È probabilmente la più grande speculazione che si conosca fatta sulla pelle dei malati. E in Italia, grazie a una gestione più che discutibile, anche sulle casse della sanità pubblica. Il suo nome è Sovaldi, ed è il farmaco a base di Sofosbuvir in grado di debellare una volta per sempre il virus della epatite C (HCV). È prodotto da un colosso farmaceutico americano, la Gilead sciences inc., quotata al Nasdaq, con un fatturato 2016 superiore ai 30 miliardi di dollari e un utile netto di 13,5 miliardi di dollari.
È un farmaco salva-vita che viene regolato e calmierato sul mercato americano, che può essere prodotto su licenza - ma non esportato - con la versione del generico in alcune aree del mondo (India ed Egitto, ad esempio), e che viene venduto in Europa e nel resto del mondo a prezzo proibitivo, tanto è che quasi tutti gli utili della Gilead provengono dall' Europa. Il prezzo di vendita al pubblico non è alla portata delle tasche dei malati, ma con il governo di Matteo Renzi il farmaco è stato portato all' interno del servizio sanitario nazionale. Il costo è sostenuto dalla sanità pubblica, che però al momento ancora lo centellina ai pazienti. Anche perché ha condotto una trattativa piena di misteri con l'azienda americana che non ha abbassato i costi come sarebbe stato immaginabile. Ora su quella trattativa e sul dramma di centinaia di migliaia di malati è stata aperta una indagine molto complessa dalla procura della Repubblica di Pavia. Grazie a cui è cominciata a venire fuori una verità inimmaginabile.
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I numeri, innanzitutto. In Italia esistono fra 1 milione e 1,2 milioni - a seconda delle statistiche ufficiali - di persone infette dal virus della epatite C (HCV), anche se probabilmente le cifre sono per difetto, perché molti altri possono avere contratto il virus senza saperlo ancora. Quello italiano è il record europeo di malati, e l'epatite C è la principale causa della cirrosi epatica (72%) e del tumore al fegato (76%) nonché la quinta causa di mortalità in Italia con circa 13 mila decessi l'anno. Il Sovaldi, il nuovo farmaco dell'azienda Usa, è in grado di sconfiggere il virus anche in pazienti con patologia epatica in fase molto avanzata. Ma il prezzo come abbiamo detto dipende dalla legge della domanda e dell' offerta: ne ordini milioni di confezioni, e si spuntano cifre ragionevoli. Ne ordini poche, e il costo sale come sale il margine dell'azienda farmaceutica.
Per questo motivo sulle prime si era pensato di fare una trattativa a livello europeo. Ma la Germania ha 7 mila malati e non vuole pagare anche per quel milione e più di italiani. Quindi la trattativa è stata demandata alle varie agenzie nazionali, e ognuno ha trattato per conto proprio.
In Italia ad incontrare l'azienda per spuntare il prezzo è stato l'ex direttore generale dell' Aifa, Luca Pani, dopo il via libera del governo a inserire il farmaco nel prontuario: le cure sono care, ma con le giuste prescrizioni possono essere a carico del sistema sanitario nazionale. Quella trattativa però è stata segretata, e nessuno a parte Pani ne conosceva i dettagli. Il Tar del Lazio aveva imposto la de-secretazione degli atti, ma Pani si è opposto e non li ha consegnati. Ha dovuto farlo davanti all' ordine di sequestro della documentazione con cui si è presentata all' Aifa la procura della Repubblica di Pavia.
Quel farmaco avrebbe potuto salvare tutti i malati italiani in un massimo di tre anni. E invece quella trattativa ha indicato un tetto di 50 mila malati in cura in 18 mesi, che significa circa 33 mila all'anno. Per guarire tutti ci vorrebbero 30 anni e più. Ma non servirà, perché tanto moriranno prima di averlo. Dalle carte sequestrate si è scoperto che per una cura completa al paziente servono 3 flaconi da 28 pastiglie da prendere tutti i giorni per 12 settimane.
La sanità italiana senza fornire spiegazioni ha deciso che possa essere prescritto (e quindi gratuito) solo dai centri iper-specializzati in malattie infettive. Sono pochi e non possono prendere in carico più di quei 33 mila pazienti l'anno. Così nel contratto provvisorio siglato da Pani con la Gilead è stato inizialmente fissato un prezzo a carico del SSN di 15 mila euro a flacone, 45 mila euro per la cura completa. Il contratto aveva durata 8 mesi con prezzo che man mano scalava fino a 4 mila euro a falcone, 12 mila per l'intera cura. Alla fine degli 8 mesi, vista la sperimentazione si sarebbe fatto un nuovo contratto e se i tempi fossero stati più lunghi la fornitura sarebbe continuata al prezzo medio di quegli otto mesi. Siccome il contratto è scaduto alla fine dell'estate scorsa, da allora il SSN compra quel medicinale al prezzo medio di 13.800 euro a flacone, 41.400 euro per la cura completa. Per un milione di malati la cura costerebbe così alla sanità italiana la bellezza di 41 miliardi di euro. Ma sarebbe riservata ogni anno solo a circa il 3% dei malati.
E gli altri? A sorpresa nelle carte sequestrate spunta l'indicazione che privatamente il farmaco possa essere prescritto anche da medici internisti, infettivologi e gastroenterologi (che invece non possono prescrivere per conto del SSN). La platea dei beneficiari si amplia ulteriormente. Ma ben pochi possono permettersi quelle cure, perché il Sovaldi viene messo in vendita a 24.756 euro a flacone, 74.260 euro per l' intera cura, e quindi può salvare la vita solo ai nababbi.
Il fatto è che lo stesso farmaco prodotto dalla stessa azienda viene venduto come generico autorizzato dalla Gilead anche in Egitto e in India al prezzo di 300 dollari al flacone, 900 dollari (700 euro) per l'intera cura. Quindi mentre la sanità pubblica dorme e qualcuno specula su tasche e vite dei pazienti, stanno facendo affaroni agenzie specializzate che organizzano viaggi turistici-farmaceutici in Egitto e in India con pacchetti che variano fra 1.500 e 2.000 euro comprensivi delle tre confezioni necessarie per debellare l'epatite C.