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lunedì 8 maggio 2017

Emmanuel Macron, i segreti dell'uomo scelto dall'alta finanza: a chi si è affidata la Francia

Macron, i segreti dell'uomo scelto dall'alta finanza: a chi si è affidata la Francia


di Gianluigi Paragone



Tutto come previsto: Emmanuel Macron è il nuovo presidente della Repubblica Francese. Il candidato di En Marche! batte il fronte anti-europeista che ha in Marine Le Pen la sua stella più scintillante. Una vittoria nettissima, con circa il 65% dei voti al ballottaggio. La Francia, dunque, sceglie l'Europa, Bruxelles, la finanza, Angela Merkel. Già, perché dietro al nuovo "eroe" che ha fermato l'avanzata dei "pericolosi populisti" agiscono forze ed attori che non promettono nulla di buono. Tanto che nel primo discorso da neo-presidente, Macron ha subito promesso che difenderà questa Europa. Come cambierà, dunque, il Vecchio Continente? E soprattutto, chi è davvero il leader di En Marche? Quali manine lo hanno condotto all'Eliseo? Per ottenere le risposte a queste domande, vi riproponiamo un articolo scritto da Gianluigi Paragone qualche giorno fa: ecco con chi avremo a che fare.

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Macron, il candidato moderno. Il presidente in pectore che andrà oltre i partiti tradizionali. Il giovane euro entusiasta. Riformista, solidarista, liberista e, visto che ci siamo, anche liberal quanto basta da sposare una donna più grande di lui di parecchi anni. Macron, il candidato a taglia unica, che va bene sia ai radical chic della sinistra francese che ai moderati che guardarono a Sarkozy con fiducia. Macron, il banchiere di Rothschild, l’amico dell’Europa e nemico dei nazionalismi.

Quante cose è questo Macron, la faccia pulita che un pezzo di Francia ha scelto per andare al ballottaggio contro la pericolosa xenofoba Marine Le Pen, che - per quanto ridimensionta - alla sfida a due è riuscita ad andarci. Macron è sostanzialmente tutto e nulla, come si addice ai leader moderni: non è importante avere l’esperienza per guidare un Paese, basta avere la rete di relazioni che contano. E lui ce l’ha. Ecco perché di tutte le definizioni con cui l’hanno descritto ne manca una, assai maliziosa, che tuttavia le contiene tutte: Macron, il presidente duttile, teleguidabile. Un altro presidente perfetto per quel sistema GangBank che racconto nel mio libro appena uscito sul perverso intreccio tra finanza e politica. Un altro di quei signori che entreranno e usciranno dalle banche d’affari: Rothschild, Goldman Sachs, Jp Morgan, Morgan Stanley e compagnia bella.

«Farò da argine ai nazionalismi - ha commentato - Hanno perso i partiti tradizionali». È vero, hanno perso i partiti tradizionali, ha vinto la finanza speculativa. Ma ovviamente in questo clima di melassa non suona strano a nessuno se i partiti tradizionali stiano perdendo dappertutto, sostituiti da contenitori a taglia unica, unisex guidati da giovani rottamatori. Nell’Europa del neoliberismo i partiti tradizionali sono ferri vecchi, pezzi di antiquariato perché antiquato è il mondo cui si riferivano. Se il lavoro è disarticolato, non ha senso un partito socialista. Se le piccole imprese affogano nella tempesta della globalizzazione finanziaria, nemmeno un partito liberale serve. Così come è fuorimoda un partito repubblicano senza una Repubblica sovrana.Nella politica moderna financo la Costituzione diventa un impiccio. Una costituzione che parli di lavoro e di impresa, di diritti e di Stato, non può essere la carta fondamentale per mancanza dell’oggetto in questione. Macron è il campione di una modernità costruita in laboratorio per distruggere gli Stati.

In Francia il sistema GangBank non poteva perdere: sarebbe stata la fine. Ora le paure sono finite: in Italia, la legge elettorale è funzionale all’eurismo distruttivo. La propaganda farà il resto: come potete fidarvi della Le Pen? Come potete mandare al governo i Cinquestelle o Salvini? Come pensate di uscire dall’euro? Non solo seminano il panico ma colpevolizzano pure la vittima: avete vissuto sopra le vostre possibilità! Adesso, state buoni.

La finanza che ci fa la morale è la stessa che ha truccato la partita, che ha creato le condizioni delle bolle e poi delle crisi. GangBank ha trasformato i cittadini in consumatori per lasciarli nudi di fronte al loro indebitamento.

Macron ha chiamato il suo movimento «En Marche!» ma dietro di lui non c’è il quarto stato. Però ha vinto, ha superato il modello dei partiti, e questo basta per mettere tutti all’angolo. È la vittoria del ragazzo con la faccia pulita, il candidato che rassicura, è la sintesi di tutti i buoni principi. È il Battista del leader globale che verrà, Mark Zuckerberg, quel Gesù della Silicon Valley mandato dal dio moderno. Quando lo chiameremo presidente, il buonismo diventerà atto di fede e allora bye bye opposizione e diritto di critica. Bastano loro, i buoni per definizione.

domenica 7 maggio 2017

Vince Macron, trionfa l'Europa dei banchieri I primi dati: un massacro per Marine Le Pen

Francia, exit poll: Emmanuel Macron verso una netta vittoria su Marine Le Pen



I sondaggi non sbagliavano. Tutto come previsto: Emmanuel Macron, 39 anni, stravince contro Marine Le Pen nel ballottaggio delle elezioni francesi: sarà l'ottavo presidente della quinta Repubblica francese. Il candidato di En Marche! secondo il quotidiano Le Soir si impone con il 62,5% dei voti contro il 37,5% della leader del Front National. Dunque i primi exit-poll, ancor più drastico: a Macron andrebbe oltre il 65% dei consensi. Confermate, dunque, anche le indiscrezioni dei media belgi filtrate a metà del pomeriggio. Vince dunque l'Europa della finanza e dei banchieri. Sconfitto in modo netto il fronte anti-europeista: per quanto al Le Pen prenderà quasi il doppio dei voti rispetto alle ultime elezioni in Francia, le proporzioni della sconfitta sono impressionanti.

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I due candidati si sono sentiti telefonicamente subito dopo le 20. Secondo Afp, sarebbe avvenuto uno scambio telefonico breve e cordiale in cui la Le Pen ha riconosciuto la sconfitta (lo ha poi confermato la stessa Le Pen). Al Louvre, dove sono raccolti i sostenitori di Le Pen, la folla è esplosa in un boato di gioia quando la tv pubblica ha annunciato: "Il presidente della Repubblica è Emmanuel Macron".

La Le Pen ha votato in mattinata, nella scuola Jean-Jacques Rousseau di Hénin-Beaumont, nel dipartimento di Pas-de-Calais, nel nord est della Francia, per poi raggiungere il quartier generale del FN alla porte di Parigi. Macron ha votato nel medesimo dipartimento, ma a Touquet: anche lui, successivamente, si è recato a Parigi. Il discorso è atteso al Louvre, mentre la festa si terrà nella Cour du Carrousel, al centro tra la piazza simbolo della destra, la Concordia, e quella della sinistra, la Bastiglia. Una scelta, quest'ultima, con cui Macron prova a rimarcare di essere un leader senza partito. Un leader il cui partito, però, assomiglia molto a quello espresso dai burocrati di Bruxelles, dal mondo dell'alta finanza e delle banche da cui proviene.

Caivano (Na): Festeggiamenti Maria S.S. di Campiglione La Messa in diretta su Tele Capri e Capri Event con Mons. S.E Angelo Spinillo, offerta dall'imprenditore Antonio Licito

Festeggiamenti Maria S.S. di Campiglione La Messa in diretta su Tele Capri con Mons. S.E Angelo Spinillo, offerta dall'imprenditore Antonio Licito


di Angela Bechis


Mons. Angelo Spinillo
Vescovo di Aversa


Domenica 14 e lunedì 15 Maggio 2017, in occasione della festa della mamma, sarà celebrata a Caivano Maria Santissima di Campiglione, presso il Santuario di Maria Santissima di Campiglione. Si tratta di un Santuario che da sempre gode di un rapporto speciale con la Città di Caivano ma anche con i comuni limitrofi, e dal punto di vista storico è stato ben custodito prima dai Domenicani e poi dai subentranti Carmelitani. Ma l’immagine che il Santuario stesso ritrae e cattura da sempre l’attenzione dei cittadini locali, è l’immortalare la Vergine Maria tra i dodici apostoli mentre prega il figlio Gesù, circondato tra gli angeli.

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Antonio Licito

Recentemente è stato anche restaurato mettendo in risalto quel fascino che si era un po’ sbiadito, ricalcando particolari che rafforzano l’unione intercorrente tra i caivanesi e la Madre. Un evento particolare sentito enormemente sia dai cittadini caivanesi che da coloro che vivono appunto nelle aree limitrofe. 


Per questa occasione (come tutti gli anni), è stato invitato a recitare la messa, il Vescovo di Aversa, sua Eccellenza Mons. Angelo Spinillo. La messa si terrà lunedì 15 maggio alle ore 11.00, e sarà ripresa dalle telecamere di Tele Capri e Capri Event. Quanto, per dare l'opportunità a quelle persone che sono affette da seri e gravi problemi di salute ma anche a chi è particolarmente lontano dal luogo della celebrazione e quindi impossibilitate a recarsi in Chiesa. La Diretta è stata offerta dall'imprenditore caivanese, Antonio Licito dei Supermercati Licito.

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Legittima difesa, il clamoroso sì della Chiesa: "Ecco perché è sacrosanto sparare"

Legittima difesa, il clamoroso sì della Chiesa: "Ecco perché è sacrosanta"



Legittima difesa, anche la Chiesa dice la sua. Dopo il via libera della Camera e in attesa del successivo passaggio al Senato, prende parola monsignor Girotti. "La Chiesa non insegna che si debbano tenere armi in casa", premette il reggente di lungo corso della Penitenzieria Apostolica, una sorta di "Tribunale delle anime" del Vaticano, il primo dei Tribunali della Curia Romana "ma la legittima difesa, quella davvero legittima, non è un peccato: ognuno deve tutelare la propria vita".

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Come si legge sul quotidiano Il Tempo di oggi, anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, nel prevedere l' istituto, sottolinea che "la legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l' ingiusto aggressore in stato di non nuocere".

Ovviamente la difesa è legittima solo in caso di aggressione. In altri termini, la legittima difesa, e nel suo caso estremo dell' uccisione, "è comunque l' estrema ratio del difendere la vita". Monsignor Girotti passa in rassegna il testo della norma oggetto di polemiche bipartisan, sottolineando le "diverse lacune che andranno modificate".

La pistola puntata alla moglie E lui uccide il rapinatore: come lo ha ridotto lo Stato

La Storia Milano, il calvario del tabaccaio Giovanni Petrali dopo aver ucciso un rapinatore: inutile anche la nuova legge



L'incubo giudiziario di Giovanni Petrali, il tabaccaio milanese vittima di una violenta rapina nel 2003, non sarebbe cambiato con l'ultima modifica alla legge sulla legittima difesa. Ne è sicuro il figlio Nicolò, autore con suo fratello avvocato del libro "Legittima difesa, la vera storia di una rapina finita nel sangue", che al Tempo ripercorre quella dolorosa vicenda durata oltre otto anni.

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In una giornata di maggio del 2003, una come tante, due uomini armati fecero irruzione nel bar tabacchi della famiglia Petrali: "Mani in alto! Questa è una rapina!" urlano i due, nel libro i figli raccontano: "Uno dei malviventi si posiziona davanti al vetro divisorio della cassa e punta la pistola contro nostra madre, l'altro entra dietro il bancone trascinando con sé nostro padre e comincia ad arraffare i soldi nel cassetto. Sembra il copione della classica rapina, ma improvvisamente gli eventi precipitano".

I due criminali vedono una cassaforte nel muro, pretendono le chiavi, ma sia il signor Giovanni che sua moglie non le hanno. La situazione va fuori controllo, uno dei due prova a intimorirlo: "Vecchio bastardo!", l'altro taglia corto: "Spara! Spara! Spara!". A quel punto: "La pistola si sposta pericolosamente verso nostro padre - proseguono i due autori - che se la vede puntata contro, scorge il nero all'interno della canna e poi, dentro di sé, pensa 'è finita'". In quell'istante cambia per sempre la vita del signor Giovanni: "Un attimo di esitazione, o forse di distrazione da parte dei malviventi e scatta la reazione (...). La mano di nostro padre corre all'arma e bum, bum, bum esplode quattro colpi di pistola diritto davanti a sé, in direzione del rapinatore armato".

Quei colpi di pistola mettono in fuga i rapinatori, il signor Giovanni è come in "trance", si lancia all'inseguimento dei due tenendo in una mano l'arma e nell'altra la scopa con la quale lo avevano bloccato: "Dopo un lungo inseguimento i rapinatori, entrambi feriti, si accasciano sul marciapiede". Uno è morto lì, l'altro è ferito, con un polmone perforato.

Da quel giorno il signor Giovanni non ha parlato per quattro giorni, durante i quali raccontano i figli: "Il suo volto è una maschera impenetrabile, non riusciamo a squarciare il velo che sembra aver innalzato davanti a noi, non capiamo cosa stia provando". E di certo non hanno migliorato il suo recupero le decine di insulti anonimi ricevuti dalla famiglia: "Killer... Sei una merda nonno e tua moglie una puttana...", oltre ai tavoli del bar dati alle fiamme, mentre il signor Giovanni affrontava il suo calvario in tribunale.

Difeso da suo figlio Marco, in primo grado il signor Giovanni viene condannato a un anno e otto mesi di reclusione, con pena sospesa. Secondo il giudice dei quattro colpi sparati, solo il primo sarebbe stato di legittima difesa, mentre gli altri tre - due dei quali hanno colpito i criminali alle spalle - sono avvenuti fuori dalla "fase dell'offesa". La colpa del signor Giovanni sarebbe stata di non aver considerato tutto questo mentre un balordo gli puntava la pistola alla testa e minacciava sua moglie. Solo otto anni dopo, nel 2011, l'Appello ha ribaltato la sentenza, anche se l'incubo del signor Giovanni non è stato di certo cancellato in quell'aula di tribunale.

Dopo la sua morte, svelato uno dei segreti più intimi: tutta la verità su Pino Daniele

Pino Daniele, il libro che racconta come è nata la canzone Napul'è



A poco più di due anni dalla morte di Pino Daniele, resta forte il ricordo dell'artista napoletano attraverso i suoi brani, riproposti in diversi festival e raccontati da libri e ricordi di chi lo ha conosciuto da vicino. L'ultimo solo in ordine di tempo è Terra mia (Minimun Fax, 113 pagine) di Claudio Poggi e Daniele Sanzone, nel quale è anche racchiuso il prezioso racconto di quando Pino Daniele ha composto l'immortale Napul'è, come riporta il Fatto quotidiano. Poggi, all'epoca ventenne, racconta: "Mi trovavo in cucina quando Pino iniziò a strimpellare qualcosa, qualcosa per cui mi drizzarono le antenne. Era Na tazzurella'e cafè. Corsi in camera: 'Cazzo, Pinò (lo chiamavano Pinotto), è forte stu piezz!'. 'Na tazzurella'e cafè e mai niente ce fann sapé...', ironia, sfottò, una musica irridente, per celebrare la bevanda più apprezzata di Napoli". Così Poggi preparò un caffè per tutti, Daniele sorseggiando dalla tazzina aggiunge: "Stanotte non riuscivo a durmì e m'è asciuta pure chesta". Così intonò le prime strofe di Napul'è, Poggi è spiazzato: "Rimasi senza parole", lui chiese: "È bell', eh?". Quel brano stava per finire nelle mani di Peppino Di Capri, che Pino apprezzava tanto, ma alla fine la tenne per sé.

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IL NUOVO SISTEMA DIFENSIVO "Così l'Europa avrà l'atomica" La mossa epocale di Bruxelles: ecco il piano, in quattro punti

Il Nuovo Sistema Difensivo Il parlamentare tedesco Roderich Kiesewetter svela un piano in quattro punti per una "atomica europea"




E se anche l'Unione europea si dotasse di un'arma nucleare? È dal mondo politico tedesco che riparte il dibattito sugli armamenti nucleari sotto il controllo di Bruxelles, un'idea tutt'altro che provocatoria, ma anzi sostenuta da una serie di variazioni agli equilibri internazionali, cominciati con l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Scrive su Italia Oggi l'esperto di politica internazionale, James Hansen, che i continui richiami del presidente Usa ad aumentare la copertura della spesa Nato da parte dei Paesi europei ha riacceso il dibattito sul "deterrente nucleare" sotto la bandiera dell'Ue.

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Dopo la Brexit, però, l'unico Paese in grado di fornire una "force de dissuasion" atomica è la Francia. Per l'Ue si aprirebbero così due scenari possibili: "o che il paese ceda le sue armi all'Unione (impensabile) o che queste vengano spostate altrove in Europa, restando però sotto il controllo della Francia, come le atomiche Usa dislocate presso alleati". I francesi però non sarebbero così disponibili a questo tipo di condivisione, ma secondo Hansen i tedeschi sono convinti di sapere come possono cambiare idea, cioè con i soldi. Questo almeno il piano in quattro punti immaginato dal parlamentare tedesco Roderich Kiesewetter, portavoce per la politica estera del Cdu, cioè il partito di Angela Merkel: l'impegno francese a usare le arm i per la difesa comune europea, il finanziamento tedesco per dimostrare la natura collettiva del programma, un comando congiunto e un piano per dislocare le testate francesi in altri paesi europei".

A spegnere gli entusiasmi atomici tedeschi ci pensa però l'analista Oliver Thranert, del Center for security studies di Zurigo che su Policy Perspectives ha ricordato quanto sia innanzitutto costoso un progetto nucleare europeo, oltre a costringere i leader dell'Unione a camminare su "un campo politicamente minato, pieno di potenziali conseguenze indesiderate". Ma dagli Usa, Doug Bandow, del think tank conservare Cato Institute, taglia corto: "Anziché aspettarsi che gli Stati Uniti rischino uno scambio nucleare per proteggere l'Europa, gli europei stessi dovrebbero assumersi tale rischio".