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martedì 11 aprile 2017

"Siamo islamici, vi ammazziamo tutti"  La letterina al Papa: roba terrificante

L'Isis smentisce il Papa: "Vi vogliamo tutti morti in nome di Allah"



Secondo i saccenti nostrani in materia, cioè i progressisti, solitamente atei, quando un musulmano si mette ad ammazzare civili occidentali gridando «Allah Akbar» questo non è «terrorismo islamico». Non c'entra «la religione della pace» - ci spiegano - con comportamenti di questo genere e dire il contrario è islamofobia, causata da ignoranza e razzismo. Ovviamente, tante gente normalmente «infedele» all'islam - come me ad esempio, come la maggioranza, scommetto - non è per niente d'accordo. Ma non lo sono neppure i terroristi islamici stessi.

Anzi. Sono arrabbiatissimi con la macchina del fango occidentale che vuole spiegare il loro terrorismo in tanti modi (pazzia, povertà, perversione, ecc.) ma evitando a tutti costi un nesso con la religione islamica. E ce l' hanno anche col Papa che sta per visitare l'Egitto fra poco per lo stesso motivo. A febbraio ha detto: «Non esiste il terrorismo islamico». Nella rivista online dell' Isis - Dabiq - c'è un editoriale lunghissimo scritto in inglese ed intitolato «Break the Cross» (Spaccate la Croce) sul tema dell'ignoranza occidentale del terrorismo jihadista praticato in nome di Allah.

L'oggettivo dell'editoriale è di «correggere la falsa narrazione» sull'islam e spiegare chiaro e tondo «perché noi odiamo voi e perché noi combattiamo contro di voi». L'Isis, cioè Islamic State in Iraq and Syria, elenca in bianco e nero le motivazioni del suo terrorismo. Innanzitutto, noi occidentali dobbiamo morire perché non ci siamo convertiti all'islam e il Cristianesimo è blasfemia e offesa ad Allah punibile con la morte. Si legge: «Noi vi odiamo, prima e principalmente perché siete miscredenti; rifiutate l'unicità di Allah - anche se non ve ne rendete conto - voi siete colpevoli della blasfemia contro di Lui, pretendendo che Lui ha un figlio, voi fabbricate delle bugie contro i Suoi profeti e messaggeri, e commettete delle pratiche diaboliche di ogni tipo.

Non solo: la vostra miscredenza è la prima ragione per cui noi vi combattiamo; è la nostra fede che ci ordina di combattere i miscredenti finché non si sottomettono all'autorità dell' islam. Le penne dell'Isis si sentono in particolare offese da Papa Francesco perché ha detto più di una volta (più recentemente a febbraio) che non esiste «terrorismo musulmano» e che i jihadisti non sono motivati dalla religione e che i musulmani vogliono la pace e che il terrorismo commesso da musulmano è motivato dalla povertà. La loro unica motivazione invece, scrivono, è la religione come richede Allah nel Corano.

«Questa è una guerra divinamente giustificata fra le nazioni musulmane e le nazioni della miscredenza».Ce l'hanno col Papa forse ancora più che con i progressisti probabilmente perché ha più peso spirituale.

Non è vero, dicono, che l'islam autentico secondo il Corano è contro la guerra e la violenza come sostiene il Papa che si nasconde dietro «un velo di buona volontà». Il messaggio dell'editoriale è chiarissimo: il dovere di ogni musulmano è di prender in mano la spada in nome del «più grande obbligo» di ogni musulmano genuino, cioè, la Guerra santa.

Nel frattempo gli attentati contro i cristiani in quelle chiese in Egitto domenica delle Palme vengono definiti - dal governo egiziano per esempio - assalti «contro gli egiziani» - cioè tutti - e dunque non contro solo cristiani. Mi dispiace: ma per capire il terrorismo islamico - ed islamico lo è - mi fido più dei terroristi stessi piuttosto che la sinistra progressista ed atea e persino del Papa.

Siamo sull'orlo dell'Apocalisse atomica Trump contro Kim: basta questa mossa

Corea del Nord: "Se Usa attaccano, catastrofiche conseguenze"



"Adotteremo le più dure reazioni contro i provocatori, per difenderci da potenti forze armate e mantenere il percorso da noi stessi scelto". E' questa la reazione di Pyongyang alla decisione degli Stati Uniti di inviare la portaerei nucleare Carl Vinson e altre unità navali nei pressi della penisola nordcoreana. Le navi, partite l'altroieri da Singapore, arriveranno nella zona nei prossimi giorni. Ma la tensione tra Stati Uniti e Nord Corea è già altissima. Già dopo l'attacco missilistico lanciato contro la Siria dagli Usa, Pyongyang aveva detto che "l'aggressione, da sola, meriterebbe una azione con l'impiego di ordigni nucleari".

Uno scenario da incubo, soprattutto per la Corea del Sud. I test missilistici realizzati in questi anni dal regime comunista di Kim Jong Un hanno dimostrato che Pyongyang può colpire bersagli a centinaia di chilometri di dustanza anche con testate nucleari. E la capitale del Sud, Seul, potrebbe essere colpita in pochi minuti. C'è poi il timore che lo scontro possa coinvolgere altri attori, in primis la Cina che è storico alleato del Nord. Il segretario di Stato americano Tillerson è stato chiaro: "L'opzione militare è sul tavolo, la politica della pazienza strategica è finita: se Pyongyang continuerà ad elevare òa sua minaccia militare non esiteremo ad attaccare".

"TRAVAGLIO IN TRAPPOLA" Papà Renzi e il carabiniere, c'è un'accusa devastante

Consip, Renzi e i falsi del carabinieri: l'accusa devastante a Travaglio




Il caso Consip scoppia in mano ai carabinieri e ai manettari. "La verità adesso inizia a venire fuori", gongola Matteo Renzi fingendo prudenza. E dal Pd renziano partono già all'attacco: "Ora fuori i mandanti". Troppo grave la svolta nell'inchiesta che vede indagati Luca Lotti e il padre dell'ex premier, Tiziano Renzi, oltre all'imprenditore napoletano Alfredo Romeo: il capitano dei carabinieri Gianpaolo Scafarto è accusato di aver prodotto due falsi per incastrare proprio Tiziano Renzi. Una "manipolazione macroscopica", secondo Repubblica, che rischia di mandare a ramengo tutta l'inchiesta. Secondo il Fatto quotidiano, che quell'inchiesta invece ha anticipato grazie ad alcuni pizzini dalle Procure e cavalcato, rimane l'impianto accusatorio. Difficile, però, che una così grande ombra non offuschi tutto il resto.
Repubblica però va oltre, e lancia una pesantissima accusa all'ufficiale dei carabinieri finito nei guai per aver attribuito una intercettazione a Romeo e non come sarebbe stato corretto al suo consulente Italo Bocchino, come invece scritto accuratamente nei brogliacci. Scafarto avrebbe agito con tre obiettivi precisi, scrive Carlo Bonini. Il primo: "costruire una sequenza indiziaria in grado di annodare logicamente e temporalmente la responsabilità politica dell'ex Presidente del Consiglio Renzi a quella penale del padre Tiziano", portando di fatto l'inchiesta dai rapporti tra Romeo e Consip a Palazzo Chigi. Il secondo obiettivo, non a caso, sarebbe stato quello di offrire (forse fabbricare da zero) la "prova regina di un rapporto diretto tra lo stesso Romeo e Renzi padre". E la terza, e qui Repubblica tira in ballo il Fatto stesso, "alimentare una campagna di stampa" "con perfetta sincronia e sapiente fuga di notizie" per far sì che i pm romani fossero di fatto costretti a dare il via libera all'inchiesta per, scrive Bonini, "non incorrere nell'accusa di insabbiatori per conto del Pd di Renzi".

Una brutta storia, a cui il Fatto avrebbe prestato il fianco secondo le accuse di Bonini. A cominciare da un articolo celebrativo dedicato proprio al 43enne Scafarto, presentato come "allievo di Ultimo", l'ex ufficiale del Ros che catturò Totò Riina ed ex capo del Noe, il reparto del capitano sotto accusa. Visto che stanno emergendo dettagli clamorosi su "falsi 007" e "false ingerenze" da parte della politica sul Noe, è la domanda inquietante di Repubblica, chi ha prodotto e consegnato la "polpetta avvelenata" alle due procure e al Fatto? "È tutta farina del Carneade Scafarto?".

"Così Igor è uscito prima dal carcere" Stupri e omicidi, ecco di chi è colpa

Igor il russo, lo stupro, le rapine e il carcere: "Perché è uscito un anno prima"



Fuggito dalla ex Jugoslavia per un'accusa di stupro, arrivato in Italia per dedicarsi alle rapine nelle campagne tra Bologna e Ferrara. Igor Vaclavic, meglio noto come Igor il Russo accusato di aver ucciso un barista di Budrio e sospettato di aver ammazzato un guardiapesca e ferito una guardia giurata, è ancora in fuga ma soprattutto è una vecchia conoscenza della giustizia italiana: arrestato nel 2007 dopo una tentata rapina in un casolare nel Polesine, finita a bastonate in testa.

Condannato a 2 anni di carcere a Ferrara. Esce il 13 settembre 2010, diventa rapinatore seriale e per 3 mesi semina il panico nella zona, a colpi di ascia e arco e frecce. Viene visto come un "pazzo", lo condannano ancora a 5 anni, nel maggio del 2011. Torna in carcere e qui incontra il cappellano Don Antonio Bentivoglio, con cui si scatta anche una foto che finirà sul suo beffardo profilo Facebook, a nome Ezechiele Feher. Per il cappellano, intervistato dal Corriere della Sera, Igor è stato un "detenuto modello" che puliva in chiesa, cantava nel coro, cucinava per tutti e faceva il chierichetto. "Ovviamente sapevo del suo passato - spiega Don Antonio -, ma sembrava sulla buona strada. Non mi sembrava sincero fino in fondo. Ma ammetto di non aver mai pensato a lui come a un potenziale omicida. Nutrivo speranze sul suo conto". La pena dovrebbe finire l'11 marzo 2016, ma Igor esce un anno prima per buona condotta.

Certo, resta in ballo il decreto di espulsione che lo fa portare al Cie di Bari, per essere "compiutamente identificato". Ma proprio come per il terrorista Anis Amri, il problema è che manca il passaporto. La Russia e l'Uzbekistan non lo riconoscono loro cittadino e così dopo 15 giorni esce. Libero di delinquere, tornare nella "sua tana", rubare, torturare anziani, uccidere. Un suo complice, condannato per l'ergastolo di un pensionato ucciso nel suo casolare, ha riassunto in poche righe l'indole di Igor: "Lui conosceva i posti buoni e tranquilli. Lui voleva fare qualcosa di più grosso come rapine".

ORDINE UEFA "Milan cacciato dalle coppe" Tutto inutile, addio Europa

Milan, se slitta il closing con i cinesi salta l'Europa League



Se il closing per il passaggio di proprietà dovesse slittare ancora (per ora la nuova scadenza è fissata al 14 aprile), il Milan sarà costretto a non partecipare alla prossima Europa League: una scadenza imposta dalla UEFA potrebbe rendere vani tutti gli sforzi e i sogni di gloria dei rossoneri sul campo. Si tratta della deadline per presentare il voluntary agreement (il piano di equilibrio tra investimenti e spese), fondamentale per ottenere il nulla osta per la partecipazione alle coppe eiuropee: il 21 aprile. Se per qualche motivo il closing dovesse essere posticipato, la prima data utile per la definitiva conclusione della trattativa sarebbe il 4 maggio, giorno in cui è convocata la riunione degli azionisti. Con questo scenario, il Milan sarebbe impossibilitato a presentare i documenti e quindi costretto a non poter prendere parte alla prossima Europa League.

STUDIO ALUR "Buoni risultati, ora dialogheremo con le autorità sanitarie mondiali"

"Buoni risultati, ora dialogheremo con le autorità sanitarie mondiali"


di Matilde Scuderi



“Siamo lieti di annunciare che i risultati dello studio di fase III 'Alur' avvalorano ulteriormente l’uso di alectinib nel trattamento di soggetti affetti da carcinoma polmonare positivo alla chinasi del linfoma anaplastico (Alk). I risultati di questo studio saranno alla base delle discussioni che sosterremo con le autorità sanitarie mondiali, per poter rendere alectinib disponibile ai pazienti il più velocemente possibile” queste le dichiarazioni di Sandra Horning, chief medical officer e head of global product development del gruppo farmaceutico svizzero Roche, dopo che i dati dello studio 'Alur' hanno evidenziato che i pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (Nsclc) alk-positivo metastatico hanno visto le proprie condizioni migliorare significativamente e senza progressione del tumore, laddove la terapia con chemioterapia a base di platino e crizotinib non era riuscita a fermare la crescita delle neoplasie. Lo scorso 16 febbraio 2017, in base ai risultati degli studi di fase I e II la Commissione europea ha approvato alectinib per i pazienti con nsclc alk-positivo trattati precedentemente con crizotinib Negli Stati Uniti e in nove altri Paesi in tutto il mondo, alectinib è, inoltre, approvato in monoterapia per i pazienti affetti da nsclc alk-positivo andati incontro a progressione durante il trattamento con crizotinib o intolleranti a questo medicinale. Oltre allo studio 'Alur', alectinib è attualmente oggetto di valutazione come opzione terapeutica di prima linea nello studio di fase III 'Alex' volto a confrontare alectinib e crizotinib nel nsclc alk-positivo. Si prevede che i dati dello studio 'Alex' verranno presentati nel corso di quest’anno.

Nel mondo, l’Nsclc alk-positivo, viene diagnosticato a circa 75mila persone ogni anno, più frequentemente in soggetti di giovane età e nelle donne, che costituiscono il 54 per cento dei pazienti. Inoltre, questa forma particolare di tumore al polmone viene di norma riscontrato in coloro che hanno un passato da ‘fumatori leggeri’ o nessuna storia di tabagismo. Alectinib si è dimostrato attivo nelle metastasi cerebrali, questo sta ad indicare la possibilità che il farmaco riesca a penetrare la barriera ematoencefalica. Il cervello, infatti, è protetto da una rete di cellule strettamente giunte tra loro che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni presenti nel cervello e nel midollo spinale. Per impedire alle molecole di agire sul cervello, la barriera ematoencefalica mette in atto una serie di espedienti, tra cui l’espulsione attiva delle stesse attraverso un processo noto come ‘efflusso attivo’. Il sistema di efflusso attivo non riconosce alectinib, il quale può quindi attraversare liberamente il tessuto cerebrale.

Con il Parmigianino la Menarini  ritrova le sue radici partenopee

Con il Parmigianino la Menarini ritrova le sue radici partenopee


di Maria Rita Montebelli


Da Sinistra: Ennio Troiano, Pier Luigi Leone de Castris e Alessandro Tosi

60 anni di volumi d’arte e 120 anni di presenza in Italia sono i traguardi tagliati nel 2016 da Menarini. Che per la sessantesima monografia dei libri d’arte, testimonianza di una consolidata vocazione artistica, sceglie un artista dalla fama complessa, come Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (1503-1540), maestro della ‘maniera moderna’. “Menarini ama l’arte - commenta Ennio Troiano, direttore HR Corporate del Gruppo Menarini - e per la presentazione del suo sessantesimo volume d’arte ha scelto Napoli, tornando così anche alle sue radici. Menarini nasce infatti a Napoli nel 1866 dalla Farmacia Internazionale, che preparava farmaci per tutti i migranti italiani in partenza per le Americhe, e che era stata aperta dal bolognese Archimede Menarini in via Calabritto. Poi la sede fu spostata a Firenze, dove siamo oggi una multinazionale attiva in oltre 130 Paesi al mondo, impegnata nella ricerca, prevalentemente in ambito oncologico, e con la concreta speranza di offrire nuove cure per patologie ancora irrisolte. L’arte e la bellezza italiana accompagnano da sempre Menarini, che cura con particolare attenzione la propria collana di volumi d’arte da 60 anni. Quest’anno abbiamo deciso di coniugare la presentazione del volume dedicato al Parmigianino alla visita a Capodimonte, che custodisce una eccezionale testimonianza del suo genio artistico. Un modo per tornare a Napoli ed alle nostre origini”.

Per la presentazione dello splendido volume dedicato al Parmigianino la scelta è dunque caduta su Napoli, la città di Dio come la chiamava il drammaturgo francese Jean Cocteau, in antitesi e quasi ‘dispetto’ a Roma, la città dei papi. E le ragioni sono ben due. La prima è che la storia delle collezioni Farnese, dicotomizzate in epoca moderna tra la pinacoteca del Museo di Capodimonte e la superba collezione di arte antica del Museo Archeologico (Mann) di Napoli, è legata a filo doppio con la storia del ducato di Parma e Piacenza. La seconda è che a Capodimonte si conservano ben 4 meravigliose opere del Parmigianino, tre delle quali (l’Antea, il ritratto di Galeazzo Sanvitale, Sacra Famiglia con San Giovannino) illustrate dal professor Alessando Tosi nella monografia Menarini dedicata all’autore (edizioni Pacini). E queste 4 opere (la quarta, che per qualche ragione non trova spazio nella monografia, è la Lucrezia Romana) fanno parte dei 28 dipinti delle cosiddette collezioni farnesiane (il cui primo nucleo si deve a papa Paolo III, Alessandro Farnese) trasferite dal ducato di Parma e Piacenza a Napoli, nel 1734 da Carlo di Borbone (figlio di Elisabetta, ultima discendente dei Farnese) nel ‘suo’ museo di Capodimonte. “Sono incontri che non si possono dimenticare – asserisce Tosi – quelli con le opere del Parmigiano, siano esse quadri, disegni o incisioni”.

Dopo essersi ispirato e abbeverato allo stile puro e sovrano del Correggio, nella Parma del ‘500, il Parmigianino approda nella Roma di Raffaello, in un incontro che plasma il suo linguaggio, fatto anche di pazzia magica e magnetica. Un autore difficile, anche nelle attribuzioni, controverso e dalla storia personale poco leggibile, che culmina in un furore alchemico, per spegnersi a soli 37 anni. Poco noto al grande pubblico fino all’inizio di questo secolo, la sua fama ha subito un’accelerazione a partire dalla mostra del 2003, divisa tra Parma e Vienna, per approdare poi alla mostra allestita presso le Scuderie del Quirinale a Roma lo scorso anno, in un incredibile turbinio di pubblicazioni (sono addirittura 45 le monografie a lui dedicate dall’inizio degli anni 2000). Un dandy contemporaneo che - secondo una boutade dello Sgarbi - mutatis mutandis potrebbe ambire a rappresentare l’emblema del gay pride, oltre a diventare un mito di massa come il Caravaggio. Ma Parmigianino, pittore, suonatore di liuto e da ultimo alchimista è ben più che questo e per apprezzarlo appieno - scrive il Tosi - bisognerebbe essere un poeta, o uno scienziato o un medico, o un farmacista. O ancora un musicista, un maestro di liuto (strumento che Francesco padroneggiava realmente) un filosofo, un letterato o uno studioso di testi religiosi. Perché la sua arte, la sua ‘maniera moderna’, è ineffabile e inafferrabile proprio come le eleganti e curatissime mani inanellate dei suoi soggetti che sembrano appena sfiorare, senza mai toccare, gli oggetti.

Bellissime quelle di Galeazzo Sanvitale che con la mano guantata esibisce misterioso una moneta col numero 72, probabile riferimento cabalistico di Dio, mentre le sue vesti di alta sartoria italiana dialogano col bagliore da flash stampato su un’armatura e con una natura rigogliosa di fronde e fogliame maestoso che prorompe dalla finestra alle sue spalle. Sublimi nella loro nonchalance anche quelle dell’Antea che ti guarda fissa negli occhi, facendosi perdonare la deforme torsione del corpo, appesantito da abiti sontuosi e congelato in una posa innaturale, di ‘maniera’. Una bellezza algida che si declama attraverso i dettagli della raffinata acconciatura, dei gioielli preziosi ma delicati, delle vesti dai bagliori dorati, con la pelle di martora, adagiata sulla spalla, che sembra voler mordere la mano guantata. “Il Parmigianino - ricorda il professor Pierluigi Leone de Castris, ordinario di storia dell'arte moderna Università Suor Orsola Benincasa, Napoli - è uno dei più grandi esponenti della ‘maniera moderna’; le figure non devono necessariamente esprimere bellezza, ma grazia, attraverso la torsione del busto, del corpo. Sono intrecci di braccia, di gambe, di mani, in una ricerca sofisticata e intellettuale del movimento. Il volume - prosegue de Castris - anche grazie alle sue splendide foto e alla sua impeccabile veste editoriale, aiuterà senz'altro ad avvicinare il grande pubblico alla figura di Parmigianino. L'idea poi di presentare il volume stesso a Napoli, oltre a ricordare felicemente le origini della Menarini, consente di legare l'iniziativa allo straordinario nucleo di opere del pittore presenti nel Museo di Capodimonte, che ne rappresenta una sorta di efficace sintesi quasi monografica, dal felice esito giovanile del Galeazzo Sanvitale ai dipinti della maturità fra Roma e l'Emilia, come la Sacra Famiglia e l'Antea, e al prezioso manierismo della Lucrezia, ultimo quadro del pittore”.

Una fama ‘smarrita’ per anni quella di Parmigianino, a causa del suo spirito inquieto e della follia alchemica che lo travolge nei suoi ultimi anni, fino a farlo uscire di senno.  “E avesse voluto Dio - scrive il Vasari - ch’egli avesse seguitato gli studi della pittura, e non fosse andato dietro ai ghiribizzi di congelare mercurio per farsi più ricco di quello che l’aveva dotato la natura e il cielo!” Fama che adesso Menarini, con la sua preziosa monografia, ha contribuito a riportare, come merita, sotto la luce dei riflettori. “Con questo volume abbiamo scoperto un artista straordinario - conclude Lucia Aleotti, presidente del Gruppo Menarini - che ha arricchito la nostra preziosa collana di volumi d’arte che abbiamo iniziato nel 1956 e che comprende artisti da Leonardo da Vinci a Raffaello, da Bronzino a Tiziano”.