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mercoledì 26 aprile 2017

Gli immigrati coprono Cristo di escrementi L'orrore in Liguria: ecco il loro water / Foto

Ventimiglia, gli immigrati usano la testa di Cristo come water: la denuncia....


di Giuseppe Barbera



Aggirandosi tra i bivacchi trasformati in discarica sul greto del Roja, fiume che prima di passare in territorio francese scorre nei pressi di Ventimiglia, l’assessore ligure all’Agricoltura Stefano Mai, assieme ad altri amici, ha intravisto anche la testa in marmo di un Cristo. Si è avvicinato, notando come su quella scultura sacra i migranti avessero fatto i loro bisogni corporali. La provenienza è sconosciuta: potrebbe essere stata prelevata dal vicino cimitero di Roverino, magari da profughi in arrivo da Sudan, Mali e Somalia. E non è dato sapere se si tratti di un gesto consapevolmente sacrilego. Certo però che ben esemplifica la situazione di degrado in cui vesra quest’area di confine, dove gli stessi migranti transitano nella speranza di passare il confine.

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E sono proprio clandestini, probabilmente rispediti indietro dalla “gendarmerie”, che allestiscono questi accampamenti improvvisati. Una terra di nessuno in cui si trova di tutto: indumenti, stracci, bottiglie, taniche di plastica, resti di cibo consumato ora diventato manna per topi. Proprio sulle sponde del Roja, domenica scorsa, è stata trovata anche una capretta in stato di decomposizione. A fare la scoperta è stato un residente di Ventimiglia, che aveva deciso di fare due passi con il proprio cane, a fianco del corso d’acqua. Il cagnolino a fiutare la carcassa dell’animale, morto chissà da quanto tempo: era accanto a uno dei tanti giacigli di fortuna allestiti dai migranti arrivati in frontiera, dopo essere sbarcati al Sud, in attesa di poter espatriare non appena le maglie dei minuziosi controlli della polizia francese si allargheranno.

Perché chi ha deciso di non essere ospitato nel parco Roja, attrezzato con moduli abitativi poi assegnati ai richiedenti asilo e controllato dalla forze dell’ordine, vive e dorme direttamente sulle sponde del fiume. Perché lì si prepara per oltrepassare il confime, tentandole tutte: c’è chi si nasconde nei bagagliai delle auto di privati cittadini o nei cassoni dei furgoni che trasportano i fiori della Riviera in Costa Azzurra; chi cammina lungo i binari della ferrovia; chi attraversa i sentieri a picco sul mare . Senza dimenticare chi si incammina lungo la “via della morte” sulle alture impervie della città e da qui raggiunge l’autostrada, e chi addirittura cerca di salire sui tetti dei treni lasciandoci la pelle - come è già successo nelle settimane scorse.

I migranti che dormono lungo il Roja vivono dunque in totale regime di clandestinità. Lo denunciano anche i residenti del vicino paese di Roverino, che chiedono più controlli e protezione. «Restano qui per entrare più facilmente in contatto con i passeur, che quasi quotidianamente orbitano in quell’area o nei pressi della stazione per poi prelevarli e accompagnarli al di là del confine». D’altronde Ventimiglia da molto tempo vive una situazione di emergenza senza fine. E quei giacigli indegni e la sporcizia arrecano danni all’immagine e all’economia di una città che vive di turismo. «Sì - sottolinea con forza Simone Piccolo, presidente cittadino della Confcommercio - negli ultimi anni, anche per via della crisi, abbiamo subito una drastica riduzione del numero di turisti che trascorrono le vacanze al mare, numerose imprese sono state costrette a chiudere perché la città ormai è in balia dei migranti. Gli accampamenti sotto i cavalcavia a Ventimiglia non rappresentano certo un bel biglietto da visita per i turisti che in questi giorni soggiornano in Riviera. Con la stagione balneare alle porte temiamo ulteriori contraccolpi».

Corea, l'allarme dell'ex super-generale a Trump "Vuoi attaccare? Ecco perchè sarà una carneficina"

L'ex generale David Petraeus: "In Corea del Nord rischio carneficina"



Era uno degli uomini più potenti del mondo; capo delle truppe americane in Afghanistan e Medio Oriente, poi capo delle forze armate Usa, infine direttore della Cia. Poi, però, David Petraeus, è caduto da un giorno con l'altro. Aveva un'amante, alla quale aveva imprudentemente rivelato alcuni segreti della sicurezza nazionale. Fu costretto a dimettersi e per un soffio evitò il carcere.

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Oggi, a 64 anni, "il generale" fa il consulente in una prestigiosa società di investitori privati e istituzionali di Manhattan, la Kkr. E in una intervista a "Repubblica" spiega il suo punto di vista su questi primi tre mesi di politica estera e militare targati Donald Trump. Ovvio che, al di là della Siria (i 59 missili lanciati qualche settimana fa) e l'Afghanistan (sganciata la "madre di tutte le bombe"), il teatro più importante e pericoloso sia quello della Corea del Nord: "L'opzione dell'attacco militare resta sul tavolo - spiega Petraeus - ma se si pensa a che tipo di intervento servirebbe per eliminare il programma nucleare, le possibili difese aeree e i missili di Pyongyang, si ha il senso delle potenziali perdite di vite umane. E' una prospettiva triste, ma lo è altrettanto quella di un uomo instabile che sarà con ogni probabilità in grado di colpire Los Angeles o San Francisco con una testata nucleare entro la fine di questo mandato presidenziale. Per questo - prosegue il generale - io ritengo che la mossa decisiva sia quella di convincere la Cina a tagliare il cordone ombelicale con la Corea del Nord".

L’epidemia fuori controllo negli Stati Uniti d’America (di Francesco Pellegrino)

L’epidemia fuori controllo negli Stati Uniti d’America


di Francesco Pellegrino
per il Notiziario sul web


Dott. Francesco Pellegrino

Gli Stati Uniti d’America hanno da decenni consolidato lo status quo di essere il lembo di terra dove avvengano prima gli eventi che registreremo successivamente in ogni altra parte del mondo.

Il New York Times intitola con l’esplosione di una epidemia fuori controllo negli USA, che costa in modo inusitato ma soprattutto colpisce in modo trasversale l’universo dei pazienti americani, generando una nuova categoria di pazienti ovvero coloro i quali non aderiscono al trattamento prescrittogli in malattie soprattutto croniche e ad alto costo socio sanitario.

La tragedia è che questa epidemia sarebbe prevenibile nella quasi totalità essendo generata da ignoranza , incapacità comunicativa, cambiata considerazione per le terapie prescritte e scarso senso di partecipazione alla gestione di fragilità sanitarie.

Questa epidemia potrebbe riflettere il profondo cambiamento che sta colpendo la popolazione mondiale, gli stakeholder istituzionali e soprattutto i gestori sanitari, imponendoci una profonda riflessione sulle scelte future.

Assunto che la salute umana è uno dei massimi mandati di ogni società umana democraticamente organizzata, poichè solo in una società in cui si viva bene è presupponibile un progresso armonico e fisiologico, la centralità dell’organizzazione sanitaria, primariamente per gli effetti prodotti e secondariamente per i costi di gestione correlati debba richiedere attenzione ed etica.

Una sanità che investe nella produzione di salute è necessariamente obbligata a verificare continuamente il proprio funzionamento ottimale, interpretando il cambiamento ma soprattutto consolidando quanto conquistato e reso fruibile da chi necessita.

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Le proiezioni sul futuro e sulle opportunità da cogliere ci vedono impegnati in un grande cambiamento culturale e di bilanciamento della spesa sanitaria, rendendoci obbligatorio la taratura dei costi consolidati, trasformandoli da costi di acquisite innovazioni e conquiste in costi di ridotto rilievo senza banalizzarne il valore sanitario e terapeutico.

Probabilmente è in questa ottica che negli Stati Uniti d’America registrano questo fallimento di adesione nei trattamenti da parte dei pazienti. Le ragioni riportate qualche mese fa in una review sugli Annals of Internal Medicine sono da ricondurre ad una mancata percezione adeguata della malattia e del valore terapeutico del trattamento prescritto, imponendoci la valutazione critica della corretta esecuzione del proprio mandato degli operatori sanitari nello spiegare, verificarne la comprensione stessa ed eventualmente ascoltarne le critiche e le perplessità espresse, non solo negli interessi dei pazienti stessi ma anche per cogliere eventuali cambiamenti nella percezione stessa della salute, dei processi gestionali e dei trattamenti stessi.

Infatti se la review americana registra fino al 50%  la percentuale della tendenza a non dar seguito corretto alla prescrizione del medico nelle malattie croniche, staremmo investendo risorse in modo errato sottraendole a processi virtuosi. Generando discontrollo di rischi sanitari e malattie, infatti, curiamo male il necessario e non deleghiamo risorse ad altre necessità.

Questa catastrofe santaria riconosce quindi vari attori che eseguono in modo migliorabile il proprio mandato ma soprattutto sta mancando il mandato di sostenere l’evoluzione terapeutica che cresce nei costi.

Infatti la mancanza di fornire indicazioni, chiarire l’importanza degli obiettivi e dei progetti di salute di ogni singolo utente, genera la mancata adesione cui si aggiunge in modo catastrofico il levitare del costo delle terapie a disposizione edin arrivo in una realtà mondiale di crisi economica.

Oggi giorno, infatti, la considerazione delle terapie farmaceutiche da parte dei pazienti tende per la prima volta nella storia moderna ad una percezione negativa, come registrato da una indagine della Kaiser Family Foundation, in cui si ritiene da parte del 73% degli intervistato che le Big Pharma Companies facciano troppo profitto sui farmaci messi in commercio.

Sono effetti che stanno generando movimenti culturali sanitari miscredenti inofferte sanitarie comunitarie cui rivolgono critiche legittime o meno che possono minare profondamente il vivere sanitario comunitario, anche per assenza di adeguate prese di posizione di confronto da parte dei gestori pubblici.

Recentemente in Italia come nella comunità europea sono state discusse la validità delle vaccinazioni e la congruità dei costi terapeutici dei trattamenti per l’epatite C.

Quindi quale soluzione proporre o quantomeno formulare in uno scenario così complesso ed in rapida evoluzione, dove un terzo dei pazienti americani trapiantati di rene non prende i farmaci anti rigetto oppure che ha avuto un infarto non assume regolarmente farmaci per il rischio ipertensivo?

Rifondare la sanità pubblica senza postulare meraviglie di offerte private od assicurative!

Infatti semplici manovre del serrare i ranghi nella esecuzione adeguata, corretta ed etica del proprio dovere metterebbero subito in una applicazione empatica del benessere sanitario generando un cambiamento deflagrante di benessere salutistico e finanziario.

Le malpractices introdotte dagli anglosassoni non appartengono alla tradizione mediterranea del farsi carico della fragilità altrui, generando quel benessere di comunità che rende la vita densa di significato assoluto e di benessere di Comunità.

Noi non partiamo da un esagerato ottimismo sulla natura dell’uomo: noi crediamo alla sua imperfezione, sappiamo della sua corruttela originaria.

Dott. Francesco Pellegrino
Via G.A. Acquaviva, 39, 81100 Caserta.
E_mail: frankpiglrim@gmail.com
Cell: 348.8910362

Allarme 'nomofobia': la dipendenza da smartphone è una vera malattia

Allarme 'nomofobia': la dipendenza  da smartphone è una vera malattia


di Laura Fusillo



Ansiosi per la batteria del cellulare scarica, nervosi per l’esaurimento del credito telefonico o agitati per la mancanza della rete. L’ossessione per lo smartphone, definita dagli esperti ‘nomofobia’, oggi colpisce milioni di persone in tutto il mondo compresi molti italiani, notoriamente sempre attaccati al telefono. Secondo i dati diramati dell’Università di Granada, la fascia di età più colpita sarebbe quella tra i 18 e i 25 anni, giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali, che sentirebbero il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il telefono cellulare. Nonostante i sintomi siano molto simili a quelli dell’ansia, uno studio condotto da ricercatori dell’Università Federale di Rio de Janeiro sembra indicare che la nomofobia sia da considerare una dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d’ansia. E nonostante ci siano all’attivo ancora un numero ridotto di ricerche sul tema, già nel 2014 gli italiani Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, studiosi dell’Università di Genova, avevano proposto di inserire la nomofobia nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Ma come si cura questa patologia? Secondo gli esperti lo psicodramma è la terapia ideale per guarire da questa sindrome. Un approccio ‘creativo’ che si manifesta con la messa in scena di una situazione attraverso verbalizzazione ed azione. Una terapia di gruppo che, attraverso il Teatro della Spontaneità - lo psicodramma ideato da Moreno - si realizza un lavoro di gruppo che sfrutta la messa in scena del proprio vissuto per una rielaborazione. Libera emozioni che sono legate al vissuto quindi aiuta la presa di coscienza di contenuti latenti. È quanto emerge da uno studio della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm, realizzata in occasione del XVIII Congresso Mondiale di Psichiatria Dinamica, a Firenze dal 19 al 22 aprile scorsi, attraverso il monitoraggio e l’analisi di oltre 100 testate internazionali di settore e su un panel di 150 esperti di psichiatria dinamica.

“L’abuso dei social network può portare all’isolamento come conseguenza della nomofobia - afferma Ezio Benelli, presidente del Congresso Mondiale di Psichiatria Dinamica e dell'International Foundation Erich Fromm - ovvero la paura di perdere il collegamento dalla rete. L’utilizzo smodato e improprio del cellulare come di internet può provocare non solo enormi divari fra le persone, ma anche portarle a chiudersi in se stesse, sviluppare insicurezze relazionali o alimentare paura del rifiuto, a sentirsi inadeguate e bisognose di un supporto anche se esterno e fine a se stesso. Ma lo smartphone, se usato in modo appropriato e intelligente, può assolvere a tre importanti funzioni psicologiche: regola la distanza nella comunicazione e nelle relazioni, gestisce la solitudine e l’isolamento assumendo quasi il ruolo di antidepressivo multimediale e permette di vivere e dominare la realtà, regalando l’idea di poter essere presenti e capaci di fermare lo scorrere del tempo con uno o più scatti”. 

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La nomofobia fa parte di una serie di dipendenze che si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti disfunzionali e anomali quali il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da TV, da internet, lo shopping compulsivo, le dipendenze dalle relazioni affettive, le dipendenze dal lavoro e alcune devianze del comportamento. Per questo si può parlare di nomofobia quando una persona prova una paura sproporzionata di rimanere fuori dal contatto di rete mobile, al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea. Una problematica analizzata in passato anche dall’ente di ricerca britannico YouGov, dove emerge che più di sei ragazzi su dieci tra i 18 e i 29 anni vanno a letto in compagnia del telefono e oltre la metà degli utenti di telefonia mobile (53 per cento), tendono a manifestare stati d’ansia quando rimangono a corto di batteria, di credito o senza copertura di rete oppure senza il cellulare. La ricerca evidenzia inoltre che gli uomini tendono ad essere più ansiosi e che circa il 58 per cento di loro e il 48 per cento delle donne soffrono di questa nuova sindrome. Andando Oltreoceano, uno studio americano effettuato da Morningside Recovery, centro di riabilitazione mentale di Newport Beach, ha dimostrato che milioni di americani, circa i 2/3 della popolazione, sono affetti da nomofobia e che molti di loro raggiungono stati elevati di agitazione incontrollata se vengono a conoscenza di non possedere il proprio cellulare.

“Questo fenomeno è in forte crescita - afferma Giuseppe Rombolà Corsini, psicologo e psicoterapeuta e vice direttore della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm - Questo tipo di tecnologie come lo smartphone sono psico-affettive: alterano l’umore e scatenano sensazioni. Il fatto di poter ricevere un messaggio o una mail piacevole, ma non sapere quando la riceveremo, ci spinge a tenere in mano il cellulare continuamente. Quindi c’è un discorso di attesa, stimolo e gratificazione. Il cellulare non ha solo un utilità pratica, ma anche delle valenze affettive. Il problema è che queste persone non si rendono conto che il cellulare può essere uno strumento consolatorio e illusorio. Infatti ci allontana dall’impatto diretto con le emozioni. Un intervento utile per le persone che soffrono di questa sindrome può essere proprio la psicoterapia. Del resto, attraverso una tecnica specifica come lo psicodramma, terapia di gruppo che spinge il soggetto a compiere un’azione che in qualche modo possa richiamare la sua storia personale, si può portare alla luce il proprio inconscio. È un lavoro emozionale, un teatro della spontaneità attraverso cui i partecipanti possono interagire tra loro, scambiarsi sguardi e parlarsi. Una condivisione di emozioni con cui riprendere contatto con il presente e prendere coscienza di quanto è stato rimosso. Come ci dice Moreno, con il teatro dell’improvvisazione si favorisce il recupero critico. Quindi lo psicodramma è un lavoro di gruppo dove il vissuto è agito, non solo parlato. Ed è quindi una prassi trasformativa dal momento che non c’è solo il racconto, ma anche la messa in scena, attraverso cui condividere emozioni e far emergere vissuti inconsci che determinano i sintomi patologici.

Anche in India è stata condotta una ricerca su questo tema da parte del Dipartimento di Medicina di Comunità, dove è stata riscontrata questa nuova forma di sindrome, ma con incidenza minore, circa nel 18 per cento. Ma quali sono i campanelli d’allarme per capire che si sta cadendo in questa sindrome? Usare regolarmente il telefono cellulare, trascorrere molto tempo su di esso, avere uno o più dispositivi, portare sempre un carica-batterie con sé per evitare che il cellulare si scarichi, sentirsi nervosi al pensiero di perdere il proprio portatile, guardare lo schermo del telefono per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate. In quest’ultimo caso si parla di un particolare disturbo che definito ‘ringxiety’,  mettendo insieme le parole inglesi squillo e ansia. 

La mossa definitiva di Trump: tutto pronto per la guerra Cos'ha messo in Corea / Foto

Corea del Sud, iniziata l'installazione del sistema anti-missile Thaad



Gli Stati Uniti hanno cominciato le operazioni per installare in Corea del Sud lo scudo anti-missile Thaad: lo ha riferito l’agenzia di stampa sud-coreana Yonhap. Questo sistema è concepito per intercettare e distruggere missili balistici a corto e medio-raggio nella fase finale del volo. L'accordo per l'installazione era stato raggiunto lo scorso anno tra Corea del Sud e Stati Uniti con il solo scopo di combattere la minaccia missilistica nord-coreana. Il Ministero Nazionale della Difesa di Seul ha confermato che è iniziato il "dislocamento completo" e che il Thaad entrerà totalmente in funzione entro la fine del 2017.

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Ci sono state diverse proteste da parte dei residenti di Seongju, il luogo dove verrà installato il Terminal High-Altitude Area Defense system (Thaad), che durante le manifestazioni notturne hanno scandito "No Thadd, no war". Alla decisione di installare questo tipo di difesa, si erano opposti la Russia e soprattutto la Cina, che ha infatti espresso una forte preoccupazione e ha chiesto agli Stati Uniti e alla Corea del Sud il ritiro del sistema anti-missile. Il timore della Cina è che il super radar possa compromettere i sistemi di sicurezza di Pechino, ma Washington e Seul hanno assicurato che servirà solo per rispondere a possibili attacchi nordcoreani.

Alitalia sarà fatta a pezzi Rotte, aerei e dipendenti Con chi e come voleremo

Alitalia, Lufthansa e le low cost pronte a prendersi aerei e dipendenti in saldo



Sei mesi di tempo. E poi sarà vendita, liquidazione o spezzatino. L'Alitalia di oggi non è un boccone appetibile. Ma potrebbe diventarlo dopo la cura del commissario che sarà nominato a giorni. Un'Alitalia dimagrita, con 5mila dipendenti in meno e una flotta più snella ma più "efficiente" potrebbe fare gola a Lufthansa, che già in Europa ha fatto shopping alla grande, prendendosi negli anni la totale proprietà di Swiss, Austrian e Brussels Airlines. I tedeschi stanno studiando il dossier e a questo punto potrebbero prendersi la compagnia italiana a prezzo di saldo, anche perchè è possibile che Etihad sia disposta a questo punto a liberarsene.

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Ma alla finestra ci sono anche le low cost Ryanair e Easyjet, già padrone di gran parte dei cieli italiani. Se la nuova Alitalia dovesse ridurre i voli nazionali e quelli internazionali a breve raggio, loro potrebbero subentrare rapidamente con le loro flotte agili, magari affittando in "wet lease", ovvero con una contratto che preveda il noleggio di aerei già completi di equipaggi, una parte degli aerei in surplus della dimagrita Alitalia. Un'operazione simile la sta facendo, proprio in questi giorni, Air Berlin (guarda caso un'altra compagnia del gruppo Etihad), che per l'estate ha affittato una ventina di aerei e relativi equipaggi al gruppo Lufthansa, con una parte degli aeromobili che sono andati a Austrian Airlines e una parte a Eurowings.

Salvini, doppia lezione al Papa Gaffe clamorosa sui migranti: come lo smaschera il leghista

Salvini: "Due in ognuno degli 8mila comuni? Ma ce ne sono 180mila"



Non doveva essere la matematica la materia preferita dal giovane Mario Bergoglio ai tempi delle scuole. Secondo Papa Francesco in Italia siamo destinati al suicidio sociale se continuiamo ad avere le culle vuote e a non ospitare gli immigrati. La soluzione del Pontefice quindi sarebbe quella di farne ospitare due per ogni comune. I conti però non tornano, come ha dovuto far notare il segretario della Lega nord, Matteo Salvini, ai microfoni della Zanzara su Radio24: "Ha fatto male i conti, matematicamente è sbaglia, perché essendo 8mila comuni italiani, il totale fa 16mila. Ne abbiamo 180mila negli alberghi e nelle case. È un errore".


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Sulle culle vuote, l'analisi del Papa non torna granché secondo il leghista: "Ma che ragionamento è? LE culle sono vuote perché gli italiani hanno problemi di lavoro. E più immigrati sbarcano, più problemi averanno gli italiani col lavoro". Il sogno provocatorio di Salvini sarebbe quello di applicare anche in Italia le leggi severissime sull'immigrazione adottate in Vaticano: "Ci metterei la firma domani mattina. Anche il trattamento fiscale lo estenderei a tutti gli imprenditori italiani domani mattina".