibile acquistare un immobile senza ricorrere a mutui ai quali non sempre è possibile accedere, abitarlo subito e pagare un tanto al mese come se fosse un canone di locazione. A riaccendere l'attenzione su questo tipo di contratto, introdotto in Italia con una legge alcuni mesi fa, è il Consiglio nazionale del Notariato che ha presentato uno schema per agevolarne operativamente l’applicazione e soprattutto per incoraggiare le contrattazioni immobiliari e la ripresa del mercato. A febbraio saranno sciolti i dubbi in materia fiscale del contratto, ma nel frattempo il Notariato ha diffuso un decalogo informativo per i cittadini per orientarli e informarli su questa modalità di acquisto.

Compra vendita agevolata - Si tratta, spiega l'organo centrale dell’ordine dei notai, di un’operazione unitaria attraverso la quale viene assicurato a chi ha intenzione di acquistare un immobile, la possibilità di conseguire da subito il godimento dell’immobile individuato, con pagamento di un canone periodico e di rinviare a un momento successivo l’acquisto vero e proprio dell’immobile e il pagamento del relativo prezzo, dal quale vengono scomputati, in tutto o in parte, i canoni pagati in precedenza. "La trascrizione", spiega Notariato, "vale come una vera e propria prenotazione dell’acquisto dell’immobile. Di conseguenza, non potrà vendere l’immobile a qualcun altro, né concedere un’ipoteca sull’immobile, né costituire una servitù passiva o qualsiasi altro diritto pregiudizievole". "Gli eventuali creditori del venditore", continua il Notariato, non potranno iscrivere un’ipoteca sull’immobile promesso in vendita, né pignorarlo. Dal momento della trascrizione del rent to buy, l’immobile è ’riservato' al futuro acquirente, e qualsiasi trascrizione o iscrizione non avrebbe effetto nei suoi confronti".

L'assicurazione obbligatoria - Lo schema di contratto prevede fin dall'inizio del rapporto contrattuale all'inquilino il rischio di distruzione dell' immobile. Si prevede quindi l'obbligo di assicurare la casa contro incendi e altre calamità, con vincolo a favore del proprietario - concedente. La manutenzione ordinaria è posta a carico dell' inquilino; la manutenzione straordinaria è a carico del proprietario, ma se questo non se ne cura, l' inquilino può farla a sue spese con diritto al rimborso. Se l' inquilino apporta miglioramenti ha diritto a un' indennità, ma la incasserà solo se non eserciterà il diritto all' acquisto. L' indennità sarà pari alla cifra minore tra l' importo della spese sostenuta e l' incremento del valore venale.

Il decreto attuativo - Per quanto riguarda il decreto ’Sblocca Italia' che lo ha reso legge, il Notariato puntualizza: "Ha risolto alcune criticità che derivavano dalla mancanza di una specifica normativa in materia: in particolare, ha previsto la possibilità di trascrivere il contratto nei Registri immobiliari per il periodo di durata del rent to buy, ma comunque non superiore a 10 anni". Da parte sua L'Agenzia delle Entrte ha confermato che nel mese di febbraio sarà ufficializzato il provvedimento attuativo con il quale dovranno essere sciolti i dubbi in materia fiscale che finora hanno contribuito a bloccare questo tipo di contratto.

Immigrati padroni in casa nostra Ai clandestini ora paghiamo Sky

Padroni in casa nostra: agli immigrati paghiamo Sky

di Alessandro Gonzato 



Ora mettiamo a disposizione dei profughi anche la pay tv per vedere la Coppa d’Africa: se Sky (più probabile) o Mediaset Premium, la scelta spetta a loro. Nel frattempo al centro Ceis di Vittorio Veneto, nel Trevigiano, gli antennisti sono al lavoro per far arrivare il segnale. Hanno già installato la parabola, ma la copertura è scarsa. La struttura si trova a Serravalle, in una zona d’ombra. E la tv continua a non funzionare. I tecnici, però, non disperano. Prima o poi, ne sono certi, gli immigrati - un centinaio, molti giovanissimi - potranno ammirare le gesta di Gervinho e compagni. In che modo, dicevamo - la rassegna viene trasmessa da Eurosport, canale visibile esclusivamente con un abbonamento alla pay tv - è una decisione degli ospiti. «Devono discuterne tra loro» dice a Libero don Gigetto De Bortoli, responsabile della struttura. «È in atto una contrattazione. Solo così potranno crescere. Le dico» prosegue «che comunque l’abbonamento lo pagheranno di tasca propria. Questa è la mia posizione educativa». Don Gigetto specifica pure come gli immigrati riusciranno, secondo lui, a far fronte alle spese: «Non soltanto coi 2 euro e 50 che hanno a disposizione ogni giorno. Alcuni hanno dei soldi propri messi da parte». Anche se è difficile pensare che questi risparmi esistano davvero o siano comunque sufficienti a far fronte alla spesa. Per non dire, poi, che quei 2 euro e 50, sono comunque soldi passati agli immigrati dallo Stato italiano. Ma torniamo indietro di qualche giorno.

Nella struttura di Serravalle, sabato scorso, era successo il finimondo. Non erano bastate le proteste delle settimane precedenti per la scarsa varietà del cibo e la richiesta di piatti tipici del continente nero. Gli ospiti del centro trevigiano, una volta capito che non avrebbero potuto seguire la giornata inaugurale della manifestazione, avevano dato in escandescenze. Non volevano perdere nemmeno un minuto delle sfide tra Guinea Equatoriale e Congo (terminata 1 a 1) e tra Gabon e Burkina Faso (2-0). Ma non c’era niente da fare: il televisore non prendeva. Allora erano partite imprecazioni e si erano levati cori di dissenso. Gli immigrati avevano fatto talmente tanto casino che per riportare la calma era stato necessario l’intervento dei carabinieri. Ai profughi, una volta ritrovata un po’ di tranquillità, non era rimasto che andare a dormire col dubbio di come fossero andate le due partite. L’indomani il segretario generale del sindacato di polizia Coisp, Franco Maccari, oltre a esprimere tutta la propria indignazione per l’impiego di forze dell'ordine in una simile circostanza, era stato profetico: «Adesso chi di dovere si attiverà per dotare le strutture di abbonamenti alle tivù a pagamento». Il leader leghista, Matteo Salvini, si era invece sfogato su Facebook. Dove un utente, apprezzato da molti, aveva invitato la Boldrini ad accogliere a casa propria questi rifugiati: «Gli faccia vedere la partita e gli dia pizza, birra, pop corn e li lasci ruttare liberamente». In stile Fantozzi, insomma. 

«Gli spalanchiamo le porte» tuona oggi il presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro (Lega) «e poi li ritroviamo in giro con le scarpe firmate e il cellulare. Adesso vogliono pure la pay tv. È una presa in giro senza fine. Evidentemente, per qualcuno, sono questi i veri problemi dell'Italia». Di fronte al centro d’accoglienza gli attivisti di Casapound hanno affisso uno striscione: «A loro vitto, alloggio e Sky e ai disoccupati chi ci pensa mai?». Durissimo l’ex sindaco di Vittorio Veneto, Gianantonio Da Re: «Il primo cittadino, renziano convinto, non dice nulla. Ma a che punto siamo arrivati? Pagheranno i profughi, dicono dalla struttura? Ma mi facciano il piacere! I profughi non pagheranno un c… . Pagheremo noi, come per ogni cosa».

Quirinale, il "vaffa" dei grillini a Renzi "Fuori i nomi, non veniamo al Nazareno"

Quirinale, M5s: "Non andremo alle consultazioni di Renzi"





"Che cosa e' il Nazareno? Perche' io non so cosa sia il Nazareno...". Beppe Grillo, ieri, durante una breve apparizione in piazza del Popolo a Roma, dove si è svolta la 'Notte dell'onesta'', risponde cosi' ai cronisti e sembra quindi chiudere alla possibilita' di accettare l'invito di Renzi alle consultazioni con le altre forze politiche, martedi', in vista dell'elezione del prossimo Capo dello Stato. "Ci inventiamo delle parole... Non ci fidiamo piu' di nessuno...", dice ancora il leader M5s.

La risposta di Di Battista - E da piazza del Popolo arrivano anche le parole di Alessandro Di Battista che condivide la posizione di Beppe e sottolinea: "Il Movimento cinque stelle non parteciperà alle consultazioni del Pd. Non andremo al Nazareno. Aspettiamo i nomi da parte di Renzi per sottoporli al giudizio della Rete. Non possiamo accettare che un presidente venga eletto al 4 scrutinio, quando basterà la maggioranza più uno dei voti. Il presidente deve essere eletto nei primi tre scrutini con una scelta condivisa da tutti". 

sabato 24 gennaio 2015

"Restare nel Pd? Sarebbe da deficienti" D'Alema e i suoi sfidano i renziani

D'Alema, i fedelissimi pronti a mollare il Pd: "Restare nel partito sarebbe da deficienti"






I fedelissimi di Massimo D'Alema aspettano solo il segnale di Baffino: dopodiché del Pd che conosciamo ora non resterà traccia. La scissione è dietro l'angolo, ma l'ex presidente del Consiglio aspetta l'elezione del Presidente della Repubblica prima di muoversi e nel frattempo ovviamente tace. Ma parlano i suoi, anche se nascosti dall'anonimato. "Se davvero si arrivasse a un capo dello Stato frutto di un accordo tra Renzi e Berlusconi con l'esclusione della minoranza Pd sarebbe davvero la fine di tutto", dice un ex ministro a Francesco Ghidetti del Giorno. "Come potrebbe mai tollerare una cosa del genere?". "Stiamo pensando a qualcosa che guardi al futuro", ammette uno del suo entourage. "Magari potremmo fondare il Pci", ironizza. Ma neanche tanto alla luce delle lodi che pubblicamente ha tessuto per Alexis Tsipras e alla sua lista che ai tempi delle Europee definiva "sfasciacarrozze".

Rottura evidente - Con sé D'Alema porterebbe via dal Pd parecchi sostenitori, dentro e fuori il Palazzo. "Se si muove lui li muoviamo tutti", puntualizza un fedelissimo che fa notare come Baffino, al di là delle apparenze, la sua leadership gode ancora di buona stampa tra militanti e simpatizzanti. Certo, Matteo Renzi, non sembra far nulla per recuperare consensi tra i dissidenti. "Quanto ci ha detto 'fate un po' come vi pare' a proposito del Quirinale", si lamenta un antirenziano, "ha davvero raggiunto il limite". "E poi, diciamo la verità", gli fa eco un altro ribelle, "restare in un partito dove già contiamo poco sarebbe da deficienti".

In Borsa si sente l'effetto Draghi: quali azioni sono da acquistare

Quantitative easing, le conseguenze sulle borse: ecco quali azioni sono da acquistare

di Nino Sunseri 


Piazza Affari si gode la pioggia di liquidità partita dal quartier generale della Bce a Francoforte. Ma se la gode in forma compassata, senza esagerare. Giovedì aveva dato l’idea di spassarsela meglio con un rialzo largamente bsuperiore al 2%. Sullo sfondo restano un po' di preoccupazioni: per esempio le elezioni politiche in Grecia che potrebbero mettere al brutto stabile il barometro dell'euro. Ma soprattutto la battaglia Assopopolari contro la riforma. Una partita che si annuncia lunga perché si svolgerà nei corridoi di Montecitorio e di Palazzo Madama. La partita torglie smalto alle banche. Per un listino come il nostro fortemente condizionato dai titoli del credito è un segnale di stop. Così l'indice chiude in rialzo dello 0,24% dopo aver danzato per tutta la giornata. L'ottovolante fa paura ed entusiamo: il disturbo bipolare dei mercati nei giorni incerti. Niente di paragonabile a quanto accaduto nel resto d'Europa. Atene scommette su Draghi salendo del 6,14%. In quattro anni il listino ha perso l'85%: i rischi sono ormai ridotti. Anche se si punta una fiche sul voto di domenica. Francoforte guadagna il 2,05%, Parigi l'1,93%, Londra lo 0,53% e Madrid lo 0,67%. Poteva andare ancora meglio se non fossero arrivate un po' di docce d'acqua gelata dagli Usa. Alla fine l'entusiasmo si coglie meglio su altri mercati.. Più forza, più convinzione di quella che si registra in Borsa. Il cambio dell'euro con il dollaro tocca un minimo a 1,11, mai così in basso da settembre 2003, salvo poi rimbalzare a 1,1249. Tuttavia la tregua appare lontana.

La moneta unica potrebbe andare in affanno dopo le elezioni politiche in Grecia in programma domani. In base agli ultimi sondaggi è aumentato il vantaggio del partito di opposizione Syriza nei confronti dei conservatori di Nuova Democrazia. Il leader, Alexis Tsipras, si aggiudicherebbe tra il 29,6% e il 32,5% dei consensi, anche se non dovrebbe ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Il mancato trionfo potrebbe provocare parecchia turbolenza e qualche terremoto. 

Fra i terminali delle sim però non c'è spazio per i cattivi pensieri. Lo spread cala a 111 punti . Solo in serata c'è un rimbalzino a 114. Il tasso del Btp a 10 anni tocca un nuovo minimo storico scivolando sotto l'1,5%, all'1,492%. A spingere verso il basso in la prospettiva che Francoforte indirizzi gran parte dello shopping a verso i titoli di Stato italiani. Soprattutto se cade Atene bisogna fortificare Roma. Terna coglie l'occasione al volo: emette un bond a sette anni al tasso record di 0,87%. A memoria d'uomo è la prima volta che un'obbligazione con emittente italiano sta sotto l'1%. Ma soprattutto una ventina di punti sotto il Btp. Una società privata che ha un merito di credito migliore dello Stato d'appartenenza: na prima assoluta.

Di fronte a rendimenti così modesti sul fronte delle obbligazioni parte la caccia alle azioni. Non solo cercandodi guadagnare al rialzo. Proprio la ricerca di rendimento diventa una delle direzioni preferite dagli investitori. Secondo gli esperti di Equita «bisogna privilegiare società non finanziarie con buona visibilità degli utili, distribuzione dei profitti non eccessiva e dividendi in crescita». Significa guardare Enel, Intesa risparmio, Telecom Italia risparmio e Atlantia, che rendono tra il 3 e il 5% contro l'1,5% del Btp. Volendo includere i titoli finanziari, spiccano Unipolsai e Intesa Sanpaolo risparmio. Gli esperti della Sim milanese sottolineano, inoltre, che, storicamente, i programmi di acquisto titoli hanno favorito performance importanti per i titoli ciclici e suggeriscono pertanto di puntare su Fiat Chrysler (Fca), Ferragamo, Finmeccanica, Mediaset, Moncler e Pirelli.

Goldman Sachs indica Intesa Sanpaolo, le due società di gestione del risparmio Azimut e Anima Holding, il gruppo delle autostrade Atlantia, la società della famiglia Berlusconi Mediaset, quella del lusso Salvatore Ferragamo, quella della moda Yoox, quella immobiliare Beni Stabili e la utility Hera. Tra le straniere, invece, spiccano i nomi dei gruppi del lusso Burberry e Christian Dior, oltre che la banca spagnola Bbva e la società dell'auto Daimler. Secondo Kepler Cheuvreux tra le top c’è anche Stm. «Un fattore molto importante per la redditività di StM è la sua consistente esposizione al dollaro. La società incassa in dollari circa l'80% del fatturato, ma solo il 40% dei costi è espresso nella valuta americana»

Per un giorno Milano torna a essere la città da bere. Gli investitori stranieri sembrano convinti che solo a Piazza Affari sia possibile concludere buone operazioni. Habor spunta nel libro soci di Pirelli con una quota superiore al 5%. Ing prende il 2% di Astaldi. Rowe Associates sale dal 5,8 al 6,7% di Moncler. La spiegazione è fornita da Equita. Gradisce i titoli legati all’ esportazione, oltre che i titoli finanziari. Questo perché l'allentamento monetario lanciato da Francoforte porterà a una più alta crescita del pil nominale dell'Eurozona, a un'ulteriore debolezza dell'euro e a più alti prezzi degli asset.

Centomila potenziali terroristi in arrivo in Italia Allarme dalla Libia: i jihadisti controllano gli sbarchi

Allarme della Libia: "Gli sbarchi dei migranti in Italia gestiti dai terroristi dell'Isis"





Gli sbarchi sulle nostre coste dei migranti provenienti dalla Libia sono gestiti dai terroristi dell'Isis. Lo dà per certo il presidente dell'Assemblea costituente della Libia, Ali Tarhouni. All'inviato del Corriere, Giuseppe Sarcina, spiega che lo Stato islamico di Iraq e Siria, continua a guadagnare posizioni lungo la costa del Paese. Le milizie del Califfo Abu Bakr al Baghdadi avevano già conquistato Derna, cittadina di 80 mila abitanti. Ma ora, dice Ali Tarhouni "i guerriglieri dell' Isis si sono insediati nella regione di Bengasi".

I porti - Poi, continuando la marcia verso ovest, nella zona di Sirte e quindi di Misurata, quella che fino a poco tempo fa era un vitale centro di commerci e di affari anche per gli stranieri. Infine, scavalcata, almeno per ora, la capitale Tripoli, truppe di jihadisti hanno occupato Sabrata e, infine, il porto di Harat az Zawiyah, ai tempi di Gheddafi scalo di una certa importanza per le rotte petrolifere verso la Turchia e l'Asia. Oggi dallo specchio di mare che va da Sabrata fino a Zawiyah e di lì fino a Zuara, piccolo porticciolo di pescatori, partono quasi tutte le imbarcazioni di migranti diretti a Lampedusa, verso la Sicilia o verso Malta.

Rischio sottovalutato - "L'Europa, soprattutto l'Europa, sottovaluta i rischi della situazione libica. I pericoli crescono drammaticamente", ha detto Ali Tarhouni a Davos. "Il Paese è polverizzato, con le città, persino i villaggi che non rispondono più a nessuno. L'assemblea costituente è forse l'ultima possibilità per salvare la Libia". E dunque anche l'Europa.

Permesso di soggiorno - Il governo, proprio a questo proposito, avrebbe preparato legge che dovrebbe essere inserita nel pacchetto predisposto da Marco Minniti che il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare il 28 gennaio, che prevede di concedere il permesso di soggiorno agli stranieri in grado di fornire informazioni utili all'antiterrorismo.

Renzi, carta segreta per il Colle: ecco chi è il candidato a sorpresa

Quirinale, il candidato a sorpresa di Renzi: Francesco Rutelli

di Claudio Brigliadori 



Renzi ha già detto che il nome del Pd per il Quirinale lo farà il 29 gennaio. Forse. Oppure uscirà a sorpresa, letto da Laura Boldrini sui foglietti della prima votazione. Per qualche commentatore (per esempio su Formiche.net) però, il candidato "segreto", non ancora spuntato nei vari, estenuanti toto-Colle di queste settimane, il premier Matteo Renzi ce l'ha già in tasca. E sarebbe una scelta clamorosa: Francesco Rutelli. Il celebre Cicciobello, sindaco di Roma non particolarmente rimpianto (per usare un eufemismo, visto che i suoi concittadini lo chiamavano Er Cicoria), ha navigato negli ultimi trent'anni di politica italiana senza fare danni a nessuno. Sempre in prima fila, sempre innocuo e benvoluto. Insomma, perfetto per il Quirinale. Soprattutto per chi, come Renzi, preferirebbe un presidente della Repubblica poco invadente.

Curriculum per ogni gusto - Ex radicale, ex Margherita, ex Pd. Ultra-libertario transitato poi in posizioni cattoliche. Candidato premier nel 2001 per il centrosinistra e battuto in scioltezza da Silvio Berlusconi (chi non ricorda la macchietta velenosa che gli regalò Corrado Guzzanti? "A Berlusco', ricordati degli amici..."), Rutelli è il profilo perfetto perché di lui dicono bene un po' tutti, nel panorama politico italiano. Fu Prodi a chiamarlo "Cicciobello" per la bonomia. Bersani e D'Alema gli sono rimasti amici, anche se nel 2011 passò con Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini al fianco di Mario Monti. L'avventura con Api fu assai deludente, ma è servito a sdoganarlo presso i centristi, anche se gli elettori lo hanno sempre snobbato. Meglio: nessuno nutre verso di lui grandi rancori. E anche presso Renzi ha i suoi sostenitori, visto che il suo braccio destro Paolo Gentiloni è diventato (anche lui a sorpresa) ministro degli Esteri. Sarebbe poi una sorta di "rivincita" per i radicali italiani, che ancora una volta si sono visti precludere le porte del Quirinale. Doveva toccare a Emma Bonino, bloccata dai guai di salute. Potrebbe toccare all'ex delfino di Marco Pannella. E Silvio Berlusconi? Accetterebbe di votare (e far votare) un suo ex avversario? Probabilmente sì, perché Rutelli non è Prodi. E perché sua moglie, Barbara Palombelli, è uno dei volti più noti di Mediaset, dove conduce Forum. E non sarebbe carino fare uno sgambetto al marito. Unico problema: l'inglese, tragicomico, di Francesco. Problema peraltro condiviso con molti leader nostrani da esportazione, dal Cav a Renzi stesso.

La Ghisleri, i sondaggi e la missione rimonta del Cav: ecco quanti voti vale un Berlusconi di nuovo in campo

Euromedia, il sondaggio della Ghisleri su Silvio Berlusconi: 
"Con lui in campo Forza Italia seconda al 30%"





Berlusconi "libero" vale il 30%, almeno. Ne è convinta Alessandra Ghisleri, sondaggista di Euromedia Research e analista di fiducia di Ballarò nonché dello stesso Silvio Berlusconi. A colloquio con Tommaso Labate sul Corriere della Sera, la Ghisleri non vorrebbe fare numeri, "anche perché, in termini percentuali, un conto di questo tipo è impossibile farlo adesso". Poi, però, qualche indizio su quanto può guadagnare Forza Italia con il suo leader pienamente recuperato alla causa lo concede, eccome. "Se Berlusconi riuscisse a trovare la sua agibilità politica, potrebbe iniziare la sua risalita e puntare al secondo posto", spiega al Corriere. Il secondo posto, secondo tutti i sondaggi, al momento spetta al Movimento 5 Stelle, oscillante tra il 20 e il 22 per cento. Forza Italia, invece, è staccata: tra il 14 e il 16%, e secondo alcune rilevazioni è dietro addirittura alla Lega Nord di Matteo Salvini. 

Quanto può crescere Berlusconi - "Dietro il 14-15 per cento che i sondaggisti attribuiscono al momento a Forza Italia, ci sono altrettanti italiani che ancora ripongono la propria fiducia in Berlusconi e basta - sottolinea però la Ghisleri -. Se l'ex premier avesse un'agibilità politica basilare, che gli consentirebbe di spostarsi dalla Lombardia e da Roma per fare campagna elettorale, già quella avrebbe degli effetti sui sondaggi. Figuriamoci se riuscisse a ricevere anche la possibilità di candidarsi". Berlusconi lo sa e per questo starebbe cercando di fare pressioni su Matteo Renzi sulla legge elettorale, perché il premio di maggioranza alla lista (e non alla coalizione) gli potrebbe consentire di andare al ballottaggio (a meno che, naturalmente, il Pd non superi il 40%). Ci sono poi due incognite. La prima è su Renzi: "Gli interrogativi riguarderanno l'eventuale arretramento della crisi economica" e l'ipotesi che il Pd "lasci ulteriore spazio a sinistra". Dentro Forza Italia, invece, la Ghisleri non vede alternative all'ex premier: tolto Berlusconi, "il partito viene percepito come in preda alle liti continue. Se non hai delle persone-chiave in grado di portare in giro il tuo messaggio, in politica non cresci".

Agibilità e candidabilità - La condizione basilare per la rimonta, come sottolinea la Ghisleri, è però la riconquista della agibilità politica (che arriverà a fine febbraio, quando Berlusconi finirà i servizi sociali a Cesano Boscone con l'obbligo di restare a Milano nei weekend) ma soprattutto la candidabilità. Se non andrà in porto il decreto fiscale già ribattezzato "salva-Cav" e congelato da Renzi un paio di settimane fa, Berlusconi e i suoi legali confidano in una sentenza favorevole a marzo da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, che deciderà sulla legittimità o meno dell'applicabilità della Legge Severino al Cavaliere. 

Boom di 20 e 50 euro "tarocchi": come riconoscere le banconote false

Allarme Bce: aumentate le banconote false da 20 e 50 euro. Le dritte: ecco come riconoscerle





Si parla di Bce ma non di Draghi, si parla di contraffazione. La Banca centrale europea ha lanciato l'allarme, sono infatti in aumento la diffusione di banconote false specie da 20 e 50 euro che rappresentano l'86% delle imitazioni. Le contromisure sono già state avviate e solo nel secondo semestre del 2014 ne sono state ritirate dal mercato oltre 507.000. La quasi totalità dei falsi il 97,5% è stata trovata nei paesi dell'eurozona, il 2% negli stati europei che utilizzano altra valuta e lo 0,5% nel resto del mondo. Se non si ha a disposizione una di quelle macchinette che verificano il codice stampato sul retro della banconota con quelli presente nell'Archivio delle Banconote Contraffatte della Guardia di Finanza e della Zecca di Stato, per riconoscere una banconota falsa dovrete ricorrere a metodi tradizionali basati sui vostri sensi: vista e tatto

Le dritte Banconote - Innanzitutto bisognerebbe conoscere, come sono fatte le diverse banconote. In generale sul fronte della banconota, trovate in latino e in greco la scritta euro, la bandiera dell'Unione Europea e la firma del Presidente della Banca Centrale Europea. Sempre sul fronte, presenta una fascia o quadrato argento-riflettente a destra che, se esposta alla luce, riflette i colori dell'iride. Leggermente in alto a destra, si trovano una serie di minuscole linee verticali che se grattate con l'unghia si riveleranno in rilievo. Sempre in leggero rilievo saranno anche le lettere in alto: BCE, ECB, EZT, EKT, EKP. Sul retro, è raffigurato un'immagine, caratterizzante ciascun biglietto. Porre la banconota in controluce può aiutarvi parecchio, infatti così, verrà fuori un' immagine di una finestrella con alla base la cifra dell'importo della banconota; il filo centrale presenterà alternativamente il simbolo dell'euro e il valore della banconota; inoltre in questa posizione, grazie alla stampa simmetrica posta sul lato di dietro potrete scorgere in alto a sinistra il numero completo del taglio. Anche la carta ha una sua peculiarità che vi converrebbe constatare con altre banconote vere e che mai dovrebbe assomigliare alla carta comune tipo A4.

Le dritte Monete - Per quanto riguarda le monete, l'operazione è nettamente più semplice. Innanzitutto potete confrontare la fattura con quella di una moneta originale. Da notare soprattutto: l'intaglio dello spessore, la durezza (quelle vere sono molto resistenti e non si danneggia tra i denti) il colore ed il rumore. Facendo tintinnare un falso il suono sarà nettamente diverso da quello di una moneta originale. Infine da considerare il magnetismo infatti, le monete originali sono leggermente magnetiche nel loro centro.

Autovelox nell'aiuola? No alla multa Perché si può far ricorso (e vincere)

La Cassazione: "Autovelox fisso va ben segnalato, ma rispettando l'ambiente"





Un'ordinanza della Cassazione può dare il via a migliaia di ricorsi per le multe con l'autovelox. Infatti secondo la suprema corte i cartelli che annunciano la presenza di una postazione fissa di autovelox sulla strada non solo devono essere facilmente avvistabili e riconoscibili dall'automobilista ma devono anche rispettare l'ambiente circostante. Se non soddisfano entrambe queste condizioni la multa è nulla. Lo stabilisce appunto una recente ordinanza della Cassazione. 

Tutelare l'ambiente - Insomma l'amministrazione proprietaria della strada, secondo il pronunciamento della Suprema Corte, deve contemperare i due interessi: da un lato quello dell'utenza stradale ad essere correttamente informata, dall'altro quello della tutela del paesaggio circostante. Dunque se ad esempio un autovelox è posizionato in un'aiuola o magari vicino a delle siepi e deturpa l'ambiente circostanze, la sanzione potrebbe non essere valida. Infatti l'automobilista multato per eccesso di velocità tramite autovelox fisso che ritenga tali prescrizioni non rispettate, per chiederne l'annullamento dovrà procurarsi prima delle prove fotografiche di quanto afferma e poi presentarle al giudice, eventualmente avvalorate da testimoni.

La missione: "Nascondete i senzatetto" Retroscena sulla visita del Papa a Manila

Filippine, il governo nasconde i "senzatetto" durante la visita di Papa Francesco





È polemica nelle Filippine dopo che il governo ha ammesso di avere spostato momentaneamente dei senzatetto durante la visita di Papa Francesco. Circa 500 persone, ha affermato Corazon Soliman, segretaria per il Social welfare, sono state trasferite dalle strada di Manila in un resort di lusso in periferia. Non si sono fatte attendere le polemiche e Terry Ridon, membro della Camera dei Rappresentanti, ha chiesto che venga aperta un’inchiesta, definendo quanto avvenuto "un’operazione di pulizia". Il piano del governo, ha aggiunto Ridon, è stato "veramente orrendo, visto che Papa Francesco ha visitato il nostro Paese, in primo luogo, per vedere e parlare con i poveri". Secondo il ’Philippine Star’, Ridon intende convocare Soliman affinché spieghi le sue motivazioni davanti ai parlamentari.

La visita - Il Pontefice era arrivato nelle Filippine la scorsa settimana, per ripartire lunedì, ed in alcune recenti interviste Soliman ha affermato che famiglie senzatetto sono state ’nascoste' poco prima del suo arrivo. Molte di loro vivevano sul lungomare della baia di Manila, proprio nella zona dove si è tenuta la messa di domenica. Il 14 gennaio, le famiglie, che adesso risiedono momentaneamente in strutture governative, sono state portate al resort Chateau Royale per poi tornare nella capitale dopo la partenza del Papa. Soliman ha difeso questa decisione, sostenendo che è stata presa per proteggere le persone da folla e organizzazioni criminali e che rientrava in un piano per poi spostarle in un alloggio temporaneo non a pagamento.

Islam, rivolta nel carcere di Padova "Viva l'Isis": due poliziotti feriti

Islam, rivolta nel carcere di Padova inneggiando ad Allah e all'Isis. Feriti due poliziotti





Poliziotti aggrediti, invocazioni ad Allah, manifestazioni di solidarietà e sostegno all'Isis: dal carcere Due Palazzi di Padova arrivano segnali preoccupanti sul fronte del terrorismo islamico. Cosa è successo l'ha denunciato oggi il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, per voce del leader Donato Capece. "Nella sezione detentiva regolamentata dalla vigilanza dinamica, che permette ai detenuti di girare liberi buona parte del giorno e che per questo presenta livelli minimi di sicurezza, si respirava alta tensione, con atteggiamenti palesemente provocatori da parte di buona parte dei detenuti verso i poliziotti", spiega Capece.

Un attacco organizzato - "Qualcosa 'bolliva in pentola'", puntualizza il segretario del Sappe, "tanto che all’atto dell’ingresso nel Reparto detentivo di due poliziotti penitenziari questi sono stati aggrediti e feriti senza alcuna giustificazione e le cose sono drammaticamente degenerate con urla e grida, evidentemente sintomo dell’avvio di una protesta dei ristretti. Molti di questi, di origine araba, inneggiavano ad Allah e all’Isis, il gruppo islamista tristemente noto, ed è un particolare, questo, assai preoccupante". "Solo il massiccio intervento di altri poliziotti penitenziari in servizio in carcere ma anche liberi dal servizio e presenti nella caserma del penitenziario", ha continuato Capece, "ha permesso di garantire l’ordine e la sicurezza ed ha impedito più gravi conseguenze. Era comunque qualcosa di organizzato, visto che sono stati rinvenuti bastoni e coltelli artigianali. Ai due colleghi feriti, ricorsi alle cure del Pronto soccorso, va la nostra piena solidarietà, ma il protrarsi di eventi critici nella Casa di reclusione di Padova sono un grave segnale di tensione. E le manifestazioni di solidarietà e sostegno al gruppo islamista dell’Isis da parte dei detenuti arabi sono inquietanti e preoccupanti".

L'ultimo episodio di una serie - Quello che è successo ieri è pero solo l'ultimo di una serie di episodi allarmanti. Altri agenti sono stati aggrediti nelle scorse settimane nel carcere di Padova dove sono stati ritrovati più telefoni cellulari nelle celle della Casa, ma soprattutto scattano continuamente delle risse. E' per questo che il Sappe, chiede al Ministro della Giustizia Andrea Orlando e al Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo "urgenti provvedimenti a tutela dei poliziotti penitenziari che lavorano nella Casa di Reclusione di Padova e della stessa vivibilità nella struttura detentiva", puntando il dito contro la solidarietà dei detenuti arabi verso l’Isis e ricordando che "indagini condotte negli istituti penitenziari di alcuni paesi europei tra cui Italia, Francia e Regno Unito hanno rivelato l’esistenza di allarmanti fenomeni legati al radicalismo islamico.

Luce, telefono, assicurazione: come risparmiare 500 euro l'anno

Consumi, cambiando gestore di luce, telefono, assicurazione si risparmiano 500 euro l'anno. Ecco come si fa





Con la switching economy si può risparmiare fino a 500 euro l'anno tra luce, gas, Adsl e pay-Tv. Altri 290 euro l'anno si possono recuperare dall'assicurazione. Cosa significa switching economy? L'espressione è stata coniata dalla società di consulenza Accenture per indicare il cambio di operatore in un determinato servizio e in Italia, nel 2013, ha interessato il 60% dei consumatori. "La telefonia, ma anche i mercati di luce e gas", spiega Letizia Venturini, amministratore delegato di mybest.it al Venerdì di Repubblica, "sono i settori più dinamici".

I conti - Il rispamio che si può ottenere comparando le tariffe più adatte al proprio stile di consumo è, sottolinea Venturini, "circa 9 al mese di luce, 7 euro di gas, 15 di Adsl e 10 per la pay-tv" che in un anno fanno appunto circa 500 euro. Se a questi si aggiungono i 290 euro l'anno quantificati da Emanuele Anzaghi, vicepresidente di segugio.it, è evidente come la switch economy sia un valido strumento che le famiglie possono usare in periodi di crisi come questi. Certo, non è sempre facile districarsi tra le minuzie dei contratti di fornitura, che per altro spesso impongono ai sottoscrittori dei periodi obbligati di fedeltà, pena il pagamento di penali. Ma tentare, o affidarsi a degli esperti, ne vale la pena.

Pd, è già tutto pronto per la scissione: ecco il nome del partito dei bersaniani

Pd, Bersani e i suoi hanno già depositato i simboli della scissione: "Italia bene comune"

di Elisa Calessi 



L’idea è tutta sua. E giura che no, non c’è dietro lo zampino di Pier Luigi Bersani. Il quale, però, quando lo ha saputo, ha fatto uno di quei suoi sorrisi che servono a nascondere (ma non troppo) quello che pensa. L’idea è di depositare il marchio “Un altro centrosinistra, Italia Bene Comune”. E ad averla, concretizzandola con un atto formale, è stato Giacomo Portas, deputato eletto nelle liste del Pd, molto amico di Bersani,segretario dei Moderati, partito creato nel 2005 e presente in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Sicilia. Di lui si è parlato poco tempo fa per un’intervista in cui, a prova di come la misura degli 80 euro è pensata male, rivelava che sono stati dati anche a sua moglie. Il nome che Portas ha depositato, “Un altro centrosinistra, Italia Bene Comune”, richiama la sigla della coalizione con cui Bersani si presentò alle elezioni politiche del 2013, formata da Pd, Sel, Centro democratico e, appunto, i Moderati. Per tutelarlo si è rivolto alla Jacobacci&Partners, la più grande società italiana specializzata in proprietà intellettuale. 

Non che sia in vista una scissione nel Pd. Tutti,almeno, la smentiscono, a cominciare da Bersani. Lo stesso Portas si affretta a spiegare che non c’è alcun progetto, niente di niente. Però non si sa mai. Poniamo si vada a votare prima della fine della legislatura con il Consultellum, che è un proprozionale puro. Poniamo che la frattura interna al Pd si approfondisca, che le remore degli azionisti della “ditta” vengano meno. Chi lo sa. «Intanto il marchio è lì ed è tutelato», dice Portas, con un’espressione furbesca che lascia intendere più di quanto non si dice. Racconta poi che, incontrando Renato Brunetta in un corridoio di Montecitorio, gli ha detto, facendolo ridere: «Ho saputo che volete candidare un moderato. Io, comunque, non sono disponibile». Facendosi serio, spiega a Libero, lui che si definisce un grande amico dell’ex segretario, come vede la situazione: «Bersani e Renzi dovrebbero chiudersi dentro una stanza e darsele finché non trovano una sintesi. Oppure dividersi». Perché questo tirare la corda senza mai spezzarla, ma abbastanza per paralizzare la situazione, non porta a niente. Bersani, ieri, gettava acqua sul fuoco: «La situazione è molto meglio rispetto al 2013. Io non la vedo difficile, non capisco chi la vede male». E le tensioni sull’Italicum non pregiudicano nulla. «Il Quirinale è un’altra partita».

In pochi, però, sono così ottimisti. Al Senato anche ieri sono volati gli stracci tra maggioranza e minoranza. I renziani parlano di «situazione balcanizzata». Soprattutto, come si è visto dalla riunione dell’altro giorno, nella minoranza, divisa in almeno cinque anime con cinque strategie diverse. Il che è un elemento di forza per gli uomini del premier, ma anche di debolezza perché rende più difficile trovare un candidato che tenga unito tutto il Pd. Restano alte le quotazioni di Anna Finocchiaro, per quanto il bersaniano Nico Stumpo, con qualche malizia, ieri notava: «Io la voterei, bisogna vedere se farebbero altrettanto quelli che l’hanno attaccata sull’Ikea», riferendosi ai renziani e alla polemica sulla scorta che accompagnò Finocchiaro a fare spesa. L’ex magistrato, capo dei senatori Pd, non è la prima scelta di Renzi, ma potrebbe farsela andare bene se è il nome capace di raccogliere più voti. E sulla carta così pare. Potrebbe ridurre il dissenso del Pd (è dalemian-bersaniana, è gradita a Napolitano), prendere voti in Fi (da sempre non dispiace a Berlusconi) e persino nella Lega (ha un buon rapporto con Calderoli). Nell’universo renziano ha come sponsor il ministro Boschi, con cui ha un ottimo rapporto. Renzi potrebbe passare sopra i propri dubbi, fregiandosi di essere il primo a mandare sul Colle una donna. 

Giovedì, però, un altro nome è ritornato in campo. Quello del sottosegretario Graziano Delrio. Nel pomeriggio Renzi ha fatto il punto a Palazzo Chigi con la delegazione del Pd che si occupa del Quirinale (Debora Serracchiani, Lorenzo Guerini, Matteo Orfini, Luigi Zanda e Roberto Speranza). Ufficialmente si è solo confermato il metodo deciso. Sta di fatto che ieri ai più stretti collaboratori il premier ha chiesto di «vagliare seriamente» le chance di Delrio. Di «sondare», dentro e fuori il Pd, quanti voti avrebbe. Un’operazione, questa, che viene fatta ogni giorno per ciascun nome con contatti informali condotti da Guerini e Lotti. E alla fine Renzi deciderà su chi puntare. Resta il fatto che più ci si avvicina al D-Day, più è rilevante la scelta del nome su cui sondare. Delrio, che ha l’handicap di essere considerato troppo vicino al premier, potrebbe essere quello che gli uomini di Renzi chiamano «il candidato della quinta votazione». Cioè la carta di riserva se quella giocata in prima battuta venisse impallinata. Un’ipotesi che rivela la difficoltà della situazione. Non a caso è possibile che l’assemblea dei grandi elettori sia rinviata di 24 ore e convocata la mattina del 29 (le votazioni iniziano alle 15).

venerdì 23 gennaio 2015

"Miracolo" in convento: suora di clausura in ospedale col mal di pancia, partorisce

Suora di clausura va in ospedale col mal di pancia, partorisce un bambino





Un intero convento è sotto choc. Una suora di clausura delle Marche, va in ospedale per forti mal di pancia. E qui, al reparto di ostetricia e ginecologia del "Bartolomeo Eustachio" di San Severino Marche, partorisce un bebé- E' stata ta un'ecografia che ha svelato immediatamente il mistero: la suora di clausura è stata mandata in fretta e furia al reparto di ostetricia, con un po' di naturale imbarazzo. A accompagnarla in ospedale le consorelle che pensavano a un semplice ma di pancia.  La suora è una sudamericana molto giovane arrivata in monastero nel giugno scorso. Il parto è avvenuto tra martedì e mercoledì.

Ecco come la Merkel ha fregato l'Italia e (pure) Mario Draghi

Così la Merkel ha fregato Draghi e l'Italia





Al di là degli immediati benefici dei 1000 miliardi di euro in arrivo dopo la decisione della Bce di Mario Draghi, (si spera in una ripresa dei consumi)  questa decisione - scrive Federico Fubini su Repubblica - potrebbe sul lungo periodo, trasformasi in un "peso" per i Paesi meno forti dell'Europa. E questo perché non c'è condivisione di bilancio e il rischio di insolvenza di Stato è stato rinchiuso nei silos nazionali. Il messaggio (neanche troppo implicito) è che si crede che quel default possa davvero avvenire. "La Bundesbank è riuscita a segregare tutti i bond sovrani più vulnerabili entro le rispettive banche centrali": è chiaro quindi che ai mercati è passato il senso di questa decisione, cioè che perfino la Banca Centrarle Europea non si fida del debito italiano. In caso di  crisi del debito sovrano, il singolo Stato dovrà ricapitalizzare la propria banca centrale, anche se per farlo potrà accedere ai programmi di aiuto comunitari. L'Europa ha dimostrato ancora una volta di non avere un'unica politca economica, fiscale e monetaria. 

La fregatura - Quindi, fa notare Fubini, passata l'euforia per l'ondata di liquidità in arrivo, gli investitori non possono non ripensare che l'Eurotower preferisce stare alla larga dal debito dei vari Paese. Inclusa l'Italia. Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco lo ha capito perfettamente, ma alla fine non ha votato controla decisione  anche perché il consenso era talmente ampio che non c'è stato un vero e proprio voto. Dalle indiscrezioni è emerso che Visco si era opposto a questa soluzione, ma alla fine ha prevalso la linea tedesca: niente solidarietà, nessuna disponibilità ad "accolarsi" i debiti altrui. 

LE INVASIONI RENZIANE Ecco quante volte va in tv Matteo

Altro che par condicio, queste sono le invasioni renziane

di Franco Bechis 



Matteo Renzi ha occupato i telegiornali italiani come non era riuscito a fare nemmeno il Silvio Berlusconi dei tempi d’oro, e i dati dell’Autorità di garanzia nelle comunicazioni relativi al mese di dicembre 2014 mandano clamorosamente in soffitta regole e costumi dell'era della par condicio televisiva. Ad essere censiti sono state tutte le edizioni di 4 tg Rai (compreso Rainews), 4 tg Mediaset (compreso Tgcom24), il tg di La7 e quello di SkyTg24. Ai fini della par condicio è stato considerato il dato più rilevante, che è il tempo di parola: quello durante il quale i Tg aprono i loro microfoni a favore dei protagonisti della politica o comunque riportano loro dichiarazioni dirette. Esiste anche il tempo di notizia, ma il dato è più falso: viene addebitato a un politico o a un partito anche quando è oggetto di un fatto negativo (indagine su tizio o caio, polemica su...) e addirittura quando qualche avversario sparla di lui. Fatta questa precisazione, i dati di dicembre sono da record storico: la sola persona del premier Renzi batte tutte le altre forze politiche in 3 tg su 10 (Tg1, Tg2 e Tgcom24). 

È secondo in 4 tg su 10 e terzo negli altri tre. Il partito guidato da Renzi- il Pd- è primo per dichiarazioni (di tutti meno Renzi e i suoi ministri) in 4 testate su 10 (Tg3, Tg5, Tg La7 e Skytg24), secondo in altre quattro testate e terzo nelle rimanenti due. I ministri del governo Renzi sono in cima alla classifica su Rainews, e terzi in quattro tg sui dieci totali. Forza Italia che su alcuni notiziari è praticamente scomparsa (quinto partito al Tg1, sesto su Rainews e Skytg24, settimo sul Tg La7), recupera però nei notiziari delle tv controllate dal suo leader, Silvio Berlusconi: è il primo partito sul Tg4 e su Studio Aperto, il secondo sul Tg5 e su Tgcom24. Quel primato casalingo è però dimezzato dal fatto che Tg4 e Studio Aperto sono i notiziari che in assoluto dedicano meno spazio alla politica: un'ora e 46 minuti in un mese il primo, e un'ora e quattro minuti il secondo. Il Tg tradizionale che vi dedica più spazio è invece quello di Enrico Mentana: 11 ore e 50 minuti. Alle sue spalle il Tg5: 4 ore e cinque minuti. Poi il Tg1: 2 ore e 59 minuti. Il Tg3 segue con 2 ore e 18 minuti e il Tg2 chiude la classifica dei notiziari tradizionali dedicando alla politica 2 ore e 8 minuti. Superiore ovviamente il peso nelle testate all news, che vanno in onda tutto il giorno. Skytg24 ha dedicato alla politica 34 ire e 29 minuti nel mese di dicembre. Rainews 31 ore e 42 minuti, e Tgcom24 6 ore e 25 minuti. 

Pur tenendo conto del peso degli spazi che è importante, la par condicio è interpretata in modo assai libero e sorprendente soprattutto sulla Rai. Al Tg1 la maggioranza di governo ha 2,6 volte più spazi dell'opposizione. Al Tg2 la coalizione Renzi vale 1,80 volte la somma di tutte le opposizioni possibili. Al Tg3 il rapporto è 2,08 a uno. Al Tg5 1,61 a uno. Al Tg4 1,11 a uno. Al TgLa7 2,32 a uno. La testata meno renziana è Studio Aperto, dove la maggioranza di governo vale meno dell'opposizione: 0,69 a uno. Le due testate più renziane, quasi bulgare, sono Skytg24, dove la maggioranza vale 3,89 volte l'opposizione, e Rainews dove il rapporto è appena inferiore: 3,86 a uno. Tutto questo considerando che Forza Italia sia un partito di opposizione, cosa che non è particolarmente evidente dal contenuto delle dichiarazioni e interviste politiche normalmente rilasciate. Fuori dalle reti Mediaset il principale partito di opposizione è il Movimento cinque stelle, che ottiene più del 13 per cento di spazio sul Tg2, il Tg3, il TgLa7 e Skytg24. Risicati gli spazi informativi ottenuti dalla Lega Nord in Rai: 3,25% sul Tg1; 3,46% sul Tg2; 3,46% sul Tg3 e 2,86% su Rainews. Su Mediaset numeri ancora più risicati, salvo che sulla testata ammiraglia, il Tg5, dove la Lega raggiunge il 5,24%. L'unico ad avere capito subito l'interesse del pubblico per Matteo Salvini però è stato Mentana, che gli ha dato il 6,59% del tempo dedicato alla politica.