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domenica 2 aprile 2017

"Questi li voglio con me, loro li caccio" Berlusconi: chi gode e chi fa fuori

Silvio Berlusconi, ecco i centristi che vuole con sé


di Salvatore Dama



Si rientra da Malta con la sensazione che il centrodestra ruoti ancora intorno a lui. A Silvio Berlusconi. Vero, il Cavaliere non è più quello dei tempi d’oro, ma neanche gli altri vivono i loro anni ruggenti. Prendiamo i centristi che, abbandonato il Pdl, sono rimasti al governo. Hanno fatto una scommessa. Più d’una in realtà: su Renzi, sulle riforme, sul tramonto berlusconiano. È andata come andata. E ora il Nuovo centrodestra, che nel frattempo ha cambiato nome in Alternativa Popolare, rischia di dover andare da solo. Non per scelta, ma per necessità. Berlusconi, salvo qualche eccezione, non li rivuole più. E non è detto che Matteo Renzi proponga loro un’alleanza elettorale.

Il discrimine è «la posizione assunta sul referendum costituzionale», spiega Gianfranco Rotondi, leader di Rivoluzione cristiana e gran tessitore della rediviva area dei post-Dc, «con chi ha detto no, come Cesa, il dialogo è aperto». Alfano? «Io sono amico di Angelino, non ho condiviso il suo percorso, ma lo rispetto. Però a uno che ha fatto il ministro in tre governi di sinistra, non possiamo chiedere di tornare a cantare “Menomale che Silvio c’è”...». Più che recuperare pezzi di ceto politico, a Berlusconi interessa mettere insieme blocchi di elettorato. E ritiene che questo può accadere solo se è lui il protagonista. In prima persona.

C’è da aspettare la sentenza della Corte di Strasburgo e sperare che arrivi prima delle elezioni politiche del 2018. Oppure c’è il “lodo Rotondi”. Che l’ex ministro dell’Attuazione del programma ha esposto al diretto interessato a margine del congresso maltese del Partito Popolare Europeo. «La legge Severino incide sulla candidabilità e sulla permanenza in Parlamento, altro discorso è l’assunzione di incarichi di governo. Su questo vanno fatti approfondimenti politici e giuridici. Il quinto governo Berlusconi non è una fantasia bizzarra, ma un tema concreto. Io ci sto lavorando», spiega Rotondi.

Al di là della fattibilità, resta il tema degli alleati. Che hanno già archiviato la leadership berlusconiana. Guardano avanti. «Io stimo molto Salvini», conclude il leader di Rivoluzione cristiana, «anche lui sa che il modo migliore per arrivare al governo è farne parte sotto la direzione di uno che ha già grande esperienza. Per il bene dell’Italia ci vuole un premier di 81 anni circondato da una squadra di quarantenni. E lo dice uno che, nonostante porti bene la sua età, ha abbondantemente superato i cinquanta».

Salvini, però, insiste a porre la questione della collocazione politica di Forza Italia: «O con Merkel o con il popolo italiano», è il nuovo aut aut che arriva dal segretario leghista. Matteo lo dice da piazza Cadorna a Milano: «Per il nostro Paese, Merkel in questo momento rappresenta disoccupazione e immigrazione fuori controllo», ribadisce il segretario del Carroccio, «quindi qualcuno dovrà scegliere con i tempi che meglio riterrà opportuni se il futuro deve passare dalla Lega, e dunque dai popoli, quindi dagli italiani, oppure dalla Merkel, dalla Bce e da Strasburgo».

Il leader leghista ha infine commentato la possibilità che, dopo il voto, si torni a collaborare con il Partito democratico in assenza di un risultato che restituisca un vincitore certo. L’auspicio, dice, è che «nessuno che si dice di centrodestra pensi di fare l’occhiolino a Renzi, D’Alema o Bersani», ha concluso.

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